Toy Story 4 è il quarto film d’animazione dell’omonima saga cinematografica, creata dalla Pixar e di proprietà della Disney. La pellicola, uscita nelle sale italiane il 26 Giugno, si apre sottotono ed è destinata a vedere ridimensionate le sue rosee aspettative. Il film si dimostra infatti ottimo per staccare la testa ma non altrettanto eccelso nel caso si ami il mondo dei giocattoli di Andy e le sue regole.
Toy Story 3: Parte Seconda
La prima forte sensazione che coglie una volta terminato il film è di trovarsi di fronte alla seconda parte del penultimo film della saga. Anche in questa pellicola è preponderante il concetto del Post-Andy, il fatto che la vita idilliaca dei giocattoli con il bimbo, ormai uomo, sia finita e che questi debbano reinventarsi. Le soluzioni proposte da Toy Story 4 a questo problema sono tante e ben diversificate, bisogna ammetterlo, ma la presenza del terzo film rende il tutto estremamente ridondante.
Comprimari completamente assenti
Un gravissimo difetto di Toy Story 4 è di non esser riuscito ad utilizzare neanche un terzo dei vecchi giocattoli di Andy. Per la maggior parte del tempo i personaggi che abbiamo imparato ad amare rimangono pigri ad osservare gli eventi, ritagliandosi qualche secondo soltanto sul finale della pellicola. Persino Buzz, da sempre protagonista della serie insieme a Woody, si ritrova per gran parte del film in secondo piano. Lo Space Ranger, inoltre, subisce un’involuzione notevole rispetto ai precedenti film della saga, il secondo in particolare. Jessie, da sempre un personaggio forte e sfaccettato, non riesce a trovare spazio in questo film, neanche con Bonnie che sembra preferirla a Woody.
Un villain non convincente
Il tema ricorrente secondo cui i giocattoli, per essere tali e vivere felici, debbano avere un bambino che li ami viene sia ripreso che messo in discussione. Il fatto che Bo Peep, in versione Mad Max, riesca a farcela da sola insieme a tanti altri giocattoli, toglie di fatto forza al villain della pellicola. Questo fatto, unito alla richiesta di un “sacrificio” che tanto sacrificio non è, perché di fatto ai protagonisti non richiede nulla di serio, tende a rompere la tensione nel momento in cui avrebbe dovuto essere al massimo.
Non interferire direttamente con le persone
Vi è sempre stata una regola non scritta nel mondo di Toy Story che impediva, salvo rarissimi casi, di interferire con gli umani direttamente. Parlarci è fuori discussione, così come far capire loro che i giocattoli siano vivi. Come visto nel primo film, questo porterebbe alla pazzia e al caos. È una scelta che non deve essere presa alla leggera e non deve esser fatta per più di qualche secondo. In questo film, sebbene la regola venga ricordata e applicata più volte, sul finale le cose si fanno tremendamente grigie, tanto da sfiorare nel nero puro. Forse sarebbe stato saggio trovare un altro modo per concludere la vicenda.
Attenzione ad un certo tipo di umorismo
Vi è una battuta ricorrente nella seconda parte della pellicola che, sebbene ironica, scherza forse su un argomento delicato. Il fatto che non venga contestualizzata e che, di fatto, i giocattoli rischino di realizzare, è qualcosa di preoccupante. Scherzare più volte sul mandare in galera una persona, assolutamente innocente, come mezzo per ottenere qualcosa, è qualcosa su cui forse si dovrebbe riflettere meglio in un film per famiglie.
Un Toy Story visivamente non sorprendente
Toy Story si è sempre posto all’avanguardia delle tecnologie di animazione, realizzando film veramente stupendi dal punto di vista visivo. Questo film osa molto di meno, arrivando anni luce dietro a Gli Incredibili 2. L’impressione è di aver svolto il compitino, con una trama riciclata dagli altri film, giusto per spremere il franchise fino all’osso. Purtroppo, con questo film, la Pixar e la Disney sono riusciti a far morire qualsiasi voglia di vedere un eventuale seguito. L’unica preghiera che si possa rivolgere a questo punto è di non accanirsi ulteriormente e passare oltre.