Vediamo come l’anime Mobile Suit Gundam ha creato il genere real robot, estremamente popolare nell’animazione giapponese degli anni Ottanta e Novanta.
Mobile Suit Gundam fu una serie decisamente incisiva all’interno della fantascienza giapponese. Tra le sue principali influenze, particolarmente importante fu quella di introdurre il sottogenere real robot nel mondo dei mecha anime.
In questo articolo daremo innanzitutto la definizione del termine “real robot” e delle sue qualità. Poi vedremo come questo genere sia stato sviluppato in diversi anime degli anni Ottanta. Infine, faremo un approfondimento su come Mobile Suit Gundam abbia creato questo genere, e come altre serie successive nel franchise se ne siano parzialmente distaccate, nonostante la notevole eccezione della serie The 8th MS Team.
Real robot: una definizione
Per real robot si intende una narrazione mecha in cui i robot sono trattati come oggetti realistici. Possono essere prodotti in serie, hanno bisogno di parti di ricambio e rifornimenti, possono essere smontati e sostituiti, venduti e comprati.
Questi mezzi meccanici possono essere pilotati da quasi tutti (o così dovrebbe essere nelle opere migliori), perché non sono il privilegio esclusivo di figli di scienziati o altri predestinati: basta fare un corso di addestramento o leggersi il manuale di istruzioni.
In tal senso, il genere real robot attua un processo di democratizzazione della guerra. Infatti, la difesa della madrepatria e dell’umanità non è più affidata al solitario eroe, ma a chiunque sia atto al servizio. È un setting molto diverso da quello di un altro filone di anime (precedente ai real robot) dedicato ai mecha, ossia quello dei super robot, come Jeeg robot d’acciaio o Mazinga Z, guidati da predestinati e con un’aura più magica che tecnologica.
I robot appartenenti al filone dei real robot seguono le leggi della termodinamica (il più delle volte). Quindi, non evocano armi dal nulla, non gridano i nomi dei loro colpi, non si esibiscono in pose rituali. Con questo filone, la fantascienza animata entra nella maturità ed è pronta ad usare toni più crudi e affrontare argomenti più maturi.
Opinione personale: le qualità che amo di più all’interno di questo genere
Personalmente, apprezzo molto questo filone del genere mecha, perché è meno elitario.
Inoltre, essendo tendenzialmente più crudo e realistico, tende a privilegiare molto la vita umana e i rapporti interpersonali dei personaggi. Nell’incertezza della guerra, infatti, la vita umana diventa più insicura, e siamo per questo portati a caricare emotivamente tutti i rapporti umani che da un momento all’altro potrebbero non esistere più.
Se usato bene, il filone del real robot permette di affrontare argomenti difficili, avere dell’azione intensa e raccontare storie di guerra che lasciano il segno.
Tuttavia, se non si pone l’accento sull’aspetto umano, sulle persone dentro ai robot e a quello che sacrificano durante la storia, quel che rimane sono solo i bei robot e c’è poco che lo distingue dai tanti, troppi anime generici a tema robottoni.
Il genere real robot negli anni Ottanta
Come anticipato, il genere real robot può essere fatto iniziare da Mobile Suit Gundam, che venne mandato in onda per la prima volta nel 1979 dalla casa produttrice Sunrise. Su come il franchise di Gundam abbia influenzato questo genere, se ne parlerà più approfonditamente nei prossimi paragrafi.
Prima di tutto, concentriamoci su come la Sunrise stessa abbia cavalcato e, col tempo, esplorato il genere real robot negli anni Ottanta.
Gli altri anime real robot prodotti da Sunrise nei primi anni Ottanta
Una delle prime serie del filone real robot prodotte dalla Sunrise fu Fang of the Sun Dougram. Questa uscì nell’81 e presenta ancora molti tratti legati alla tradizione. Infatti, la serie parla di un gruppo di ribelli che usa il robot Dougram per combattere contro i malvagi dominatori del pianeta.
Armored Trooper VOTOM è sempre della Sunrise e fu mandata in onda nel 1983. Al contrario di Fang of the Sun Dougram, questa è un’opera molto matura per qualità e temi. In questa serie, infatti, i VOTOM sono tute meccanizzate a metà strada tra la Fanteria dello Spazio di Heinlein e le Dreadnaught degli Space Marine. In questa serie ci sono tradimenti, cospirazioni, guerre e fughe attraverso la galassia. L’animazione è invecchiata, ma meno male di altra roba. Il mecha design è di Kunio Okawara, già attivo su Mobile Suit Gundam, ed è parte del successo che ha ottenuto la serie, il cui merchandising modellistico continua a essere attivamente prodotto e venduto.
Negli anni Ottanta vengono prodotte altre serie in questo tema, che cavalcano la popolarità di Gundam Zeta e Gundam ZZ (che furono molto più popolari della serie originale).
Infatti, in questo periodo nasce, per esempio, il franchise di Macross, estremamente popolare e prolifico, che vide la luce nel 1982 con la serie Fortezza superdimensionale Macross. Cavalcando la contemporanea ondata di successo di Transformers negli USA, Macross venne importato con grande successo in Occidente con il nome di Robotech.
Mecha di Panzer World Galient Mecha di I Cieli di Escaflowne E i mecha da Metal Skin Panic Madox-01
Il real robot e le commistioni con altri generi
Una variazione pregevole sul tema real robot è, ad esempio, Panzer World Galient, anime del 1984 che propone una versione fantasy del genere, con Kunio Okawara ovviamente al mecha design.
Sullo stesso filone, nel 1994, sarà prodotto sempre dalla Sunrise l’anime I Cieli di Escaflowne, che chi è cresciuto come me con l’Anime Night di MTV ricorderà con piacere. Escaflowne è un racconto fantasy con questi mecha a vapore/magia, una forte componente shojo (un ottimo triangolo/quadrato amoroso) e un piacevole setting fantasy. Sta su Amazon Prime Video, recuperatelo appena potete.
Nel 1987 viene invece prodotto l’OAV Metal Skin Panic Madox-01. In questa serie dai toni molto più cyberpunk, un giovane meccanico si ritrova incastrato nell’avanzata tuta da combattimento Madox, e deve scappare mentre il governo vuole riprenderla a tutti i costi, noncurante della sua incolumità. L’opera vira ogni tanto sul comico, ma regala delle scene di azione molto ben pensate ed eseguite che meritano la visione. Il mecha design della serie è reminescente di VOTOM.
Il filone del real robot si incrocia con successo con la space opera in un paio di piacevoli occasioni. Abbiamo già accennato al ricco e prolifico franchise di Macross con i suoi iconici robot/caccia. È quindi doveroso accennare a Nadesico, la corazzata robotica. In questa serie i toni sono leggeri, e di certo i mecha non sono centrali ai fini della narrazione. Tuttavia, i temi della guerra e la centralità dei rapporti umani sono piuttosto evidenti influenze del genere real robot.
La miglior opera del genere real robot: Patlabor
Verso la fine degli anni Ottanta, l’animazione giapponese si interessa ad altri generi e il filone real robot langue.
In questa situazione, il franchise di Patlabor, del 1988, è sostanzialmente il canto del cigno del genere real robot.
In Patlabor si seguono le vicende di un reparto di polizia altamente specialistico, ma dalla reputazione macchiata: è la seconda divisione di polizia meccanizzata. Alla guida dei potenti (e bellissimi) Patlabor, questo raffazzonato gruppo di poliziotti dovrà mantenere la sicurezza nella città di Tokyo del 1998 (!).
Questo tipo di trama è, in realtà, un classico di Mamoru Oshii, uno degli autori interni al gruppo Headgear, che ha creato questo franchise. Oshii sarà meglio conosciuto dopo il 1995, grazie al successo di Ghost in the Shell, nel quale seguiamo un altro reparto specialistico problematico.
Come sempre, Mamoru Oshii riesce a inserire profonde riflessioni sui problemi della società odierna (in special caso come la tecnologia influisce sul mondo del lavoro e l’economia) in una narrazione costellata di ottima azione e rapporti umani solidi e ben costruiti.
Mamoru Oshii collabora nella creazione di questa opera con il pregiatissimo mecha designer Yutaka Izubuchi (il cui lavoro migliore per me sono le corazze in Kerberos Panzer Corps) e la iconica character designer degli anni ‘80 Akemi Takada. Il team Headgear ha creato una tra le migliori opere del genere real robot e dell’animazione giapponese di quella decade.
Mobile Suit Gundam all’interno del genere real robot
Prima non abbiamo approfondito il rapporto del franchise di Mobile Suit Gundam col genere real robot, perché si tratta di una tematica che merita un paragrafo a parte.
Infatti, Mobile Suit Gundam, nelle sue molteplici incarnazioni, costituisce il nucleo del genere real robot.
In tal senso, la Sunrise ha prodotto oltre 30 serie animate (e non staremo a contare i manga!) ambientate nell’Universal Century e in altre tempolinee alternative di questo franchise. Inoltre, la Sunrise è sostanzialmente l’unica a produrre ancora, ai giorni nostri, prodotti chiaramente riconoscibili nel genere real robot.
Perché Mobile Suit Gundam fu rivoluzionario quando introdusse il genere real robot?
Quando andò in onda nel 1979 la prima serie del franchise, ossia Mobile Suit Gundam, i due autori Yoshiyuki Tomino e Kunio Ōkawara, insieme al character designer Yoshikazu Yasuhiko presentarono un mondo dove i robot erano prodotti in serie per una guerra.
Infatti, in Mobile Suit Gundam ci viene presentata una sanguinosa guerra, chiamata “Guerra di un Anno“, tra la colonia spaziale del Principato di Zeon e le forze della Federazione Terrestre. In questa guerra, Zeon inizia con un grande vantaggio tattico, ossia il disporre di un esercito di mobile suit. I mobile suit sono robot di oltre 15 metri pilotati da militari addestrati. Tutte le speranze della Federazione sono riposte nel prototipo di un proprio mobile suit, chiamato Gundam, che a sua volta costituirà la base per la creazione dell’esercito federale.
I mobile suit come armi fabbricate in massa per una guerra vera
Quello che si può osservare dai primissimi episodi della serie è che questi mezzi non hanno nulla di mistico. I mobile suit vengono fabbricati, sono soggetti a spionaggio industriale, si fanno corsi di addestramento per pilotarli e sono accompagnati da un manuale di istruzioni. I mezzi vengono spesso distrutti o rovinati, e quindi hanno bisogno di pezzi di ricambio. La disponibilità dei pezzi di ricambio o delle risorse per costruirli costituisce spesso una ragione importante negli obiettivi strategici della guerra.
In soldoni, i mobile suit sono degli oggetti e sono trattati come tali. Similmente, chi vi è a bordo non è un predestinato o un eroe, ma una persona come tutti noi.
Anche la guerra qui raffigurata non è la giocosa battaglia settimanale tra l’alieno puntualmente inviato dal cattivo e l’eroe a bordo del suo mecha. Al contrario, qui la guerra è un conflitto brutale, spesso imprevedibile, e chi sopravvive non ne esce mai senza serie conseguenze psicologiche.
Il Gundam MK1 della serie originale Mobile Suit Gundam (1979) Il Gundam MK2 da Mobile Suit Z Gundam (1985)
Il mecha design di Mobile Suit Gundam
Anche il mecha design di Mobile Suit Gundam fu innovativo rispetto a quello dei prodotti precedenti, come i super robot sulla scia di Mazinger. Qui, infatti, si può notare che dietro ai vari robot appartenenti alle due fazioni c’è un concetto di manifattura.
Per esempio, i mobile suit di Zeon si distinguono solitamente per un sensore ottico rosso, chiamano mono eye, e forme tondeggianti nelle gambe e nelle spalle. Invece, i mobile suit prodotti dalla Federazione hanno tratti distintivi comuni, come le prese d’aria sul petto e alcuni elementi nello schema cromatico e nelle linee della testa.
Questa omogeneità di design aiuta a comunicare che dietro alla fabbricazione di questi mezzi c’è un’intenzione comune e non sono semplicemente la trovata della settimana.
Ovviamente, nella prima opera del 1979 ci sono ancora forti influenze del genere super robot, e ogni tanto si ricade in certi design che appartengono più al decennio precedente che a quello che si sta per aprire. La vera maturità del design arriverà con le serie successive: Gundam Zeta (Mobile Suit Z Gundam del 1985) e Gundam ZZ (Kidō Senshi Gundam ZZ del 1986).
Qui si distinguerà un più iconico mecha design tipico del mondo del franchise.
Andando avanti nel tempo con la trama principale, si può distinguere chiaramente un’evoluzione tecnologica tra i vari modelli presentati. Così, si vanno a creare dei veri e propri lignaggi di mobile suit, che si aggiornano e migliorano generazione dopo generazione, mantenendo nell’aspetto alcuni richiami ai modelli precedenti. La fonte d’ispirazione principale per questa evoluzione sono stati gli sviluppi nel settore dei carri armati durante la seconda guerra mondiale.
Per esempio, ci si è ispirati alle linee di produzione dei panzer Tiger e Panther.
L’evoluzione di Mobile Suit Gundam e la perdita del mecha prodotto in serie
Tuttavia, nel corso del tempo molte delle serie di Gundam hanno perso parte delle caratteristiche tipiche del genere. Tra queste, quella più colpita è stata la non esclusività del robot, che è la caratteristica che personalmente preferisco di questo genere.
Dopo il “team Gundam” comparso in Gundam ZZ, infatti, tutti i personaggi principali degli anime successivi hanno un modello unico.
Questa formula è stata standardizzata soprattutto in Gundam Wing. In questa serie, infatti, abbiamo cinque protagonisti bellocci di vario genere per acchiappare il pubblico femminile (come fece a suo tempo I Cavalieri dello Zodiaco). Ognuno di loro ha un Gundam distinguibile per colore e armamento, con quello blu sempre dato al protagonista principale.
Lo schema è stato ripetuto in Gundam 00 e in molte altre serie successive che tennero in vita il franchise negli anni Duemila.
La questione dei newtype e lo scarto dal genere
Uno degli argomenti più controversi nei rapporti tra Gundam e il genere real robot da esso generato è la faccenda dei newtype.
Infatti, nella serie originale viene accennato il fatto che le nuove generazioni nate sulle colonie spaziali potrebbero sviluppare capacità inattese. Queste persone sono definite newtype e all’epoca della Guerra di un Anno gli studi su di loro erano appena iniziati.
Laddove i filosofi avevano teorizzato che queste nuove generazioni, dotate di capacità extrasensoriali, sarebbero state capaci di comprendersi a vicenda senza errore, il complesso militare industriale invece cercò subito un applicazione militare per questi ragazzini.
Il tema in sé è bello e presenta un ottimo potenziale narrativo, molto in linea con l’antimilitarismo della prima serie di Mobile Suit Gundam. (Perché sì, in generale il messaggio del franchise di Gundam è che la guerra è brutta.) I newtype, infatti, sono un’altra cosa buona che la guerra ha irrimediabilmente rovinato.
Ma vediamo meglio come è stato sviluppato nelle varie serie del franchise.
Sviluppo dei newtype: da rarità utili a ruoli chiave per la trama
Nella prima serie, il protagonista Amuro, parzialmente la sua nemesi Char e un altro paio di personaggi sono gli unici newtype a fronte di un cast di comprimari piuttosto ampio e vario. Rari e speciali, i newtype danno certamente un vantaggio nella guerra, ma non possono vincerla da soli.
Nelle serie successive, invece, i newtype sono più numerosi, più forti e più importanti ai fini della trama. Tutti i personaggi principali e le loro nemesi lo sono. Inoltre, i loro poteri, combinati con dei mobile suit che ne sfruttano il pieno potenziale, diventano sempre più determinanti per gli esiti della guerra.
Nelle scene finali di Gundam Zeta, Gundam ZZ e Char’s Counterattack si raggiungono dei livelli di misticismo che manco Dave Filoni nelle ultime stagioni di Star Wars Rebels.
A molti i newtype piacciono o quantomeno non dispiacciono. Personalmente, trovo che allontanino di molto Gundam dal filone real robot e lo avvicinino al genere shonen. Ci sono persino delle scene in stile “datemi la vostra forza” che personalmente mi fanno cascare le braccia.
The 8th MS Team e il suo ruolo chiave per il genere real robot
La serie The 8th MS Team, andata in onda nel 1996, è quella che incarna meglio lo spirito del genere real robot. Per le ragioni sopracitate, potrete capire che è anche la mia serie preferita di Mobile Suit Gundam.
Qui i newtype non ci sono. Infatti, per dodici episodi seguiremo le vicende di una truppa di normali piloti di Gundam che nelle operazioni di pulizia dopo che la guerra, nella sua fase finale, si sposta nello spazio. La squadra sarà a caccia di uno scienziato di Zeon che sta sviluppando una pericolosa superarma, ma le cose sono complicate dal fatto che il protagonista trova l’amore proprio nello schieramento nemico.
Personaggi solidi, trama breve ma che si prende il tempo di dedicare qualche puntata di approfondimento ad ogni personaggio, e un mecha design che applica interessanti soluzioni a modelli popolari da vent’anni. Il tutto condito da delle scene d’azione veramente belle e una regia che sa evocare le giuste atmosfere.
Più un racconto di una guerra con i robottoni, che una storia sui robottoni
The 8th MS Team è probabilmente la serie più apprezzata dai fan e una di quelle meglio riuscite. È un racconto di guerra onesto e capace di suscitare forti emozioni. Infatti, tra un duello spettacolare l’altro, ci ricordano puntualmente che la guerra è un brutto affare.
In tal senso, i registi hanno anche saputo ben usare il ritmo. Momenti di quiete e lunghe attese vengono interrotti da improvvisi scoppi di violenza. Momenti rilassati e gioiosi vengono alternati a scene dolorose che colpiscono come un pugno nello stomaco.
Anche in questo caso poi gli autori mostrano come nessuno dei due lati sia composto da persone assolutamente buone e irreprensibili o malvagie e perverse. In tutti e due gli schieramenti ci sono eroi e infami, persone a tutto tondo. Non vengono date giustificazioni per una o l’altra fazione (nessuno vuole fare apologia di Zeon), ma viene mostrato che se si guarda alle singole persone è molto più difficile dividere l’umanità in buoni e cattivi.
Dal mio punto di vista (ed è opinione diffusa tra i fan di Gundam) The 8th MS Team è la storia perfetta del franchise. È quella che coglie nel segno, che barra tutte le caselle di cosa dovrebbe fare una storia di Gundam e una del genere real robot.
Conclusioni
Il genere real robot portato da Mobile Suit Gundam nel 1979 fu molto innovativo nell’altrimenti stagnante filone dei robottoni.
Portò moltissime idee nuove, sia a livello tematico, che a livello di design. Per certi versi, anticipò alcuni degli aspetti che avremmo visto a fine degli anni Ottanta con l’emergente fenomeno del cyberpunk.
In generale, il real robot ha traghettato il mondo dei robottoni nell’età adulta, offrendo ai fan cresciuti della generazione precedente qualcosa di familiare, ma con tematiche più mature e questioni più importanti da approfondire.