Il Corvo è l’ennesimo argomento di discussione nel mondo di internet, ma non solo. Molte, anzi troppe domande vengono poste, agli addetti ai lavori e non, rispetto a quanto sta accadendo. Perché sì, Il Corvo, in questa nuova veste, sta per uscire nelle sale, ma questo è solo uno degli ultimi, reboot, remake, sequel, pre-quel, pre-sequel (bravi se avete colto la citazione) che stanno per uscire nelle sale. Oggi è Il Corvo, domani sarà la Storia Infinita, ma questa faccenda la analizzeremo un’altra volta.
Ora come ora esaminiamo un po’ Il Corvo, l’opera da cui nasce e il suo adattamento del 1994.
Un’Eredità Imponente. Il Corvo del 1994 e l’Opera di O’Barr
Quando si parla de Il Corvo, è impossibile non riconoscere l’impronta indelebile lasciata dall’opera di James O’Barr e dal successivo adattamento cinematografico del 1994.
Nato dal dolore personale di O’Barr, che ha perso la sua fidanzata a causa di un incidente d’auto causato da un guidatore ubriaco e da una storia di una coppia di fidanzati uccisi per un misero anello da venti dollari, Il Corvo è molto più di una storia di vendetta soprannaturale. È un viaggio catartico attraverso il lutto, l’amore e la giustizia, dove il dolore si trasforma in arte grazie al suo lavoro.
L’omonimo film diretto da Alex Proyas, e interpretato da Brandon Lee, ha elevato questo viaggio a un nuove vette.
Non solo ha catturato l’essenza oscura e gotica dell’opera di O’Barr, ma ha anche aggiunto una nuova dimensione emotiva, in larga parte dovuta alla tragica morte di Brandon Lee sul set, un evento che ha avvolto il film in un’aura di mito. Questa tragedia ha stretto i fan in un abbraccio collettivo di lutto e commemorazione, rendendo Il Corvo un simbolo potente di resilienza e amore eterno.
Il successo del film, però, non si limitò alla sua narrativa o al carisma della sua stella caduta. Tale film ha anche segnato un momento significativo nella cultura pop, influenzando la moda, la musica e l’estetica e molto altro. La rappresentazione visiva del dolore, unita alla memorabile colonna sonora, ha contribuito ad elevare Il Corvo ad icona culturale per molte generazioni.
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Basti pensare che anche l’Italia, per l’esattezza Roma, ha il suo Corvo. Si tratta della miniserie a fumetti, Il corvo: memento mori (2017), edita da Edizioni BD, in concerto con l’americana IDW (che detiene i diritti). Memento mori è sceneggiata da Roberto Recchioni, disegnata da Werther Dell’Edera e con i colori di Giovanna Niro. Un’opera che si distacca nettamente dai tentativi delle altre miniserie apparse lungo gli anni Novanta e Duemila. Si tratta di un’ottima incarnazione degli stilemi narrativi e grafici che hanno fatto la fortuna dell’originale. Libero dalla responsabilità di narrare le sorti di Eric Draven, Recchioni ha potuto dedicare tutta la sua attenzione nell’ideare un nuovo personaggio, caratterizzato dalla forte connotazione religiosa assente nell’opera originale, preoccupandosi “solo” di rispettare i canoni della serie.
Il Nuovo Volo
Nell’approccio al remake del 2024, il peso di questa eredità si fa sentire. Non è solo una questione di replicare lo stile visivo o di ricalcare la trama. La vera sfida sarà quella di catturare lo spirito dell’originale, nel rispettare la memoria di Brandon Lee e nel trasmettere il messaggio universale di O’Barr a un nuovo pubblico. Il Corvo è un promemoria. La morale che vorrebbe portare è che, al di là della vendetta e del dolore, c’è sempre spazio per l’amore e la redenzione.
L’annuncio del remake de Il Corvo nel 2024 ha acceso un faro sui social media e nei forum di discussione, catalizzando un’ampia gamma di reazioni che spaziano dall’eccitazione, alla cautela, all’apprensione. Molti fan del film originale si sono interrogati sulla necessità di rivedere una storia così iconica, mentre altri hanno espresso curiosità su come, le moderne tecniche cinematografiche e una nuova interpretazione, potessero arricchire la narrazione originale di O’Barr.
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La produzione ha posto un’enfasi significativa sul collegare i fan dell’epoca di Brandon Lee con una nuova generazione di spettatori, sottolineando l’intenzione di restare fedeli allo spirito dell’opera originale pur aggiornando il contesto e le dinamiche per un pubblico del 2024.
Questo sforzo di equilibrio tra rispetto della tradizione e innovazione si riflette nella scelta del cast, con nuovi talenti chiamati a interpretare personaggi tanto amati, e nella rivelazione, già delle prime immagini, che promettono un’estetica visivamente stordente, ma chiaramente ispirata all’atmosfera del primo film e alla profondità emotiva del fumetto.
La reazione a queste prime anticipazioni è stata mista. Alcuni fan che lodano la fedeltà visiva e altri che esprimono preoccupazione per la possibile mancanza di originalità o di profondità emotiva. Anche il tentativo di ricreare il decadente già visto nel primo film, ma metterlo in vista bello nitido, è una scelta antitetica all’originale film che onestamente non so quanto potrà pagare.
Tra Fedeltà e Innovazione. Le Sfide del Remake
La verità è che questo remake naviga in acque agitate. Il punto di base nasce dal bias che si ha quando il precedente film è stato onorato, da generazioni, come un capolavoro culturale. Capolavoro che andava bene in quegli anni, ma che diciamocelo, non era nulla di particolarmente entusiasmante. Ero un fan ai tempi e onestamente non ha tenuto la prova del tempo.
È comprensibile il desiderio di innovare per adeguarsi ai gusti e alle aspettative di un pubblico moderno. E quindi cerchiamo di capire quali dovranno essere i temi trattati perché il remake possa riuscire. Ricordo di nuovo che ancora non ho visto questo nuovo film, quindi le mie sono un’analisi di quello che vorrei vedere.
La fedeltà è quello che tutti vogliono. Ma cosa vuol dire la fedeltà? A cosa? All’opera di O’Barr o al film? La pressione di restare veri all’atmosfera, ai personaggi e alla narrazione originale è palpabile. Il team di produzione si è trovato di fronte alla sfida di decidere quali elementi del film del 1994 e dell’opera di O’Barr fossero sacrosanti e quali potessero essere adattati o modernizzati per parlare a un pubblico del 2024. Ci saranno riusciti?
Un’altro punto è che un semplice calco dell’originale non avrebbe reso giustizia alla capacità del cinema di evolversi e rispondere a nuovi contesti culturali e tecnologici. Il team creativo sarà riuscito ad iniettare nuove idee nel progetto, sia in termini di narrazione che di estetica visiva? Onestamente non lo so. Dal trailer quello che si evince è un lavoro per certi aspetti antitetico. Dove prima era tutto caos, fuoco e fiamme, ora ci si trova più vicini ad atmosfere che ricordano vagamente The Handmaid’s Tale, con un tocco di Blade Runner in alcuni frame. O almeno questo ha evocato in me.
Polemiche e Critiche: Il Dibattito Attorno al Corvo 2024
Le prime risposte alla notizia del remake e alle successive rivelazioni hanno dimostrato quanto sia divisiva la questione della fedeltà versus l’innovazione. Alcuni appassionati hanno accolto con entusiasmo gli aggiornamenti, visti come un modo per rinvigorire la storia per una nuova generazione. Altri, tuttavia, hanno espresso preoccupazioni che queste modifiche potessero diluire o distorcere l’intento originale dell’opera di O’Barr e la visione del film di Proyas.
Questo dialogo tra il vecchio e il nuovo rappresenta il cuore delle sfide affrontate dal remake de Il Corvo del 2024. La vera vittoria per il team di produzione sarebbe creare un’opera che, pur essendo rispettosa dell’originale, riesca a stare in piedi da sola, offrendo nuove interpretazioni e profondità a una storia già ricca e ben conosciuta.
Nonostante le critiche, il remake ha trovato anche difensori sia tra i professionisti dell’industria che nel pubblico. Alcuni sostengono che il nuovo Il Corvo non solo rende omaggio all’originale, ma offre anche l’opportunità di esplorare temi universali di amore, perdita e vendetta attraverso una lente moderna. I sostenitori enfatizzano l’importanza dell’evoluzione artistica e la possibilità che il remake possa introdurre la storia a chi non è familiare con l’opera di O’Barr o la sua trasposizione filmica.
Anche Proyas si è scagliato in maniera veemente contro il nonancorauscito remake:
Non andava realizzato, il film originale era l’eredità di Brandon Lee.
Alex Proyas
Sorge però una domanda a questo punto: Il corvo 2 (1996, Tim Pope) unico ad avere un legame con il primo tramite il personaggio di Sarah, Il corvo 3 – Salvation (2000, Bharat Nalluri), Il corvo – Preghiera maledetta (2005, Lance Mungia) e la serie tv canadese Il corvo (1998-1999) interpretato da Mark Dacascos, non offendono questi la memoria di Brandon Lee?
Una risposta polemica potrebbe essere reinterpretare l’affermazione di cui sopra:
Non andava realizzato, Il Corvo è l’eredità di Alex Proyas.
Oppure potremmo fare come O’Barr che voci degli addetti del settore dicono sia interessato a questa nuova incarnazione.
Conclusioni
Il film non è ancora uscito e già il giudizio, almeno per molti, è stato emesso. Troppo audace è l’impresa nel tentare di rinnovare una storia così radicata nella cultura pop degli anni ’90.
E tuttavia in un’era di reboot, remake e sequel, il suo tentativo di riaccendere la fiamma di una storia iconica riflette un desiderio più ampio di collegare il passato e il presente, offrendo al contempo nuove prospettive su temi eterni. Basterà questo a salvare il film?
La mia vera paura è un’altra e spero che sia solo un problema di trailer. Mi terrorizza la frase che dice: “Ti resta poco tempo per salvarla“. Cosa vuol dire questo? Salvare chi? La Shelly (FKA twigs) di Bill Skarsgård? Se è così proprio non ci siamo…
Attenderò qualche mese e poi ci rivediamo su queste pagine per il mio giudizio, sempre se avrete interesse a leggerlo.