Benvenuti al secondo volume della Biblioteca di Atlantide, la nostra personalissima raccolta di informazioni, commenti, consigli e molto altro. Premettendo che tutto ciò che troverete in quest’articolo riguarda opinioni strettamente personali e soggettive, oggi vorrei parlarvi di Proattività e Reattività. Due parole che utilizziamo spesso ma che abbiamo approfondito raramente.
Parlando di ciò che so, cercherò di trattare queste due parole associandole al mondo di Dungeons and Dragons. Di narratori ed giocatori di questo sistema ce ne sono tantissimi e i problemi sono tanti e spesso ricorrenti. La premessa dell’articolo è raccogliere i sistemi e i consigli che i narratori e i giocatori hanno utilizzato o subito.
Il Giocatore, antonomasticamente Attivo?
Sento tantissime volte amici, conoscenti e in genere narratori avere problemi nel proprio gruppo. Tralasciando quelli più gravi, il grosso dei problemi si orienta su due filoni principali. Il primo “i miei giocatori non si muovono” ed il secondo “i miei giocatori non seguono la trama”. Innumerevoli le risposte ed i consigli da parte di tutti i miei distinti colleghi, anche se il più delle volte salta fuori un problema di “giocatori passivi e giocatori attivi”.
Purtroppo, nulla di più letteralmente errato, in quanto gli individui che si presentano al tavolo (sia questo concreto o astratto) stanno già attivandosi nel fare qualcosa. Propriamente passivi, quindi, non sono. Un giocatore, in effetti, è attivo per antonomasia, altrimenti sarebbe un non-giocatore, ed il problema non esisterebbe. Certo, ci sono anche problemi con non-giocatori da convincere a giocare, ma non sto parlando di questi.
Preferisco quindi affidare ai problemi del primo filone il titolo di Reattivi, o Reazionari in base alla quantità di fantapolitica al tavolo. Il secondo filone, alla luce di quanto detto, non può più essere semplicemente “attivo” e si trasformerà in Proattivi. Pro- dal latino fuori, davanti, invece di, in favore di penso rispecchi perfettamente la situazione del gruppo di giocatori in questione.
Il Narratore, un lavoro pericoloso
Il lato pungente del dividere in filoni i problemi dei giocatori è notare come i narratori vedano entrambe queste cose come un possibile problema. Il lavoro del narratore è ostacolato dalla presenza di questi giocatori che rendono la sua vita un inferno. Questo, ovviamente, quando non si attivano concretamente a denigrarlo, offenderlo o pestarlo a sessione. Ovviamente sono ironico, anche se l’ironia non può certo vincere sulla percezione di come questo ruolo è visto tra i membri al tavolo. Tutti noi abbiamo un narratore storico, gran parte dei gruppi che conosco sono associati ad un narratore ed il compito del narratore è fare il narratore. Quando il narratore osa fare il giocatore solitamente il gruppo implode, con motivi più o meno creativi.
Non riesco a scendere nello specifico di questo problema, purtroppo, in quanto gli esempi (ad esperienza personale) sono così tanti che è difficile catalogarli. Generalizzando molto, potrei dare un 20% di colpa al tempo libero, un 20% di colpa alle dinamiche interne, un 30% alla voglia ed un 30% alle aspettative. Ovviamente, ripeto, generalizzando molto. Riguardo lo specifico argomento di cui si tratta, temo che il ruolo del narratore sia così mal visto a causa del fatto che è un ruolo che si ritrova a fare il cambiamento tra reattivo <-> proattivo più volte/velocemente nella sessione. Spesso, infatti, è proprio il narratore a fare da tramite a tutte le interazioni tra png e giocatori, e spesso anche tra giocatori e giocatori.
Le “Macro Interazioni”
Scendendo leggermente più nello specifico, mi piacerebbe trattare individualmente di ogni gruppo, partendo dal gruppo dei giocatori reattivi. Frasi simbolo che individuano problemi di questo gruppo, se possiamo tratteggiarne, potrebbero essere:
I miei giocatori stanno fermi in taverna finché un drago non arriva. Il gruppo sta vagando da giorni nella caverna e non riescono ad uscirne da soli. Se non imbocco Tizio Caio questo sta assolutamente fermo e si limita a dire “lo seguo”
Se vi rivedete in una di queste frasi, generalmente temo vi siate imbattuti in un “problema” di giocatori reattivi. Volendo fare un identikit molto approssimativo e generalizzante, il giocatore reattivo tende a seguire le direttive e ad elaborare le interazioni anziché a crearne. In presenza di un narratore a sua volta reattivo (ovvero che si aspetta interazioni dai giocatori) il gioco si ferma. Al contrario, al gruppo di giocatori proattivi possiamo associare queste frasi simbolo:
I miei giocatori non seguono la trama ma sembrano seguirne una tutta loro. Ho un giocatore che guida il gruppo verso una direzione che non voglio seguano e che rende inutile la mia preparazione. Non riesco a anticipare le scelte del gruppo e devo improvvisare ogni sessione, e questo mi affatica un sacco.
Anche qui, riassumendo, si tratta di giocatori (uno o più) proattivi, che quindi tendono a creare l’interazione differente da quella che il narratore si aspettava, o comunque ad aggiungere carne sul fuoco autonomamente. In presenza di un narratore proattivo (ovvero che mette molta carne sul fuoco) il gioco ovviamente deraglia. Ovviamente in questi esempi si parla di giocatori e non di personaggi, essendo queste due cose distinte. Preciso, difatti, che alcuni giocatori potrebbero benissimo immedesimarsi in personaggi opposti al loro modo di approcciarsi al gioco, anche se è molto raro.
Si parla ovviamente di Macro interazioni, diciamo comportamenti che la fanno da padrona in un insieme di interazioni che solitamente sono di entrambe le tipologie. Un giocatore Proattivo diverrà reattivo e viceversa per il bene del gioco una quantità enorme di volte, perché su questo principio si basa la comunicazione. Ma come fare a risolvere la situazione, quando porta a dei problemi?
La sessione Zero come non-cura per tutti i mali.
Ovviamente, gran parte dei problemi di questo genere sono risolvibili attraverso la sessione Zero. Visto, però, che non esiste una soluzione per tutti i mali, ho pensato di consigliare ad un narratore che si trovi davanti a questi problemi un paio di soluzioni, escamotage se vogliamo chiamarli con un nome un po’ naive.
La Sessione Zero può non essere la soluzione nel risolvere le aspettative, d’altronde. Spesso i comportamenti dei giocatori emergono nel tempo, così come evolvono i rapporti con le persone che si conoscono mano a mano. Un paio di domande ed un’acuto spirito di osservazione potrebbe benissimo svelarvi chi è più propenso a dirigere anziché reagire, ma per ogni evenienza farò qua sotto un elenco di consigli.
Ognuno di questi consigli subentra nel momento stesso nel quale ogni persona al tavolo lo accetta, e non sostituisce in alcun modo un dialogo rispettoso e che ha come fine comune il benessere al tavolo. Non dimenticate mai che il segreto per un buon tavolo è, spesso, una buona comunicazione.
Giocatori Reattivi
Ammetto di essere stato, per gran parte della mia esperienza come narratore, più proattivo che reattivo, soprattutto a causa di D&D e del livello molto “io arbitro ti dico cosa succede e tu mi dici come reagisci” style of play. Anche a causa di ciò ho formato giocatori più reattivi che proattivi, andando a smorzare la proattività con il no (non seguendo la regola del sì).
Negli ultimi anni mi sono reso conto di quanto un gruppo di reattivi non fosse nelle mie corde, dando una brusca virata al gruppo che, ovviamente, ha reagito al tiro di redini con un sonoro sbuffo. Agendo per piccolissimi step, ho cercato di modificare il mio gruppo con un paio di aggiunte:
Sì per tutti. Una sorta di regole del sì universale, ho accettato che i miei giocatori avessero pieno potere su ciò che descrivevano al tavolo. Non ero più il solo ad essere legato alla regola: anche i giocatori, tra loro, dovevano rispettare il sì generico e questo, anche se rischioso,ha fatto da un ottimo apripista.
Il cesto. Si tratta di un qualcosa di davvero basilare ma che, a mio parere, può aiutare il giocatore a elaborare una interazione per conto suo senza bisogno del narratore. Ho posizionato al centro del tavolo un cesto di vimini con un numero di biglietti accartocciati all’interno. I biglietti contenevano situazioni, eventi o semplicemente parole. Ogni giocatore poteva pescare il biglietto, leggerlo, creare una scena a riguardo o scartarlo, passandolo alla sua destra/sinistra. Chi lo riceveva non poteva scartarlo e doveva giocarlo. Risultato: inizialmente si son buttati sul cesto come cani famelici, successivamente sono passati ad elaborare storie senza il supporto fisico.
Comparse. Volendo lasciare ai giocatori la libertà di movimento (che spesso è intralciata dalla regole “mai separare il gruppo”) ho permesso ai giocatori di affidare comparse. Il giocatore che gioca in solitario designa ai compagni al tavolo i ruoli di png. Il carico dei png si scaricava quindi sui giocatori, che riuscivano a rendere quel quarto d’ora di silenzio un quarto d’ora piuttosto interessante per provare parti differenti.
Giocatori Proattivi
In generale mi sono trovato davvero pochissime volte alle prese con giocatori proattivi, anche a causa dello specchio delle mie esperienze e capacità. In linea generale, coi pochi che sono passati alle mie sessioni, ho cercato di attenermi a queste piccole regole.
Conosci il tuo nemico. I giocatori proattivi sono una “fatica” per chi non riesce a stare al loro passo o non vuole un altro assistente narratore. In linea generale ho sempre cercato di anticipare il giocatore, mettendolo in situazioni che sapevo gli sarebbero piaciute in modo da deragliare dalla trama il meno possibile. Come ho già detto, però, avendo fatto una vita con reattivi avere un proattivo non è mai stato un problema e, anzi, è sempre stata una grande occasione.
Meno dettagli, meno fatica. Una volta che hai una persona che ti crea le situazioni e ci si butta a capofitto, gran parte del tuo lavoro consiste nel seguirla e sperare non faccia completamente a pezzi la tua ambientazione. Per questo ho sempre cercato di lanciare i giocatori in campagne sandbox, così da avere meno vincoli possibili rispetto alle rigide campagne railroad.
I problemi più grossi si sono palesati al formarsi di un gruppo di giocatori proattivi, tali per cui la mia presenza era quasi ridotta al tirare semplicemente i dadi, muovere i mostri e semplicemente amministrare tutto il dietro le quinte dei personaggi. Il lavoro si sposta da intrattenitore a preparatore e viceversa a seconda delle situazioni (dentro e fuori dal gioco). Da questi gruppi è poi emersa autonomamente la voglia di provare altro che non fosse D&D e siamo quindi passati, appunto, a qualcosa di più proattivo-dipendente.
In attesa di ricevere i vostri personali consigli, così da arricchire questo volume di Atlantide, ringrazio il post che mi ha guidato attraverso lo snocciolamento parziale di questo argomento, che potete trovare in inglese qua sopra. Una delle immagini viene invece da questo sito, datato 2018, ma pieno di cose interessanti.
2 Commento
Alessandro Savino
Bello Yari.
ci pensavo proprio ieri mentre parlavo con i bimbi che mi hanno chiesto consigli e trucchi per diventare narratori (certamente con le dovute precauzioni).
Ho notato tra l’altro la stessa situazione con il mio gruppo classico quando siamo passati da D&D a Not The End. prima sessione panico, così ho elaborato una seconda sessione tutta incentrata su di loro dando pieno potere narrativo…
pare che abbia funzionato questo concetto di Pro-attività!!!
Yari Montorsi
Not The End si appresta molto bene a rendere proattivi giocatori reattivi, difatti ringrazio i Claudi e Fumble per averlo portato alla luce. Ovviamente cambiare sistema è uno dei possibili metodi, ma solitamente coi gruppi storici è difficile farlo, per questo ho inserito questi consigli :)
Ora sono curioso: quali sono i tuoi suggerimenti?
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