Perché Cursed, serie TV di Netflix, è un’opera fallimentare che non sa che storia vuole raccontare ed è un pessimo esempio di serie fantasy?
Partiamo da un presupposto: non ho finito di vedere Cursed. Mi sono fermata al quinto episodio, poi il resto l’ho visto a pizzichi e bocconi. E no, non mi pento di aver interrotto la visione, perché, da quello che ho potuto vedere degli ultimi episodi, il mio timore è stato confermato: Cursed non vale le ore necessarie per vederlo.
Per questo motivo, ho invocato il mio diritto di spettatrice di interrompere la visione. Eppure, voglio comunque spendere due parole su questa serie, perché penso che Cursed abbia così tanti problemi da poter tirare fuori una riflessione non campata in aria anche solo basandosi sui primi cinque episodi.
Quindi, perché la nuova serie fantasy di Netflix, basata sul ciclo arturiano, secondo me è un pessimo esempio di come si debba scrivere un’opera fantasy? E perché ritengo Cursed un’opera fallimentare anche da un punto di vista narrativo? Vediamo un po’!
ATTENZIONE, QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU TUTTA LA PRIMA STAGIONE DI CURSED
La trama di Cursed in breve
Come si è appena detto, Cursed è una serie televisiva targata Netflix che vuole rielaborare il ciclo arturiano, immaginando cosa sarebbe potuto accadere se la prima padrona di Excalibur fosse stata una donna.
Cursed segue la storia di Nimue, una giovane ragazza del popolo Fey, che vive pacificamente sotto il regno di Uther Pendragon. Ma un giorno, la Chiesa iniziò ad estendere il proprio potere e a fomentare la paura e il pregiudizio degli umani nei confronti dei Fey. Così, i Paladini Rossi attaccano il villaggio di Nimue, che è una delle poche a riuscire a fuggire, portando con sé la Spada del Potere affidatale da sua madre, con un compito chiaro: portare la spada a Merlino.
Così, seguiamo la ricerca di Merlino da parte di Nimue, che si ritroverà ad essere aiutata (ma non senza problemi!) da un giovane mercenario di nome Artù, che vuole essere un cavaliere, e poi da sua sorella Morgana, strega cresciuta in un convento.
Ma la situazione è complessa. I Paladini Rossi, forti del loro misterioso Monaco Piangente, stanno prendendo il controllo del regno e i Fey superstiti hanno formato una resistenza sotto la protezione del misterioso Cavaliere Verde. Nel frattempo, re Uther vede il proprio regno conteso tra la Chiesa, il re vichingo Cumber, la piratessa vichinga Lancia Rossa e il Re dei Lebbrosi Rugen. E in tutto questo Merlino è un alcolizzato che ha perso i propri poteri, ma che ha scorto i segni del cambiamento e vuole riforgiare la Spada del Potere per darla al vero sovrano.
Nimue dovrà guidare la propria gente verso la salvezza e impedire alla Chiesa di impossessarsi della Spada del Potere.
Una serie che non ha un’identità propria: il maggiore problema di Cursed
Il problema maggiore di Cursed non è la tematica trita e ritrita: non serve essere originali per scrivere una bella storia. Il mito arturiano è stato scritto, riscritto, elaborato e rielaborato in tutte le chiavi possibili, da quella più storicamente fedele a quella più sovversiva. E il problema non è nemmeno il worldbuilding raffazzonato e confusionario: per una bella storia si può perdonare un worldbuilding debole, anche se certamente questo non sarà un settore in cui si tesseranno delle lodi.
No, il problema maggiore di Cursed è che non ha deciso cosa voglia essere.
Una serie che passa da una tipologia narrativa all’altra
È una serie televisiva tratta da un fumetto di Frank Miller, crudo e sopra le righe. Eppure, Cursed per la maggior parte del tempo non riesce ad essere crudo e sopra le righe. Per la maggior parte del tempo, invece, questa serie oscilla tra l’essere una storia adolescenziale alla Lettera al Re, e una storia gritty e concentrata sui drammi dei personaggi, alla Game of Thrones. E in tutto questo, a volte vediamo qualche trovata veramente cruda e sopra le righe, come la radice tirata a forza fuori dalla gola di un Paladino Rosso, o il dente estratto a Nimue. Troviamo persino qualche riferimento tipicamente milleriano, come i trashissimi schizzi di sangue sullo schermo alla fine del primo episodio, che fanno subito pensare a 300.
Tuttavia, Cursed non riesce a lasciare i propri piedi su una solo di queste tipologie narrative, cercando invece di cambiare troppe paia di scarpe e di essere troppe cose diverse. Pertanto, all’interno dei singoli episodi si hanno salti di tono molto netti, che rendono la narrazione disomogenea e superficiale, poiché nessuna di queste tipologie narrative riesce ad essere esplorata in maniera approfondita. La storia adolescenziale non riesce ad essere abbastanza leggera da rilassare, mentre il dramma alla Game of Thrones è troppo poco presente e approfondito per lasciare il segno. In tutto questo, gli sprazzi sopra le righe milleriani risultano così isolati e improvvisi da lasciare più interdetti che intrattenuti.
Troppo poco arturiana, troppo poco fantasy, troppo poco milleriana
In tal senso, Cursed mi è sembrato una serie fantasy che si vergogna di se stessa e di ciò che vuole raccontare, oltre che del suo materiale di partenza. Vuole essere arturiana, ma per gran parte del tempo fatichiamo ad avere elementi del ciclo arturiano riconoscibili. Inoltre, i personaggi immediatamente associabili a questo ciclo (come Artù e Morgana) sono portati su percorsi e personalità così diverse dal materiale di partenza che avrebbero potuto chiamarsi anche Asparago e Macarena e non ci saremmo accorti della differenza.
Cursed poi vorrebbe essere una serie fantasy, con magia e creature magiche. Tuttavia, per gran parte del tempo le creature magiche non si differenziano in nulla dagli umani, se non per il loro aspetto particolare. Inoltre, la magia viene presentata fin dal primo episodio, ma è generalmente usata pochissimo o in contesti illogici. Per esempio, non ha senso che, nel primo episodio, Nimue abbia coscientemente usato la magia per barare a dadi, ma poi non riesca a utilizzarla per difendere se stessa o sua madre dall’attacco dei Paladini Rossi. In tal senso, non si riesce bene a capire quanto questa magia possa essere utilizzata in maniera consapevole e quanto sia frutto delle reazioni “di pancia” di Nimue.
Inoltre, Cursed vorrebbe omaggiare la graphic novel di Miller da cui è ispirata, ma fallisce nel mantenere il tono sopra le righe proprio di questo autore. Pertanto, tutti i tocchi trash ed esagerati propri di Miller, come il sangue sullo schermo, i personaggi dal look fuori dal mondo e la violenza esplicita non si amalgamano bene col resto della narrazione, finendo per stonare. Se Cursed avesse preso la strada narrativa di 300 o, sempre per stare sul trash, esagerato e arturiano, King Arthur: Legend of the Sword, mantenendosi sempre sopra le righe, sarebbe stato un prodotto molto più interessante e coeso, con una propria personalità.
Troppi personaggi, troppo poco screentime
Per quel che riguarda i personaggi, siamo anche in questo caso di fronte a una storia molto poco chiara su ciò che vorrebbe raccontare.
Una protagonista con un background troppo grande e troppo poco tempo per svilupparlo
Nimue, la protagonista, ha un background che basterebbe a caratterizzare ben due personaggi diversi.
Infatti, Nimue fa parte di una razza magica discriminata dagli umani, i Fey, ed è la prescelta di Excalibur, la spada del potere della sua gente che però dovrebbe scegliere anche il re della Britannia. Ma non solo: Nimue è anche stata maledetta dagli Oscuri, delle entità malvagie, ottenendo quindi anche dei poteri magici aggiuntivi rispetto a quelli che normalmente hanno i Fey della sua specie, e per questo è discriminata dai suoi compaesani.
Capirete che, per sviluppare al meglio tutte le caratteristiche di Nimue, Cursed dovrebbe dedicarle tantissimo screentime. Ma ciò non succede, perché la serie divide gran parte del proprio tempo seguendo le (dis)avventure di ben tre personaggi: Nimue, Merlino e Artù. Ma non solo: alle loro storyline si aggiungono anche quelle di personaggi secondari, come Morgana, Pym, il Monaco Piangente, Uther Pendragon e poi, successivamente, anche quelli di svariati personaggi vichinghi.
Capirete, quindi, che in Cursed c’è troppa carne sul fuoco e che la maggior parte di questi tranci non riusciranno a cucinarsi a dovere, nel corso della prima stagione. Ma, soprattutto, non c’è abbastanza tempo per far sviluppare bene e in maniera naturale la protagonista.
Gli altri personaggi: troppi e troppo poco approfonditi
Per fortuna, gli altri co-protagonisti, Artù e Merlino, non hanno background altrettanto densi. Tuttavia, il loro screentime non è mai sufficiente ad approfondirli sul serio. Inoltre, nessuno dei due è aiutato dalla sceneggiatura, che li impegna in dialoghi spesso tediosi, o poco credibili, o in cui sono incoerenti con ciò che avevano detto solo poche scene prima.
Potrete dunque capire quanto sia debole la caratterizzazione degli altri personaggi secondari, che tendenzialmente sono bidimensionali e con troppo poco screentime. Pym, la pragmatica amica di infanzia di Nimue, è forse il personaggio più interessante, ma è ridotta a mero strumento per introdurre i Vichinghi. Morgana, sorella di Artù cresciuta in convento, ha le potenzialità per essere un bellissimo personaggio, ma è troppo spesso messa da parte.
Per quel che riguarda gli antagonisti, poi, la situazione non è migliore. Il Monaco Piangente, che poi scopriremo essere Lancillotto, vorrebbe avere l’aria misteriosa e tormentata, ma finisce per essere il tipico tizio edgy, darkettone e “cattivo ma dal passato tragico e quindi in realtà buono”. I Paladini Rossi e tutta la Chiesa sono un ammasso di personaggi tratteggiati solo a tinte negative, risultando un anonimo ammasso di StronziTM, pronti a prendersela con chiunque, anche con altri membri del loro stesso ordine. Il loro fanatismo, poi, si riduce a tre espressioni: essere dei bulletti, essere degli psicopatici ed essere dei politici assetati di potere.
Come Cursed racconta un mondo fantasy
Ci sarebbero moltissime cose negative da dire ancora su Cursed, ma tenterò di riassumerle velocemente.
Regia, costumi e trucco: tra qualità e incapacità
La regia ha una qualità estremamente altalenante. Si passa da piani sequenza elaborati che vogliono riprendere la Battaglia dei Bastardi di Game of Thrones, al non far comparire un cacciatore dalla direzione da cui è venuta la sua freccia. E, sottolineo, questi due esempi provengono entrambi dal medesimo episodio: il primo. Nemmeno l’uso degli intermezzi animati, visivamente molto carini, è costante. Per esempio, la prima metà del secondo episodio ne vede molti, anche durante transizioni molto brevi, ma nella seconda metà non se ne vedono più, anche in transizioni in cui se ne sarebbe sentito il bisogno, come quando Artù porta una Nimue addormentata in convento.
Per quel che riguarda il reparto tecnico, i costumi e il trucco sono entrambi ben realizzati e sono certamente il punto forte della serie. I Fey sono molto ben realizzati, visivamente, e in generale i costumi dei personaggi rispecchiano molto bene il loro ruolo e la loro personalità. Tuttavia, gli effetti speciali sono inguardabili, e per fortuna anche relativamente limitati.
Il worldbuilding: un frullato di MedioevoTM e Roba FantasyTM
Un film dal tono così incoerente, poi, non è aiutato nemmeno dal suo worldbuilding, che è estremamente caotico e fatica a mescolare gli elementi fantasy a quelli storici.
È evidente che siamo in una Britannia fantasy e cosmopolita, che poco ha a che vedere con quella storica o con quella del ciclo arturiano. In questa Britannia vivono infatti i Fey, che sono un generico popolo di creature “fatate”, il che tendenzialmente significa solo che non sono umani. Infatti, sembrerebbe che tra i Fey siano relativamente in pochi a usare la magia e che ci sia un certo pregiudizio anche nei confronti di che effettivamente ha poteri magici, come Nimue.
Per il resto, i Fey sono un frullato di esseri umanoidi fantastici e vanno dalle donne-fate-falene alle persone con le scaglie in faccia, passando poi dalla gente con corna e/o zoccoli per arrivare alle persone come Nimue, che sono del tutto identiche agli umani finché non usano i loro poteri magici. Con questa gente, poi, hanno ben poco in comune altri esseri fantastici come il Re dei Lebbrosi, che parrebbe vivere nel mondo dei morti o sottoterra, non è chiaro.
Questa Britannia è percorsa dalla versione fantasy di popoli e istituzioni realmente esistiti, che vengono presentati in una versione edulcorata e superficiale. La Chiesa di Roma è formata da simil-francescani vestiti di rosso e con la foga di una Controriforma ancora non avvenuta. I Vichinghi sono predoni usciti direttamente da Vikings. In generale, poi, tutti i riferimenti pseudo-storici e visivi di Cursed rimandano ad un frullato di riferimenti psudo-medievali. Il Sacro Romano Impero (800) convive con i Vichinghi (1000), che convivono con i vestiti alla Enrico VIII (1500) dello zio di Artù, che convive con il ciclo arturiano ispirato all’invasione anglosassone dell’Inghilterra (V secolo).
Insomma, è un worldbuilding affollato, per una serie che non sa cosa voglia raccontare.
Conclusioni: Cursed è una serie che non merita di essere vista
In definitiva, Cursed non ha proprio compreso la filosofia de “il meno è più”. Pare evidente che in Cursed si siano aggiunti innumerevoli elementi di lore per diversificare e complicare il mondo, ma senza cercare alcun tipo di coerenza tra questi elementi, o di originalità nella loro rappresentazione, nell’illusione che un mondo fantasy ricco sia anche automaticamente un mondo fantasy ben costruito.
La costante incoerenza interna non è nemmeno resa sopportabile da un tono scanzonato o coscientemente trash: Cursed si prende tantissimo sul serio e vuole davvero presentarsi come un prodotto profondo e ben fatto. Il problema è che Cursed non è ben fatto, non è coerente e non è costruito con cura.
Questa serie televisiva sbrodola elementi superflui ad ogni singola puntata, aggiungendo carne al fuoco solo per coprire il fatto che la loro bisteccona principale, ossia Nimue ed Excalibur, in realtà è sottilissima. Ma così, alla fine, Cursed è una grigliata mista di fantasy, fantastoria e ciclo arturiano che però è stata cotta male ed è diventata una poltiglia informe.
Serie come Cursed ci ricordano quanto scrivere buon fantasy non sia semplice. Non basta prendere una mitologia famosa, spruzzarci sopra un po’ di magia in più e di argomenti più o meno progressisti per fare né una bella storia, né una bella storia fantasy. In tal senso, Lettera al Re, nella sua semplicità e in tutti i suoi difetti, è migliore di Cursed, per quel che mi riguarda. Anche The Witcher, nella sua plasticosità alla Xena, è ben migliore di Cursed.
Per quel che mi riguarda, spero che, prima o poi, potremo finalmente vedere la versione televisiva o cinematografica di storie e worldbuilding fantasy che davvero meritano una trasposizione del genere, e che potranno fare giustizia al nome di questo genere. Perché il fantasy si merita di meglio e può offrire di meglio. Sempre se Netflix è interessata a produrre fantasy di qualità.