Presto partirà il Kickstarter di Stonewall 1969 – Una storia di guerra, il gioco di ruolo sulle rivolte di Stonewall e la nascita del Pride. Intervistiamo l’autore, Stefano Burchi, per saperne di più!
Probabilmente in questi giorni avrete visto gli annunci: Stonewall 1969 – Una storia di guerra inizierà a breve il suo crowfunding su Kickstarter.
Per chi non lo sapesse, Stonewall 1969 è un gioco di ruolo, creato da Stefano Burchi ed edito da Asterisco Edizioni (Dura-Lande, Fuori dal dungeon).
Come si potrà immaginare dal titolo, Stonewall 1969 parla, appunto, delle rivolte avvenute nel 1969 allo Stonewall Inn, lo storico locale di New York. Da tali rivolte, esplose dopo l’ennesima retata della polizia nel locale (perché, sapete, nel 1969 non essere eterosessuali o cisgender era illegale), è nato il primo Pride, ossia la prima manifestazione in cui le persone queer (gay, lesbiche, bisessuali, transgender, ecc.) sono scese in strada per rivendicare il proprio diritto a esistere.
Ma come si fa a giocare un evento così particolare come le rivolte di Stonewall?
Che sistema si può usare per rendere a dovere come vivevano le persone queer nella New York del 1969? In che modo si può rendere l’esperienza viva e reale per chiunque, anche se non fa parte della comunità queer? In tal senso, Stonewall 1969 non è un gioco che rischia di parlare solo a una nicchia di persone molto ristretta?
Per rispondere a queste e a molte altre domande, abbiamo intervistato l’autore del gioco, Stefano Burchi.
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1) Come è nato Stonewall 1969 – Una storia di guerra?
Stonewall 1969 – Una storia di guerra è nato più o meno per caso, nel 2015.
Avevo intenzione di partecipare al Game Chef di quell’anno con un gioco che parlasse di un’esperienza di coming-out. Purtroppo non riuscii a stare nei tempi di consegna e il materiale prodotto non mi soddisfaceva. Riguardandolo più volte, pensando a cosa farci, mi venne in mente l’idea di provare a raccontare, tramite il gioco, una storia di portata più ampia, quella dei moti di Stonewall.Mi influenzarono molto anche alcune partite giocate a Montsegur 1244, un gioco di ruolo che parla dell’assedio crociato all’ultimo avamposto dell’eresia catara. In effetti, il flusso di gioco di Montsegur 1244 ha poi caratterizzato le scelte di design che ho preso durante lo sviluppo del mio gioco. L’idea dell’assedio, in particolare, intesa come metafora dell’assedio sociale a cui sono sottoposte le persone che vivono in uno stato di oppressione continua, mi ha fatto scattare la scintilla.
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2) Che tipo di storia vivremo in questo gioco di ruolo?
In Stonewall 1969 si mette in scena una storia corale che parla della rivolta violenta di un gruppo di persone oppresse dalla società, le quali lottano per affermare il proprio diritto di esistere e di essere lasciate libere di vivere.
È una storia che parla di una ribellione che parte dal basso. Dove non abbiamo le figure eroiche tipiche di altri tipi di storie, ma persone comuni, colpevoli di essere considerate sbagliate, malate, criminali, peccatrici e pericolose per quello che erano.
È la storia di persone che affrontano situazioni e problemi molto più grandi di loro e che non possono fare un passo indietro e lasciare correre. Perché la posta che è sul piatto è la loro esistenza e il loro diritto di vivere liberamente senza il timore di poter essere uccise, imprigionate, cancellate o peggio da un momento all’altro.
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3) Quale sistema usa Stonewall 1969? Con quali meccaniche si vivranno i conflitti della storica rivolta queer?
Il gioco è stato sviluppato attorno al design di Montsegur 1244, che ho riadattato per poter mettere in scena la storia e i temi che avevo intenzione di veicolare tramite la sessione di gioco. Si tratta quindi di un gioco da una singola sessione, con un cast di personaggi fisso e già imbastito.
Si tratta di un gioco senza un GM.
Il flusso narrativo è diviso in un prologo, cinque atti tematici e un epilogo.
Ogni persona che partecipa alla partita gioca un personaggio principale e diversi personaggi secondari. I personaggi principali sono le persone protagoniste della storia, quelle di cui il gruppo approfondisce le vicende e le scelte compiute in corso di gioco. Invece, i personaggi secondari sono le persone di riferimento per i personaggi protagonisti, che hanno lo scopo di fare supporto e opposizione, al fine di mettere i personaggi protagonisti nella condizione di prendere decisioni ed esplorare i temi e i conflitti che li caratterizzano.
Le autorità narrative sono ripartite tra le persone che giocano e cambiano di scena in scena. A turno ogni partecipante inquadra scene in cui si porta l’attenzione su qualche conflitto del proprio personaggio principale.
Le meccaniche del gioco
Le meccaniche principali sono costituite da:
1) La costruzione e conduzione delle scene. Il manuale indica come impostarle, come gestirle, attribuendo ruoli alle altre persone che partecipano al tavolo, e come determinare le condizioni di chiusura;
2) Il monologo. Esso è il cuore di scene riflessive che permettono alla persona che gioca di riflettere sul personaggio, condividendo le riflessioni col resto del gruppo. Questo è particolarmente efficace in una breve scena prevista prima dell’epilogo;
3) La presentazione e l’epilogo dei personaggi. Ogni personaggio si presenta con una frase rituale all’inizio e si congeda in fase di epilogo con un’altra che mostra al gruppo come l’esperienza ha segnato il personaggio;4) Le domande presenti sulla scheda del personaggio e i collegamenti con altri personaggi del cast;
5) Carte storia che innescano situazioni tematiche da mettere in gioco;
6) Carte con spunti che contribuiscono a mantenere l’inquadramento e il tono delle scene concentrato sui dettagli da inserire nelle scene che richiamano i temi del gioco.
7) Frasi rituali che aiutano le persone che giocano a regolare tra loro la narrazione condivisa.
Le meccaniche di sicurezza del gioco
Le meccaniche di gioco non bastano, però.
Infatti, dal momento che Stonewall 1969 affronta temi e situazioni potenzialmente problematici per chi partecipa, sono previste anche delle regole che si occupano di facilitare la conversazione al tavolo. Lo scopo è quello di poter prendere le misure, come gruppo, con l’eventuale intensità emotiva che il gioco può portare e di gestirla correttamente, perché le persone che partecipano sono sempre e comunque più importanti del gioco.In particolare si fa uso di:
1) Una introduzione con un piccolo rituale pre-partita che ha lo scopo di: a) stabilire il tono del gioco; b) indicare l’approccio richiesto per giocare; c) presentare i contenuti problematici; d) informare le persone partecipanti su quali strumenti il gioco usa per gestire la sicurezza al tavolo;
2) L’uso di parole di sicurezza durante la partita. Queste permettono di esprimere in maniera chiara cosa non va, al di là di come ogni persona soggettivamente manifesta disagio. Inoltre, danno esplicitamente il permesso a chi gioca di fermare il gioco, se necessario;
3) Un debriefing a fine gioco. Questo ha la funzione di far decomprimere la tensione accumulata e di riflettere su quello che è emerso in partita.
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4) Mi hai spesso detto che una delle maggiori sfide che hai incontrato scrivendo questo gioco è stato nel ricreare l’atmosfera e la sensibilità propria della comunità queer dell’epoca, molto diverse da quelle di oggi. Ci puoi raccontare quali sono le differenze più significative?
Per poterti rispondere devo fare una premessa.
La sensibilità e l’atmosfera di cui parli si riflettono in maniera diretta con il linguaggio e le parole che usiamo. Questo perché le parole sono un po’ il blocchetto base col quale possiamo rappresentare la realtà e creare modelli che siamo in grado di condividere con altre persone, per farci capire e per riconoscerci. Le parole, a loro volta, messe insieme narrano dei punti di vista precisi che raccontano storie e le storie sono il fondamento delle identità.
“Gay”: un termine ombrello che indicava un po’ chiunque
Negli anni Sessanta la gran parte delle parole più largamente usate per descrivere la comunità LGBT+ avevano una forte accezione negativa. La stessa parola “queer” nasce come termine degradante e umiliante, successivamente rivendicato. L’atto stesso del rivendicare le parole togliendo il loro significato negativo per darne loro uno identitario e positivo contribuisce a cambiare la percezione di sé.
Negli anni Sessanta non c’era il lessico che si usa oggi per descrivere le innumerevoli sfaccettature della comunità LGBT+. C’erano meno definizioni. Inoltre, parole usate anche oggi avevano sfumature diverse di significato. Ad esempio, “gay” aveva un’accezione molto più ampia. Era tutto gay, dal ragazzo cisgender omosessuale alla persona transgender. Il motto “Gay Power!” non si riferiva solo agli uomini cis omosessuali, e per diversi anni i Pride sono stati chiamati “Gay Pride”.
Un lessico tutto diverso per parlare delle persone transgender
Per sottolineare il peso delle parole e come contribuiscono a determinare la percezione di sé e della propria identità: per descrivere le persone transgender si parlava di “transessuali”, “travestiti” o anche “drag queen”.
Le prime due parole ancora oggi hanno una sfumatura di significato negativa. E la parola “transessuale” ha anche un’accezione medicalizzata. Oggi, invece, “drag queen” identifica una forma artistica di espressione.
Oltre a questo, una persona che oggi potremmo riconoscere come donna transgender all’epoca sarebbe stata vista più facilmente come un uomo malato con un problema. C’erano ovviamente delle eccezioni, ma erano molto rare.
Come parlare di sé quando tutte le parole hanno accezioni negative?
Quando le parole che conosci per definirti hanno accezioni negative e discriminatorie, o sono abbastanza imprecise da mettere insieme tutto quello che viene percepito come “strano” o “sbagliato”, e quando sono imposte da una narrazione esterna e oppressiva, cosa succede alla propria identità? E come si può fare a costruire un’immagine positiva di sé, senza passare per la paura e la sofferenza?
Ecco, questo credo che sia una delle distanze maggiori rispetto a quel periodo.Questo non significa che oggi sia tutto rose e fiori. C’è ancora moltissimo su cui lavorare e la discussione di questi mesi circa il DDL Zan ne è un esempio dolorosamente lampante. Tuttavia, quella attuale è una società nella quale si possono trovare spazi, contesti, parole, esempi e rappresentazioni positive con cui confrontarsi e in cui riconoscersi.
Senza le parole che sono state rivendicate e costruite e le riflessioni ad esse collegate, non ci sarebbe la ricca espressione di identità che stiamo vedendo.
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5) Che tipo di personaggi si giocheranno in Stonewall 1969?
Nel gioco si mettono in scena persone comuni, che più o meno verosimilmente avrebbero potuto frequentare lo Stonewall. Si tratta di personaggi di fantasia, blandamente ispirati a situazioni e personaggi iconici della rivolta e a diverse sfaccettature delle varie identità LGBT.
Perché usare dei personaggi di fantasia e non persone realmente esistite?
La scelta di usare personaggi di pura finzione è motivata da diverse ragioni. Non volevo, nel gioco, portare il peso di una rappresentazione che non sarebbe mai potuta essere davvero fedele di icone storiche della rivolta. Quei nomi compaiono nei materiali di gioco che li citano, dicendo chi erano e cosa hanno fatto. Parlo ad esempio di Marsha P. Johnson, Sylvia Rivera o Stormé DeLaverie.
In secondo luogo, uno degli obiettivi del gioco è quello di fare sì che chi gioca riempia le impalcature dei personaggi mettendoci qualcosa di proprio. Questo risulta più immediato se non ci si deve confrontare con un personaggio iconico e noto e riflettere su come giocarlo in maniera credibile.
Lo scopo è invece fare sì che chi gioca si concentri sul come mettere in scena con onestà e come se fosse una persona vera il personaggio di finzione che è stato scelto, rispettando i temi che i materiali di gioco spingono a giocare.
Personaggi di fantasia, ma variegati e sfaccettati
Per quanto concerne i personaggi nello specifico, troviamo rappresentati i ragazzi e le ragazze cacciati o scappati di casa perché non eterosessuali o cisgender, e che non hanno più niente da perdere.
Persone omosessuali o bisessuali borghesi con un passato, una posizione e rischiano di perdere una famiglia, un lavoro o quello che per loro è importante. Personaggi transgender che sono sempre sulla prima linea della discriminazione e dell’oppressione più pesanti.Si tratta di personaggi che non conducono sempre e solo una vita triste, colma di vergogna o di paura, come si potrebbe pensare, guardando indietro e pensando a come le persone stavano per lo più nascoste negli anni Cinquanta e Sessanta.
Si tratta di persone che avevano una vita, sogni, amori, speranze, progetti e reti di affetti che per loro erano una famiglia. Perché anche nei momenti più difficili ci si può ritagliare una propria dimensione e un proprio spazio. Tuttavia, una serie di situazioni e dimensioni sociali che per le persone cis etero sono considerate come scontate, per questi personaggi non lo sono affatto.
Genere, ceto sociale, colore della pelle: non un solo tipo di discriminazione
I personaggi sono costruiti in ottica di intersezionalità delle oppressioni che devono affrontare.
Sono caratterizzati per identità di genere, sesso assegnato alla nascita, orientamento sessuale e romantico, colore della pelle e ceto sociale di appartenenza. Capita quindi che personaggi anche molto simili tra loro in apparenza vivano nella storia del gioco il problema di essere separati da un abisso, che è la realtà della discriminazione che si mette in mezzo a loro.
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6) Per quale pubblico è pensato questo gioco?
Stonewall 1969 è pensato per chiunque sia interessato o interessata a giocare una storia di oppressione e lotta dalla prospettiva di persone comuni che si trovano a dover affrontare una situazione molto più grande di loro.
Si rivolge sia a persone LGBT+, sia a un pubblico non LGBT+. Si rivolge inoltre a persone che non giocano assiduamente di ruolo o che non ci giocano per nulla, non necessariamente solo ad appassionati e appassionate dell’hobby.Il gioco è per quelle persone LGBT+ che vogliono esplorare, con questo tipo di esperienza, le dinamiche e le situazioni che hanno portato alla nascita del movimento di liberazione omosessuale e alla celebrazione annuale del Pride.
Si rivolge anche a quelle persone cis etero che si considerano alleati delle persone LGBT+ ma, pur avendo il cuore nel posto giusto, a volte non comprendono determinate dinamiche. Infatti, loro non vivono tutti i giorni un’esperienza queer e le difficoltà che questo comporta nella quotidianità di una società che è culturalmente strutturata su binari e aspettattive strettamente etero-cis normati.Durante i vari playtest e nelle occasioni in cui lo ho portato in giro, Stonewall 1969 si è dimostrato utile per raccontare a un livello emotivo, facendo leva sull’empatia, il senso del motto “la prima volta fu rivolta”, quando si parla della rivolta di Stonewall e del suo essere all’origine del Pride.
In definitiva, è un gioco che propone a chi lo gioca di riflette su come “Ogni oppressione crea uno stato di guerra”, per citare le parole di Simone De Beauvoir.
Ovviamente questo è e rimane un gioco: non è rivolto a chiunque indiscriminatamente, ma a chi è interessato al tipo di esperienza proposta.
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7) La rivisitazione e ri-scrittura del Pride in una versione imborghesita e sanificata, così da risultare più accettabile per la società etero e per i perbenisti in generale, è un fenomeno che purtroppo conosciamo molto bene. Lo abbiamo visto quando hanno ri-raccontato il primo Pride nel film Stonewall del 2015, o con il generale rainbow-washing delle multinazionali degli ultimi anni. In che modo e perché Stonewall 1969 si distanzia da questa narrazione?
Durante le prime fasi della progettazione del gioco, ho riflettuto molto sul fatto che la storia di Stonewall fosse una storia corale e collegata al concetto di intersezionalità delle oppressioni.
La rivolta come unico modo di far sentire la propria voce in una società oppressiva
Le storie dei protagonisti e delle protagoniste della rivolta sono molto diverse tra loro e raccontano di come si vive ai margini di una società che non ti riconosce per quello che sei e ti criminalizza per quello che rappresenti. I personaggi protagonisti di Stonewall 1969, ognuno in misura diversa, non hanno davvero un posto in cui possono essere se stessi in sicurezza. I luoghi e le persone sicure sono bolle che possono esplodere e sparire da un momento all’altro, spazzate via dalla società, personificata dall’azione violenta della polizia.
Durante il gioco, diventa chiaro come il sistema sia la fonte dell’oppressione e come le persone più colpite sono proprio quelle più deboli.Stonewall 1969 mette in evidenza come un certo movimento sia nato passando per una rivolta violenta perché non c’era altro modo per certe persone di farsi sentire e riconoscere altrimenti. Non avevano letteralmente più niente da perdere.
Il gioco non celebra la violenza della rivolta. Ma mette in evidenza come e perché la paura, la rabbia, l’incertezza e l’esasperazione generati dall’azione oppressiva del sistema abbiano spinto determinate persone a rivoltarsi contro il sistema stesso. Stonewall 1969 racconta la storia di persone indesiderate.
Riflettere su una situazione difficile, ma senza renderla più “digeribile”
La posizione dei perbenisti cis etero, che non si sono dovuti scontrare col sistema per determinare la propria identità perché il sistema è ritagliato a loro misura, non è parte della storia messa in scena, se non nel ruolo di antagonisti.
Il Pride è la celebrazione di un momento di presa di coscienza collettivo che è passato attraverso la rivolta violenta contro l’oppressione. Stonewall 1969 parla di questo. Il gioco non cerca di rendere il Pride più “digeribile” al pubblico cis etero che vuole giocare, ma presenta una situazione difficile su cui riflettere.
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8) Come stai vivendo il lavoro sul lancio di Stonewall 1969 in questo periodo, in cui il dibattito sui diritti delle persone queer è più vivo che mai, a causa delle (deludenti) discussioni sulla Legge Zan?
Beh, ammetto che il periodo attuale mi ha creato tensione.
Per certi versi, l’attuale discussione sul DDL Zan mi ha ricordato il periodo, nel 2016, in cui si discutevano le Unioni Civili. Allora non fu un bel momento: i compromessi con cui si chiuse la legge mi provocarono amarezza. Oggi percepisco le stesse brutte vibrazioni di allora.
Credo che sia rimasta impressa a tutti e tutte la terribile scena degli applausi scroscianti e delle grida da stadio quando il DDL Zan è stato affossato in Senato.Non è semplice spiegare cosa significhi essere consapevoli che quello che sei è improvvisamente al centro di un dibattito pubblico dove chi ha il potere di decidere per te e per il tuo futuro non è interessato a cosa è realmente meglio per te o ai tuoi problemi contingenti. Al contrario, è interessato solo a creare o a consolidare consenso elettorale fomentando odio a tue spese. Creando così confusione per non discutere realmente nel merito del provvedimento. E spacciando per “mediazione” la cancellazione di identità oggetto di discriminazione e l’affossamento delle già timide misure proposte come frutto di una mediazione già avvenuta in precedenza, in fase di prima approvazione del testo di legge.
Sia in Senato, sia nelle piattaforme di discussione online sembra che ci si dimentichi di come quelle di cui si sta parlando sono persone vere e non mostri senza volto con oscuri piani di distruzione della società civile.Stonewall 1969 non racconta una situazione così diversa, nella sostanza. Certo, parla di un altro tempo, che, per quanto vicino a noi, è passato.
Eppure la storia di Stonewall è ancora molto attuale. E affrontarla, tramite il filtro del gioco, può darci una chiave di lettura emotiva e concreta su diverse dinamiche di oppressione che, con facce diverse, ancora oggi pesano sulla vita di troppe persone.
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9) Che ruolo ha avuto Asterisco Edizioni nella produzione di Stonewall 1969?
In primo luogo mi sprona a mettere la parola “fine” al progetto!
Stonewall 1969 di per sé funziona, è stato testato più e più volte e le procedure ormai sono incardinate e chiare. Tuttavia, per come sono fatto, senza qualcuno che da fuori mi mette dei paletti, non mi sarei trovato facilmente in una posizione in cui poter dire “ok, è finito”. Questo perché in parte io non sono mai davvero soddisfatto del mio lavoro e in parte perché ho la tendenza a mettere troppo spesso in discussione quello che produco.Oltre questo, in Asterisco ho trovato delle persone preparate con cui confrontarmi sui contenuti e sul senso politico delle situazioni e delle identità rappresentate nel gioco.
Questo per me è un passaggio fondamentale, perché a un certo punto Stonewall 1969 dovrà camminare da solo, senza la mia presenza. Per farlo nel migliore dei modi, oltre alla chiarezza espositiva e alla robustezza delle meccaniche di gioco, è necessario che i contenuti e i messaggi che essi veicolano siano il più chiari e pesati possibile. Questo è a tutti gli effetti un processo che può nascere solo da un confronto positivo con altre persone e che va ad integrarsi ai processi di design e di playtest.
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10) Puoi darci qualche piccola anticipazione sul Kickstarter? Così, perché vogliamo essere ancora più in fibrillazione per il crowdfunding.
Per il momento posso solo dire che l’avvio della campagna sarà a gennaio 2022 ed è già possibile andare sul sito di Kickstarter per farsi inviare una notifica quando inizierà a questo link.
Ogni aggiornamento sarà disponibile sulla newsletter a cui ci si può iscrivere qui, sul sito di Asterisco Edizioni, e sul gruppo Facebook dedicato Stonewall 1969.
Alcune parole conclusive
Innanzitutto, ringrazio moltissimo Stefano Burchi per questa intervista.
Personalmente, ho provato Stonewall 1969 in una bellissima one-shot di circa 4 ore. È stata una delle esperienze di gioco più potenti che ho mai incontrato nella mia carriera di giocatrice di ruolo. Alla fine, tutte le persone al tavolo ne sono uscite colpite, ma molto soddisfatte.
Credo che Stonewall 1969 abbia tutte le carte in regola per affermarsi come uno dei migliori giochi di ruolo italiani degli ultimi anni. Perché a livello di game design non ha nulla da invidiare ad altri titoli validissimi e giustamente premiati come Gioco di Ruolo dell’Anno, come Not The End, HouseHold e Broken Compass.
Spero che il suo Kickstarter abbia il successo che merita. Se volete tenerlo d’occhio, lo troverete a questo link.