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Kingdom Hearts 3: La Recensione

Kingdom Hearts III è l’ultimo titolo del maxi-arco narrativo della “Saga di Xehanorth”, appartenente alla serie videoludica Kingdom Hearts di Square Enix. Nata originariamente come una collaborazione tra la casa di produzione nipponica e Disney, con la comparsa di personaggi da entrambe le saghe, gli ultimi titoli hanno mostrato una chiara preponderanza della seconda. Diretto e sceneggiato da Tetsuya Nomura, con le musiche di Yoko Shimomura, il titolo è stato fin dal suo concepimento una grande attesa del mercato videoludico. Lo scorso 29 Gennaio il gioco è arrivato sugli scaffali italiani, nonostante numerose e sistematiche rotture del day one.

Nonostante il titolo lasci pensare ad una continuazione della storia rispetto al secondo capitolo, Kingdom Hearts 3 non è assolutamente il seguito diretto di Kingdom Hearts 2. Per comprendere la trama del gioco, è necessario terminare Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance e avere almeno in mente gli eventi di Birth By Sleep 0.2 (insieme a tutti i titoli prequel ovviamente).

Sinossi

Il gioco riprende con il finale segreto di Birth By Sleep 0.2 dove vediamo Sora, Paperino e Pippo alla torre del maestro Yen Sid. L’anziano stregone ricorda al trio come Sora si sia indebolito a seguito del suo esame per la maestria del keyblade e abbia perso una capacità fondamentale per recuperare i compagni di viaggio perduti “Il potere del risveglio”. Viene messo in chiaro come il recupero di quell’abilità sia della massima priorità e il trio viene invitato a recarsi al Monte Olimpo e parlare con Hercules. Il tutorial del gioco, dove Sora sbloccherà tutte le nuove funzioni relative al combattimento e al movimento, si svolgerà durante il piccolo golpe di Ade. Ironicamente (o forse no) Square Enix ha deciso di chiamare questa prima fase Kingdom Hearts 2.9. Terminato il prologo, Sora visiterà altri mondi Disney alla ricerca del potere perduto.

Come in tutte le guerre, il trio di avventurieri non sarà il solo focus della storia. In brevi momenti impersoneremo anche Riku e la maestra Aqua per dei combattimenti un po’ troppo corti a causa della potenza degli stessi. Una volta riuniti tutti i compagni e ottenuti sette guardiani della luce, il Maestro Xehanorth e la “vera” Organizzazione XIII ci inviteranno al cimitero dei Keyblade per la grande guerra.

A differenza degli scorsi Kingdom Hearts, questo è caratterizzato da una presenza inferiore di mondi ma da una storia molto più lunga per ciascuno di essi. Questo fatto porterà Sora a legarsi maggiormente ai nuovi personaggi e a crescere o dubitare molto di più di se stesso e delle sue capacità.

Il gioco riesce perfettamente a dare una sensazione di chiusura alla saga iniziata cronologicamente con Birth by Sleep. Tutte le storie lasciate in sospeso verranno riprese e concluse, anche se forse non con il dovuto build up che ci si sarebbe aspettati. La parte finale del gioco, la Guerra del Keyblade, offre più risposte di quelle che i giocatori si sarebbero aspettati.

Gameplay

Il gameplay è senza ombra di dubbio il più ricco della saga. Sora otterrà nel corso del prologo molte abilità note a chi ha giocato i precedenti. Il trio avrà a disposizione modi sempre nuovi e creativi per distruggere boss e orde di nemici che verranno tirati contro Sora, Paperino e Pippo. Tutta questa grandiosa varietà non è compensata purtroppo da un’altrettanta richiesta da parte degli avversari. Molta della suddetta mancanza di difficoltà lamentata dai giocatori non è dovuta ad una questione numerica ma ad una pigrizia nel design degli avversari. Purché non un compito facile, sarebbe stato appropriato costringere i giocatori ad utilizzare tutte le meccaniche.

Un’importante novità per tutti i giocatori sarà la possibilità di potenziare il proprio keyblade. Ognuno di essi ha più di dieci livelli e nuove abilità da sbloccare, cosa che permette di non abbandonare il proprio preferito dopo pochi mondi.

Il livello richiesto per terminare il gioco, a seguito di tutte queste osservazioni, è molto basso. Noi lo abbiamo terminato al 33 a difficoltà esperto in circa 25 ore. Il boss finale, in tutte le sue fasi, fortunatamente non risente della mancanza di design riportata sopra e offre una bellissima sfida. Unica nota dolente sta nel fatto che anche la sequenza finale, se giocata al 99 con Ultima Weapon equipaggiata, diventi una passeggiata. Forse sarebbe stato appropriato far scalare il livello del boss.

Minigiochi e Portali

I minigiochi rappresentano una componente importante per il completismo dell’opera. Oltre ad essere sinceramente divertenti e a costringere il giocatore a pensare fuori dagli schemi, sono obbligatori per conseguire l’arma finale e sperimentare la potenza descritta sopra. I portali, un’idea da end game che poteva offrire longevità al gioco, sono purtroppo una delle idee meno riuscite. Si tratta di battaglie contro orde di nemici o piccoli boss, che purtroppo non sono obbligatorie per ultima weapon e vengono annichilite una volta ottenuta l’arma finale.

Musiche

I fan dei lavori di Square Enix conoscono perfettamente quanto la casa videoludica nipponica abbia a cuore le colonne sonore dei propri titoli. Kingdom Hearts 3 non è da meno. Abbandonando finalmente Simple and Clean, canzone presente in quasi ogni capitolo della saga, il gioco si apre con Face my fears e si chiude con Don’t Think Twice. Ritorneranno vecchie tracce particolarmente amate e i fan potranno sentirsi a casa.

Conclusioni

Kingdom Hearts 3 è un gioco da avere, da giocare e da completare. In attesa del final mix, di sicura uscita in futuro, la conclusione della saga di Xehanorth è un passo importante nella storia di Kingdom Hearts. Il finale segreto lascia moltissimi dubbi e un’immensa voglia di un seguito.

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