Quanti sanno che esiste un film di animazione del Signore degli Anelli?
Ash nazg durbatulûk, ash nazg gimbatul,
ash nazg thrakatulûk, agh burzum-ishi krimpatul
Tre Film al Cineasta Jackson sotto il cielo neozelandese,
Troppe versioni per gli spettatori nelle loro videoteche,
Nove ore di film per l’Umana Platea che la lunga visione attende,
Uno per il Cartone Animato da Bakshi girato,
Nella camera del rotoscopio, dove la realtà diventa animazione.
Un’Opera per affascinarli, un’Opera per trovarli,
un’Opera per unirli e nel buio della sala incatenarli,
Nella camera del rotoscopio, dove la realtà diventa animazione.
Se volete, quando e se dovessimo incontrarci, potrei recitarvi in Linguaggio Nero, quello che è forse il passaggio più famoso della Poesia dell’Anello. Questa prodigiosa capacità mi deriva ben prima della lettura del mega biblion di J. R. R. Tolkien “Il Signore degli Anelli”, bensì quando fui accompagnato al cinema dai miei genitori, in un piccolo cinema d’essai fuori dal quale campeggiava una locandina che ritraeva uno stregone con una spada in mano e due piccole figure.
Dalla visione del film d’animazione di Ralph Bakshi (1978) ne rimasi tanto stupefatto e affascinato, quanto spaventato.
La prima versione
La genesi dell’opera fu quantomeno travagliata.
Dopo aver acquistato i diritti sull’opera per un pugno di sterline, la “United Artist” affidò il progetto a John Boorman (Zardoz, Un tranquillo weekend di paura, Excalibur, Il sarto di Panama) che “riuscì” a condensare tutta la storia in un solo film live-action, con parti create ex novo, altre tagliate completamente, con conseguente stravolgimento dell’opera.
Per iniziare, la storia della Terra di Mezzo di Sauron e dell’unico Anello sarebbero state raccontate durante il Concilio di Elrond tramite uno spettacolo teatrale (tipo kabuki giapponese), con recitazione stilizzata ed enfatica, costumi eccentrici e musica rock… ma questo è niente!
Una tra le scene più controverse fu quella in cui Frodo, per guardare nello specchio di Galadriel, avrebbe dovuto consumare un rapporto sessuale con lei (con conseguente eliminazione dalla storia di suo marito Celeborn). Questo perché, nelle intenzioni di Boorman, Galadriel sarebbe stata l’interesse sessuale di molti dei protagonisti, i quali, durante il prosieguo della storia, avrebbero cercato di sedurla in ogni modo.
La tragedia di Boorman doveva finire…
Il personaggio di Arwen fu trasformato in una ragazzina elfa (ciao ciao Aragorn), spirito guida della Compagnia. Il loro primo incontro sarebbe stato quantomeno peculiare: avrebbe salvato lei Frodo dal Pugnale Morgul, tramite una dolorosissima operazione a cuore aperto, con ferri roventi, sotto la minaccia di Gimli.
Il povero Gimli, bistrattato in ogni versione, a Moria avrebbe subito un vero e proprio pestaggio da parte dei compagni per fargli tornare in mente la parola per aprire le porte (alla faccia del “Di’ “amico” ed entra”!).
Il film si chiudeva con la partenza, sotto un arcobaleno che si rifletteva nelle acque, verso le Terre Immortali di Gandalf, Frodo, Bilbo, Galadriel, Arwen ed Elrond. Sulla costa rimanevano a salutare gli amici in partenza, Gimli e Legolas, il quale, vedendo lo spettacolo delle luci, esclamava: “Guarda, solo sette colori! Il mondo è in rovina! Viviamo in un mondo diminuito!”.
Il risultato non piacque (eufemismo) alla produzione, che licenziò Boorman in tronco, seppur pagandolo per il disturbo ben 3 milioni di dollari (!). Questo dopo averlo in precedenza obbligato, per problemi di budget, a tagliare le creature volanti per i Nazgul durante la battaglia di Minas Tirith, e le avessero fatte rimpiazzate con cavalli senza pelle con i muscoli esposti.
Le idee di Bakshi
Il regista e animatore Ralph Bakshi (Fritz il gatto, Wizards, Ice and Fire, Fuga dal mondo dei sogni) già all’inizio degli anni ’50 si era interessato al romanzo di Tolkien così, con il licenziamento di Boorman, colse l’occasione per farsi avanti.
La sua idea era di dividere il romanzo in due film, più attinenti con l’opera originale. Bakshi promise alla figlia di Tolkien, Priscilla, quando la incontrò, a non puntare più su un film live-action, ma su una pellicola d’animazione perché, usando le stesse parole del regista: «È importante […] che l’energia di Tolkien sopravviva. È importante che la qualità dell’animazione corrisponda con la qualità di Tolkien.»
Il film copre il primo libro e parte del secondo, vi sono solo alcune piccole differenze con il romanzo, ma in generale è molto fedele all’opera.
Grosse modifiche sono invece state apportate all’aspetto di diversi personaggi, il colore delle vesti di Saruman, rosse anziché bianche e poi multicolori (ma c’è un gioco di luci molto interessante per ovviare a ciò), Legolas è vestito con colori chiari (argento e grigio) per compensare ai toni cupi del film.
I vestiti indossati da Aragorn invece sono l’ultimo dei problemi, dato che assomiglia quasi ad un nativo americano (caratteristica molto contestata da diversi cultori del romanzo), Boromir invece, è uno stereotipato vichingo.
La caratteristica fondamentale, e poi marchio di fabbrica di Ralph Bakshi, è l’impiego della tecnica del Rotoscoping (una modalità di animazione iperrealistica nella quale le immagini, riprese precedentemente, vengono ricalcate e rimodellate), Bakshi definì il proprio lavoro come “il primo esempio di pittura realistica in movimento”.
La colonna sonora
Bakshi voleva che il gruppo dei Led Zeppelin lavorasse sulla colonna sonora, ma la produzione impose Leonard Rosenman, scelta mai condivisa dal regista né da altri critici, che definirono le musiche troppo semplici e tradizionali e che non coincidevano con le atmosfere del romanzo di Tolkien.
Il seguito
La seconda parte non fu mai girata perché la produzione tacciò di insuccesso il progetto (a fronte di un investimento di 4 milioni di dollari, il film ne incassò più di 30), anche se fu proprio lei, con certe sue scelte, a lasciare confusi gli spettatori. L’errore principale fu quello di non specificare che il film sarebbe uscito in due parti, questo per paura di perdere spettatori, perché il pubblico non era abituato a queste soluzioni. Chi poi andò al cinema rimase sì spiazzato, dato che il film si interrompeva bruscamente senza concludersi!
Esistono un “Ritorno del Re” (1980) e un “The Hobbit” (1970), considerati eredi spirituali del film di Bakshi, ma che condividono poco o nulla con quest’opera visionaria, sperimentale considerata di altissimo valore nella Storia del Cinema di Animazione.
Il lascito
Ci sono voluti ben 23 anni affinché la speranza di molti appassionati di Tolkien di poter vedere trasposto sul grande schermo l’opera del Professore di Oxford venisse realizzata.
Molto è stato detto e scritto riguardo la trilogia di Peter Jackson, ma è convinzione comune che senza il film di Bakshi difficilmente avremmo avuto una così ottima resa visiva nell’opera di Jackson. Lo stesso regista neozelandese ha affermato di essersi ispirato e di aver omaggiato il film di Bakshi in diverse scene.
Per concludere vorrei anche ricordare che l’opera ed il lavoro di Bakshi sono diventati seminali per molti autori. Negli ultimi anni perfino nel campo dei videogiochi, basti pensare a “The Banner Saga” e “Ashes of Gods: Redemption“.
1 Commento
Angelo Emili Graziano
Film bellissimo che mi fece conoscere, quando avevo poco più di 10 anni, il meraviglioso mondo creato da Tolkien. Fu grazie a questa opera che mi innamorai perdutamente del signore degli anelli.