Sweet Tooth è apparso sulla mia bacheca Netflix il 4 Giugno. L’ho divorato in pochissimi giorni, tant’è che oggi sono qua a darvi il mio personalissimo parere sulla serie. Prima di far partire la recensione, però, ci tengo a sottolineare che questa sarà piena di spoiler della Serie e del Fumetto; ibridi avvisati mezzi salvati.
Sweet Tooth è un fumetto canadese nato dalla penna dell’autore Jeff Lemire pubblicato dal 2009 al 2012 dalla DC Comics. Il fumetto è raccolto in 40 numeri o episodi, tutti riguardanti Gus, un ibrido umano/cervo alle prese con la difficile vita nel mondo post-apocalittico, e Gepperd, un sopravvissuto del genere umano. La serie televisiva racconta una parte del fumetto in otto episodi, con risultati altalenanti.
Le differenze sostanziali tra fumetto e serie televisiva
Partiamo quindi dal presupposto che, mettendo a confronto la serie televisiva al fumetto, la prima ne esca violentata nello spirito, nel messaggio e perfino nella qualità dei personaggi presentati. Gus, interpretato nella serie da un giovanissimo Christian Convery, è uno dei pochi personaggi che rimane fedele al libro; Gepperd, interpretato da Nonso Anozie, è decisamente differente e molto più addolcito nei toni e nel comportamento.
Tutto il resto si mantiene su un filone ben differente da quello del fumetto, cercando punto di congiunzione solo attraverso alcune scene, particolari e conclusioni; gli occhiali di Abbot (Neil Sandilands), la gentilezza di Jhonny , il dottor Singh (Adeel Akhtar) sono quello che resta in un mondo addolcito per il pubblico e che ben si discosta dal sentimento “The Road” che traspare nel fumetto. Rimane invece intonsa la critica alla bestialità dell’uomo (come in moltissimi fumetti post–apocalittici), sebbene non ci troviamo mai di fronte ad aborti, parti cesarei violenti e perfino stupri e uccisioni spietate (come invece avviene nel fumetto).
Una storia fatta principalmente di buoni sentimenti
Sweet Tooth è quindi una storia a parte che narra, principalmente, delle avventure di Gus, un ibrido umano-cervo alle prese con l’insolita amicizia di Gepperd. Un’amicizia che comprendiamo fin da subito essere profonda, sostenuta da un “umanità” residua nel corpo dell’uomo “crudele perché il mondo gli ha chiesto di esserlo” ma tutto sommato buono.
Ed è una storia che fatica a presentarsi come un qualcosa di apocalittico proprio a causa dei colori, spesso molto accesi e fin troppo sfarzosi, e a dei personaggi forse troppo stereotipati come malvagi o buoni. Non rimane nulla della serie della depressione, di fondo, dell’umanità; della sua crudeltà becera e spesso inutile, dell’incapacità degli ibridi di ribellarsi agli umani (sono, in fondo, dei bambini, spesso incapaci perfino di parlare). La serie spazza via buona parte delle tematiche adulte sostituendoli con una dolce (limata) rappresentazione standard, adatta al grande pubblico, dell’umano cattivo.
Saper narrare la crudeltà dell’uomo
Ma non getto Sweet Tooth alle ortiche, anzi; se si riesce a separare il fumetto dal quale trae ispirazione dalla serie, quest’ultima è dannatamente piacevole, anche se chiaramente più indirizzata a qualcuno di giovane (e non adulto). Una serie incredibilmente ben fatta, con ottimi attori ed una buona storia di base, arricchita con avventure piacevoli e assolutamente guardabili.
Certo, la sospensione dall’incredulità è una costante. La causa è la narrazione di fondo che vede gli ibridi cacciati come bestiame, mentre non se ne vede mezzo; si tratta comunque di un sacrificio necessario. Ho trovato abbastanza piacevole, invece, l’idea di mostrare due filoni narrativi differenti. In questo modo si riesce a mostrare più lati dell’ambientazione e approfondire meglio personaggi che altrimenti rimarrebbero troppo sullo sfondo.