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Fleabag: il paradigma dell’uomo impossibile

Parliamo di come la serie TV Fleabag, vincitrice agli Emmy 2019, rompa i canoni della narrazione al femminile con comicità e una secchiata di acqua gelida!

Dopo il successo agli Emmy 2019 sono in molti a chiedersi che ne sarà di Fleabag. E della sua ideatrice e star, Phoebe Waller-Bridge, per cui un brillante futuro sembra sul punto di spalancarsi nel mondo delle produzioni originali Amazon.

Nella sua prima stagione, la serie firmata BBC ha mosso i suoi passi in un primo round in cui l’autrice è riuscita ad affrontare temi importanti come il lutto, la crisi d’identità, la solitudine e il senso di colpa senza istigare il pubblico al suicidio. La seconda stagione, invece, ha consacrato Fleabag come gioiellino, forse addirittura oggetto cult. Questo non solo per merito dell’ironia, delle capacità interpretative e dell’innegabile chimica tra i personaggi, ma anche perché affonda le sue radici nella narrativa di genere e nel vissuto comune, rivoltandoli come un calzino.

Phoebe Waller-Bridge nei panni della protagonista in Fleabag
Phoebe Waller-Bridge nei panni della protagonista in Fleabag

Fleabag, una storia al femminile che rompe i canoni

Fleabag è molte cose, ma è innanzitutto una storia al femminile che, come molte di quelle che la hanno preceduta, si racconta attraverso la prospettiva di una donna alla soglia dell’età adulta. Ma quali sono i temi più comuni che troviamo andando a cercare tra i prodotti di questo filone più tradizionali?

Le tematiche principali della narrativa femminile tradizionale

La narrazione al femminile, specialmente quella che si rivolge alle grandi masse, quella che punta al successo commerciale, fa spesso leva su un tema principale. Da una parte abbiamo lei, una donna comune, un’abitante del suo tempo; dall’altra lui, l’uomo inarrivabile. Due mondi distanti che si incontrano e da cui, contrariamente ad ogni aspettativa, sboccia l’Amore.

Non importa quanto l’oggetto del desiderio sia impossibile da raggiungere (come Mr. Big per Carrie in Sex & The City), quanto il fato sembri avverso (come per Bella ed Edward nella saga di Twilight) o quanto lui sembri – e sia – un manipolatore psicologicamente abusivo (come Christian Grey delle dannate 50 sfumature di grigio). Vi ricordate anche del nostro commento sull’amore tossico di Piton in Harry Potter? L’Amore trionfa – se siete capaci di chiamarlo amore.

Storie di questo tipo vengono scritte e raccontate da anni, e trovano sempre il loro pubblico, anche quando il loro contenuto è molto discutibile. Questo perché danno forma quasi tangibile ad una fantasia che quasi tutti hanno avuto almeno una volta nella vita: essere corrisposti da una persona “impossibile”. Se vi è capitato di sentire la frase “Perché mi innamoro sempre della persona sbagliata?” sapete a cosa alludo.

Andrew Scott nei panni del prete in Fleabag
Andrew Scott nei panni del prete in Fleabag

La narrativa femminile in Fleabag: canone tradizionale, ma sovversivo

In Fleabag l’oggetto del desiderio della protagonista è Il Prete: il paradigma dell’uomo sentimentalmente e fisicamente irraggiungibile. Non importa da che punto di vista lo si voglia osservare, Il Prete è e può essere solo non disponibile. Prendendo in esame sia le caratteristiche che possiede, sia quelle che non possiede. Da una parte, è sposato con Dio; dall’altra non può allacciare una relazione di coppia con un’altra persona. Dati di una precisione semiotica. Il fatto che ci venga presentato come un uomo attraente (Andrew Scott), brillante e che dimostri una forte compatibilità con la nostra protagonista senza nome non cambia niente.

È proprio qui la sovversione di Fleabag. Se i prodotti al femminile tradizionali, puntando sul principio dell’evasione, ci hanno raccontato che l’Amore, spinto dalle onde del Destino, trionfa su tutto, anche sulle condizioni più avverse, Fleabag ci ricorda le regole del mondo reale, gettandoci addosso una secchiata d’acqua gelata.

E se forse non tutti ci siamo trovati coinvolti con una persona impossibile, di sicuro tutti abbiamo provato il bruciante desiderio di fare qualcosa, anche sapendo che poteva solo andare a finire male. Una consapevolezza che non sfugge a Phoebe Waller-Bridge, che ci guarda attraverso la quarta parete, quasi a dirci: “Lo so. Andiamo a farci travolgere da questo treno in corsa insieme”.

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