Perché un sacco di gente critica la traduzione di Ottavio Fatica de La compagnia dell’Anello senza averla letta? E perché non è una buona idea?
Ora, ribadiamolo: qualsiasi cosa ruoti attorno a J. R. R. Tolkien è arena di polemiche. Lo abbiamo visto spessissimo.
L’opinione sui nazisti di Tolkien genera polemiche. Il film animato su Il signore degli anelli genera polemiche. Le critiche alla vecchia traduzione italiana de Il signore degli anelli generano querele. Anche solo l’annuncio della nuova traduzione de Il signore degli anelli genera polemiche.
È normale che la nuova traduzione de La compagnia dell’anello, a cura di Ottavio Fatica e finalmente pubblicata da Bompiani, generi polemiche. Molti nomi sono stati ritradotti, alcuni migliorando e altri peggiorando (come è ovvio che sia). Le poesie sono state ritradotte e riadattate, alcune restando soavi come in lingua, altre meno.
È assolutamente normale e lecito che la nuova traduzione di Fatica non piaccia a tutti o comunque non piaccia in toto. Va benissimo discutere delle scelte del traduttore, far notare errori o imprecisioni, o proporre delle alternative proprie.
Tuttavia, noto anche che in moltissimi e moltissime stanno commentando la traduzione di Fatica per sentito dire, per le informazioni slegate dal contesto. Samwise è stato tradotto in Samplicio? Orrore! La Poesia dell’Anello traduce “lie” con “si celano”? Errorissimo, portate il cappio! Nella nuova traduzione il compleanno di Bilbo è l’undicentesimo e non il centoundicesimo? Ma scherziamo?! Il padre di Sam dice che Bilbo a suo figlio “ha imparato le lettere”? Sicuramente è un errore di Fatica perché è ignorante!
In generale, la discussione è permeata da una generale indignazione costante, spesso nemmeno supportata da una lettura diretta della traduzione di Fatica. O del testo originale. O dell’Appendice F delle vecchie edizioni de Il signore degli anelli.
Vediamo meglio queste polemiche, spieghiamo perché siano poco sensate e perché le si dovrebbe evitare.
Sulla traduzione di Fatica sappiamo ancora troppo poco
Tra le altre cose, c’è da tener conto anche del fatto che noi non sappiamo perché Fatica abbia tradotto La compagnia dell’anello in questo modo. Non sappiamo quale sia, esattamente, la logica dietro alle sue scelte linguistiche. Questo perché Fatica, de facto, non ha ancora aperto bocca e non ha rilasciato una singola intervista.
Conosciamo parzialmente la logica dietro alla sua traduzione de Il signore degli anelli, ossia la maggiore aderenza allo stile di Tolkien. Infatti, la precedente traduzione Alliata-Principe, come affermavano anche altri studiosi nostrani, si prendeva moltissime libertà.
Per comodità, qui ne elencheremo solo alcune. Ad esempio, spesso Vittoria Alliata ha tradotto una singola parola inglese con una coppia di termini italiani, rendendo il testo originale molto più verboso. Talvolta, ha fuso i brevi periodi di Tolkien in lunghissimi periodi ciceroniani, passando anche interi sintagmi da una frase all’altra in maniera del tutto arbitraria. Inoltre, la Alliata ha utilizzato unicamente l’italiano standard letterario (se non sapete cosa significa, date un occhio a Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo di G. Berruto, 2012!), dunque ignorando tutte le particolarità linguistiche del parlato hobbit, e specialmente di quello dei meno colti fra i mezzuomini.
Insomma, la vecchia traduzione aveva delle criticità notevoli e, per quanto scorresse bene, alcune sue scelte erano quantomeno discutibili. Quindi certamente la nuova traduzione se ne è voluta distanziare il più possibile, ignorando ciò che è stato scritto da Alliata e Principe e ripartendo da zero, basandosi solo sul testo di Tolkien.
Tuttavia, forse avremo modo di commentare meglio le scelte di Fatica dopo che questi ci avrà spiegato le proprie motivazioni. Io resto in attesa.
Dai primi complottismi alla Poesia dell’Anello: la traduzione di Fatica sotto attacco a prescindere
Nel magico mondo del web è da mesi che si fa terrorismo su questa nuova traduzione. Stendiamo gentilmente un velo pietoso sulle accuse, mosse da Vittoria Alliata, a Fatica di voler stravolgere il senso dell’opera tolkieniana, secondo i dettami di una misteriosa lobby LGBT.
Non linkeremo nemmeno i numerosi siti che si sono scatenati alla rivelazione della Poesia dell’Anello tradotta da Fatica. Per quanto questi versi possano essere importanti, infatti, non ha assolutamente senso giudicare la traduzione di un libro in prosa sulla base della resa di una poesia. Oltretutto, senza nemmeno beneficiare di un commento del traduttore, sulle cui affermazioni poi si sarebbe potuta costruire una critica con cognizione di causa.
Il commento alla traduzione della Poesia dell’Anello
Se qualcuno avesse avuto la decenza e il buonsenso di aspettare, avrebbe potuto leggere almeno il commento alla traduzione della Poesia dell’Anello scritto da Wu Ming 4 (che è stato lettore e consulente di Fatica in questi mesi) a questo link.
Lì, infatti, si sottolinea che la traduzione del verso “In the Land of Mordor where the Shadows lie” in “Nella Terra di Mordor dove le Ombre si celano“, che ha destato tanto scompiglio e sdegno, non è un capriccio casuale. Certamente, lie si sarebbe potuto tradurre con giacere, ma ciononostante celare non è erroneo, poiché riprende un altro significato (certamente noto a Tolkien!) di lie, ossia “to remain in a state of inactivity or concealment” (cfr. Oxford English Dictionary). Pertanto, visto che i servi di Sauron si sono de facto nascosti a Mordor per lungo tempo prima di rivelarsi, questo significato di lie ha senso nel contesto in cui è posto, e quindi anche si celano è corretto.
Eppure, prima di questa disamina, i commenti di chi condannava la traduzione di Fatica, paragonandola all’osceno lavoro fatto da Cannarsi con Evangelion, fioccavano! Oggi ne leggiamo (forse) di meno solo perché l’attenzione del pubblico si è spostata su altre questioni, di cui parleremo a breve. Tuttavia, non sono sicura di quanto i precedenti commentatori (e commentatrici) abbiano letto questa disamina, magari per farsi un’idea più chiara sulla questione.
Samwise tradotto con Samplicio: il nuovo spauracchio del web
Come dicevo, la Poesia dell’Anello è passata recentemente in secondo piano, soprattutto perché si sono trovate nuove questioni su cui indignarsi, spesso senza cognizione di causa.
Oggi il tema di punta è Samwise “Sam” Gamgee tradotto come “Samplicio“. “Oddio, Samplicio è bruttissimo! Ma scherziamo?! Ditemi che non è vero! CANNARSI!”
Ora, ho letto di gente, che conoscete anche voi ma di cui non farò il nome, che accusa Fatica di aver snaturato la natura del nome di Sam. Infatti, secondo queste persone, il nome Samwise dovrebbe dare l’idea di una persona saggia, appunto riprendendo il “wise” finale. Quindi Samplicio, che a noi ricorda tanto “sempliciotto”, dice l’esatto contrario!
Tuttavia, le cose stanno diversamente. Giampaolo Canzonieri, che è stato il principale consulente di Fatica per questa traduzione, ha spiegato “Samplicio” il 30 novembre, in questo articolo. Canzonieri ripercorre la storia del nome Samwise, motivando la scelta di Fatica:
Chi dovesse rimaner spiazzato dalla sostituzione di Samvise con Samplicio dovrebbe fare un salto all’ “Appendice F” e riscoprire che il nome hobbit originario di Sam, Banazîr, significa “half-wise, simple”, reso da Tolkien con Samwise rifacendosi all’Anglosassone samwís che ha un significato molto simile.
Quindi, de facto Fatica ha tradotto correttamente il nome di Sam, mantenendo anche la sillaba iniziale per poter creare il soprannome. E comunque dentro La compagnia dell’anello, Samwise/Samplicio è sostanzialmente sempre chiamato Sam, quindi non vedo come Samplicio possa attentare alla lettura del libro.
I commenti a Samplicio
Eppure, oggi la mia bacheca è intasata di commenti simili:
A sto punto è mejo “Semghei” come ne Lo Svarione degli Anelli!
Per quanto Lo Svarione degli Anelli sia un’opera spettacolare, non ci pare questo il caso.
Propongo di andare nelle librerie a censurare queste riedizioni alla Cannarsi, muniamoci di indelebile nero e via!
Sicuramente la censura e lo scarabocchiare sui libri sono ottime reazioni, per niente reazionarie, appunto.
In inglese Samwise, Sam il Saggio. Proprio Samplicio…tutto il contrario: Allora meglio Sagacio.
[…] Allora meglio Simplicio, almeno esiste
A questa, per fortuna, qualche eroe dei nostri tempi ha sapientemente risposto:
Sì, e poi ti trovi con Sim Gamgee, il nuovo operatore telefonico
Il pericolo dell’effetto nostalgia: facciamoci un’analisi di coscienza
I commenti sul web di questi giorni, purtroppo, sottolineano che noi Italiani abbiamo un problema con l’analisi critica delle tematiche.
Capisco che Il signore degli anelli sia un’opera cara a tutti e tutte noi. Davvero, lo capisco. Tolkien mi ha accompagnata per tutta la vita e ho sopportato per anni lo sdegno di ogni insegnante di italiano e inglese a cui ho detto che sì, il mio autore preferito è Tolkien. Poi all’università ho semplicemente smesso di parlare di Tolkien, perché ormai avevo imparato la lezione.
Comunque, tornando in tema, capisco che si possa essere affezionati alla traduzione della Alliata-Principe, perché certi nomi comunque funzionavano e le poesie rifatte da Principe erano belle. E, soprattutto, era la prima versione che abbiamo letto.
Le opere cambiano
Ma diciamocelo chiaramente: noi nerd siamo molto conservatori. La prima versione che leggiamo delle nostre opere preferite spessissimo è anche la sola che riconosciamo come valida. Se avete scoperto Harry Potter quando c’era ancora Tassorosso, non accetterete mai il più corretto Tassofrasso. Qualora aveste letto Harry Potter in inglese, tutti i nomi italiani probabilmente vi faranno senso. Se, come me, avete letto La pietra filosofale quando ancora c’era Pecoranera, vi sarete sentiti straniti a sentir parlare di Corvonero.
Eppure, dobbiamo accettare che le opere cambino. Le opere passano di mano, vengono lette, rilette, interpretate, re-interpretate, tradotte e ritradotte. La visione dell’opera cambierà nel corso del tempo, e anche voi inizierete ad amare i vostri libri preferiti per motivi sempre nuovi. La gente scriverà fanfiction sulle vostre opere preferite, cambiando la trama, e avrà diritto di farlo. Le cose cambiano, non c’è nulla da fare. Il solo modo per non far cambiare un’opera è non farla leggere più a nessuno.
Ora, tocca a Il signore degli anelli, che verrà ritradotto. Questo non toglierà dal commercio l’edizione Alliata-Principe. Questo non rovinerà la vostra infanzia, come a me sentir dire R2-D2 non mi ha traumatizzata dopo un’infanzia con C1-P8. Ho guardato The Clone Wars e mi sono abituata ad “Artoo”.
Effetto nostalgia: perché non ci piace la traduzione di Fatica?
La traduzione di Fatica non rovinerà nemmeno Il signore degli anelli stesso, perché esisterà sempre l’originale. Noialtri e noialtre, invece, dovremmo cercare di non farci influenzare troppo dall’effetto nostalgia, dalla vocina che grida contro ogni novità che mina la nostra infanzia perfetta.
Capiamoci, però: non dico che se soffriamo dell’effetto nostalgia siamo dei dementi. È normale e umano. Per me il Veglio rimarrà sempre “il Gaffiere”, non riuscirò a pensarlo come “il Veglio”, è più forte di me. Ma questo nuovo Veglio non sta uccidendo il Gaffiere, e soprattutto non sta uccidendo il Gaffer di Tolkien. Possiamo tenerci stretti i ricordi del nostro passato senza aver paura del nuovo.
L’importante, secondo me, è interrogarsi: abbiamo un rigetto per “il Veglio” perché non ci piace, tecnicamente parlando, come traduzione (magari preferiremmo “il Vecio”?), oppure perché non è il “nostro” Gaffiere? Non prendete le mie parole come un’offesa, ma come un invito alla riflessione.
Tutti sanno fare il mestiere di tutti: il problema dei giudizi pre-lettura sulla traduzione di Fatica
Parliamo dunque dell’improvvisa ondata di esperti di traduzione che ha travolto Facebook. Probabilmente lo scandalo di Cannarsi ha dato a tutti e tutte alcuni strumenti in più per giudicare un adattamento, motivo per cui chiunque si sente più sicuro a parlare di questo argomento. Tuttavia, quella di Cannarsi non è una traduzione, come si diceva, bensì un adattamento. Quindi, con la traduzione di Fatica, Cannarsi c’entra poco.
Allo stesso modo, c’entrano poco le opinioni e le competenze della maggior parte delle persone che commentano, nel bene o nel male, la traduzione di Fatica. Tutti possiamo avere qualche infarinatura di tecnica della traduzione (o almeno crediamo di averla), eppure ben pochi fra noi hanno veramente studiato Traduzione (non Lingue, che è diverso).
Siamo sicuri di saperne davvero a sufficienza?
Quando sento la gente, come nel commento riportato più in basso, che si appella alla musicalità, mi chiedo seriamente chi abbia affermato che la traduzione (della prosa o della poesia?) debba essere per forza musicale. E se l’autore non avesse voluto essere musicale? O non avesse voluto essere musicale allo stesso modo in cui è musicale un verso in italiano? Dopo aver tanto sentito parlare di musicalità dagli individui più disparati, ormai mi chiedo se non si tratti più di un concetto che i critici del web ripetono per imitazione.
Se ritraduciamo una poesia o un libro che ha privilegiato la musicalità italiana sul senso originale, vogliamo rifare esattamente lo stesso esercizio di stile, o ci vogliamo approcciare con un’intenzione diversa? Se Fatica avesse dovuto lasciare inalterati i nomi e le poesie della Alliata-Principe, perché ormai radicati nell’immaginario italiano e troppo cari ai fan, che senso ha fare una nuova traduzione? Un traduttore (e un autore) deve davvero lavorare avendo come punto di riferimento i sentimenti dei fan? O forse è più corretto concentrarsi sulla leggibilità e correttezza dell’opera?
Io sono una persona che pensa sempre di non sapere nulla, anche quando effettivamente so qualcosa. Ecco perché, le poche volte in cui so di sapere ci tengo così tanto a dirlo! E mi rendo conto di essere un po’ in controtendenza rispetto a molti Italiani, che hanno il solito atteggiamento secondo il quale tutti sanno fare il mestiere di tutti. Il problema è che non è così. Ciò non significa che non si possano avere opinioni anche su questioni che esulano dal nostro campo di competenza.
Le opinioni non sono insulti
Tuttavia, un’opinione non è un raglio in cui si dice che “Fatica è un cane, perché noi sì che sappiamo come si traduce Tolkien! Noi sì che avremmo fatto un lavoro migliore! Siamo i fan! Noi abbiamo letto Tolkien a 10 anni!”
La traduzione di Fatica può piacere o non piacere, può essere criticata, può far sorgere dei dubbi. Ma dai dubbi al “una scimmia può fare lo stesso lavoro di Fatica” c’è una certa differenza:
Ok la traduzione più vicina all’originale, ma è un ragionamento da scuola superiore. Una traduzione dev’essere musicale innanzi tutto. Questi hanno fatto il compitino per tirarsela da grandi traduttori, ma persino una scimmia con un dizionario in mano lo fa. È dare alla traduzione la medesima poesia dell’originale l’obiettivo, non avvicinarsi il più possibile al linguaggio in cui è scritto.
L’importanza di assicurarsi di avere una visione di insieme
Ma la cosa più importante è che non si può ghigliottinare la nuova traduzione in toto perché non ci è piaciuta la resa della Poesia dell’Anello. Non possiamo insultare Fatica perché non ci piace Samplicio.
A parte il fatto che no, non potreste e non dovreste insultare Fatica a prescindere, ma anche se fosse non avrebbe senso cestinare un libro di 300 e passa pagine per le prime due righe. Soprattutto se non sapete il motivo per cui nella seconda riga de La compagnia dell’anello c’è scritto undicentesimo e non centoundicesimo, eppure decidete comunque di chiudere il libro in quel punto e di andare ad insultare Fatica su Facebook.
Non siete obbligati a leggere La compagnia dell’anello tradotta da Fatica, non siete obbligati ad apprezzarlo o a comprarlo. Potete anche decidere di non leggerlo basandovi sulla Poesia dell’Anello: la vita è la vostra e potete impiegare il vostro tempo come meglio credete.
Tuttavia, quando enunciate i vostri giudizi sulla traduzione di Fatica nel suo insieme, assicuratevi di averla davvero letta. Assicuratevi di avere quel minimo di onestà intellettuale.
E se volete argomentare la vostra posizione sfoggiando la vostra superiore conoscenza di Tolkien, assicuratevi di conoscere davvero Tolkien. Essere fan non significa essere esperti di Tolkien.
17 Commento
Daniele Di Rubbo
Condivido praticamente tutto, e ci tengo a sottolineare una cosa: io mi ritengo un grande fan dell’opera di Tolkien, ma mi sento altresì a disagio quando mi confronto con essa, perché mi rendo conto che mi mancano tante chiavi per aprire molte più porte di quelle che riesco a vedere.
Insomma, a me tutta questa polemica sulla traduzione non entusiasma e, come i miei amici hanno scoperto, non ne parlo volentieri, perché vedo uscire lati della gente che mi fanno arrabbiare. Anche se alcune critiche le condivido, non apprezzo i modi di questa critica.
Da ultimo, una perplessità, che credo esser legittima, sul lavoro di Fatica e dei suoi collaboratori mi rimane, ed è questa: tu stessa, Gloria, ricorderai che questa traduzione fu annunciata con toni roboanti e in aperto contrasto con quella di Vittoria Alliata di Villafranca rivista da Quirino Principe. Sembra quasi che uno dei criteri seguiti sia stato quello di volersi distanziare quanto più possibile dalla passata traduzione, anche laddove questo non sembrava necessario. Non so se questo sia vero, ma se è vero mi chiedo (retoricamente): è questo un criterio che fa onore a un taduttore?
Gloria Comandini
Grazie per il commento!
Riguardo al volersi distanziare per forza dalla vecchia traduzione, probabilmente sì, sarà successo. Non è successo sempre, c’è da dire, e molte scelte lessicali alla fine sono state le medesime tanto per Alliata-Principe, quanto per Fatica. Non so dirti però quanto questo distanziamento sia stato intenzionale. C’è la possibilità che Fatica abbia semplicemente ri-tradotto tutto da capo, mettendo da parte la vecchia traduzione e comportandosi come se si stesse traducendo Il signore degli anelli per la prima volta.
Non ne so abbastanza di tecniche di traduzione per dire se questa possa essere stata una buona idea.
E, soprattutto, non si sa abbastanza su come abbia lavorato Fatica per poter dire se il suo distanziamento da Alliata-Principe sia stato un processo intenzionale (traduco, paragono, cambio per distanziarmi), oppure una conseguenza di aver tradotto senza tener conto della versione Alliata-Principe.
Credo che dovremo aspettare un’intervista a Fatica per rispondere a questa domanda.
eowynscudieradirohan
Gloria, in realtà ritradurre “tutto da capo, mettendo da parte la vecchia traduzione e comportandosi come se si stesse traducendo” per la prima volta è l’unico modo giusto di approcciare una traduzione qualsiasi, secondo me. E il fatto che in alcuni aspetti Fatica trova le soluzioni uguali o molto simili a quelle di Alliata/Principe e in altri allontana parecchio dalla vecchia versione e proprio la prova che non stava consultando la traduzione precedente. Quindi quando lo accusano di voler distanziarsi al più possibile dalla vecchia traduzione e cambiare tutto è assurdo. Perché allora ha mantenuto “Baggins” o “Contea”? Perché Gollum continua a chiamare l’Unico il suo “tesoro”? Ecc., ecc., ecc.
Sara Aranel Gianotto
Oooh, grazie! Condivido in pieno!
Andrea
Condivido tutto … ma per me C1P8, rimane C1P8 :-)
Samuele Farfarini
Sono stato condotto qui da una persona che, strenua sostenitrice del lavoro di Fatica, me lo ha indicato come un “ottimo articolo”.
In realtà, purtroppo, devo dire di essere poco d’accordo con questa opinione, perché l’articolo è innanzitutto molto paternalistico, perché tende a giudicare chi consuma e non chi crea, che è già un contraddizione in termini, e contemporaneamente non responsabilizza chi viene giudicato, chi per l’articolo è “nel torto”, perché c’è un certo quadro sociale: la nostalgia, i nerd sono conservatori, bla bla bla. E vabbè.
Come se non bastasse, per rafforzarsi cade in alcuni argomenti retorici comunemente fallaci.
Per esempio fonda la sua tesi sulla supposta impossibilità di poter giudicare uno specifico aspetto di un prodotto senza averne goduto nel suo insieme, cosa palesemente falsa: se è vero che posso tranquillamente definire, che so, pacchiano il colore di un telefono anche senza averlo mai posseduto, perché è un giudizio chiaramente circoscritto, la competenza e la capacità di astrazione permettono anche di definire una poltrona “scomoda” anche senza essercisi mai seduti, appurato di saperne abbastanza di ergonomia.
Quindi, escludendo coloro che criticano per palese incompetenza il valore complessivo sulla base di pochi stralci, le critiche alle scelte lessicali e sintattiche specifiche sono assolutamente sensate anche senza aver letto il libro per intero.
E questo mi porta alla seconda fallacia, ovvero il tentativo di rafforzarsi creando una contro argomentazione verso critiche già insensate di base, e quindi facili (e ovvie) da vincere con la logica.
Tra le molte critiche lette su internet negli ultimi tempi ci sono ovviamente notevoli bestialità, di cui alcuni esempi sono riportati nell’articolo, ma mi è capitato di leggere anche critiche più o meno opinabili ma sicuramente molto più sensate, di cui viene fatta solo una menzione generica e retorica.
C’è poi una terza fallacia, molto grave, ovvero la pretesa di poter giudicare una scelta solo una volta che l’autore ne abbia spiegato il perché. Questa è ai limiti dell’assurdo, perché, in un mondo fattuale, il perché non deve importare a nessuno. Fatica non ha alcun bisogno di spiegare alcunché in alcuna intervista, perché lui è stato pagato per essere il professionista, ha fatto delle scelte sulla base delle sue competenze e se ne prenderà la responsabilità (o Bompiani per lui) di fonte al mercato. Così come non mi riservo il diritto di essere d’accordo o meno con un medico sul farmaco che mi ha prescritto dopo aver sentito le ragioni della sua scelta, lo stesso vale per qualsiasi altra scelta: posso constatarne o meno la bontà, posso criticarla o apprezzarla, ma le motivazioni non devono mai pilotare il giudizio, perché ciò che conta è il risultato.
Venendo invece all’opera in sé, e premettendo che non l’ho letta tutta quindi non posso giudicare ogni aspetto del lavoro di Fatica, e non pretendo di farlo, ho notato che diverse scelte terminologiche, prima ancora che belle o brutte, sono generalmente violente contro l’etimologia italiana, ovvero privilegiano il tentativo, spesso disperato e raffazzonato, di mantenere a tutti i costi la connessione semantica con il termine originale sacrificando il rispetto per la correttezza della lingua di destinazione.
È una scelta metodologica che trovo decisamente antipatica, e di cui certamente non conosco tutte le applicazioni, giacché era già comune ai tempi di Dante che fosse accettabile conservare un gioco di parole o un’espressione idiomatica solo nel caso esista l’equivalente nella lingua di destinazione. Dante ne parlava a proposito di tradurre dal latino al suo volgare, ma è un buon principio in generale.
In questo adattamento questo approccio viene costantemente disatteso, cosa che, ammetto essere un problema personale, urta moltissimo la mia sensibilità.
Potrei mettermi a spiegare diversi esempi, di cui alcuni citati nell’articolo (ma criticati per i motivi sbagliati), ma credo di aver scritto già abbastanza a lungo.
Gloria Comandini
Grazie per il lungo commento.
Probabilmente il mio articolo è paternalistico, più o meno come lo è il tuo commento. Ma questa è l’impressione che si tende a dare quando si è convinti di sapere qualcosa e vogliamo spiegarla, soprattutto dicendo che gli altri hanno torto. Personalmente, io so benissimo di essere paternalista, e la cosa non mi tange troppo.
Parliamo poi della tesi sull’impossibilità di giudicare un prodotto. Certamente chi critica una specifica scelta lessicale non ha bisogno di aver letto tutto il libro per poterla fare. Tuttavia, ritengo che sarebbe meglio fare queste critiche con cognizione di causa, quindi chi suppone che “Samwise” significhi “saggio” dovrebbe almeno fare una veloce ricerca su Google, per assicurarsi di non dire castronerie; perché se si vuole attaccare un traduttore sulla base della propria supposta maggiore conoscenza dell’inglese/operazione filologica di Tolkien, almeno bisognerebbe assicurarsi che questa supposta superiorità sia fondata. Poi certo, la foga del momento e il contesto molto più colloquiale e informale dei social network spingono invece ad esternare la propria opinione senza controllare. Questo è un atteggiamento fastidioso, soprattutto quando compiuto da figure con un certo seguito come degli youtuber (che ci piacciano o meno, dobbiamo confrontarci col fatto che li leggano centinaia di migliaia di persone). Tuttavia, non è un atteggiamento per il quale posso multare nessuno, per fortuna, quindi semplicemente me ne lamento a mia volta come la persona paternalista che sono.
Riguardo invece ad altre critiche o segnalazioni di errori di Fatica, come la Contea posta “nelle terre a Occidente di Eriador”, non c’è ovviamente nessun problema.
Riguardo poi la seconda fallacia, non vedo come questa sia una fallacia, poiché il mio articolo prende di mira proprio questo genere di “notevoli bestialità”, perché certamente ci sono critiche e osservazioni ben argomentate e sensate, ed io quelle critiche le leggo con interesse, nei gruppi che frequento, specialmente nel gruppo di lettura alla nuova traduzione, dove man mano si tirano fuori tutte le osservazioni (anche critiche!) dei lettori. Ma io con quelle osservazioni mi potrò confrontare dopo molta più ricerca, o non è affatto detto che le possa affrontare e basta; altre invece le potrò affrontare solo quando sarò andata avanti con la lettura del libro, perché non ho molta voglia di andare a “spoilerarmi” la canzone di Galadriel, per esempio, solo per vedere com’è venuta.
Riguardo poi la terza fallacia, ho riletto il mio testo per sicurezza e, correggimi se sbaglio, ma non mi pare proprio di aver detto che si possa “giudicare una scelta solo una volta che l’autore ne abbia spiegato il perché”. Nel mio testo non ho mai scritto “non possiamo giudicare il lavoro di Fatica prima di aver sentito le sue ragioni”, per esempio. Io ho scritto “forse avremo modo di commentare meglio le scelte di Fatica dopo che questi ci avrà spiegato le proprie motivazioni”. So che qui potrebbe sembrare che io mi stia aggrappando ad una singola parola, ma quel “meglio” è importante, perché secondo me il lavoro di Fatica può essere commentato anche senza una motivazione di quest’ultimo, ma un commento ad una scelta di traduzione fatto dopo che il traduttore ha motivato tale scelta, secondo me, ha basi più solide. Si è parlato molto, ad esempio, della scelta di “Veglio” per “Gaffer” e si sono date molte motivazioni sia a favore di scelte differenti, sia a favore di quella di Fatica, nelle quali si fanno supposizioni sul perché Fatica abbia preferito questa versione. Ecco, in questi casi (così come per “forestali”), secondo me, commentare dopo che Fatica ha spiegato le proprie motivazioni ha più senso e produce discussioni più solide, perché così si può ribattere alle motivazioni vere del traduttore, non a quelle supposte. Poi certo, se Fatica impiega un mese a farsi sentire, va da sé che la gente non aspetti. Però bisogna rendersi conto di star facendo obiezioni a motivazioni di traduzione supposte. Poi, se invece si hanno altre proposte di traduzione, quelle possono essere esposte senza bisogno di confrontarsi con le motivazioni di nessuno.
Sul commento all’opera in sé, non mi pronuncio, perché devo anch’io finire il libro e poi vorrei digerirlo per un po’ e rileggere un po’ di discussioni in merito. Ciò che vorrei assicurarmi di capire è anche e soprattutto il perché certe scelte di Fatica mi suonino male o bene: si tratta di effetto nostalgia, perché la nuova versione stride troppo con quella che ho in testa io da 18 anni? Oppure certe altre scelte mi piacciono perché da linguista apprezzo certi artifici per mantenere la connessione semantica con l’originale, ma appunto sacrifico l’effetto estetico e la comprensione finale? Il fatto è che sono consapevole del fatto che il gusto e il background di ognuno di noi ci influenzano molto nella nostra ricezione dell’opera e difficilmente daremo un giudizio simile ad una scelta o lo stesso peso ad un effetto cacofonico fatto in nome della correttezza semantica. Quindi, come dici tu, credo che ognuno abbia i propri problemi personali con questa traduzione, e va benissimo. Ma credo anche che dovremmo essere più consapevoli di quanto questi problemi siano personali e non necessariamente condivisi universalmente.
Mi fermo qui perché tra un po’ supero le parole dell’articolo stesso, e anche no. Capisco che il tuo commento non sia stato scritto con piacere, però mi ha aiutato a capire che forse alcune delle cose che ho scritto (i commenti target del mio fastidio e la questione delle motivazioni di Fatica) andrebbero specificate meglio, quindi grazie. Credo che, in generale, siamo tutti abbastanza irritati in questo periodo, il che non ci fa interagire in maniera tranquilla. Se ti va di continuare a parlare con meno carta vetrata, io metto da parte il paternalismo e la generale insofferenza verso i tolkieniani di questa settimana. :)
Marius
Non ci sono solo i social come teatro di reazioni puerili, c’è anche lo spazio recensioni di Amazon…
https://www.amazon.it/compagnia-dellanello-Signore-degli-Anelli/dp/8845299198/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=1FL9DVFJIRVP1&keywords=la+compagnia+dell%27anello&qid=1573311134&sprefix=La+compa%2Caps%2C160&sr=8-1
Una valanga di stroncature preventive tutte uguali.
Gloria Comandini
Ammetto che non avevo guardato Amazon! Grazie! :)
Marius
Sembra proprio un tentativo di condizionare Bompiani simulando una “rivolta” dei lettori, ma se ci fosse una rivolta questi venti-venticinque “soliti ignoti” che intervengono dappertutto a volte con le stesse identiche frasi non avrebbero bisogno di bombardare Amazon con recensioni fake. Per fortuna la realtà è più grande dell’acquario dove nuota questa congrega di cialtroni…
Marius
Stessa identica operazione su IBS:
https://www.ibs.it/compagnia-dell-anello-signore-degli-libro-john-r-r-tolkien/e/9788845299193/recensioni
Giorgio
Articolo molto interessante, complimenti!
Non ho ancora potuto leggere la nuova traduzione, ma da quello che leggo mi sembra che sia ben modellata sull’originale.
Ho una sola grande curiosità (rispetto alle critiche che vedo in giro): per quale ragione Fatica ha tradotto “Ranger” con Forestale”? A me sembra che abbia perso totalmente il senso originario (dal punto di vista linguistico, non solo nel contesto).
Mr. Cellophane
Non sono sicuro di capire: “La traduzione di Fatica può piacere o non piacere” Però non può non piacere per la traduzione della poesia, o per i nomi, o per la musicalità – eccetera. Attendo quindi di sapere quali siano i motivi corretti per cui la traduzione possa “non piacere”. Sempre che ce ne siano.
Gloria Comandini
La resa dei nomi può non piacere, può non piacere la musicalità della traduzione o si possono notare degli errori.
Tuttavia, come scritto nell’articolo, non si possono dare giudizi generali senza aver letto tutta l’opera e non si può dire “la traduzione di questo nome è sbagliata!” se noi per primi non sappiamo il significato di tale nome.
La prossima volta meno sarcasmo e più comprensione del testo, prego.
Matteo Velato
cit: “Se Fatica avesse dovuto lasciare inalterati i nomi e le poesie della Alliata-Principe, perché ormai radicati nell’immaginario italiano e troppo cari ai fan, che senso ha fare una nuova traduzione?”
Perché uno esclude l’altro?
Tradurre è un compromesso quindi perché non scendere a compromessi trattando in modo diverso il testo (descrizioni e dialoghi) rispetto ai nomi?
Il testo determina lo stile dell’opera. È fondamentale è ha, sicuramente, una sua identità. Però si percepisce sulla distanza e, come avete giustamente scritto, si valuta DOPO averlo letto.
Ma i nomi sono simboli. Identificano immediatamente, col semplice suono, un personaggio, un luogo, un sentimento, li sintetizzano e li rappresentano in modo diretto. Per questo, trattandosi di una RI-traduzione si sarebbero potuti mantenere (almeno la maggioranza) anche tenendo conto del “sentimento dei fan”. Sottovalutare questo aspetto è stato secondo me un grosso errore. Se non altro non fosse per la reazione negativa che ha scatenato e che sta inficiando, in modo pregiudiziale, su tutta la traduzione. Traduzione che invece, a detta di molti, è complessivamente un buon lavoro. Purtroppo, il mondo è pieno di ottimi prodotti (inclusi quelli culturali) falliti per piccoli sbagli che si potevano evitare.
E ridurre tutto al lamento di quattro nerd incontentabili o di quattro fan estremisti che trollano su Amazon secondo me è pericolosamente riduttivo.
Prima di tutto perché chi lo dice sembra il bue che dà del cornuto all’asino. Infatti, trovo più nerd chi difende la modifica pedissequa e ostinata di un nome (quindi un dettaglio) ormai di uso comune per TUTTI, fan e non fan, con intento solo semantico e filologico, rispetto a chi dice va be’, non era il nome perfetto che voleva l’autore ma ormai l’abbiamo sempre chiamato così… e lasciamolo così. Se qualcuno volesse ritradurre qualche vecchia storia originale di Micky Mouse dall’inglese e proponesse di chiamarlo Topo Michele chi sembrerebbe più nerd, lui o chi direbbe di mantenere Topolino? (e scusate l’accostamento indegno Disney-Tolkien).
Secondo perché non si tratta solo di fan. È chiaro che la mia personale esperienza non fa statistica, ma tutte le persone con cui ho parlato della nuova traduzione (persone normali che non sanno certo citare l’albero genealogico di Frodo a memoria) sono rimasti basiti di fronte a queste scelte e non hanno voglia di leggere la nuova versione.
Peggio per noi? Probabile. Però intanto le critiche negative (pregiudiziali o meno) abbondano e si poteva evitare con un piccolo compromesso.
Anche perché che valore aggiunto dà al lettore medio leggere Samplicio rispetto a Samvise, rispetto al fastidio che genera?
cit: “Non siete obbligati a leggere La compagnia dell’anello tradotta da Fatica, non siete obbligati ad apprezzarlo o a comprarlo.”
Questa nuova traduzione genera reazioni aggressive (di cui non condivido i modi), perché spaventa. La paura è che tutti gli appassionati (fan o meno) del mondo di Tolkien d’ora in poi parleranno due linguaggi diversi: la nomenclatura pre- e post-Fatica. E solo pochi appassionati che si doteranno di tabelle di conversione tra inglese-preF-postF saranno in grado di tenere il passo. Le persone normali, quelle che hanno letto o leggeranno il SdA una volta sola nella vita parleranno di cose diverse senza capirsi. È un peccato per tutta la comunità di fan e meno fan che ruotano intorno a questa e altre opere di Tolkien. Secondo me il danno è peggiore del vantaggio ottenuto e, ripeto, si poteva evitare facendo contenti tutti.
Concludo dicendo che condivido in toto la risposta di Samuele (dove non riesco a trovare proprio nulla di paternalistico).
Marius
Vogliamo scommettere che col tempo prevarranno i giudizi positivi? Questa è una fiammata tutta interna a una certa cerchia di fan aizzata da personaggi che si preparavano a questa reazione da più di un anno (hanno tenuto convegni in giro per l’Italia contro questa traduzione quando ancora non se ne conosceva una sola riga, dicendo che sarebbe stata una traduzione “LGBT” e “transessuale”), una fiammata che si sta già esaurendo, e cominciano a venir fuori i giudizi veri e motivati, quelli di chi il libro lo ha letto. Molti che non conoscono l’opera la conosceranno grazie alla curiosità suscitata da questa nuove traduzione, e probabilmente saranno loro a fare la differenza, più di chi ha letto la traduzione precedente del SdR quaranta volte e non vorrebbe vederne cambiata una virgola.
Alessandro
Concordo molto. Aggiungerei uno spunto di riflessione: un vero fan si andrebbe a leggere il testo in ingua originale (vale per qualunque autore e lingua ovviamente), per cercare di entrare veramente in relazione stretta con “l’oggetto” e l’autore amati, nonchè la lingua originale, utilizzando semmai le varie traduzioni ufficiali come spunto di approfondimento nel crearsi la propria personale; un po’ come fece la Jeronimidis per Lo hobbit (e fecero tutti i grandi letterati Italiani quali Pascoli, Foscolo, ecc.. con i classici Latini e Greci o La Commedia). A proposito: secondo me molti rimarrebbero stupiti nel sapere che anche la Divina Commedia di Dante ha avuto varie versioni di riscrittura e che quella utilizzata attualmente nelle scuole, non è certo la copia fedele dell’originale dantesco…