Era il 26 Dicembre 1973 quando, nelle sale cinematografiche d’America, esce L’esorcista (The Exorcist). Le pubblicità del film, che lo descrivevano come non adatto ai deboli di cuore, divenne un successo planetario che avrebbe dominato il genere horror per decenni a venire.
Ho passato una serata nell’atrio per vedere se fosse vero che la gente usciva dalla sala barcollando a metà film come veniva riportato. Era vero!
David Sheenan KNXT-2 NEWS (1973)
L’esorcista vide la collaborazione tra William Peter Blatty, autore del romanzo omonimo e della sceneggiatura per il film – un uomo che credeva fermamente nella possessione demoniaca e nella necessità di far conoscere al mondo questa realtà nascosta – e William Friedkin, regista che si era già fatto conoscere con The French Connection (1971). Il film si aggiudicò otto nominations agli Oscar e ne vinse cinque tra cui Miglior Film e Miglior Regista. Friedkin era un ebreo agnostico e la sua visione era decisamente più distaccata di quella di Blatty, fervente cattolico. La collaborazione tra i due sfociò in un lungo periodo di silenzio nel quale regista e sceneggiatore smisero del tutto di parlarsi!
L’esorcista un film seminale per il Cinema Horror
Quello che doveva essere, a detta di critici e professionisti, un flop annunciato, divenne invece il caposaldo per una nuova età dell’oro del genere Horror.
La storia è semplice. Una madre, impotente davanti all’improvviso cambiamento della figlia adolescente, cerca aiuto prima nei medici e poi nella Chiesa. Non sembra niente di che, eppure Blatty stesso produce il film mentre la distribuzione è dalla Warner Bros. Il film che era costato 12 milioni di dollari ne incassò 441!
Nella versione uscita nelle sale Friedkin tagliò due scene. Quella che spiega come Padre Merrin fosse oggetto della persecuzione del demone, e quella finale, quasi consolatoria in cui il tenente Kinderman, interpretato da Lee J. Cobb (Exodus, I fratelli Karamazov, Mafia) parla con un amico di Padre Karras, Jason Miller (Marilyn the untold story, Ruby, The Exorcist III).
Fu questa la ragione del lungo silenzio tra Blatty e Friedkin. L’autore sosteneva che i tagli avessero gettato il messaggio originale fuori dal film tanto che si appellò agli Studios per poter reintrodurre le scene prima dell’uscita nelle sale, ma il suo appello cadde nel vuoto. La risposta di Friedkin non tardò ad arrivare.
Non sto facendo uno spot pubblicitario per la Chiesa Cattolica.
William Friedkin
Il successo
Il successo de L’esorcista risiede nei numerosi strati di lettura che ancora oggi risultano attuali e che ai tempi erano considerati tabù.
La scoperta della sessualità, soprattutto feminnile, che avviene con l’adolescenza e la confusione di un genitore, ancora meglio se single, davanti ai cambiamenti di una figlia che improvvisamente da bambina si trova ad essere giovane donna.
L’accorgersi che sempre più spesso i medici, solo all’apparenza dalla parte del paziente, parlano una lingua incomprensibile, che mette in crisi anche una donna in carriera che ha dalla sua parte un intero entourage di persone il cui unico compito è prendersi cura di lei e di sua figlia. Da qui anche la critica più o meno velata verso lo star system che si sta sgretolando.
La crisi dei valori che la società degli anni settanta si trova a vivere, tra cui la crisi del pensiero religioso.
La malattia mentale, ancora oggi vista con timore e incomprensione.
L’esorcista: le reazioni
Le razioni a L’esorcista furono le più disparate, tra cui vere e proprie rivolte, soprattutto l’anno seguente, il 1974, quando il film varcò i confini degli Stati Uniti e arrivò anche nel vicino Canada.
L’Esorcista tiene le ambulanze occupate
Toronto Star, gennaio 1974
Così titola un’importante testata locale. Ma non è tutto.
Abbiamo un idraulico che praticamente vive qui adesso. L’odore che viene dai bagni è nauseante. Gli spettatori, nella fretta, mancano il bersaglio anche di centimetri.
Larry Marshal. Direttore di una catena di cinema a Toronto
Anche il Boston Globe aveva inviati nelle sale e questo è quanto riportato.
Una grande quantità di sali è stata messa a disposizione degli spettatori e menomale, perché li usiamo quasi ogni sera. C’è sempre qualcuno che sviene e sono quasi sempre uomini.
Steven Houghton, addetto alla sala
Con il passare dei mesi (febbraio) la storia non cambiò.
Record di folla tra amanti e nauseati. Il clero cattolico è diviso come i critici tra coloro che si schierano con gli psicologi e temono per la salute dei più giovani spettatori e coloro che invece definiscono il film un’utile parabola.
Lincoln Journal Star
Anche il New York Times scese in campo, con un articolo volto a stigmatizzare L’esorcista, soprattutto per l’uso di espressioni volgari messe in bocca ad una giovane attrice che fino a quel momento aveva interpretato ruoli in film per famiglie.
Milioni di genitori trovano spaventoso che Linda Blair, fino ad adesso conosciuta per i suoi ruoli solari, abbia davvero pronunciato tutte quelle oscenità e blasfemie che si sentono nel film.
The New York Times
Ma ci furono anche storie a lieto fine nei mesi successivi.
L’Esorcista ha aperto le porte a una storia d’amore. L’Esorcista avrà sempre un posto speciale nel cuore di Larry Watts e Doris Davey, entrambi quarantenni. Lui manager dello State Lake Theater, lei spettatrice. I due si sono conosciuti quando lei è svenuta. Si sono sposati una settimana fa.
The Palladium Item, Maggio 1974
Non mancarono critiche che ad oggi sembrerebbero incredibili, come quella che una spettatrice rilasciò al Florida Today.
Io non sono una moralista. Sono andata a vedere Ultimo Tango a Parigi e l’ho consigliato a tutti i miei amici. Questo non accadrà mai con L’Esorcista.
Strani accadimenti sul set
In un’intervista del 2007 con la Director’s Guild of America, Friedkin, che aveva minimizzato fino a quel momento, offrì uno spaccato su quello che accadde sul set durante le riprese de L’esorcista.
Ricevetti una chiamata alla quattro di mattina dal mio direttore di produzione, David Salven. Mi disse di non disturbarmi ad andare sul set quella mattina, e quando chiesi cosa fosse successo mi disse che l’intero set era andato a fuoco.
William Friedkin
Una delle guardie notturne si era accorta del fumo che filtrava dalla porta degli studios e si rese conto che l’intero set stava bruciando. All’epoca si ipotizzò che un piccione fosse volato all’interno del pannello di controllo delle luci, scatenando un’esplosione elettrica, ma non fu mai chiaro come fosse possibile che tutto il set fosse andato in fumo.
La produzione si trovò costretta a doversi fermare fino alla ricostruzione del set. E questo fu solo uno dei tanti ritardi che contribuì a far arrivare il budget a 12 milioni, una cifra ai tempi impensabile per un horror!
L’incendio fu solo uno dei tanti eventi che contribuì alla nascita della credenza che il film fosse maledetto.
Durante il primo giorno di riprese Max Von Sydow (Il settimo sigillo, Fuga per la Vittoria, Flash Gordon, Shutter Island), ricevette la notizia della morte del fratello. Durante le riprese anche Miller ebbe le sue brutte notizie. Suo figlio era rimasto coinvolto in un incidente stradale. Una motocicletta lo aveva colpito ed era in condizioni critiche.
Ellen Burstyn (Alice doesn’t live here anymore, Requiem for a dream, Queen bees, Interstellar, The Exorcist: Believer) non condivideva la visione del regista.
Ci furono così tanti aspetti misteriosi e sconvolgenti durante la realizzazione del film. Era come se stessimo giocando col fuoco. Il numero delle tragedie che accaddero non è spiegabile. Non è qualcosa sulla quale ho una teoria precisa, ma era chiaro che stessimo attraendo certi tipi di energia.
Per altre difficoltà, le cause erano da ricercarsi nell’uomo o meglio, nel regista. Ad esempio, Blatty aveva descritto la scena dell’esorcismo di Regan nei minimi dettagli, tra cui il gelo che si percepiva. Friedkin volle ricreare il tutto, tanto da trasformare l’intera stanza in un congelatore, dove la temperatura arrivò a 32 gradi sotto zero!
Fu un’esperienza durissima sotto molti punti di vista. Friedkin era precisissimo, su tutto. Ordinò che ci fosse il più assoluto realismo e che le temperature fossero sotto lo zero così che fosse possibile vedere il respiro sullo schermo. Era un’operazione lunghissima perché tutte le volte che le luci venivano posizionate ci volevano venti minuti prima che il set raggiungesse la temperatura stabilita e si potesse cominciare a girare. Per via delle luci la temperatura si rialzava in breve tempo e così eravamo costretti a fermare tutto e ricominciare da capo.
Max Von Sydow a Good Morning America 1984
Dalle stelle alle stalle
Il 6 Ottobre 2023 è uscito nelle sale L’esorcista – Il credente (The Exorcist: Believer). Il film è stato presentato sia come sequel del film di Friedkin che come reboot. Insomma, fin dall’inizio c’è stata della confusione mentale.
Per fare il punto della situazione un reboot è una nuova versione di un prodotto precedentemente creato. Un ricominciare la storia dall’inizio con un nuovo cast e una nuova regia. Un sequel è invece una continuazione della storia originale, molto spesso con lo stesso cast e qualche volta anche lo stesso team creativo.
In realtà, la manipolazione della lingua moderna viene in aiuto dello spettatore che potrebbe chiedersi che cosa sta andando a guardare, allora. Il film è quello che si definisce un requel: un reboot e sequel allo stesso tempo. Se questo possa essere d’aiuto, solo il tempo potrà dirlo.
L’esorcista – Il credente vuole essere troppe cose e non riesce ad esserne nessuna.
Confusionario, troppo lungo, è un film buonista che non vuole offendere nessuno. Il vero crimine imperdonabile di cui si macchia però, è l’essere terribilmente noioso.
Ne è la prova Jeffrey Bryant, un uomo della contea di Orange in California che dopo essere andato a vedere il film, in uno dei cinema della catena AMC, si è svegliato alle 3 di mattina solo per realizzare di essere stato chiuso dentro.
David Fear, critico di Rolling Stone, non ci è andato giù leggero.
Il film è stato concepito per essere il primo di una nuova trilogia. Il tentativo di David Gordon Green (Halloween Trilogy) di ridare nuova vita alla serie riesce invece a mandarla in coma. Non so se questa empia trilogia verrà conclusa, ma quello che posso dire è che la storia, e la mente degli spettatori verranno irrevocabilmente danneggiati.
Forse una critica un po’ troppo tranchant, ma tristemente condivisibile.
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Come il signor Bryant molti hanno rischiato di addormentarsi durante la visione del film. Ci sono almeno 45 minuti di troppo che si potevano tranquillamente lasciare sul pavimento della sala di montaggio e nessuno li avrebbe rimpianti.
Il film sembra la brutta copia dell’originale. Dettagli che nel primo film funzionavano ed avevano un senso, ma anche la funzione di mettere lo spettatore a disagio e nella condizione di sentirsi fisicamente male, come nella scena in cui Regan si sottopone agli esami clinici, in cui il rumore assordante dei macchinari ha lo scopo di far sperare allo spettatore che tutto finisca presto, è come se fossero gettati a caso nel nulla assoluto che è questo nuovo prodotto.
Le scene non hanno un filo logico. Per i primi 31 minuti del film non succede N-I-E-N-T-E!
C’è il padre single, di colore, Leslie Odom (Hamilton, Harriet, Glass Onion) completamente fuori ruolo, che ha cresciuto da solo dopo la tragica morte della moglie, la figlia Angela – nome da ricordare – l’attrice Lidya Jewett (Feel the beat, Ivy+Bean). C’è la migliore amica di Angela, Katherine – altro nome da ricordare– Olivia O’Neill. Ci sono i genitori di Catherine, membri attivi della propria congregazione. Le due ragazze decidono che il bosco è il posto migliore per evocare lo spirito della madre di Angela, morta nel darla alla luce. Facile immaginare cosa accada dopo. Però non si vede.
Il film scimmiotta troppo l’originale, senza però riuscire a ricreare l’attesa per qualcosa di imminente e catastrofico che permea tutto il film di Friedkin.
La prima scena mostra due sposi, un fotografo e la moglie incinta, ad Haiti. Suona familiare? Forse ricorda l’inizio di un altro film, magari con apertura sugli scavi archeologici di Ninive? Bene le similarità finiscono lì.
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Un ragazzino invita la donna ad andare con lui. Lei lo segue e si ritrova ad assistere ad una cerimonia Voodoo, inteso come era in origine, magia bianca e di protezione. La sacerdotessa benedice la bambina che lei porta in grembo e la protegge dal male.
La prima scena spoilera tutto il film!
Da quando le due ragazze spariscono nel bosco comincia un susseguirsi di scene slegate che mostrano quella che può solo essere definita pigrizia. Invece di fare scelte audaci, il film prende la via più semplice, sempre.
Nell’originale la possessione di Regan avviene gradualmente. Prima il comportamento anomalo, poi il linguaggio scurrile e la perdita di controllo sul proprio corpo. Solo verso la fine la bambina comincia a mostrare i segni del decadimento fisico. Le piaghe sul corpo sono lo specchio della lotta che l’anima sta conducendo. L’idea che si tratti di possessione demoniaca, arriva solo dopo l’eliminazione di tutte le possibilità fisiche e mentali.
In questo film no. La madre di Katherine dichiara che è chiaro quello che sta succedendo. Le ragazze sono sparite per tre giorni. Sono state all’Inferno e adesso sono possedute. Come si arriva ad una conclusione del genere? Dall’aver letto la sceneggiatura evidentemente, non esiste altra spiegazione.
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I personaggi che circondano le due famiglie sono tutti pronti ad offrire una soluzione che diviene via via sempre più semplice. La vicina di casa ha letto il libro di Chris MacNeil, sì, proprio la madre di Regan, interpretata da Ellen Burstyn anche in questo film, anche se la sua presenza è l’esempio lampante di quanto il film non abbia idea di che cosa stia facendo e di dove voglia andare a parare. Resta sullo schermo per 4 minuti. Poteva essere chiunque altro e l’effetto sarebbe stato lo stesso. Non si può neppure parlare di quello che hanno fatto con Linda Blair. Un altro vicino conosce un gruppo di preghiera e meditazione che potrebbe aiutare. Il pastore della chiesa di Katherine non esita ad aiutare. Il prete cattolico porta la questione davanti ai suoi superiori, e così via…
La morale del film è che non importa di quale credo tu sia. Non è la religione a salvarti, ma l’unione di persone spinte dall’intento di aiutarti.
Insomma, un messaggio di amore e fratellanza tra i popoli e le religioni che neanche l’Angelus domenicale. L’esorcismo non ha un grammo della tensione che ci si aspetterebbe ed è rovinato dall’improvviso uso del CGI che lo spettatore non si aspetta. Il finale è scontato. Questa volta Pazuzu chiede ai genitori di scegliere chi salvare tra le due ragazze. Provate a indovinare come finisce.
Quello che poteva essere una miniera d’oro finisce invece con l’essere un film qualunque. Soprattutto se il titolo fosse stato semplicemente The Believer nessuno si sarebbe accorto, che il film andava a iscriversi nell’universo creato da Blatty e Friedkin, almeno fino al momento in cui non viene fatto il nome di Chris.
Un esperimento fallito nel peggiore dei modi!
Se amate L’esorcista e volete rifarvi gli occhi
Per rimettere il cuore in pace con questo franchise, esiste una gemma nascosta, che pochi conoscono, ma che invece vale la pena di guardare. È la serie TV The Exorcist.
Nel 2016 lo scrittore e produttore Jeremy Slater (Moon Knight, Mortal Kombat 2, The Lazarus effect, Death Note) offre alla Fox una serie TV presentandola come il seguito de L’Esorcista.
Volevo che gli spettatori si approcciassero alla serie come ad una storia nuova, che si affezionassero a questa famiglia e alla loro storia, alle loro tribolazioni, non perché ci fosse di mezzo un nome famoso o perché fosse il seguito di una storia di quarant’anni fa di cui avevano sentito parlare, ma semplicemente perché amavano questi personaggi e volevano vederli salvati dal male.
Jeremy Slater a Entertainment Weekly 2016
Grazie ad un casting azzeccatissimo che vede una vera chimica sullo schermo, non solo tra i due protagonisti, ma anche tra gli attori secondari, Slater regala un prodotto di qualità che ha lasciato migliaia di fan infuriati quando non c’è stato il rinnovo per una terza stagione.
Complice una mancata campagna pubblicitaria molti si sono avvicinati a questa serie solo dopo la sua interruzione. Ma si sa, ormai è prassi tranciare serie a destra e a manca, ignorando il seguito che possono avere.
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Fin dall’introduzione di Padre Marcus Keane, uno strepitoso Ben Daniels (Paradise, Jesus Christ Superstar, Passion in the Desert, Interview with the Vampire) si riconosce sullo schermo l’iconica silhouette resa celebre da Max Von Sydow, tutto consente allo spettatore, anche il più distratto di capire fin dall’inizio in che mondo si trova.
La celeberrima colonna sonora non solo accompagna Padre Keane mentre lascia il ritiro in cui si è isolato dopo la morte di un bambino che non ha potuto aiutare, ma soprattutto conclude il primo episodio mostrando chiaramente che anche un inesperto e scettico Padre Tomas, Alfonso Herrera (Il ballo dei 41, El Dandy, Queen of the South) si trova adesso a dover fronteggiare qualcosa che non ha mai visto, ma che non è di questo mondo.
Se tutto questo non bastasse allo spettatore per essere almeno incuriosito, ai due personaggi principali si unisce Geena Davis (Beetlejuice, The long kiss goodbye, The fly, Thelma & Louise) nel ruolo di Angela – avevamo detto che era un nome da ricordare, no? – Rance. Una madre, una moglie, una donna in carriera che si rende conto che ad una delle figlie, Katherine – come sopra – sta succedendo qualcosa di inspiegabile e si avvicina a Padre Tomas per cercare un aiuto. Solo che è l’altra figlia, Kasey, quella che ha davvero bisogno di aiuto.
Come in The Believer la madre sa, ma questa volta c’è un motivo ben preciso. Angela infatti non è chi dice di essere. Ha una vita nuova, un nome nuovo e tutto questo perché Angela altri non è se non… Beh, se volete davvero scoprirlo, allora dovrete guardare la serie. Non ve ne pentirete!