Una lettera che contiene una richiesta di aiuto formulata caoticamente ed un rapido viaggio in treno. Si apre così Forgive Me Father, sparatutto sui generis, della Byte Barrel, attraverso un’introduzione che richiama la splash page di un fumetto.
Per chi ricorda ancora le ore spese a scorrazzare per le arene di Doom, Quake e soprattutto Blood, Forgive Me Father sarà una gradita sorpresa: questo retro fps lovecraftiano integra alla perfezione quel tipo di giocabilità al cardiopalma con elementi presi in prestito dagli sparatutto moderni. Questo mix funziona?
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Forgive Me Father, ovvero paura e delirio a Pestisville
In uno sparatutto non è certo la storia il primo aspetto da tenere sott’occhio. Eppure Forgive me Father fa un ottimo lavoro in questo reparto. La trama si apre con una misteriosa scomparsa e viene ricostruita, da chi gioca, attraverso numerosi indizi sparsi per le mappe e marcati, appunto, come “story”.
Questi elementi non sono semplici testi pop-up ma fotografie, lettere, telegrammi. Per chi ha giocato il Richiamo di Cthulhu, ricordano moltissimo gli indizi “ritagliabili” delle avventure per il gdr cartaceo. Seppure tali indizi non siano fondamentali per completare il gioco, sono un piacevole diversivo mentre si riprende fiato.
La storia ci accompagnerà per meno di cinque ore, incredibilmente dense e ricche di ambienti e nemici diversi. I protagonisti saranno un pastore di campagna ed una giornalista, differenziati soprattutto dalle abilità acquisibili. Non mancheranno colpi di scena.
Ma cosa sarebbe uno sparatutto senza nemici pronti a gettarsi sulle nostre pallottole? Anche qui Forgive me Father non delude: si va dagli zombie ai cultisti, passando dai pazienti di un inquietante ospedale a bizzarre creature volanti. Anche qui, troveremo la versione videoludica degli Abitatori del Profondo ed una vasta pletora di altre creazioni provenienti dai Miti. Accanto ai normali nemici vi saranno, seppur pochi, memorabili boss.
“Non è morto ciò che può vivere in eterno, ma con una pioggia di piombo anche la morte può morire”
Il gioco riesce ad essere un’alchimia perfetta di detective story e sparatutto “old school”. Da un lato ci sono indizi da leggere e collegare fra loro per dare un senso agli eventi. Dall’altro ci sono bellissime mappe tridimensionali con nemici “cartonati” come nei vecchi sparatutto di id Software o Monolith.
Ad una atmosfera misteriosa che invita alla cautela si alterneranno grandi arene in cui combatteremo con un ritmo incredibilmente frenetico. È proprio nelle arene, piazzate sapientemente vicino ai punti di salvataggio che il gioco libera la sua anima splatter. È facile ritornare con la memoria alle glorie di Doom.
Nel nostro arsenale saranno presenti i classici, come pistole e mitragliatrici, ma anche armi ben più futuristiche e persino una versione “posseduta” dello shotgun, da sbloccare attraverso un´abilità.
Anche alcuni oggetti presenti nelle mappe arricchiscono le nostre opzioni. Sarà per esempio possibile decimare le orde di nemici facendo esplodere bidoni di benzina piazzati un po´ ovunque. Le parti più divertenti dell’esperienza sparatutto, sono la risposta di Forgive me Father ai gore nest di Doom: in alcune mappe, quasi sempre stanze chiuse, verranno attivati dei portali che materializzeranno nella stanza un alto numero di nemici. Quel che rimarrà alla fine saremo noi col fiatone ed un bel macello sparso per la mappa.
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Quali sono le componenti gioco di ruolo in Forgive Me Father?
Come anticipato, il gioco arricchisce la formula classica di un fps retro con una una gradita possibilità di personalizzazione: i due protagonisti, infatti, acquisiranno livelli da spendere nei due intricati alberi di abilità.
Questa componente “gdr” del gioco, permette di personalizzare quanto basta la propria esperienza, senza tuttavia favorire una “build” rispetto ad un’altra: potrete ad esempio “imparare” ad impugnare due pistole al posto di una, trasformare un mitragliatore in una futuristica arma ad energia o semplicemente potenziare una delle vostre abilità speciali.
Sia la giornalista che il pastore avranno accesso, nel corso dell’avventura, ad utili abilità per sconfiggere le orde di nemici. Citiamo senza troppi spoiler il crocifisso del pastore, che gli permetterà di rigenerare una parte dei punti vita. Va purtroppo detto che il bilanciamento fra i due personaggi non è proprio perfetto e dopo due playthrough, il nostro prete si dimostra decisamente più utile grazie alle sue abilità.
Accanto alle immancabili barre dei punti vita e dell’armatura, avremo un contatore della “pazzia”. Questa risorsa aumenterà affrontando le orde di mostruosità che il gioco ci getterà contro ma anche leggendo alcuni libri e permetterà di aumentare il danno inferto e la resistenza allo stesso, o di utilizzare le abilità che caratterizzano i due personaggi. Tuttavia, il sistema non sembra mai essere implementato “contro il giocatore”, non conferendo alcun malus.
Da citare è anche la nostra fidata lampada: negli ambienti più bui, dovrete scegliere se illuminare il corridoio nel quale state camminando o se proseguire impugnando un’arma ma non vedendo assolutamente nulla. Il cambio fra lampada ed armi è rapidissimo per fortuna, ma aiuta ad aumentare la tensione.
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Difficoltà nei salvataggi in Forgive Me Father
Per quanto riguarda la difficoltà, se i primi livelli sono abbastanza abbordabili, le arene finali non perdonano. In ogni momento, tuttavia, la migliore tattica resta un kiting continuo, mirato ad evitare assolutamente di finire circondati. Malgrado il ritmo frenetico degli scontri, inoltre, bisognerà sempre tenere d ‘occhio le munizioni, per evitare di sprecare le armi più efficaci sui mostriciattoli più fragili.
Non sarà possibile salvare i propri progressi liberamente nel gioco. Tuttavia, una volta compresa la struttura delle mappe, sarà possibile tornare abbastanza facilmente ai punti di salvataggio, rappresentati da steli che ricordano il nostro Antico preferito. Purtroppo, la scelta di non permettere salvataggi liberi, porta inevitabilmente ad avere un approccio più cauto e pensoso, spezzando non poco il ritmo di gioco. È quindi consigliabile, per chi voglia godersi un’esperienza più rapida e frenetica, scegliere fra i cinque livelli di difficoltà quello standard, o anche andare una tacca sotto.
A zonzo per paludi, ospedali, labirinti di Forgive Me Father
Tutte le location saranno tipicamente lovecraftiane e ci ritroveremo a vagare per una palude, avanzare cautamente in un ospedale, o perderci nell’immancabile cimitero. Non mancheranno anche parentesi sui tetti, in cui ci muoveremo saltellando da un edificio all’altro. A tutto questo si aggiungono ambienti ancora più originali, che evitiamo di rivelare. La struttura delle mappe offre una certa varietà ed alcune di esse saranno ben familiari a chi ha giocato il primo Quake o i vetusti Doom: tetti bassi, pianta labirintica, un continuo correre per corridoi già percorsi in cerca della porta per la prossima location.
Il level design della prima metà del gioco subisce un cambiamento abbastanza drastico ad un certo punto. Se da un lato le mappe paiono improvvisamente meno ispirate, dall’altro i combattimenti si fanno decisamente ostici e le orde più aggressive. Va però detto, che tale variazione è in linea con l’epilogo tipicamente lovecraftiano della storia.
Una gioia per gli occhi (e per le orecchie)
La scelta grafica degli sviluppatori salta da subito all´occhio: chi ha apprezzato anni fa XIII, sparatutto realizzato utilizzando la tecnica del cel-shading, non potrà non amare il lavoro dei Byte Barrel e la grafica da comic book del gioco. La componente “fumettosa” è infatti ancor più presente in Forgive Me Father, con nemici bidimensionali ed un tratto decisamente più “manuale”. Se non bastasse l’originalità dello stile grafico, a rendere ancora più unica l’esperienza visiva è un sapiente uso di filtri e colori. L’immagine in alcune situazioni più inquietanti si farà sfocata, mentre quando saremo costretti a scappare da una valanga di corpi che rischia di inghiottirci, ecco lo schermo tingersi di un rosso sempre più intenso. Le mappe esterne si arricchiscono ulteriormente di ottimi effetti atmosferici: ritrovarsi in un cimitero sotto la pioggia battente e vedere dei ghoul illuminati dal bagliore di un fulmine fa un certo effetto.
Neanche il comparto sonoro scherza. Il feedback delle armi è ottimo, i versi dei mostri inquietanti e gli effetti sonori sempre azzeccati.
Parlando di audio, è comunque la musica a farla da padrona, facendosi incalzante nelle scene più concitate con ottimi riff metal o diventando un suggestivo dark ambient quando si esplorano nuove location o ci si muove nell’oscurità più completa.
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Vale la pena di fare un giro a Pestisville, dunque?
Decisamente sì, almeno per chi scrive. In poco meno di cinque ore ci troviamo in un mondo dal design accattivante, protagonisti di una storia intrigante che si estende per numerosi ambienti. Il tutto armati sino ai denti.
A Cthulhu, come al cuor, non si comanda!