La saga di Alien fece capolino nelle sale oltre quaranta anni fa. Il primo film è assunto uno status leggendario e ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema da diventare seminale. Un segno indelebile che neanche uno Xenomorfo facehugger riuscirebbe a far di meglio in un corpo ospite.
L’Alien(o) che penetrò all’interno del tessuto dell’immaginario collettivo dell’epoca scardinò totalmente quello che avevamo sempre immaginato. Già alcuni accenni a esseri, che propriamente senzienti non erano, o che comunque non ragionavano nell’ottica umana di “guerre di conquista”, avevano fatto capolino in altre produzioni, il mito di Alien rimane però unico.
Lo Xenoformo nasce da un raro misto di estetica dichiaratamente sessuale e di deformazione della maternità. Basterebbe pensare a come si riproduce l’alieno usando una forma di violenza che trasforma qualsiasi corpo in un utero pronto a eiettare la larva. Il figlio che nascerà sarà il predatore definitivo, e di un senso di crisi della Storia.
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Alien e la crisi della Storia
L’evoluzione del pensiero umano, infatti, assume toni più vicini all’orrore cosmico lovercraftiano che all’ottimismo di Asimov e della fantascienza precedente. Gli astronauti non sono più impavidi esploratori, ma semplici minatori alla ricerca di materiali da saccheggiare.
Le astronavi non sono splendidi vascelli cromati dotati di tecnologie incredibili, ma dei casermoni brutalisti che si muovono in un universo freddo che ignora quella razza che vorrebbe farne da padrone.
Lo stesso alieno non è una creatura che ha uno scopo che prevede esseri umani. Se ci pensiamo, infatti, la sua funzione è solo quella di essere una macchina di morte perfettamente progettata il cui fine ultimo è lo sterminio. Di fatto potrebbe tranquillamente usare qualsiasi corpo come ospite, e infatti, nel terzo film, sarà un cane a fungere da incubatrice.
Possiamo quindi considerare Alien il padre del decostruzionismo che tormenterà gli anni ‘80 e che ci ha donato capolavori come Watchmen di Alan Moore o Crisi sulle Terre Infinite da parte della DC Comics, l’inizio di una età del bronzo che ci viene sbattuta in faccia mostrandoci come, nel futuro, il confine tra umano, non umano e disumano sia ormai troppo labile.
Davanti alle domande poste dal cyberpunk, pure la Space Opera deve chinare il capo e ammettere, da un lato, che il fallimento delle Utopie degli anni ‘60 e ‘70 sono ormai state assimilate agli occhi del pubblico e che il mondo verso cui la Nostromo ci sta portando altri non è che l’evoluzione normale di un percorso che affonda le sue radici nelle riflessioni sul capitalismo e sulla tanto decantata libertà delle decadi precedenti.
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Alien, Megacorporazioni e Pecore Elettriche
In un ambiente claustrofobico dove altro non sei che uno strumento, esattamente come l’androide che ti accompagna, nelle mani di una Megacorporazione che vede nello spazio solo l’ennesimo materiale da cui ricavare profitto, la tua vita non vale nulla.
Anzi, vale talmente poco che il vero conflitto consiste su chi sarà il primo ad eliminarti. L’alieno senza volto o il dirigente che da lontano decreta la tua morte? Meglio la vita umana o salvaguardare un potenziale strumento da cui trarre guadagno dopo averne carpito i segreti e avere imparato come riprodurlo in massa?
E la prima specie non umana con cui davvero si ottiene un confronto può essere davvero definita ostile quando altri non è che un superpredatore alfa che altro scopo non ha se non l’uccisione di tutto ciò che incontra?
Non è forse lo xenomorfo molto più simile a una macchina capace di autoriprodursi sfruttando risorse esterne, che a un animale vero e proprio?
Un essere iperperformante che colonizza ed estrae dal corpo ospite ciò che gli serve senza curarsi delle conseguenze. Il predatore apex che insegna all’essere umano che forse, sul suo pianeta, potrà essere in cima alla catena alimentare per via della sua intelligenza, ma che per la prima volta si trova a scontrarsi con qualcosa che in una forma distorta e malata è assai più pragmatico di lui, anche nella sua stessa struttura fisica e mentale.
Un mostro che tutto divora senza porsi problemi e che non viene difficile paragonare alle sue stesse prede intrappolate in una scatola alla deriva in un universo che non è ostile, semplicemente è sordo e privo di pietà. Esattamente come la realtà che stiamo vivendo
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Conclusioni
Alien e lo Xenomorfo aprono quindi l’anticamera a questa enorme riflessione. Forse la grande crisi del Novecento non l’abbiamo mai davvero metabolizzata.
È stata nascosta sotto il tappeto e si è lentamente espansa in tutto quello che è fiction, andando a erodere qualsiasi idea positiva, a infettarla e a mostrare al pubblico che l’ottimismo del secolo precedente ormai è la portata principale di un banchetto a cui ci siamo abbuffati nel nome di una sempre maggiore efficienza, ma, perdonatemi il gioco di parole, ad un certo punto ci siamo resi conto di una cosa.
L’evoluzione non è un pranzo di gala.