The Lighthouse è il secondo lungometraggio di Robert Eggers, che ha anche steso la sceneggiatura. Il film, caratterizzato dalla presenza di due soli protagonisti, William Dafoe e Robert Pattinson, è stato presentato al Festival di Cannes nel 2019. Il film, purtroppo non è mai stato distribuito nelle sale del nostro paese a causa della pandemia globale, mentre è stato reso disponibile in streaming dal maggio dello scorso anno. Tuttavia, fino ad oggi, non mi ero sentito di recensirlo in attesa dell’uscita nella grande distribuzione.
Negli ultimi tempi mi è capitato di pensare a questo film e alla presa sull’immaginario collettivo dei Miti di Cthulhu che, in un modo o nell’altro, riescono a fare capolino in questo lavoro.
Ma posso essere davvero sicuro che il lavoro di Lovecraft c’entri qualcosa con questo film? Informandomi in rete sono venuto a conoscenza che questo progetto nacque da un’idea del fratello del regista che tentò, senza molto successo, di riportare su pellicola uno dei racconti di Edgar Allan Poe, per l’appunto il Faro (1849), rimasto incompiuto per la sua prematura scomparsa.
A proposito di E. A. Poe, lo sapevate che ieri sarebbe stato il suo compleanno (19 gennaio 1809)?
Ma andiamo ad analizzare brevemente l’opera.
Sinossi di The Lighthouse
Nella sinossi sono presenti alcuni spoiler sull’opera. Se non volete rovinare l’esperienza di visione del film vi consigliamo di saltare oltre la sinossi o addirittura interrompere la lettura
Il film The Lighthouse è una storia, di stampo gotico, ambientata nella seconda metà del 1800. Due uomini, un giovane girovago che cerca la sua strada nel mondo e un vecchio burbero e rabbioso ex-marinaio, vengono selezionati come guardiani di un faro per la durata di un mese.
Durante la permanenza dei due protagonisti sull’isola, osserviamo ad una proiezione dei loro demoni interiori nei sogni e nei loro atteggiamenti. I due guardiani alternano momenti di rabbia, a momenti di calma dove si aprono l’un con l’altro raccontando il proprio passato, le proprie aspirazioni e le loro speranze.
La discesa nella follia, legata all’impossibilità di contatto con il resto del mondo e la snervante attesa, è scandita da giorni solitari fatti di duro lavoro, privazioni e una routine scandita da pasti tristi, lunghi silenzi e chiacchierate tra i due. Nel corso delle settimane lo scontro tra i personaggi assume dei toni sempre più forti. Ma non è tanto uno scontro generazionale, anche se potrebbe essere percepito, quanto l’incapacità di due persone di comunicare i propri sentimenti, le paure e ogni altra sensazione in generale.
L’epilogo è quello che ci possiamo aspettare. La tragedia alla fine giunge al suo culmine con la fine di una tempesta che ha imperversato fino all’ultimo scontro tra i due protagonisti.
Idee del regista e scelte stilistiche
The Lighthouse, come già detto, è il secondo lungometraggio del regista Robert Eggers, dopo The Witch (The Vvitch, 2015) con Anya Taylor-Joy (la protagonista di La Regina degli Scacchi).
Dopo aver avuto modo di vedere The Lighthouse ho deciso di guardare anche il suo primo lavoro. Devo dire che mi sono trovato davanti ad una grandissima maturazione dietro la cinepresa. Non sto assolutamente dicendo che il film precedente non fosse all’altezza delle aspettative, quanto che, come l’opera prima, The Lighthouse presenti alcune carenze che sicuramente verranno corrette nel corso della carriera del regista.
Sono molte le scelte particolari che sono state impiegate per girare il film a partire dall’uso di una pellicola da 35mm e il bianco e nero.
Ebbene sì, il regista è stato così coraggioso da girare tutto in formato 1.19:1 e in bianco e nero per recuperare un gusto, ormai perduto, della cinematografia del terrore in voga negli anni ’30 del secolo scorso. Durante la visione del film, infatti, più di una volta mi sono tornate alla memoria le inquadrature del film Vampyr (1932) di Carl Theodor Dreyer o i lavori di Friedrich Wilhelm Murnau. Su tutti Nosferatu il vampiro (1922) e il Faust (1926).
Una scelta coraggiosa che però, personalmente, non può bastare.
Le forze della Natura nel film
Nel film di Robert Eggers il mare e il potere della Natura la fanno da padroni. Ma cosa è effettivamente la paura verso le potenze della natura se non una sorta di trasposizione concreta dell’horror vacui? Quando ci confrontiamo con qualcosa che non possiamo comprendere ne abbiamo istintivamente paura. E la natura, e le sue forze, sono uno di questi terrori atavici.
Questo è l’effetto che fa la natura all’uomo. Il concetto di paura per qualcosa di sconosciuto, come una tempesta. Ma questa tempesta presente nel film, come anche il mare in burrasca sono qualcosa di effettivo e reale o solo parte della costruzione del regia che così mostra lo stato d’animo dei personaggi attraverso gli elementi naturali?
Ovviamente, in tutte le pellicole con un forte peso psicologico, ciascuno vede qualcosa di proprio. Tuttavia è notevole come, negli ultimi attimi del film, la tempesta naturale si calmi per far spazio alla tempesta emotiva finale dei personaggi.
Citazioni di altre opere in The Lighthouse
Dal The Sea Monster (1498-1500) di Durer a Hypnosis (1904) di Sascha Schneider, in questo lungometraggio sono molte le citazioni di opere del passato che il regista ha voluto omaggiare.
Già durante il trailer del film possiamo subito trovare un rimando a Samuel Taylor Coleridge e al suo La Ballata del Vecchio Marinaio (1798). Come il marinaio, preso da un impulso parossistico, uccide l’albatro, anello di congiunzione tra l’uomo e la Natura, così il personaggio di Pattinson, cedendo alla rabbia, compie un simile gesto.
Proprio a causa di questo gesto, come nella ballata precedentemente rammentata, la Natura si scaglia contro l’uomo. Se grazie all’albatro, nel testo di Coleridge, i marinai erano riusciti a ritrovare un po’ di brezza dopo la bonaccia, qui l’uccisione di un gabbiano porta allo scatenarsi di una tempesta.
La figura di Dafoe, invece, sembra uscita in tutto e per tutto da un libro di Herman Melville. Il personaggio ha vissuto una vita in mare. Ha lasciato una famiglia alle spalle per poter stare sulle onde e, ora che le sue condizioni fisiche non gli permettono più di solcare gli oceani, ripiega sul lavorare in un faro.
Per certi aspetti, come diceva George Bernard Shaw:
Non riesco a pensare a nessun altro edificio costruito dall’uomo che sia altruistico quanto un faro. Sono stati costruiti solo per servire.
Forse Dafoe in questo film tenta di essere la luce per il giovanotto che lavora con lui, ma vuoi per i suoi modi bruschi o per i suoi lati oscuri, non sarà capace di illuminarlo del tutto finendo anch’egli ad essere una delle due ombre che solo una fonte di luce può proiettare.
La Luce
Nell’attuale periodo che stiamo vivendo non è più il buio a farci paura, ma la luce. Che sia quella del Sole o una artificiale come quella di un faro.
Non voglio forzare un parallelismo col lavoro di Ari Aster Midsommar (2019), che tra l’altro ha tra i produttori la A24, la stessa di The Witch e The Lighthouse. È interessante notare però come, in questo ultimo periodo, il terrore e la paura siano a stretto contatto con la luce. Tutto è illuminato nel mondo attuale. O meglio, tutto in realtà è coperto da un velo. Solo dopo, quando la luce inizia a mostrare la realtà, noi uomini iniziamo ad avere paura.
La luce del faro, nel lavoro di Eggers, serve per mettere a nudo, o al limite svegliare la coscienza dei personaggi. La luce fa paura a chi sta nell’ombra e il protagonista più giovane, col suo carico di sensi di colpa e manie, si sente attirato e al tempo stesso ha paura della splendente luce del faro.
Per essere un faro, devi essere così forte da resistere a ogni forma di tempesta, a ogni genere di solitudine e devi avere una luce potente dentro di te!
Mehmet Murat İldan, scrittore e drammaturgo turco.
Possiamo senza dubbio affermare che entrambi i personaggi non sono adatti ad essere un faro.
Riguardo al faro, il regista non trovandone uno adatto, lo ha fatto costruire a Capo Forchu in Nuova Scozia (Canada); la struttura è completa in ogni sua parte e la sua Lente di Fresnel è in grado di riflettere la luce fino a 25 km!
Conclusioni personali su The Lightouse
Mi sono approcciato al film con una curiosità che non credevo possibile. Irretito dal trailer ho atteso e ho iniziato a sentire voci da parte di persone che lo avevano già visto. Alcuni lo elogiavano, altri lo disprezzavano.
C’era chi si aspettava mostri marini nati dalla mente di Lovecraft. Altri invece speravano in un horror psicologico. Chi più, chi meno tutti avevano un loro parere.
Io mi trovo a dire che il lavoro fatto dal regista è notevole, ma ho l’impressione che non sia abbastanza. Sembra quasi che sia stata sacrificata la storia per favorire l’atmosfera.
Non mi è dispiaciuto il film. Ho trovato l’interpretazione di Dafoe e di Pattinson all’altezza delle aspettative, anzi potrei quasi dire una consacrazione per l’attore più giovane.
C’è tanto di positivo in questo film. Alcuni dialoghi sono chiaramente ispirati all’opera di Melville piacevolmente resi soprattutto da Dafoe. Il crescendo granguignolesco della violenza delle scene da circa metà del film alla sua fine. Però mi pare manchi qualcosa.
Sono fiducioso per il prossimo film del regista su cui ormai ho riposto le mie speranze. Speriamo di poter vedere un bel film del terrore come i lavori usciti nella stessa nostra decade (gli anni ’20) del secolo scorso.
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