Ci ho messo parecchio, ne sono consapevole. In molti di voi avranno già messo le mani su Things from the Flood dopo il suo Kickstart di successo, lo so. Altri avranno già giocato parecchie sessioni, altri staranno giocando tutt’ora e altri l’avranno abbandonato. In tanti saranno già passati attraverso The Loop Saga, lo so.
Come vi dicevo in precedenti recensioni, però, sono dell’idea che per conoscere un gioco occorra più che qualche settimana. Ogni volta che trovo la recensione ad un gioco di ruolo dopo 2, 3 giorni dalla sua uscita storco un po’ il naso. È chiaramente improbabile che si possa comprendere un gioco di ruolo in tutte le sue sfaccettature in appena due giorni.

Dopo aver provato sia Tales from the Loop che Things from the Flood, oltre ad aver sentito il parere di Claudio Serena di Fumble GDR, mi sento in grado di recensire questa saga.
Storia e pubblicazioni
La serie che ruota intorno al Loop parte da un insieme di illustrazioni. Incipit: una struttura sotterranea dai fini misteriosi e ufficiosamente supportata dagli Stati di Svezia e Stati Uniti d’America. È la mano di Simon Stalenhag, artista, musicista e designer classe 84, a far partire il tutto. Le sue squisite rappresentazioni ispirano il team della Free League a creare un gioco di ruolo riguardanti i ruggenti anni 80-90, mentre il successo di Stranger Things fa il resto. Ad occuparsi della stesura del progetto è Nils Hintze, scrittore di scenari da oltre dieci anni nonché giocatore provetto, che la Free League contatta quasi immediatamente.

Nils è difatti conosciuto nel suo ambiente per essere capace di scrivere scenari nei quali i giocatori riescono ad esplorare i propri personaggi mentre risolvono misteri e affrontano sfide; una sorta di messia per il progetto e per i suoi obiettivi. Aggiungendo poi al curriculum una carriera avviata come psicologo, è facile capire perché tutta la Loop Saga sia incentrata tra i rapporti sociali e i conflitti interiori anziché scontri e tiri di dado.
È Tales from the Loop il primo figlio della serie; il Kickstarter esplode nel giro di poche ore ed il gioco è presto fatto. Il 2017 vede l’uscita della prima stampa e, mentre i giocatori esplorano questo nuovo mondo, Free League pensa al dopo. Ad un anno di distanza (circa) nasce Things from the Flood, il sequel ufficiale del primo libro. I toni più maturi rispetto al suo fratellone, uniti agli anni 90 ed alle prime tecnologie, fanno il resto.
Cos’è The Loop Sagas e come va vissuta
Ma passiamo ora alla ciccetta, ovvero: perché bisognerebbe giocare a Things from the Flood e, soprattutto, chi dovrebbe giocarci?

Una delle caratterizzazioni che potrebbe promuovere questo gioco è il forte senso anni 80-90 che permea l’ambientazione. Tra un fiordo svedese ed una città del Colorado americana avrete tutto ciò che vi serve per tornare indietro nel tempo. I nostalgici dei cabinati avranno pane per i loro denti con la Loop Saga.
TftF e TftL corrispondono a ciò che più si avvicina ad un gioco di ruolo. Si, so che è una parola piuttosto forte, ma l’ho trovato perfetto per chi non ha molto tempo e cerca qualcosa di ben fatto. La durata dei Misteri è di circa due-tre sessioni, la creazione dei personaggi dura al massimo cinque minuti ed è ideale per chi, come me, ha poco tempo e cerca qualcosa di introspettivo.
La Loop Saga è accomunata, come gran parte dei giochi usciti attraverso la Free League, da una progressione quasi inesistente del personaggio. Spiegando meglio: il vostro personaggio diventerà più bravo a scalare, dialogare e risolvere problemi meccanici, ma i suoi limiti rimarranno quelli di un normale ragazzo/bambino. Non è difficile comprendere, quindi, che l’obiettivo dei creatori nel creare un gioco introspettivo sia stato centrato in pieno. Leggendo il manuale ho avuto la sensazione che il Mistero fosse solo il contorno e che la vera avventura fosse la vita dei personaggi.

Un gioco che avrebbe molto da insegnare
Ciò che mi ha colpito di più della Loop Saga è la sua capacità di mischiare ad eventi di vita quotidiana la progressione del mistero. Tutto ciò che nel gioco più famoso del mondo è visto come Downtime qui è parte integrante della storia, proprio perché è l’evoluzione ad essere interessante. Proprio come all’interno di un film (a proposito, avete visto la nostra recensione di Be-Movie?) il Mistero non è solo sessioni di spacca e distruggi, ma soprattutto evoluzione.
Ed è proprio questo tipo di costruzione della sessione, collaborativa tra narratore e giocatori, a fare la differenza. Al Narratore non è lasciato tutto in mano “ora vai a facci divertire” ma sono i giocatori a dover diventare proattivi. La sessione dovrebbe sempre aprirsi con un “che cosa vorresti giocare che riguarda il tuo personaggio?”. È il giocatore a dettare la scena, il narratore imbastisce di dettagli e si va avanti così per ogni giocatore al tavolo. POI, e solo POI si arriva alla “scena mistero”. Ma l’introduzione, voluta dai giocatori, è l’inizio. Una sorta di scossa verso i giocatori che amano essere imboccati a lasciare il nido, a darsi una mossa.
Oltre a questo, l’aver trovato una dichiarazione di intenti, la presenza di una sessione zero e l’aver sottolineato più e più volte quanto un tipo di gioco sia più delicato di altri mi hanno letteralmente rapito. Un mistero in particolare, “Let’s Talk About Sex” apre una simpatica parentesi su come la sessualità sia un tabù su molti tavoli, ed invita i giocatori a non farne mistero con il narratore.
