La 93^ edizione degli Academy Awards è stata senza dubbio insolita e forse, a questi Oscar 2021 è mancato un pizzico di entusiasmo. Scopriamo insieme tutti i vincitori e qualche curiosità, tra vittorie annunciate e sorprese inaspettate.
Se poi volete anche capire cosa c’entrino gli ululati al microfono, Blade Runner e Glenn Close che balla hip-hop con la cerimonia degli Oscar… Beh, questo è proprio l’articolo che fa per voi! Dopo le bizzarrie dell’anno scorso, qualche stranezza era preventivata. Incluse le polemiche al grido di “dittatura del politically correct” quando l’Italia resta a bocca asciutta.
OSCAR 2021: PRE-SHOW E ANNUNCI
Parliamo dell’organizzazione degli Oscar 2021, tra elementi riproposti dalle edizioni passate e novità.
La serata si apre con un paio d’ore di pre-show, Oscars Into the Spotlight: lo spazio per le interviste è stato mantenuto ma gli ospiti sono decimati, oltre che distanziati. A presentarlo troviamo Ariana DeBose e Lil Rel Howery, rispettivamente apparsi in Hamilton e Judas and The Black Messiah, giusto per citare due titoli.
Un’importante cambiamento riguarda la location: dallo storico Dolby Theatre, la kermesse si sposta alla Union Station. La stazione ferroviaria non è nuova al ruolo da protagonista nel mondo del cinema, essendo stata usata come set per diversi film e trasformata in banca, stazione di polizia, aeroporto o discoteca.
Non sono mancate, però, le polemiche: fino a pochi giorni fa, infatti, la Union Station era un centro tamponi Covid e pare che per la gente sia diventato complicato accedere ai test nel nuovo indirizzo lì accanto, soprattutto per la totale assenza di parcheggi.
Se doveste decidere di recuperare la diretta, fatevi un favore e non guardatela in replica sui canali Sky. Nonostante il tentativo di intrattenere il pubblico invitando ospiti come Lillo (trovate qui la recensione di LOL), il livello di cringe è stato davvero alle stelle tra commenti sul “politicamente corretto” e sulla forma fisica di Margot Robbie.
Nel pre-serata abbiamo avuto modo di sentire tutti e cinque i brani in gara per la migliore canzone. A parte Husavik, cantata da Molly Sandén direttamente da Reykjavik e con tanto di coro di bambini, le altre esibizioni sono state registrate sulla terrazza panoramica dell’Academy Museum of Motion Pictures. L’apertura di un museo dedicato alla storia degli Oscar, prevista per il prossimo autunno, è stato uno degli annunci fatti durante la serata.
Per quanto riguarda le norme anti-covid, tutti i partecipanti alla serata sono stati testati e ritestati, oltre a mantenere le distanze. Tutto lo staff era dotato di mascherina e, inaspettatamente, hanno addirittura invitato una docente di epidemiologia dell’UCLA per raccomandare al pubblico di vaccinarsi.
Ma veniamo, finalmente, alle statuette dorate. I nomi dei vincitori sono evidenziati in grassetto.
MIGLIOR FILM
- Nomadland (Searchlight Pictures)
- The Father (Sony Pictures Classics)
- Judas and the Black Messiah (Warner Bros)
- Mank (Netflix)
- Minari (A24)
- Una donna promettente (Focus Features)
- Sound of Metal (Amazon Studios)
- Il processo ai Chicago 7 (Netflix)
Avevo scommesso su Nomadland e non sono rimasta delusa. Drammatico adattamento dell’omonimo libro-inchiesta della giornalista Jessica Bruder, il film racconta la storia di una donna che ha perso tutto a causa della grande recessione del 2007. Per sopravvivere alla crisi, decide di vivere nel proprio furgone e incontra altri nomadi come lei. La pellicola ha vinto il Leone d’oro alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il Golden Globe per il miglior film drammatico e per miglior regista. Una vittoria annunciata per la pellicola che ha collezionato il maggior numero di statuette in questa edizione.
Curiosa la scelta di Frances McDormand di ululare nel microfono, sebbene molto in linea con il film e con il suo personaggio.
Per la prima volta da che io ricordi, il premio al miglior film non è l’ultimo in ordine di apparizione ma viene seguito da quelli riservati agli attori protagonisti. Alle parole “lobby degli attori” pronunciate nello studio Sky, ho davvero pensato di far partire lo streaming pirata e abbandonare il proposito di vederlo per vie ufficiali. Basta una semplice inversione nell’ordine di apparizione delle categorie per scatenare il complottismo?
Dei titoli candidati al premio in questa categoria, tra l’altro, soltanto Il processo ai Chicago 7 è uscito a mani vuote dagli Oscar 2021. Polemiche sterili.
MIGLIOR REGISTA
- Chloé Zhao – Nomadland
- Emerald Fennell – Una donna promettente (A Promising Young Woman)
- Thomas Vinteberg – Un altro giro (Druk)
- David Fincher – Mank
- Lee Isaac Chung – Minari
Il premio viene presentato dal regista Bong Joon-ho, vincitore lo scorso anno con Parasite, dal Dolby Theatre di Seoul con l’aiuto di un’interprete.
Durante la premiazione, Chloé Zhao appare visibilmente agitata e fa un discorso improntato sulla bontà d’animo innata, citando un proverbio cinese. Ma questa vittoria ha un peso importante, vediamo insieme perché.
Tanto per cominciare, la 93^ edizione è stata la prima a vedere due registe donne candidate in contemporanea. Prima di Zhao e Fenner, infatti, erano state candidate solo Lina Wertmüller (1977), Jane Campion (1994), Sofia Coppola (2003), Kathryn Bigelow e Greta Gerwig. Di queste, inoltre, soltanto Kathryn Bigelow è riuscita ad aggiudicarsi la statuetta. Infine, Chloé Zhao è stata la prima “woman of color” a ricevere una nomination e avincere il premio. Non dovrebbe nemmeno fare notizia, non fosse che è una rarità assoluta.
Nel 2021, tra l’altro, è anacronistico sentire i commentatori su Sky pronunciare frasi come “Vedremo se il premio alla miglior regia verrà assegnato secondo coscienza o secondo arte”. Questo proprio in riferimento alla doppia candidatura femminile e, a loro dire, al “politicamente corretto” imperante.
La regista non ha solo scritto e diretto il film, ma anche montato e co-prodotto. Se esistesse una statuetta dedicata alla produzione, probabilmente l’avrebbero candidata anche in quella categoria, come accaduto per sceneggiatura, regia e montaggio. Ancora nulla di fatto per Fincher, rimasto a bocca asciutta anche alla terza candidatura.
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
- Anthony Hopkins – The Father
- Riz Ahmed – Sound of Metal
- Chadwick Boseman – Ma Rainey’s Black Bottom
- Gary Oldman – Mank
- Steven Yeun – Minari
Eccoci finalmente alla prima “quota sorpresa” di questa edizione: Anthony Hopkins. Stando alle previsioni, veniva quasi data per scontata l’assegnazione di un premio postumo a Chadwick Boseman, scomparso la scorsa estate dopo una lunga malattia e candidato per la prima e unica volta. E invece no. Ad annunciare il premio troviamo Joaquin Phoenix, in una sorta di passaggio di testimone.
L’interpretazione del protagonista di The Father è toccante, intensa e convincente. Lo spettatore riesce a immedesimarsi ed entrare nella vita di un uomo anziano le cui sicurezze si sbriciolano col passare del tempo e l’avanzare dell’età, mentre la casa intorno a sé segue il decadimento della sua lucidità. A trent’anni esatti dall’ultima – e unica – statuetta vinta da Hopkins per Il silenzio degli innocenti, finalmente ha fatto il bis agli Oscar 2021. Anche perché sarebbe stato discutibile far vincere Gary Oldman con un altro biopic.
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
- Frances McDormand – Nomadland
- Viola Davis – Ma Rainey’s Black Bottom
- Andra Day – The United States vs. Billie Holiday
- Vanessa Kirby – Pieces of a Woman
- Carey Mulligan – Una donna promettente
Cinque attrici candidate anche ai Golden Globe, cinque film drammatici ma una sola Frances McDormand.
Impeccabile, espressiva, emozionante, sincera… La sua interpretazione in Nomadland è questo e molto di più. Già vincitrice di due premi come miglior attrice con Fargo e Tre manifesti a Ebbing, Missouri, quest’anno torna sul tappeto rosso a ritirare la sua terza statuetta della carriera (su sei candidature). Le attrici che possono vantare un simile risultato si contano sulle dita di una mano.
Se non aveste ancora visto il film, attendete fino al 30 aprile e potrete trovarlo su Netflix. Consigliatissimo.
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
- Daniel Kaluuya – Judas and the Black Messiah
- Sacha Baron Cohen – Il processo ai Chicago 7
- Leslie Odom Jr. – Quella notte a Miami…
- Paul Raci – Sound of Metal
- Lakeith Stanfield – Judas and the Black Messiah
Kaluuya aveva già vinto un Bafta e sfiorato un Oscar per Scappa – Get Out ma il pubblico lo ricorda soprattutto per Black Panther. Diciamo che le Pantere Nere abbiano un ruolo anche in questo film. In ordine di apparizione, arriva il primo ringraziamento a Dio. Vittoria prevista, dopo il Golden Globe e l’interpretazione molto convincente di un personaggio per nulla semplice da gestire.
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
- Yoon Yeo-jeong – Minari
- Maria Bakalova – Borat – Seguito di film cinema (Borat Subsequent Moviefilm: Delivery of Prodigious Bribe to American Regime for Make Benefit Once Glorious Nation of Kazakhstan)
- Glenn Close – Elegia americana (Hillbilly Elegy)
- Olivia Colman – The Father
- Amanda Seyfried – Mank
Ottava nomination e ancora niente Oscar per Glenn Close, per cui tifavo spudoratamente.
Ma è impossibile arrabbiarsi con Yoon Yeo-jeong, che porta sul palco il discorso di ringraziamento più buffo e sconclusionato della serata. Tanto per cominciare, il suo primo pensiero è dire “Mr. Brad Pitt, finalmente la conosco!”, rivolgendosi al presentatore della categoria. Adorabile.
Molto delicato anche il modo in cui fa presente che tutti sbaglino continuamente il suo nome ma sottolinea come, data l’occasione, siano più che scusati. Parla anche di come non creda nella competizione e si domanda “Come posso vincere rispetto a Glenn Close?”. Per quanto me lo chieda anch’io, riconosco la potenza della sua interpretazione e mi sono sciolta nel vederla scendere dal palco e andarsene tutta entusiasta a braccetto con Brad Pitt. Un personaggio.
A proposito di Glenn Close, dopo aver partecipato a una specie di “Indovina la canzone” a metà cerimonia, l’attrice si è messa a ballare Da Butt degli E.U. agitando le natiche a ritmo di hip-hop. Una scena a cui mai avrei pensato di assistere. Insomma, abbiamo trovato le due queen della serata.
MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE
- Emerald Fennell – Una donna promettente (Promising Young Woman)
- Will Berson, Shaka King, Kenny Lucas, Keith Lucas – Judas and the Black Messiah
- Lee Isaac Chung – Minari
- Darius Marder, Abraham Marder e Derek Cianfrance – Sound of Metal
- Aaron Sorkin – Il processo ai Chicago 7 (The Trial of the Chicago 7)
Prima premiazione (in ordine di apparizione nella diretta) per Emerald Fennell, che appare imbarazzata ma felice.
Prima esperienza alla regia e primo Oscar per Emerald Fennell, attrice nota soprattutto per il suo ruolo in The Crown. Una donna promettente è stato girato in soli 23 giorni e il titolo sembra perfetto per indicare proprio la giovane regista e sceneggiatrice.
MIGLIORE SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
- Christopher Hampton e Florian Zeller – The Father
- Ramin Bahrani – La tigre bianca (The White Tiger)
- Sacha Baron Cohen, Anthony Hines, Dan Swimer, Peter Baynham, Erica Rivinoja, Dan Mazer, Jena Friedman e Lee Kern, storia di Sacha Baron Cohen, Anthony Hines, Dan Swimer e Nina Pedrad – Borat – Seguito di film cinema (Borat Subsequent Moviefilm: Delivery of Prodigious Bribe to American Regime for Make Benefit Once Glorious Nation of Kazakhstan)
- Kemp Powers – Quella notte a Miami… (One Night in Miami…)
- Chloé Zhao – Nomadland
A trionfare in questa categoria degli Oscar 2021 è un adattamento dell’omonima pièce teatrale scritta dal regista nel 2012.
Il premio viene “ritirato” in collegamento video, il che significa che Zeller avesse pronta accanto a sé una riproduzione della statuetta dorata da impugnare in caso di vittoria. Mi domando cosa ne abbiano fatto tutte le altre persone nominate che erano in collegamento ma non hanno vinto. Simpatica l’invasione di campo della moglie, che se lo sbaciucchia quando lui la ringrazia.
MIGLIOR FILM IN LINGUA STRANIERA
- Un altro giro (Druk), regia di Thomas Vinterberg (Danimarca)
- Collective (Colectiv), regia di Alexander Nanau (Romania)
- The Man Who Sold His Skin, regia di Kaouther Ben Hania (Tunisia)
- Quo vadis, Aida?, regia di Jasmila Žbanić (Bosnia ed Erzegovina)
- Shàonián de nǐ, regia di Derek Tsang (Hong Kong)
Finalmente qualcuno ammette di aver sempre immaginato questo momento, al punto da aver provato il discorso per decenni nella speranza di vincere una statuetta. Apprezzabile l’onestà e anche la vittoria che, per quanto non del tutto inaspettata, non era certo scontata. Un altro giro è un film insolito per l’Academy: la trama segue le vicende di quattro professori del liceo che, annoiati dalla routine dell’insegnamento, decidono di testare una teoria e vivere in un moderato ma costante stato di ebbrezza. Consegnare una statuetta a una pellicola che inneggia al consumo di alcool non è una mossa su cui avrei scommesso in occasione degli Oscar 2021.
Mads Mikkelsen è sempre una certezza, peraltro, e non manca di colpirmi con ogni sua performance.
MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE
- Soul, regia di Pete Docter
- Onward – Oltre la magia (Onward), regia di Dan Scanlon
- Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria (Over the Moon), regia di Glen Keane
- Shaun, vita da pecora: Farmageddon – Il film (A Shaun the Sheep Movie: Farmageddon), regia di Will Becher e Richard Phelan
- Wolfwalkers – Il popolo dei lupi (Wolfwalkers), regia di Tomm Moore e Ross Stewart
Tutto come previsto: due film Disney in concorso agli Oscar 2021 e vittoria telefonatissima di Soul, contro cui Onward (recensito QUI) purtroppo non aveva alcuna speranza. Personalmente non mi ha convinta ma mi rendo conto di essere in netta minoranza rispetto all’opinione del pubblico, che l’ha molto apprezzato. Se volete saperne di più, lo abbiamo recensito QUI. Mi sarebbe piaciuto vincesse Wolfwalkers ma non c’è mai stata gara per questa statuetta.
Dopo Up e Inside Out, con Soul arriviamo alla terza statuetta per Pete Docter, nuovo direttore creativo dei Pixar Animation Studios dopo l’uscita di John Lasseter. Tre Oscar su quattro film d’animazione, peraltro: l’unico per cui non l’ha vinto è Monsters&Co.
MIGLIORE FOTOGRAFIA
- Erik Messerschmidt – Mank
- Sean Bobbitt – Judas and the Black Messiah
- Phedon Papamichael – Il processo ai Chicago 7 (The Trial of the Chicago 7)
- Joshua James Richards – Nomadland
- Dariusz Wolski – Notizie dal mondo (News of the World)
Secondo premio (in ordine di assegnazione) a questa piccola perla sul mondo del cinema americano degli anni ’30. Se sento ancora dire “Eh, ma tanto lo premiano solo perché è in bianco e nero” vi mando tutti a… vedere WandaVision!
MIGLIOR MONTAGGIO
- Mikkel E. G. Nielsen – Sound of Metal
- Alan Baumgarten – Il processo ai Chicago 7 (The Trial of the Chicago 7)
- Giōrgos Lamprinos – The Father
- Frédéric Thoraval – Una donna promettente (Promising Young Woman)
- Chloé Zhao – Nomadland
Nielsen ringrazia la Danimarca, da cui proviene, per il costante impegno nel finanziare scuole che permettono di formare i giovani, perché essi possano sviluppare capacità e competenze artistiche. Il percorso che lo ha portato agli Oscar 2021, a suo dire, è stato come seguire l’arcobaleno e aver trovato l’oro… Beh, una statuetta d’oro.
Personalmente, ho trovato necessario il discorso di presentazione fatto da Harrison Ford, che ha ricordato l’importanza del montaggio nel processo di post produzione di un film. Sono le migliaia di scelte operate dai montatori, infatti, a permettere di portare sullo schermo la migliore versione possibile di un prodotto. Nel fare ciò, Ford ha deciso di leggere alcuni dei commenti negativi fatti all’epoca a uno dei suoi lavori: quella pellicola era Blade Runner e, curiosamente, alcune scene sono state girate proprio all’interno della Union Station di LA.
MIGLIORE SCENOGRAFIA
- Donald Graham Burt e Jan Pascale – Mank
- David Crank ed Elizabeth Keenan – Notizie dal mondo (News of the World)
- Nathan Crowley e Kathy Lucas – Tenet
- Peter Francis e Cathy Featherstone – The Father
- Mark Ricker, Karen O’Hara e Diana Stoughton – Ma Rainey’s Black Bottom
Non del tutto inaspettato e molto meritato il premio a Mank, considerando l’accurata costruzione degli interni e delle scenografie del film, interamente ambientato nella Hollywood degli anni ’30.
MIGLIORI COSTUMI
- Ann Roth – Ma Rainey’s Black Bottom
- Alexandra Byrne – Emma.
- Massimo Cantini Parrini – Pinocchio
- Bina Daigeler – Mulan
- Trish Summerville – Mank
E qui mi è partito un embolo. No, non per l’assegnazione o per il discorso (Ann Roth non era presente e nemmeno era collegata in video), quanto per i commenti arrivati dallo studio di Sky. Con tutte le critiche che si possono fare ai costumi, magari giudicati poco rilevanti rispetto ad altri film in concorso, si è scelto di giocare la carta “dittatura del politicamente corretto” in posizione di difesa. Tutto ciò perché? Per la mancata vittoria di Pinocchio. Quanta maturità e compostezza.
Dal canto mio, mi basta non abbia vinto Mulan.
MIGLIOR TRUCCO
- Sergio Lopez-Rivera, Mia Neal e Jamika Wilson – Ma Rainey’s Black Bottom
- Mark Coulier, Dalia Colli e Francesco Pegoretti – Pinocchio
- Eryn Krueger Mekash, Matthew Mungle e Patricia Dehaney – Elegia americana (Hillbilly Elegy)
- Marese Langan, Laura Allen e Claudia Stolze – Emma.
- Gigi Williams, Kimberley Spiteri e Colleen LaBaff – Mank
Altra contestazione polemica tipicamente italiana per la mancata vittoria di Pinocchio ma importante il discorso di una delle vincitrici. Ogni vittoria di una minoranza (nella fattispecie una donna nera) ricorda come sia ancora necessiario sfondare il glass ceiling, l’invisibile soffitto di cristallo che preclude ancora i premi a determinate categorie di persone. Arriverà il giorno in cui sarà la norma e non farà più notizia ma non è questo il giorno.
MIGLIOR SONORO
- Nicolas Becker, Jaime Baksht, Michelle Couttolenc, Carlos Cortés e Phillip Bladh – Sound of Metal
- Ren Klyce, Coya Elliott e David Parker – Soul
- Ren Klyce, Jeremy Molod, David Parker, Nathan Nance e Drew Kunin – Mank
- Warren Shaw, Michael Minkler, Beau Borders e David Wyman – Greyhound – Il nemico invisibile (Greyhound)
- Oliver Tarney, Mike Prestwood Smith, William Miller e John Pritchett – Notizie dal mondo (News of the World)
Che il destino di questa assegnazione fosse già presente nel titolo del film? In ogni caso, trovo sia un premio più che meritato: la fluidità con cui il sonoro passa da normale ad ovattato quanto ci si sposta sulla prospettiva del protagonista è impeccabile.
Convivo con un costante acufene e con una simpatica ipoacusia da oltre quattro anni e la pellicola rende bene la sensazione della perdita dell’udito, al punto da avermi colpita davvero molto da vicino. Penso sia importante che le disabilità invisibili siano rappresentate e considerate, soprattutto vista la scarsa accessibilità contro cui bisogna ancora combattere. Anche agli Oscar 2021, come vedremo più avanti.
MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
- Andrew Jackson, David Lee, Andrew Lockley e Scott Fisher – Tenet
- Nick Davis, Greg Fisher, Ben Jones e Santiago Colomo Martinez – L’unico e insuperabile Ivan (The One and Only Ivan)
- Sean Faden, Anders Langlands, Seth Maury e Steve Ingram – Mulan
- Matthew Kasmir, Christopher Lawrence, Max Solomon e David Watkins – The Midnight Sky
- Matt Sloan, Genevieve Camilleri, Matt Everitt e Brian Cox – Love and Monsters
Non sono certo stata una delle persone che si sono strappate i capelli per la mancata candidatura di Tenet come miglior film o migliore regia, ma questo premio è più che meritato. In due parole: ci sta. Bilanciare riprese mandate all’indietro, stunt, CGI e coreografie dev’essere stato un lavoro titanico e il risultato è visivamente impeccabile. Sento fin qui i fanboy di Nolan lamentarsi. Portate pazienza e gli verrà dato d’ufficio come a Di Caprio: presumibilmente, dunque, non proprio per il suo film migliore.
A ripensarci meglio, in effetti, gli Oscar 2021 sarebbero stati l’occasione perfetta.
MIGLIOR COLONNA SONORA
- Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste – Soul
- Terence Blanchard – Da 5 Bloods – Come fratelli (Da 5 Bloods)
- Emile Mosseri – Minari
- James Newton Howard – Notizie dal mondo (News of the World)
- Trent Reznor e Atticus Ross – Mank
Vista la doppia nomination agli Oscar 2021 per la coppia di artisti Reznor-Ross, la vittoria era certamente più probabile. Non solo la comprendo ma la condivido: in un film in cui la musica diventa una sorta di co-protagonista, trovo giusto riconoscerne il valore.
MIGLIORE CANZONE
Accanto a ciascuna candidatura trovate il link per ascoltare le canzoni nominate agli Oscar 2021.
- Fight For You (musiche di H.E.R. e Dernst Emile II, testo di H.E.R. e Tiara Thomas) – Judas and the Black Messiah: potete ascoltarla QUI.
- Hear My Voice (musiche di Daniel Pemberton, testo di Daniel Pemberton e Celeste Waite) – Il processo ai Chicago 7 (The Trial of the Chicago 7): video della canzone QUI.
- Husavik (musiche e testo di Savan Kotecha, Fat Max Gsus e Rickard Göransson) – Eurovision Song Contest: The Story of Fire Saga: la potete trovare QUI.
- Io sì (Seen) (musiche di Diane Warren, testo di Diane Warren e Laura Pausini) – La vita davanti a sé: potete ascoltare la canzone QUI e ammirare il ritorno sulle scene di Sofia Loren.
- Speak Now (musiche e testo di Leslie Odom Jr. e Sam Ashworth) – Quella notte a Miami… (One Night in Miami…): video ufficiale QUI.
Altra polemica senza fine per quest’assegnazione, perché non sia mai che non vinca Laura Pausini. Metto le mani avanti, nonostante il mio background da metallara convinta: a me, Io Sì, non dispiace affatto. Rispetto al resto della discografia della Pausini, questa canzone presenta delle sensibili variazioni anche come tecnica vocale. Detto questo, ha vinto il Golden Globe e va bene così. Sarà per la prossima volta.
H.E.R. non solo merita come artista ma è anche la terza persona afroamericana a vincere questo premio nella storia della competizione. Pian pianino ce la stiamo facendo, ma le polemiche continuano. A sto punto, mi aspetto anche quelle per la mancata menzione di Ludovico Einaudi (colonna sonora di The Father e Nomadland).
Personalmente, ho un debole per la musica islandese e Husavik conferma questo mio tallone d’Achille.
MIGLIOR DOCUMENTARIO
- Il mio amico in fondo al mare (My Octopus Teacher), regia di Pippa Ehrlich e James Reed
- El agente topo, regia di Maite Alberdi
- Collective (Colectiv), regia di Alexander Nanau
- Crip Camp: disabilità rivoluzionarie (Crip Camp), regia di Nicole Newnham e Jim LeBrecht
- Time, regia di Garrett Bradley
La presentazione è stata fatta in ASL (Lingua Americana dei Segni) con un voiceover fuori campo. Se un uomo può stringere amicizia con un polpo, possiamo anche ricordare al mondo che l’industria dell’intrattenimento debba essere accessibile. Non stiamo facendo abbastanza. Se non altro, pare che il protagonista di Sound of Metal abbia dovuto impararla per entrare nel personaggio; inoltre, parte del cast è stato scelto all’interno della comunità sorda.
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE
- Se succede qualcosa, vi voglio bene (If Anything Happens I Love You), regia di Michael Govier e Will McCormack
- Genius loci, regia di Adrien Mérigeau
- Já-Fólkið, regia di Gísli Darri Halldórsson
- Opera, regia di Erick Oh
- La tana (Burrow), regia di Madeline Sharafian
Dopo i vari ringraziamenti alla famiglia e alla crew, è stata inserita una riflessione sull’importanza di mettere fine al problema della gun violence. Dolorosamente necessario.
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO
- Colette, regia di Anthony Giacchino
- A Concerto Is a Conversation, regia di Kris Bowers e Ben Proudfoot
- Do Not Split, regia di Anders Hammer
- Hunger Ward, regia di Skye Fitzgerald
- A Love Song for Latasha, regia di Sophia Nahli Allison
Il regista sottolinea l’importanza dei documentari come strumento fondamentale per raccontare il mondo e le sue lotte, tramandando la memoria delle tragedie e delle proteste. Tra i vari esempi, nomina Hong Kong. E tanti cari saluti alla Disney e alla protagonista di Mulan, insomma.
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
- Feeling Through, regia di Doug Roland
- The Letter Room, regia di Elvira Lind
- The Present, regia di Farah Nabulsi
- Two Distant Strangers, regia di Travon Free e Martin Desmond Roe
- White Eye, regia di Tomer Shushan
A seguito della vittoria, i registi ricordano il problema della police brutality: negli USA, tre persone al giorno vengono uccise dalla polizia. Tra queste mille morti all’anno, la sproporzione tra persone bianche e people of color è schiacciante. Segue un appello a non restare indifferenti di fronte al dolore della comunità afroamericana.
DOVE VEDERE I FILM PROTAGONISTI DEGLI OSCAR 2021?
Se questa 93^ edizione ci ha lasciato una certezza, è quella di non aver visto metà dei titoli candidati agli Oscar 2021. Ma dove recuperarli legalmente in streaming? Abbiamo raccolto tutti i link in fondo a questo articolo.