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Paradox – La recensione

Paradox è un libro di Massimo Spiga, sceneggiatore, fumettista e scrittore italiano giunto, con questo suo titolo, al suo terzo romanzo, primo pubblicato con Acheron Books.
Abbiamo in passato già parlato di altri volumi di questa casa editrice italiana, alcuni nostri articoli in proposito hanno trattato Zappa e Spada, Eternal War e Italian Way of Cooking.

Non è facile parlare di Paradox. Ho impiegato molto più tempo del previsto per completare la lettura del libro e qualche settimana in più per decidermi a farne una recensione.
Forse vi chiederete perché possa essere importante una recensione di un libro uscito ormai quattro anni fa, ma certi libri capisci subito che non sono destinati ad invecchiare.

Ma lanciamoci subito in una recensione sui generis di questo romanzo.

Paradox, cronache di una suburra italiana

Come detto in precedenza Paradox non è un libro semplice. È stato presentato come un libro di fantascienza in tutto e per tutto ma, mentre ne affronti la lettura, rimani interdetto.

All’inizio, nei primi capitoli, viene presentata, a forma di cronistoria, la vita della protagonista Perla, un personaggio femminile molto interessante e ben caratterizzato, che si occupa dei suoi fratelli e sorelle e di un padre alcolizzato. Il suo piccolo mondo è circoscritto ad un sobborgo della città di Roma.
Un quartiere romano affossato dalla miseria, droga e disgrazie personali. Una descrizione di un mondo degna di Pier Paolo Pasolini, così vivida e cruda da rivaleggiare con il suo film “Accattone“.

In questa famiglia disfunzionale, le uniche cose che riescono ad aiutare Perla sono un libro, una persona e… il CUBO. Il libro è “Il risveglio di Finnegan” o “Finnegans Wake” di James Joyce, la persona è un clochard di nome Tao e infine il CUBO, un artefatto che ciclicamente appare sui tetti del borgo.

In questa cornice si muove il personaggio di Perla per alcuni capitoli, e questo ci lascia interdetti. Vediamo un mondo reale ben lontano dalla fantascienza che stavamo cercando, ma che esplode a circa metà libro in una maniera degna di un trip acido finito male. Inizia veramente qua il libro? Assolutamente no. La realtà prima di essere distrutta deve essere mostrata in tutta la sua pochezza.

Senza stare a parlare troppo della trama del romanzo, per poi privarvi del gusto di leggerlo, vorrei riportare uno stralcio del racconto:

Ogni cosa ha la sua parola e questa è diventata una cosa in quanto tale. La parola fuori dal suo dominio, fuori dalla vostra risibile impotenza, dalla vostra evidente limitatezza. La parola è un pubblico interesse di primo piano… la parola è dadaista

D, il Gatto dei Portali

Il Dadaismo in questo romanzo possiede una presenza endemica e fondamentale. Il personaggio che ne fa uso, altro non è che, ai miei occhi, la resistenza. Resistenza contro il brutto, contro la standardizzazione del pensiero e della banalità della vita vissuta con gli occhi chini sul presente, un presente di cui non si riesce a cogliere la bellezza, che può essere palese ad un passo da noi. La resistenza al preconcetto costituito di doveri e obblighi morali.

Il cubo di paradox si staglia sulla suburra distrutta

Pensieri sparsi e conclusioni personali

Voglio continuare a sottolineare che Paradox non è un libro facile. Se non fosse già stato usato come ‘incipit del libro “Casa di Foglie” di Mark Danielewski questo libro poteva tranquillamente aprirsi con la frase: “Questo non è per te”.

Durante la lettura, soprattutto nei primi capitoli, ho avuto difficoltà serie a capire il senso, e la volontà di quello che l’autore volesse trasmetterci. In più di un momento mi sono chiesto se Massimo Spiga non ci stesse prendendo in giro o stesse giocando.

Quando le atmosfere acide di Grant Morrison, si mischiano a quelle anarchiche di Peter Lamborn Wilson, in un gioco mai tentato prima in un libro italiano, almeno fino a ieri (2016), allora tutto si è fatto più chiaro e lampante.

Alcune storie all’interno del romanzo, quali i riferimenti al G8 di Genova, possono sembrare forzate. Ma il compito dell’autore, oltre a raccontarci la storia, è quella di mostrare parte del suo stesso io, anche messo a nudo attraverso l’utilizzo sapiente della corrente Dadaista, che ricordiamo essere nata in contrapposizione a guerra e militarismo in un contesto storico di conflitto mondiale.

Personalmente vi consiglio la lettura di questo romanzo, soprattutto se siete amanti di Morrison e di altri generi di trip finiti male.
Potete trovare il volume, sia in formato cartaceo che digitale, a questo indirizzo.

Ricordatevi di avere fiducia.
Non fatevi scoraggiare dal fatto che l’autore sia stato complice di aver scritto e fatto pubblicare un libro profondamente “politico”, e ricordate sempre che la fantascienza è sempre stata politica, e soprattutto quando voleva essere attaccata, politicizzandola.
Ricordate che sicuramente l’autore ha giocato, ma ha giocato con noi e per noi.

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