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Dove muore la luce – Dragonero, il Ribelle #12

Il mese scorso ci siamo lasciati con l’invito a scoprire insieme “Dove muore la luce“. Oggi siamo qui con una discreta scorta di fiaccole, speriamo bastino!

Ma prima una piccola premessa. È passato circa un anno dal’inizio del nuovo ciclo di Dragonero e secondo le parole di Stefano Vietti (qui), la previsione della durata della Ribellione, ad aprile 2020, era di “due anni ancora…“. Mi sembra quindi giunto il momento opportuno di analizzare in maniera approfondita questo “primo anno”, ma lo farò in calce all’articolo.

Per chi fosse interessato agli scorsi episodi: abbiamo assistito all’insorgere della Ribellione (qui), abbiamo analizzato i travagli interiori di alcuni personaggi (qui), fino all’ordalia emotiva di Sera (qui). Il nostro sguardo si è poi posato sui tentativi della Teocrazia di assoggettare l’Erondár (qui), e le contromosse che la Ribellione ha messo in atto per cercare sostegno (qui), alleati (qui) e nuovi modi di viaggiare (qui). Una missione poi è stata particolarmente interessante, perché è andata a colpire uno dei punti nevralgici dell’Impero (qui). Abbiamo poi spostato i nostri riflettori su Ian. La storia (qui) che lo vede protagonista, siamo certi, avrà sicuramente interessanti risvolti futuri. Lo scorso mese poi, dopo una lunga corsa, ci siamo fermati e abbiamo guardato indietro ai primissimi giorni della Ribellione (qui).
Vai con l’intro!


Alone in the dark, where the demons are torturing me
The dark passage of revenge is all that I see

Alone in the Dark, The Legacy, 1987, Testament

Dove muore la luce

Copertina dell'albo numero 12 di "Dragonero, il Ribelle": Dove muore la luce
Cosa mai si celerà nel buio?

Per i Ribelli dell’Erondár è di primaria importanza riuscire a porre un freno al potere della Signora delle Lacrime di Sangue e ai suoi fanatici seguaci. Due diverse missioni, ma strettamente legate tra di loro, vedono Ian, Gmor, Aura e Alben alla ricerca di fonti di potere magico da poter impiegare nella lotta contro i maghi imperiali.

I frammenti di una Reliquia sono custoditi in un misterioso villaggio abitato da gente sospettosa e ben poco amichevole nei confronti degli stranieri.

Dove muore la luce, lì si trova un villaggio
Ian, Gmor, Aura e qualche altro ribelle si addentrano nel villaggio immerso nel buio

Per Ian e compagni sarà una lunga e faticosa ricerca farsi strada fino a questo borgo irto di pericoli, dal quale uscire non sarà affatto facile, in quanto tutto è avvolto da un buio spettrale che cela chissà quali minacce.

Aura affronta le creature che provengono da Dove muore la luce
Ian non è il solo in grado di affrontare i reitti che si annidano nell’oscurità. Anche Aura sa il fatto suo!

La missione di Alben, sebbene meno oscura, non sarà di certo meno difficile. Giungere da Mimr e Yazir per chiedere luresilca come supporto ai luresindi ribelli, svelerà cupe trame di tradimento tra le fila della ribellione. Ma è anche l’occasione per ritrovare una vecchia alleata!

Dove muore la luce vede in missione solitaria, il vecchio luresindo Alben
Alben dimostrerà ancora una volta di essere un luresindo da non sottovalutare

Analisi dell’episodio

Dove muore la luce” va a definire e approfondire, come altri episodi, il grande arazzo che è il mondo di Dragonero. Ho già affermato, in un precedente articolo, che la terra di Dragonero è un mondo con motori ambientali e narrativi così ben sviluppati, che praticamente vive di vita propria [semicit. da “Planetary” (1998) di Warren Ellis (testi) e John Cassady (disegni)] e l’albo di questo mese lo conferma ancora una volta.

Le trame verticali di Ian, Gmor, Aura e gli altri ribelli impiegati nella ricerca della Reliquia e Alben, nella ricerca di supporto di un vecchio amico, si intersecano alla grande trama orizzontale che da un anno Vietti ed Enoch stanno portando avanti.

I Ribelli dell’Erondár sanno di essere in minoranza e più deboli in confronto alla Teocrazia, ma non per questo hanno dimenticato l’importanza del vivere civile. Possiedono una propria bussola molare che li guida e la seguono sempre, costi quel che costi. Si sono erti a scudo di chi è stato abbandonato a se stesso, e questo li cambierà per sempre.

In apertura

In Cronache della Ribellione, l’immancabile editoriale di Luca Barbieri, viene presentato il quarto volume della saga di Senzanima, le avventure del giovane mercenario Ian. Scopriamo, poi, che il tema dei mercenari tornerà nel Dragonero Magazine 2020, in uscita a novembre. Le ultime righe sono per l’albo del mese, con un po’ di notizie per coloro che si sono avvicinati da poco a Dragonero. Comprendere la complessità e l’importanza delle Reliquie per i luresindi non è impresa da poco.

Disegni

Si dice che non si dovrebbe mai giudicare un libro dalla copertina, nel caso di “Dove muore la luce“, però, direi proprio di sì! Gianluca Pagliarani (ai disegni) e Paolo Francescutto (colori) si mostrano ancora una volta cavalli di razza, riuscendo a presentare in maniera completa i leitmotiv dell’albo. Il disegno è in grado di evocare i pericoli che gravano sui nostri eroi, celati nel buio, mentre i neri (ebano, giaietto, fosco, e chissà quale altre gradazioni) riescono a dare piena “sostanza” all’assenza di luce, soprattutto grazie al contrasto di quell’ultimo flebile bagliore generato dal bastone di Aura che fa da argine all’oscurità incombente.

Ai disegni dell’albo si alternano Fabio Babich e Fabrizio Galliccia che riescono ad interpretare, ognuno con il proprio stile, la tensione che i personaggi provano, ben consci di ciò che si annida al di là delle loro percezioni. Il punto più evocativo sono le tavole, caratterizzate da una “griglia” nera opprimente, che ritraggono la discesa di Ian là dove muore la luce, dove il buio fa da padrone.

Conclusioni

È trascorso un anno dall’inizio della Ribellione, qui da noi. Nell’Erondár… beh è un’altra storia.
Dovremmo sempre, a mio avviso, distinguere il diverso fluire del tempo. Per noi è passato un anno, e quindi dodici numeri di Dragonero, per Ian e il resto degli attori di questa grande storia, potrebbe essere passato di più, o di meno.

Perché faccio questa premessa? Dopo l’uscita dell’albo di questo mese mi è capitato di leggere diversi commenti su alcune pagine dedicate a Dragonero e, devo dirlo, mi sono cascate le braccia, per non dire di peggio.
Polemiche su quanto sia corto/lungo/ecc. il nuovo corso, di quanto siano inutili diversi episodi perché filler (“vogliamo più azione!“, “quando vi decidete a far combattere sul serio Ian contro l’Impero?“), la scarsa “cattiveria” dei nemici, di come la serie stia perdendo il lato “fantasy” degli inizi [“ah, i primi cento numeri di Dylan Dog erano meglio!“, qui abbiamo bruciato i tempi, con DD i fan(atici) hanno aspettato almeno un decennio].

Insomma, per citare Gaber:

“…
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
…”

Io non mi sento italiano, Io non mi sento italiano, 2003

Dragonero della Sergio Bonelli Editore è attualmente la migliore opera fantasy del panorama fumettistico italiano. È una serie che, nella sua seppur breve vita editoriale, ha saputo trattare tematiche storiche, sociali e personali in maniera adulta ed efficace. Siamo davanti ad un fumetto che non è rimasto fermo, anzi è andato avanti evolvendosi e rinnovandosi numero dopo numero, e questo lo dobbiamo a Luca Enoch e Stefano Vietti.
I due autori hanno saputo tessere una complessa trama di avvenimenti e relazioni tra personaggi, alcuni dei quali ci eravamo perfino dimenticati che esistessero ma che poi si sono rivelati importanti nel prosieguo della storia, degna dei maestri dell’arazzo di Bayeux. Sotto i nostri occhi scorrono le avventure dei nostri eroi e i semi del futuro dell’Erondár sono lì, dobbiamo soltanto aspettare che si alzi il velo e goderci le sorprese che Enoch e Vietti ci hanno riservato.


Il 10 novembre prossimo conosceremo “Le figlie di Karnon” (“Dragonero, il Ribelle” n° 13), siete pronti?

Dall’ombra insorgiamo. Nel silenzio colpiamo.

I ribelli dell’Erondár

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