Le sanzioni economiche all’Iran degenerano in una guerra di meme di Game of Thrones tra Donald Trump e Qasem Soleimani. La HBO non apprezza. La situazione però non fa ridere.
Visto che siamo in un mondo strano assai, in questi giorni si sta parlando delle sanzioni economiche che gli Stati Uniti stanno tornando ad imporre all’Iran. O, per meglio dire, si sta parlando dei meme nati a causa di queste sanzioni economiche.
Creati però non da comuni utenti dell’Internet, sempre pronti a fare giustamente satira su qualsiasi cosa, bensì da due dei leader politici e militari coinvolti in queste spinose questioni internazionali: Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, e Qasem Soleimani, generale delle forze armate iraniane.
La situazione è, in realtà, più complessa e interessante di quel che sembra, quindi merita un piccolo approfondimento: vediamo un po’ che è successo.
Sanctions are coming, dice Trump
Perché le questioni internazionali gravi e complesse, come la reintroduzione delle sanzioni economiche all’Iran, vanno affrontate con i memini.
Ora, non starò a riassumervi l’intera vicenda, poiché si tratta di una questione veramente molto complessa (potete leggere la lunga e approfondita analisi del New York Times qui), ma farò giusto un brevissimo riepilogo per chi non avesse seguito la vicenda.
Sostanzialmente, i rapporti tra Iran e le potenze occidentali avevano subito un duro colpo, quando nel 2002 la comunità internazionale aveva scoperto che la nazione sciita aveva costruito delle centrali nucleari. Verso il 2005, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva imposto all’Iran delle pesanti sanzioni economiche, poiché si temeva che queste centrali venissero utilizzate anche per produrre armi nucleari.
Tuttavia, nel 2015, sotto la spinta dell’amministrazione Obama, si giunse ad un accordo tra Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Stati Uniti, Francia, Russia e Regno Unito), e la Germania (i cosiddetti P5+1 o E3+3). In cambio della promessa di non produrre armamenti nucleari per i successivi 10 anni e in cambio di costanti ispezioni nelle centrali e nei siti militari iraniani, le altre potenze mondiali avrebbero tolto le sanzioni economiche all’Iran.
Nel frattempo, però, l’Iran ha sostenuto militarmente tutta una serie di fazioni più o meno terroristiche nel Medioriente, a partire da Hamas a Gaza, passando per il partito politico/gruppo militare degli Hezbollah in Libano, fino a correre in aiuto del presidente siriano Al-Assad. Negli ultimi tempi, invece, si discute sul coinvolgimento dell’Iran nella guerra civile in Yemen: secondo alcuni studi, infatti, i ribelli Houthi avrebbero ricevuto il supporto economico e militare di Teheran, così da portare avanti il conflitto col governo yemenita, il quale invece è supportato dall’Arabia Saudita e dagli USA.
Di conseguenza, in questi giorni Trump ha annunciato nuovi embarghi nei confronti dell’Iran. L’intento è impedire allo stato sciita di guadagnare abbastanza con le esportazioni di petrolio da poter poi spendere soldi in aiuto di queste fazioni destabilizzanti in Medioriente. Questo annuncio è stato fatto in pompa magna, probabilmente anche per collezionare voti in vista delle elezioni di questa settimana.
E, ovviamente, una questione di tale gravità va annunciata a suon di memini su Twitter, parafrasando il motto degli Stark.
I will stand against you, risponde Soleimani
Visto che siamo in modalità meme-war, non ci dobbiamo far mancare nulla. È così che Qasem Soleimani, generale delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniane, risponde a suon di meme in salsa Game of Thrones, questa volta sul proprio profilo Instagram.
Circondato da fiocchi di neve e con lo sguardo volto verso il basso, Soleimani sembra la versione piaciona di Roose Bolton. Anzi, il militare suscita quasi simpatia, in confronto all’alieno arancione statunitense e ai suoi capelli ossigenati, più finti persino della parrucca di Starfire in Titans.
Tuttavia, le guerre a colpi di meme, slogan e frasi fatte accattivanti fanno presto a creare una contrapposizione tra buoni e cattivi fatta di pancia, per pura antipatia o simpatia nei confronti ora dei mussulmani cattivi, ora degli americani ignoranti. La situazione, ovviamente, è più complicata di così.
Infatti, Qasem Soleimani è molto probabilmente il Tywin Lannister del Medioriente, forse più religioso, ma forse con altrettante Castamere sulle spalle. Veterano della Rivoluzione Iraniana del 1979 prima e della Guerra contro l’Iraq degli anni Ottanta poi, Soleimani ha scalato i ranghi dell’esercito, esercitando un’influenza enorme anche fuori dai confini dell’Iran.
Non solo sarebbe stato fondamentale per rimettere in piedi le forze di Bashar Al-Assad in Siria, ma sarebbe anche uno dei protagonisti della guerra all’ISIS in Iraq, essendo responsabile sia di numerosi interventi di riconquista, sia della collaborazione tra soldati iracheni, milizie sciite e partigiani curdi. Inoltre, sarebbe anche uno dei fautori principali dell’alleanza dell’Iran con la Russia, in supporto dei governi siriani e iracheni.
Non deve dunque stupire che, a modo suo, sia Soleimani il simbolo pop-culture della resistenza a Trump, e non il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani.
La reazione di HBO e del cast di Game of Thrones
Inutile dire che l’emittente televisiva di Game of Thrones non è stata contenta di vedere la sua serie di punta utilizzata da Trump per produrre memini e slogan politici (la risposta di Soleimani è stata invece ignorata).
Dopo la replica sarcastica su come si dica “uso improprio di un marchio commerciale” in Dothraki, HBO ha approfondito la questione, affermando di non essere stati informati del messaggio di Trump e di preferire che il loro marchio non venga usato per fini politici.
We were not aware of this messaging and would prefer our trademark not be misappropriated for political purposes.
Dal canto suo, anche lo scrittore de Le cronache del ghiaccio e del fuoco, George R. R. Martin, non ha risparmiato le critiche, pubblicando un’immagine in cui incita a votare alle elezioni del 6 novembre. D’altronde, non è la prima volta che Martin ha espresso la propria antipatia per Trump, che aveva paragonato a Joffrey Baratheon, ritenendolo non solo un pessimo Presidente, ma anche una pessima persona:
Many good men through history have been terrible kings. Many bad men have been good kings. Of course, now we live in a time where we have a bad man who is also a bad president.
Al tweet di Trump hanno poi risposto altri membri del cast di Game of Thrones, a partire da Maisie Williams, che a “Sanctions are coming” ha replicato, lapidariamente, “Not today”.
D’altro canto, Sophie Turner è stata meno diplomatica: la sua reazione è, letteralmente, “Ew”. Economica ed espressiva, non c’è che dire.
La realtà è più complessa dei memini
Onestamente, non c’è molto da dire su questa vicenda: è solo l’ennesima uscita sopra le righe di Trump. Semplicemente, questa volta l’omino arancione ha toccato un marchio e un fandom a noi caro, cosa che non è proprio piaciuta a tutti.
È inutile dare attenzione a gente del genere, che parla per slogan e cerca di cavalcare la popolarità del telefilm più guardato al mondo.
Tuttavia, è interessante riflettere su come la politica internazionale e, più nello specifico, il populismo internazionale, nonostante tutta la sua retorica sovranista e nazionalista, in realtà sia estremamente globalizzato e ricorra alle medesime tecniche mediatiche e comunicative. In questo caso, sono stati Game of Thrones e la sua fama ad essere usati come strumento di propaganda politica, per creare slogan che non mostrino i problemi e le zone grigie di questi fatti politici.
Da un lato, Trump si presenta come l’inesorabile ghigliottina della libertà e della legge che cala sui cattivi, come gli Estranei calano su Westeros. Dall’altro lato, abbiamo Soleimani che si dipinge come il calmo generale, che resiste alle angherie ingiuste dell’Occidente.
Proprio un bel modo per polarizzare ancora di più l’opinione pubblica. Ma a suon di memini.