Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

The Quiet Year – Recensione

The Quiet year, un gioco della Buried Without Ceremony, scritto da Avery Alder, è un map-drawing game, un gioco che ti porta a disegnare e modificare la mappa dell’ambiente nel quale si svolgerà la partita. Ma questa in realtà è soltanto la punta dell’iceberg.

L’autrice, Avery Alder, è già ben conosciuta per titoli come Cuori di Mostro e Dream Askew, che abbiamo fatto giocare anche nella prima e nella seconda edizione del Genderplay. Dream Askew, in particolare, esplora a sua volta le vicende di una comunità in un ambiente post-apocalittico, concentrandosi però su tematiche queer.

The Quiet year è pensato per oneshot. Una partita avrà la durata di 2-4 ore circa, durante le quali andremo a vivere gli sforzi di una comunità che tenta di ricostruire una parvenza di normalità dopo il collasso della civilizzazione e delle società come per come erano conosciute. 

Il ruolo dei giocatori in The Quiet Year

una mappa disegnata per a quiet year

The Quiet year è masterless, pertanto tutti i giocatori attorno al tavolo, a turno avranno la possibilità di narrare gli eventi che influenzeranno la comunità. I tempi e le azioni di gioco vengono scanditi, e in parte guidati, da un mazzo di 52 carte rappresentanti le settimane che compongono l’anno del nostro “The Quiet Year”. Esiste un mazzo di carte creato ad hoc che semplifica e velocizza questa fase del turno. È tuttavia possibile utilizzare un mazzo di carte francesi normale grazie ad uno strumento presente su questo sito.

I giocatori non avranno un personaggio di cui narrare le gesta, un eroe pronto a salvare la situazione. Non è quel tipo di gioco, non vivremo la storia dagli occhi di un singolo individuo: è la storia di una comunità. La comunità avrà bisogni e necessità, ma si troverà a dover affrontare anche conflitti, che siano essi interni o esterni. È compito dei giocatori introdurre minacce e problemi, seguendo le indicazioni delle carte o sfruttando l’azione a loro disposizione.

Non ci sono schede, tiri di dado, valori numerici. I giocatori avranno solo la mappa da loro disegnata con i punti di interesse, i nuovi progetti che la comunità porta avanti per migliorare le proprie condizioni di vita e i problemi scoperti durante il gioco. Sì, perché qualsiasi cosa venga detta deve essere rappresentata graficamente sulla mappa (non serve saper disegnare, basta anche abbozzarne un simbolo).

I problemi di una comunità: la vera sfida di The Quiet Year

carte e volume di gioco

The Quiet year vuole puntare a far capire come nascono e come vengono gestiti i conflitti e i problemi in una comunità. Lasciano sempre l’amaro in bocca a qualcuno, nessuno è mai realmente soddisfatto delle decisioni prese, e questo, la discussione fine a se stessa, così come il “disprezzo” che può emergere delle scelte prese durante il gioco avranno un ruolo importante all’interno dello sviluppo della comunità e della partita stessa.

Durante una partita che ho giocato, ad esempio, la comunità è stata profondamente divisa da un profondo conflitto di carattere religioso. Infatti, un culto legato alla natura aveva preso piede, portando gran parte della popolazione a farne parte, soprattutto i più giovani. Il resto della popolazione invece era scettico e preoccupato che questo nuovo culto distogliesse dai problemi materiali più impellenti.

Questo conflitto religioso è stato il cardine della nostra partita ma non è rimasto sempre uguale. Al contrario, ha cercato il modo di crescere ed evolversi per trovare il suo posto fra tutti, arrivando a cambiare radicalmente natura. Nonostante ciò, non è mai riuscito a farsi accettare da tutti fino in fondo, arrivando ad essere messo al bando con la forza.

Il passare del tempo e la fine (forse troppo) imminente

carte specifiche per a Quiet Year

L’avanzamento dell’anno, scandito dalle carte che al proprio turno ogni giocatore deve pescare e utilizzare,  vede lo scorrere delle stagioni i 4 semi: ♥ Primavera, ♦ Estate, ♣ Autunno, ♠ Inverno.

Si passa da una piacevole primavera, all’estate che, seppur piuttosto tranquilla inizia a mostrare i primi pericoli. In autunno il clima inizia a rivoltarsi contro e il malcontento si diffonde, per finire con l’inverno rigido e pericoloso: i campi non producono, le risorse scarseggiano e la fine si avvicina.

La fine è un po’ brusca in mia opinione, e lascia molta libertà interpretativa ai giocatori. Ciò è perfettamente in linea con il resto di The Quiet year, ma forse una conclusione un po’ troppo improvvisa può arrivare in un qualunque momento durante l’inverno, e soprattutto non tiene minimamente in considerazione quanto fatto fino a quel punto. Non ha importanza che la comunità sia felice e unità, in guerra aperta fra loro o qualsiasi altro scenario possa venirsi a creare: quando arriva la fine, quando viene pescata la carta che la decreta, è la fine del gioco e della comunità.

Riflessioni finali su The Quiet Year

Dopo averlo provato, devo ammettere che The Quiet year si presenta molto più profondo di quanto possa apparire ad una prima lettura. Le vicende della comunità ti prendono e ti fanno sentire realmente coinvolto nel suo sviluppo, cosi come i conflitti. Specialmente quelli interni vedono la comunità divisa radicalmente, ma allo stesso tempo conscia del fatto che divisa non potrebbe sopravvivere.

In conclusione, The Quiet year è un gioco piacevole che porta i giocatori a collaborare per creare una comunità con una storia che abbia senso. La cosa sorprendente è che questo viene quasi naturale: mano a mano che il gioco va avanti ti affezioni agli aspetti che sono emersi e ti senti parte di questo gruppo. La componente map-drawing di The Quiet year inoltre potrebbe permettere un interessante utilizzo di ciò che ti resta in mano al termine della partita. Insomma, ti ritrovi un perfetto punto di partenza per un altro gdr!

1 Commento

  • Daniele Di Rubbo
    Posted 11 Settembre 2019 at 9:47

    È decisamente uno dei miei giochi di mappe preferiti: l’ho giocato diverse volte e ci ho fatto sopra diverse riflessioni.

    Sulla fine dell’anno improvvisa, io ho sempre trovato le partite fatte col mazzo intero troppo lunghe per i miei gusti, preferendo il ritmo più serrato della versione più breve proposta come variante alle regole. Ho sempre trovato bello quel senso di fine incombente e improvvisa che porta i giocatori e, di riflesso, l’intera comunità a giocare sapendo di non avere tempo.

    E quando i Forst Shepherds arrivano, è solo un MacGuffin per poter dare un senso alla storia, riguardandola in retrospettiva.

Lascia un commento

Iscriviti alla newsletter dei cercatori

Per non perderti mai i nostri articoli, gli episodi dei podcast, e le live su twitch