Parliamo della storia dell’anime giapponese Gundam, che ha dato vita a un franchise leggendario, tra guerra, umanità e robottoni.
Gundam è uno dei miei franchise preferiti. Si tratta di un mondo di serie animate, modellini, videogiochi, film, fumetti e arte in giro da quarantuno anni.
In tal senso, abbiamo già parlato di come Gundam abbia inaugurato un intero filone fantascientifico, ossia il genere real robot, in questo articolo.
Nella serie di articoli che usciranno su Gundam, sproloquierò sull’argomento un po’ a tutto tondo. Un po’ perché durante la pandemia i miei coinquilini non ne possono più di sentirmi parlare di questo franchise e quindi mi hanno proposto di ammorbare voi. Un po’ perché ritengo che questo franchise sia stato importante per l’animazione giapponese, la fantascienza e la cultura popolare. D’altronde se gli fanno delle statue giganti e semoventi, una ragione ci sarà!
Orientarsi all’interno della molteplicità dei prodotti a marchio Gundam può essere difficile e senza qualche indicazione si rischia di non apprezzare debitamente l’opera.
Immagino, per esempio, qualcuno che inizia guardando Gundam 00 o Gundam ZZ. I gusti non si discutono, ma credo che queste due serie diano un’idea sbagliata sul franchise, e che quindi non siano un buon punto di inizio. Oltretutto, come afferma il teorema di Sturgeon, il 90% di qualsiasi cosa è spazzatura, e il mondo dei Mobile Suit non ne è esente. C’è sono una marea di prodotti targati Gundam che non merita il vostro tempo. Quindi, se volete avvicinarvi a questo franchise, voglio provare a suggerirvi la roba buona (almeno secondo me) prima.
In questo articolo, quindi, parleremo di come nasce Gundam, della prima serie del franchise, ossia Mobile Suit Gundam, della sua tematica principale (ossia la guerra) e di alcuni problemi che sorgono con il prodotto.
Una premessa importante prima di iniziare
Prima di iniziare, però, è bene chiarire alcune cose. Il franchise di Gundam è molto vasto e complesso, poiché sono stati sfornati tantissimi prodotti, tra anime, manga, videogiochi e libri, negli ultimi 40 anni. Molti di questi prodotti non sono nemmeno mai arrivati in Occidente. Quindi, non aspettatevi una serie di articoli onnicomprensiva su Gundam.
Io stesso non ho visto/letto/giocato/collezionato tutto di Gundam. È un’impresa impossibile e mi renderebbe un fanatico di questo mondo più che un appassionato. Né ritengo che ciò che è stato prodotto su questo tema sia tutto oro colato. Per la già citata legge di Sturgeon, il franchise ha degli elementi problematici e sarebbe scorretto ignorarli.
Ricordiamoci, quindi, che si può amare un franchise pur essendo consapevoli dei suoi difetti, e bisogna parlarne apertamente piuttosto che fare finta che questi difetti non esistano e cercare sempre una giustificazione di fronte a errori.
Cos’è Gundam
Gundam è una proprietà intellettuale con oltre quarant’anni di vita. Iniziò tutto nel 1979 con la serie animata Mobile Suite Gundam, per poi ingigantirsi in un proliferare di prodotti: altre serie, film, libri, fumetti e merchandising di ogni tipo.
Non è affatto azzardato (e anzi lo faremo spesso) paragonare il successo e la vita di Gundam al franchise di Star Wars, in termini di successo economico, influenza culturale (almeno in Giappone) e pratiche commerciali volte alla sopravvivenza del prodotto.
Le opere di questo filone appartengono al genere fantascientifico, al genere mecha e al sottogenere real robot.
Le storie raccontate in queste opere si possono riassumere in maniera molto semplicistica così: Gundam racconta di persone che si trovano loro malgrado a combattere una guerra a bordo di robottoni giganti chiamati Mobile Suit.
Una grossa fetta della produzione di Gundam è ambientata una timeline ben definita: l’Universal Century. La prima opera di questa timeline fu Mobile Suit Gundam (1979), che racconta la guerra tra la Federazione Terrestre e il Principato di Zeon, e poi molte altre sono state prodotte nel corso di quarant’anni, ultima tra queste Mobile Suit Gundam Hataway in uscita il 7 Maggio 2021.
Negli anni ‘90 e soprattutto nei ‘00 sono proliferate molte timeline alternative, nel tentativo di rivitalizzare il genere con risultati alterni. Approfondiremo questi prodotti negli articoli successivi di questa serie. In questo articolo, invece, ci concentreremo di più su Mobile Suit Gundam, ossia sulla prima e principale opera del franchise.
Mobile Suit Gundam: la serie originale
Vediamo innanzitutto la trama della prima serie del franchise, ossia Mobile Suit Gundam.
L’inizio della guerra tra la Federazione Terrestre e il Principato di Zeon
L’umanità si è trasferita nello spazio, vivendo in cluster di colonie modello O’Neil attorno alla Terra. La situazione tra spazionoidi (ossia gli abitanti delle colonie) e terrestri è tesa.
Nell’anno 79 dell’Universal Century (il nuovo calendario inaugurato con la colonizzazione dello spazio), un gruppo di colonie, l’autoproclamatosi Principato di Zeon, inizia una guerra d’indipendenza contro la Federazione Terrestre. Questa guerra sarà poi chiamata “Guerra di un Anno“, essendo iniziata il 3 gennaio e finita il 31 dicembre.
La guerra inizia in maniera subitanea ed estremamente distruttiva. Infatti, nel primo mese perde la vita metà della popolazione globale.
Inoltre, Zeon combatte con un’arma mai vista prima, che gli dà un vantaggio assoluto: i mobile suit (i robottoni) prodotti in serie. Grazie a questi, ha decimato le forze della Federazione Terrestre.
L’introduzione del Gundam
Nove mesi dopo, la guerra arriva improvvisamente anche nella remota colonia di Side 7, quando il maggiore di Zeon Char Aznable l’attacca per prendere possesso del mobile suit sperimentale che la Federazione sta sviluppando laggiù: il Gundam.
Il giovane Amuro Rei piloterà il Gundam per salvare la vita sua e quella di ragazzi suoi coetanei, che finiranno a venire arruolati come personale della nave White Base.
Da questo momento in poi, la serie animata segue il viaggio della White Base verso la Terra e poi di nuovo verso lo spazio, braccata da Char e da molti altri nemici. Dal Gundam e dalla White Base dipendono le sorti del conflitto, poiché rappresentano l’unica possibilità di colmare il divario tecnologico con Zeon.
Una guerra fatta da persone
Il lungo viaggio della White Base è costellato di incontri e scontri: troveranno nemici spietati, onorevoli rivali, alleati sinceri e traditori insospettabili. Oltre al nucleo dei protagonisti, c’è un nutrito cast di comprimari e molti personaggi transitori (che di solito non campano a lungo), che servono sia a spingere la trama che a motivare la crescita dei protagonisti. Ovviamente, Amuro Rei è quello che ha gli incontri più significativi, che ogni volta allargheranno la sua prospettiva sulla guerra, sulle parti in causa e sulla vita.
Oltretutto l’artificio narrativo dei mobile suit permette che due robot si scontrino sul campo di battaglia senza che l’identità dei piloti sia reciprocamente nota. Questo ha dato vita ad alcune scene che amo molto. Ad esempio, quando un Amuro in fuga incappa nell’ufficiale Zeoniano Ramba Ral e per la prima volta vede dei soldati di Zeon come persone persone che sanno essere civili. Oppure quando, molto più avanti nella serie, nella zona neutrale di Side 6, Amuro si fa cambiare una gomma dal suo acerrimo rivale Char Aznable, che non lo riconosce immediatamente (né si aspetta che il pilota del temibile “diavolo bianco” sia un ragazzino adolescente).
Il finale: una vittoria che non ripaga le perdite della guerra
La guerra procede con la progressiva riscossa della Federazione grazie agli sforzi dell’equipaggio della White Base. Nella seconda parte della storia, le esigenze di mercato indeboliscono un po’ la trama inserendo fin troppi “robot della settimana” puntualmente sconfitti. Tuttavia, si arriva alla sequenza di puntate finali con molti colpi di scena e poste in gioco molto alte che rendono il finale della saga una narrazione ben fatta ed affatto scontata.
Dato che ormai sono passati quarant’anni, non credo che il finale di Mobile Suit Gundam sia più uno spoiler.
Sia Zeon, sia la Federazione giungono alla battaglia finale provate e indebolite dalla guerra, sia perché stanno finendo le risorse, sia perché si sono reciprocamente colpiti con super-armi. Amuro e Char combattono il loro duello finale.
Alla fine, Char decide di compiere la sua personale vendetta assassinando l’ultima della famiglia regnante di Zeon, Kycilia Zabi, prima di scomparire nel nulla. Amuro, dopo il duello, riuscirà a salvarsi dalla distruzione della base di Zeon solo grazie alla maturazione dei suoi poteri psichici e al profondo legame che ha stretto con i suoi commilitoni.
Ma non è un lieto fine al 100%. La guerra ha richiesto un prezzo troppo grande perché tutto possa tornare a com’era prima. Tutti hanno perso qualcuno, tutti sono cresciuti loro malgrado, tutti hanno le mani sporche di sangue.
Anche la vittoria finale avrà un sapore amaro, lasciando allo spettatore l’idea che sì, la guerra è stata vinta, ma sarebbe stato meglio se non fosse stata combattuta affatto.
Come nasce Mobile Suit Gundam
Vediamo un po’ chi sono gli autori di Mobile Suit Gundam, e quali sono state le loro principali fonti di ispirazione.
I genitori di Gundam
Mobile Suit Gundam fu prodotto dalla Sunrise Inc., e da allora il destino del franchise è stato indissolubilmente legato a quello dello studio di animazione.
Yoshiyuki Tomino: l’ideatore principale
Yoshiyuki Tomino è il creatore principale di Gundam. Fu l’ideatore della serie originale e di molti dei prodotti successivi.
La sua carriera ha avuto alti e bassi, e sarà per sempre legata al mobile suit bianco, anche se prima di questo è stato l’autore di Daitarn 3 e altre opere relative al genere Super Robot.
Tomino ha avuto problemi personali e da molto tempo combatte contro la depressione. Nelle fasi più acute della malattia, la sua produzione ne è stata influenzata significativamente, virando verso toni più cupi e un kill count sempre più elevato (già dal 1977 lo chiamavano “Il macellaio”). Tomino è un autore molto capace, serio e professionale; ha avuto delle idee geniali e ha lasciato un inequivocabile segno nella storia dell’animazione giapponese.
Tuttavia creare una serie animata non è il lavoro di un sol uomo ed è qui opportuno riconoscere anche l’operato degli altri creativi.
Yoshikazu Yasuhiko e Kunio Ōtawara: i due designer di Gundam
Yoshikazu Yasuhiko è il character designer della serie: a lui dobbiamo i personaggi principali di Mobile Suit Gundam. Yasuhiko ha inoltre curato alcune serie successive di Gundam, specie la bellissima Gundam: The Origin. La sua collaborazione con Tomino risale al ‘77 quando fece da character designer per la serie Zambot 3.
Kunio Ōkawara è il mecha designer. Nel senso che fu il primo a fregiarsi di questo titolo.
Curò nella sua carriera il design di diversi robottoni (l’anno prima di Gundam curò il mecha design di Daitarn 3, dove conobbe Tomino), ma sono quelli di Gundam ad averlo consacrato nell’Olimpo della creatività. Quest’uomo inventò sostanzialmente una carriera, nonché alcuni dei più distintivi design di robot.
Altri autori importanti del franchise
Ma un franchise di quarant’anni e fin troppe serie animate e a fumetti non può basarsi solo su queste persone. Inevitabilmente alcuni devono raccogliere il testimone e continuare a raccontare storie.
Kazuhisa Kondo è un mangaka che ha messo su fumetto la prima serie, e da allora ne è divenuto il più capace e raffinato aedo. Hajime Katoki è un genio del mecha design che ha saputo costruire su ciò che Ōtawara ha creato, dando una linea unica, riconoscibile eppur rispettosa della tradizione ai mobile suit di questo mondo.
Non ci sono solo uomini nei team creativi (anche se costituiscono la maggioranza) di Gundam. Infatti, una delle autrici più apprezzate è Haruhiko Mikimoto, character designer e mangaka. Mikimoto ha lavorato su Macross e Gunbuster, e dal 2002 scrive Gundam École du Ciel, una serie shojo ambientata nell’Universal Century.
Le fonti d’ispirazione per Mobile Suit Gundam
Altri robottoni e fantascienza giapponese
Prima di lavorare sul mobile suit bianco, Tomino si era fatto le ossa con due precedenti serie mecha sempre per la Sunrise: Zambot 3 & Daitarn 3. Queste serie sono piuttosto classiche per il genere (e Daitarn è molto amata qua in Italia) e, sebbene tendano a confermare gli stereotipi del genere, hanno permesso all’autore di collaborare con Yasuhiko e con Okawara, creando il team collaborativo alla guida di Gundam.
Da Zambot 3, Tomino prende l’idea che anche in un cartone per bambini i buoni possano morire (cosa in realtà non troppo rara nell’animazione giapponese). In Daitarn 3 di sicuro Okawara prende alcuni elementi di design che saranno meglio sviluppati nell’opera successiva.
Per gran parte della trama di Mobile Suit Gundam, l’equipaggio della White Base viaggia in solitaria, affrontando con i suoi tre modelli le orde di mobile suit di Zeon. Questa narrativa è certamente debitrice delle opere di Leiji Matsumoto: Capitan Harlock, ma soprattutto Corazzata Spaziale Yamato. Si possono fare molte similitudini tra la struttura narrativa di quest’opera e della prima metà di Mobile Suit Gundam. In tal senso, una delle cose che più ho apprezzato è stata come anche in Yamato i cattivi siano dei paranazisti.
Star Wars
Non giriamoci attorno: se due anni prima non fosse uscito Star Wars, Mobile Suit Gundam avrebbe avuto un aspetto molto diverso. Il cattivo dal volto celato, il capo di stato solo accennato e mai veramente presente, le beam saber, i newtype. Sono tutte cose fortemente ispirate al leggendario film di George Lucas.
Se nella prima copertina di Gundam 0079 che vidi non ci fosse stato il Gundam con in mano la sua beam saber, probabilmente non avrei mai letto il fumetto. Come vedremo nei prossimi articoli, Star Wars non fu solo una forma d’ispirazione a livello di contenuti, ma fu anche un business model per quello che concerne il merchandising e la creazione di prodotti satellite che mantenessero attivo il franchise.
La Seconda Guerra Mondiale
Anche questo sarà approfondito nei prossimi articoli, ma per capire Gundam bisogna comprendere quanto deve a uno dei più grandi e tragici conflitti armati della storia dell’umanità.
Zeon, il nemico principale della Federazione Terrestre, è ovviamente ispirato alla Germania Nazista. Tra uniformi, bandiera, saluto nazista, bisogna essere ciechi per non vedere il parallelismo.
Allo stesso modo l’andamento della guerra ricalca quello del secondo conflitto mondiale, con richiami che molti intenditori sanno individuare.
Infine il processo di sviluppo e nomenclatura dei vari modelli di carro armato nella Seconda Guerra Mondiale ha ispirato quello dei mobile suit nella serie.
Storie di guerra e come raccontarle
Vediamo ora come Mobile Suit Gundam abbia portato delle tematiche molto interessanti, che sono diventate un cardine del franchise.
I bambini soldato di Gundam
Mobile Suit Gundam racconta in sostanza una storia di guerra. Racconta di ragazzi che normalmente avrebbero passato le giornata a girare in scooter, fare il bagno nei laghetti artificiali e andare a scuola. Invece, vengono improvvisamente strappati dalle loro famiglie e dalle loro case, costretti a indossare un’uniforme a e combattere per la propria vita.
Si tratta del dramma di bambini soldato costretti a combattere una guerra scatenata dall’idiozia degli adulti.
I protagonisti della serie subiscono tutti una qualche forma di trauma, e tutti i personaggi principali hanno, chi prima chi dopo, un momento di rifiuto del conflitto. Questa fase di rigetto avviene quando la violenza perpetrata e subita supera il limite e soprattutto quando non si vede il fine di questo conflitto. Loro malgrado (ci sono altri episodi da filmare eh!), i personaggi sono costretti a continuare il conflitto. Dovranno trovare tra i propri commilitoni la ragione per andare avanti e non cedere.
Le nuove generazioni come speranza per il futuro e punto di vista esterno
Nella maggior parte delle serie (con un paio di notevoli eccezioni) successive all’originale, i protagonisti continueranno a essere ragazzini (quasi tutti maschi, purtroppo). Il principale motivo è ovviamente perché quella specifica demografica possa identificarsi con il protagonista.
Tuttavia, non va sottovalutata la volontà di usare un ragazzino, il cui punto di vista è esterno al mondo militare, per mostrare attraverso la sua ingenuità l’insensatezza del conflitto.
Da questo punto di vista, è molto significativo il discorso fatto da uno dei personaggi di Gundam UC, quando dice che solo i ragazzini, solo le nuove generazioni, hanno la speranza di ricostruire un modo diverso e scevro dagli errori commessi dagli adulti. Sta appunto nelle nuove generazioni la possibilità di riscatto e di redenzione per un sistema che non funziona.
Simili discorsi, carichi di speranza verso le nuove generazioni, sono presenti in quasi tutte le opere.
Ovviamente, sembra che il conflitto sia parte dell’animo umano, e puntualmente si ricade nella violenza, serie dopo serie.
I personaggi e gli spettatori avranno modo di riflettere sulla dicotomia tra le utopiche aspirazioni a cui dovremmo anelare e gli istinti violenti che ci ancorano al circolo vizioso della violenza.
La morte in Gundam
“Can you remain alive in spite of the WAR?” è la domanda con cui Yasuhiko chiude ogni volume del manga Gundam: The Origin.
Una domanda affatto scontata visto che il tasso di mortalità della serie è piuttosto alto. Soprattutto nelle opere ambientate nel filone Universal Century, Tomino e i suoi successori non si sono trattenuti nel far morire i personaggi.
I personaggi secondari sono ovviamente quelli con le maggiori chance di lasciarci le penne, ma anche all’interno della cerchia dei personaggi principali il rischio è piuttosto elevato.
Sia nella serie principale che nelle serie successive, le morti in combattimento sono distribuite in tutto l’arco narrativo e spesso sono lo spunto per un momento di riflessione sulla crudeltà della guerra e un’occasione per il protagonista per crescere. D’altronde già quando era alla direzione di Zambot 3, Tomino si era guadagnato il soprannome de “il macellaio” per aver fatto sacrificare nel finale i protagonisti della serie.
L’effetto della morte sulla storia
Forse le morti più memorabili sono quelle dei personaggi secondari. Questi infatti vengono introdotti anche diverse puntate prima. Magari scampano un paio di volte la morte e danno l’illusione che sia possibile sopravvivere a questo conflitto insensato, per poi morire quando sembrava che potessero farcela. Un fato crudele e beffardo che dovrebbe ricordarci quanto preziosa sia la vita umana.
Per essere una serie rivolta ai ragazzi le morti sono molte, e spesso trascinano in basso l’umore della serie. Per questo sono stati inseriti diversi comic relief che con l’andare avanti della serie giustificano la loro presenza.
Personalmente trovo che l’aver messo un numero così elevato di morti sia stato, oltre che innovativo, fondamentale per mantenere le promesse iniziali della narrazione. Se nel primo episodio affermano che nei primi mesi è morta la metà della popolazione della sfera terrestre, non possono passare quasi cinquanta episodi senza scavare qualche fossa.
D’altronde, l’animazione giapponese era molto più libera di quella americana degli stessi tempi che, sotto il costante scrutinio delle associazioni di genitori, non poteva mostrare violenza e morti anche quando raccontava di guerra. Per questa ragione, per esempio, in G.I.Joe ogni volta che abbattevano un velivolo dovevano mostrare obbligatoriamente che il pilota si eiettava in tempo!
Cool Robot: il problema
Le tematiche di rifiuto della guerra, pacifismo e fiducia in un mondo migliore sono presenti nella serie, ma spesso finiscono per essere considerate secondarie.
Infatti, molto spesso, specie tra i fan più causali le battaglie tra mobile suit, le guerre spaziali, il mecha design e gli effetti visivi attirano più l’attenzione e fanno passare in secondo piano il messaggio. Parafrasando, potremmo dire che quando Gundam punta sull’assurdità della guerra, lo spettatore medio guarda il mecha.
Come in qualsiasi opera, l’aspetto esteriore è importante ed è giusto apprezzarlo. Tuttavia, bisogna anche sforzarsi di trovare un messaggio all’interno della stessa, affinché ci sia un processo di crescita e si aggiunga un valore intrinseco al media che stiamo consumando.
Molto spesso purtroppo il gusto per narrare una battaglia, il creare un conflitto per giustificare l’uscita di un nuovo mecha design, la spettacolarità di una scena d’azione o il carisma e l’attrattiva di un certo personaggio hanno fatto sì che l’aspetto di figaggine offuscasse la morale dell’anime.
Specie nelle serie minori, il messaggio che la guerra sia sbagliata non è altrettanto efficace, e più spesso passa l’idea che con le opportune giustificazione la guerra sia accettabile. Purtroppo.
La banalità del male: Zeon
Un problema simile si ha anche con lo spettatore medio e come vengono percepiti gli schieramenti. Il Principato di Zeon e la Federazione Terrestre sono spesso messi sullo stesso piano, dicendo che hanno fatto entrambi delle cose brutte. Di solito, il passo successivo di chi afferma queste cose è stendere il braccio e gridare “Sieg Zeon”!
Questo è quello che accade è quando si scambia l’umanizzazione delle persone con l’apologia del Nazismo.
Zeon come il Terzo Reich in space
Parliamoci chiaro: il Principato di Zeon è palesemente ispirato alla Germania Nazista e al terzo Reich. Vedremo le similitudini in un articolo successivo, ma il richiamo nel design, nell’ideologia e persino nelle azioni è piuttosto palese. Zeon ha un’ideologia che proclama la superiorità di un gruppo umano sull’altro, la reclamazione di uno spazio vitale e ricalca il modello nazista nelle uniformi, negli aspetti visivi, nelle ritualità e nelle dinamiche di potere.
Zeon fa cose brutte. Non solo vediamo una guerra a sorpresa, l’attacco a fazioni neutrali e altri crimini di guerra. Infatti, Zeon si distingue anche per atti di vero e proprio genocidio, che approfondiremo nel prossimo episodio. Per quanto le loro istanze di indipendenza siano comprensibili (specie a fronte del trattamento dei coloniali tenuto dalla Federazione), l’aver scelto un modus operandi brutale e violento azzera qualsiasi merito questa fazione possa avere. Quindi, Zeon passa inevitabilmente dalla parte del torto.
Non solo mostri: la complessità del nemico
Tuttavia Mobile Suit Gundam ci tiene a mostrare quanto la natura umana sia varia e complessa, e quanto nessuno schieramento sia fatto di soli buoni e soli cattivi. Per questa ragione, tra le file di Zeon troviamo non solo (tanti) sociopatici. Ci sono anche amorevoli padri di famiglia, soldati onorevoli che si preoccupano per i loro sottoposti, persone semplici che volevano solo migliorare la qualità della vita.
Di contro, tra il personale della Federazione Terrestre, insieme ai nobili e valorosi combattenti, ci sono anche soldati arroganti, traditori infami e meschini manipolatori.
L’umanità è varia e il provare a spiegarsi perché persone come noi siano state capaci di compiere gesta così terribili è una delle questioni più difficili che la filosofia sta provando ad affrontare da Norimberga in poi.
Purtroppo, se lo spettatore non ha i giusti strumenti di valutazione, vedrà la cosa come un “Zeon e Federazione sono sullo stesso piano morale”. Spesso, attratto dal fascino delle uniformi di Zeon (fascino che persino io subisco), lo spettatore finirà a parteggiare per i nazisti dello Universal Century. Colpevole di questo è anche una certa dose di manga, che vuole far passare gli Zeoniani come eroi fedeli alla patria. Secondo questa visione, l’unica colpa degli Zeoniani è quella di aver avuto come capi delle persone malvagie. Che è un po’ come molti giapponesi si giustificarono nel secondo dopoguerra.
Anche per queste ragioni, vorrei aiutare chiunque si avvicini al franchise al fine di averne una visione più consapevole.