Parliamo del Tascinigate, ossia della recente polemica sorta attorno alle parole razziste del noto game designer Daniele Tascini.
Sapete bene che noi Cercatori ci occupiamo abbastanza raramente di giochi da tavolo, perché siamo molto più focalizzati sul gioco di ruolo. Pertanto, inizialmente non volevo parlare di questa vicenda, perché si svolge in un campo che non è il mio. Tuttavia, la discussione e le affermazioni nate nella community del gdt mi hanno dato da pensare. E dal pensare è nato questo articolo.
Come prima cosa, questo articolo riassumerà brevemente la vicenda del Tascinigate, ossia della polemica che coinvolge il game designer Daniele Tascini. In secondo luogo, leggerete alcune mie riflessioni sul tema.
Tengo a specificare che questo articolo non mira ad attaccare la persona di Daniele Tascini. Tuttavia, sarà molto critico nei confronti delle sue parole. Non si dirà dunque che Tascini sia un razzista, perché sarebbe un giudizio dato alla sua persona, ma si rifletterà sul fatto che le sue parole siano razziste. Non bisogna far coincidere una persona con le sue azioni, ma non si può nemmeno negare che le azioni siano importanti e abbiano un grosso impatto sulla realtà.
Tascinigate: cosa è successo?
La polemica intorno alle affermazioni razziste di Daniele Tascini, detta anche Tascinigate, è piuttosto lunga e complessa. Cercherò di riassumerla nei prossimi paragrafi.
Il post di Jeremy Howard
Il 16 gennaio di quest’anno, Jeremy Howard pubblica sul gruppo Facebook BoardGameGeek lo screenshot di un post di Daniele Tascini, con la traduzione in inglese a lato. Il post è il seguente:
Questo, invece, è lo screenshot della traduzione del suddetto commento di Tascini:
Howard non ci dice da dove venga questo commento di Daniele Tascini. Tuttavia, sul gruppo Gioco da Tavolo, un utente afferma in questa discussione che il post sia stato scritto nel contesto di una discussione su gioco di ruolo e razzismo verso giugno 2020.
La discussione in cui è stato scritto questo commento è del 15 gennaio, ossia solo un giorno prima dello scoppio del Tascinigate, e riguarda un’intervista fatta proprio a Tascini e a un altro game designer, Martino Chiacchiera. Questa intervista, fatta dal sito Fustella Rotante, parla, ironicamente, di inclusività nei giochi da tavolo ed era stata criticata perché aveva chiamato due uomini bianchi a parlare di una tematica riguardante le minoranze. Il 17 gennaio, Fustella Rotante ha pubblicato un post di scuse per la propria leggerezza nel trattare questi argomenti.
Il commento di Jeremy Howard
Jeremy Howard è membro e creatore di contenuti del canale YouTube Man vs Meeple, che si occupa di commentare e recensire videogiochi e giochi da tavolo. Howard ha commentato gli screenshot del post di Tascini con le seguenti parole:
This message was shared with me. It is from one of my favorite designers period Daniele Tascini “T game”. I want you to know several things after you read this.
1. I don’t wake up looking for people to screw up. Im extremely disappointed and hurt like some of you may be.
2. He “regularly” uses the N word around his African friends-there are a small group of folks who sign off on this. If you know how the vast majority of black people with be either turned off or angry by the use of that word, just don’t use it. Don’t put yourself in danger. Plenty of words in the English language to use.
-If you want to use that word, you better not step outside with that energy…for your safety and your friends.
-African and African Americans can sometime contribute to the normalization of this derogatory term by allowing it to be said. Its even worse when they allow white people to think it’s cool.I’m just deeply hurt by this. Some of my favorite games are designed by him. I have principles that I just can’t bend for board games. I will not cosign for this behavior. I don’t expect anyone to throw games out. This is meant to inform you. I’m angry inside, but I’m used to this as a 42 year old.. thats what’s most unfortunate. I can’t ESCAPE to a board game like some others can.Take care
Gli update al post di Jeremy Howard
Successivamente, Jeremy Howard ha modificato il proprio post, aggiungendo due update riguardanti le reazioni di Tascini al suo post.
Update 2: the designer has made a statement on his behalf. You can read it and decide for yourself. I’ve read several apologies like this before. When words get caught up, you gotta save face a bit. I apologize YOU FEEL THAT WAY is often the route to take. I have to take this statement with a grain of salt at this point. I’ve had half Italian speakers go both ways on this and that validates most of my reaction. Just for clarity, I didn’t wake up at the ready to trash one of my favorite designer EVER!
Update: Daniele has contacted me and explained his position that he is not a racist and his statements were to condemn racist. Some of his other explanations really don’t jive with me. Excusing Italian or Italy for their social norms is not how the world works. Also the example used is also not the move. Im still struggling with this, but I give him some credit for not reaching out to me in anger.
Il post di scuse di Daniele Tascini
Tra la pubblicazione del post di Jeremy Howard con gli screenshot postati sopra e il suo aggiornamento con i due update, infatti, anche Tascini è intervenuto sulla faccenda. Infatti, Tascini ha pubblicato un post di scuse, sempre il 16 gennaio:
Daniele Tascini è un noto e premiato autore di giochi da tavolo. Tra i suoi titoli di maggior successo ci sono Sulle tracce di Marco Polo, Sheepland, Tzolk’in: il Calendario Maya e Teotihuacan: Città degli Dei. Potete visionare una versione completa del suo profilo a questo link.
La risposta di Board & Dice
Sempre il 16 gennaio è arrivata anche la reazione di Board&Dice, una casa editrice di giochi da tavolo che al momento del Tascinigate collaborava, appunto, col suddetto game designer. Vi lasciamo lo screenshot della loro posizione qui sotto, ma potete leggerla anche dal loro sito, a questo link.
In sostanza, Board&Dice concorda con Jeremy Howard sul fatto che Tascini abbia dato delle scuse impegnate più nel giustificare se stesso e le sue azioni, che nel mostrare effettivo pentimento. Pertanto, la casa editrice ha deciso di tagliare i ponti con Tascini e di non rinnovare le collaborazioni stipulate con lui (sebbene finiranno quelle attualmente in corso).
Reazioni della community del gioco da tavolo al Tascinigate
Le reazioni della community del gioco da tavolo, nazionale e internazionale, non si sono fatte attendere.
Sotto il post di Jeremy Howard sono nati numerosi commenti, ma una delle piattaforma su cui la community internazionale del gdt ha discusso di più è il gruppo Facebook Board Game Spotlight. Questa discussione contiene oltre 500 commenti, per esempio.
Ma il Tascinigate è seriamente esploso nella community italiana e, principalmente, sul gruppo Facebook Giochi da Tavolo. Qui sono nate due discussioni principali sull’argomento: una del 17 gennaio, dopo l’annuncio di B&D e con 1138 commenti, e una del 23 gennaio con quasi 400 commenti, dopo un articolo sul tema.
Il suddetto articolo, intitolato Conglomerandocene: Tascinigate, dei giochi da tavolo e del politicamente corretto, è uscito su Rolling Stone ed prende le difese di Tascini. Non lo linkerò perché lo trovo di bassa qualità e ampiamente colpevole di benaltrismo, ma potrete trovarlo agilmente su Google. C’è però da dire che il termine Tascinigate è stato inventato proprio dall’autore di questo articolo.
Un altro articolo che tenta di analizzare la questione è questo.
Riflessioni sul Tascinigate
Ora che abbiamo riassunto la vicenda, è tempo di commentarla. Vediamo perché le parole di Tascini siano razziste e cosa possiamo fare per crescere e andare avanti.
Perché le parole di Tascini sono razziste?
Perché la parola n**ro è offensiva anche in Italia e utilizzata tutt’ora come insulto razzista.
No, l’etimologia di una parola non c’entra nulla col suo significato attuale
Certo, a difesa di Tascini sono immediatamente sorti alcuni individui che, armati dei poteri dell’etimologia, hanno sottolineato come il termine n**ro in italiano non sia offensivo perché “deriva dal latino e una volta si usava correntemente”.
Ora, da linguista mi preme molto chiarire questo punto.
Storia linguistica di nero e n**ro
È vero che il termine n**ro deriva dal latino nĭger e che in italiano antico (e anche non molto antico) era utilizzato come sinonimo di nero. Vediamo questo termine utilizzato senza alcun tipo di significato offensivo da Petrarca e Leopardi, per esempio.
Tuttavia, le parole possono cambiare di significato col passare del tempo e a seconda del contesto storico e sociale. Infatti, se n**ro è storicamente ben attestato, era anche l’aggettivo preferito per parlare della “razza n**ra”, anche nei contesti di discussione sulla presunta purezza della razza. Pertanto, anche in Italia, nel primo Novecento, n**ro è stato usato in contesti e in situazioni comunicative in cui si veicolavano giudizi dispregiativi e di inferiorità nei confronti delle persone nere.
Successivamente, negli anni Settanta, n**ro è stato associato da diversi traduttori italiani al dispregiativo inglese n*gger, preferendo quindi tradurre black con nero. Questa scelta non fu accettata all’unanimità, ma successivamente l’opinione pubblica cambiò quando fu portato in Italia il dibattito sul politicamente corretto che infuriava negli USA negli anni Novanta. Dagli anni Novanta, quindi n**ro non è solo percepito più ampiamente come un termine razzista e offensivo, ma è anche attivamente utilizzato come tale.
Se, quindi, l’uso di n**ro non è stato sempre offensivo e il suo ruolo come insulto razzista sia relativamente giovane, non possiamo fare finta che oggigiorno questo termine non sia, de facto, un insulto. La sua natura di insulto non è nemmeno una novità, perché dagli anni Novanta sono passati quasi trent’anni. È difficile, dunque, vivere in Italia senza conoscere la valenza negativa di questo termine.
Un’ulteriore precisazione: usi di n**ro e n*gger negli Stati Uniti
Visto che siamo in tema, credo possa essere interessante fare una breve digressione sull’uso fatto negli Stati Uniti della parola n**ro. Perché sì, anche negli USA questo termine è stato largamente utilizzato, per un certo tempo.
Smith (1992) riporta brevemente la storia di come sono cambiati gli epiteti con cui ci si riferiva alle persone nere (o comunque non bianche) negli Stati Uniti. Se ne può leggere una versione ridotta qui.
Nella seconda metà del 1800, il termine più comune per riferirsi alle persone nere negli USA era colored (colorato). Colored era generalmente accettato sia dai bianchi, sia dai neri, poiché era abbastanza generico da potersi riferire anche ai figli di coppie miste. Tuttavia, secondo alcuni colored era troppo generico, poiché poteva fare riferimento anche alle persone asiatiche e a tutte le persone non bianche in generale.
Così, a fine 1800 e inizio 1900 si iniziò a imporre nell’uso quotidiano la parola n**ro, sostenuta anche da personalità nere famose, come il sociologo W. E. B. Du Bois. Questi, infatti, riteneva n**ro più versatile di colored e anche molto più semanticamente corretto. Tuttavia, nello stesso periodo c’erano neri che ritenevano n**ro un termine usato dai bianchi per farli sentire inferiori, come scrive Roland A. Barton in una lettera a Du Bois nel 1928. Ad ogni modo, negli Anni Trenta n**ro divenne il termine più comune e accettato per riferirsi alle persone nere, venendo utilizzato anche da gran parte delle organizzazioni gestite da neri.
Come black e African American soppiantarono n**ro negli USA
Tuttavia, negli Anni Sessanta, col sorgere dei movimenti per i diritti civili, anche la parola n**ro venne messa in discussione, poiché percepita come imposta dai bianchi. Gruppi come le Black Panther proposero invece la parola black. Black divenne un termine ben noto anche grazie al saggio Black Power: The Politics of Liberation in America (1966), di Stokely Carmichael, leader dello Student Nonviolent Coordinating Committee.
In questo periodo, black iniziò ad essere utilizzato soprattutto dalle persone nere giovani e ad essere visto come un termine progressista, opposto a n**ro, sentito come più conservatore. Non mancavano comunque le persone (sia bianche, sia nere) che sentivano black come più offensivo rispetto a n**ro. Nel frattempo, però, iniziarono anche a circolare slogan come black power, black is beautiful e black pride. Così, entro il 1969 black fu percepito come termine più positivo e a metà degli Anni Settanta divenne il termine più usato per riferirsi alle persone nere. Successivamente, dalla comunità nera statunitense emerse anche la spinta per preferire un altro termine ancora, ossia afro-americano (African American).
Attualmente, secondo diversi dizionari, n**ro è percepito come un termine arcaico e razzista anche negli USA, accostabile a n*gger.
Detto questo, vien da pensare che i traduttori italiani che, negli anni Settanta, introdussero l’uso di dire nero al posto di n**ro in Italia, probabilmente non lo hanno fatto perché associavano n**ro a n*gger, bensì perché erano coscienti dei cambiamenti culturali negli USA e del nuovo valore discutibile del termine n**ro.
Riappropriarsi dei termini offensivi VS usare termini offensivi senza averne il diritto
C’è poi anche chi, in Italia, rivendica di poter utilizzare n**ro nei confronti dei propri amici neri, se questi non si offendono. È quindi bene ricordare qui che molte parole possono subire una risemantizzazione in contesti ristretti, perdendo la loro carica negativa. Un fenomeno simile è successo a parole come queer, gay, frocio o n*gger/n*gga, per esempio.
Tuttavia, c’è una differenza fondamentale tra questi due esempi. Infatti, termini come frocio o n*gger sono stati riscattati dalle stesse comunità che venivano (e vengono ancora) insultate con queste parole. Il fatto che queste comunità se ne approprino è un atto positivo, perché aiutano a disarmare queste parole dal loro significato negativo e le tolgono di mano a razzisti e omofobi. Tuttavia, affinché avvenga questo processo devono essere le comunità insultate a riappropriarsi di questi termini.
Il fatto che gente bianca usi il termine n**ro per riferirsi a gente nera, anche se con intenzioni non razziste, non è la stessa cosa. Si tratta comunque di un atto imposto e di una strategia per auto-assolversi, dandosi da soli il diritto di dire n**ro perché si sente di non essere razzisti. Tuttavia, in questo modo ci si sta imponendo su un dibattito che non riguarda noi gente bianca. Infatti, le sole persone che possono sdoganare il termine n**ro sono le persone nere, poiché sono loro quelle che ne subiscono gli effetti.
E no, il fatto che un nostro “amico” nero non si offenda se noi lo definiamo n**ro non è uno sdoganamento generale. Può essere indice di un patto linguistico personale tra due persone. Oppure può anche essere causato dalla volontà dell'”amico” nero di non risultare pesante, troppo sensibile, troppo facilmente offendibile, “che rovina l’atmosfera”, come spesso succede alle donne che si ritrovano ad assistere a battute sessiste.
Le parole di una persona direttamente interessata dall’argomento
Chiudo questa parte citando le parole del gestore del Ludopub Victorian Monkey, un uomo nero e queer che l’anno scorso ha visto il proprio locale subire un attacco razzista e omofobico, :
Da persona che meno di un anno fa si è trovato scritto quell epiteto [n**ro n.d.R] sulla serranda, dico che è giusto. L’utilizzo di certi termini in una ristretta cerchia o in maniera autoironica non ne autorizza l’utilizzo nei social. E anche il ” Mai cattivi sono sempre stati neri, non c’entra niente con il colore della pelle”, è un evidente mancanza di nozioni storiche. A tutti voi che ” E vabbeh, che sarà mai”, non lo sapete cosa è, cosa è stato e cosa sarà. Quindi, per favore, quando esponete le vostre idee fatelo da esterni, pensando a cosa vive chi ci sta dentro. E magari, quando il vostro amico africano si fa una risata perché usate quell epiteto, guardate nei suoi occhi cosa gli risveglia. Che a voi non dirà mai nulla, ma e carta vetrata su una ferita aperta.
Perché Board&Dice non vuole più lavorare con Tascini?
Perché un’azienda che vuole avere un pubblico il più ampio possibile deve aver cura di mantenere una comunicazione non offensiva. Se un collaboratore di suddetta azienda ha una comunicazione offensiva, è l’azienda a perderci. Se un’azienda a caso, per esempio, assume un consulente che non è in grado di rapportarsi in maniera decente con parte della clientela, questa azienda ha il diritto di tagliare i ponti con suddetto consulente.
Probabilmente, quindi, la Board & Dice non vuole più collaborare con Tascini perché le sue parole sono razziste e perché la parola n**ro è offensiva (e no, non è una novità, non è una conoscenza nota solo a pochi).
Cosa possiamo fare adesso?
Personalmente, credo che uno dei motivi per cui tendiamo a inalberarci e a metterci così tanto sulla difensiva quando ci viene fatto notare che un nostro comportamento sia razzista (o omofobo, o transfobico, per esempio) è che siamo abituati a vedere il razzismo come un interruttore binario. Click: sei Martin Luther King. Clack: sei Hitler. Non ci sono vie di mezzo, non c’è gradualità.
I pericoli del razzismo implicito e delle micro-aggressioni
Questo tipo di rappresentazione ci è data molto anche dai media e dal modo in cui tendono a rappresentare le realtà che si macchiano di crimini d’odio. I razzisti sono sempre esagerati, non si fermano mai alle sole parole, ma passano direttamente ai linciaggi e alle leggi ingiuste. In questo modo, manca la rappresentazione della forma più comune del razzismo, ossia del razzismo implicito.
Il razzismo implicito non è evidente, non è fatto di gesti d’odio eclatanti, ma è fatto soprattutto di micro-aggressioni, che spesso sono fatte in maniera inconsapevole, o persino con intenzioni benevole.
Le micro-aggressioni razziste sono l’atteggiamento paternalistico con cui raccontiamo dell’Africa e dei popoli africani come di un enorme amalgama di gente tutta uguale e tutta perennemente poverissima e ridotta alla fame. Ma sono anche l’attribuire determinate caratteristiche a una persona sulla base degli stereotipi culturali associati alla sua etnia (gli asiatici sono tutti bravi in matematica, i neri sono aggressivi). E lo stringere più forte la borsetta quando un nero ci passa accanto. E il dire che “non posso essere razzista, ho tanti amici neri!”. Io ora mi fermerò qui, ma se volete saperne di più sulle micro-aggressioni consiglio il libro Microaggressions in Everyday Life di Derald Wing Sue (2010).
Come non avere atteggiamenti razzisti? Imparando e ascoltando
Da questi esempi, comunque, dovrebbe essere chiaro quanto il razzismo non sia un interruttore binario, ma una grossa scala di grigi. Molte azioni razziste richiedono tempo, auto-analisi e disponibilità ad ascoltare le persone non bianche che ce le fanno notare, per essere, appunto, notate e quindi affrontate. Poiché viviamo in una società con un passato coloniale mai totalmente affrontato e diverse forze politiche che fanno leva sul razzismo, anche noi Italiani abbiamo tutta una serie di comportamenti razzisti inconsci, di cui spesso non riconosciamo nemmeno la gravità. Tuttavia, il fatto di avere dei comportamenti razzisti non ci rende in automatico Hitler, o dei mostri.
Avere dei comportamenti razzisti, anche inconsci, ci rende delle persone che fanno degli errori. Il solo modo per non essere delle persone che fanno degli errori (e che quindi hanno comportamenti razzisti) è riconoscere l’errore e imparare a non commetterlo più. Il solo modo per riconoscere l’errore è ascoltare chi ce lo fa notare e fare dunque autocritica.
Non serve assolutamente a niente, invece, nascondersi dietro il fatto che “in Italia n**ro ha un significato diverso e non è offensivo”.
Alcune parole conclusive sulle reazioni della community italiana al Tascinigate
Daniele Tascini ha subito le conseguenze dell’aver scritto parole razziste. Questa questione non è molto più profonda di così.
Quello che però mi ha particolarmente colpita e mi ha dato decisamente fastidio è stata la reazione di una parte rumorosa della community italiana del gioco da tavolo. Una parte della community che ha usato il Tascinigate come scusa per vomitare in giro non solo ulteriore razzismo, ma soprattutto per difendere Tascini utilizzando una retorica vittimista e benaltrista.
Non devo nemmeno venirvi a raccontare di quanto sia stato tirato fuori il politicamente corretto, specialmente da persone che, apparentemente, vogliono sentirsi libere di chiamare la gente n**ro quanto vogliono. Se le parole di Tascini sono razziste, la reazione di parte della community del gdt fa gelare il sangue.
Contro il politicamente corretto e il “sentirsi offesi”
A prescindere dal fatto che qualcuno si possa sentire offeso (e ormai vale un po’ per tutto, non puoi più fare o dire niente che qualcuno ti bolla in qualche modo) rimpiango gli anni 80 / 90 dove questo malato perbenismo non c’era e a nessuno fregava NIENTE e sottolineo NIENTE .Chi si “sentiva offeso” faceva spallucce o ribatteva a sua volta, e finiva tutto in una nuvola di sapone.
Questo commento ci ricorda che nei mitici anni Ottanta e Novanta semplicemente la gente che veniva offesa non aveva i mezzi per ribattere e farsi sentire. Non è che frocio fosse meno offensivo quarant’anni fa, rispetto ad oggi.
E per la cronaca : ci hanno preso per il culo per decenni gli americani con pizza mafia e mandolino.. Dubito che a qualcuno sia mai fregato qualcosa realmente..
Agli Italiani che vivevano negli USA e si vedevano rifiutare impieghi, appartamenti o diritti lavorativi basilari avrebbero qualcosa da ridire.
Lo spauracchio dell’asterisco
OK ALLORA DA OGGI IN POI BASTA DECLINAZIONI SOLO ASTERISCHI PER TUTTE LE PAROLE CHE AVEVANO UN SESSO O VI DENUNCIO TUTTI BASTARD*
Come hanno fatto in molti, usare la carta del benaltrismo e passare a una discussione sull’uso dell’asterisco è una tecnica comune.
L’asterisco, infatti, parrebbe essere un tema che spaventa moltissimo e dunque è perfetto per scatenare l’isteria sulla “dittatura linguistica del politicamente corretto”, che non solo impedisce di usare parole razziste come n**ro, ma anche di prestare attenzione alle persone non binarie. Ovviamente, l’uso dell’asterisco non c’entra nulla con la faccenda. Ma se volete saperne di più, abbiamo scritto un articolo sul tema.
La paura serpeggiante di essere razzisti e non saperlo
Ma a parte tutto questo, ciò che leggo dalle reazioni al Tascinigate è che parte della community del gdt ha paura. Ha paura di non essere abbastanza progressista o abbastanza addentro alle questioni sociali da non commettere passi falsi, specialmente quando mette piede in un contesto internazionale. Ha paura di mettersi in discussione e di scoprire che, sebbene si ritenga anti-razzista, al proprio interno ha comunque dei comportamenti razzisti. Solo che, generalmente, non ha delle persone nere con cui confrontarsi e dunque non riconosce i propri comportamenti tossici.
E adesso, che si è confrontata con gente nera e si è ritrovata colpevole di comportamenti razzisti, preferisce chiudersi a riccio, piuttosto che rifletterci su e crescere.
Ebbene, come noi Cercatori di Atlantide abbiamo detto diverse volte in merito al sessismo, anche il percorso per liberarsi dal razzismo è, appunto, un percorso. Non è un interruttore che da un lato ha King e dall’altro ha Hitler. Non si diventa improvvisamente “non razzisti”. E non si è “non-razzisti”. Perché il “non-razzismo” non è uno stato delle cose, ma un modo di comportarsi. Per questo motivo, dobbiamo continuare agire in modo non razzista. E per farlo dobbiamo misurare le nostre parole e riflettere sulle nostre azioni sempre. Dobbiamo imparare a comportarci in maniera non razzista.
E il modo migliore per imparare a non essere razzisti è ascoltare le voci delle persone non bianche.
Voci di persone nere da ascoltare per saperne di più sul razzismo
Per dare una mano ai lettori e alle lettrici che si vogliono informare di più sull’argomento del razzismo (in questo caso, razzismo nei confronti delle persone nere), ecco una lista di articoli, libri, divulgatori/trici e giornalisti/e neri/e che mi hanno aiutata a comprendere meglio la tematica del razzismo. Se avete altri nomi e altri titoli da proporre, non esitate a scriverceli nei commenti!
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Scrittrici e giornaliste
- Oiza Q. Obasuyi:
- Esperance Hakuzwimana Ripanti:
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- Nadeesha Dilshani Uyangoda:
- Igiaba Scego:
Altri libri e articoli
- Black in Italy;
- Anche in Italia Black Lives Matter;
- Future. Il domani narrato dalle voci di oggi (raccolta di racconti)
5 Comments
Sergio Maria bianchi
[CW: slur razzisti]
Articolo sbagliato su vari livelli.
A partire dalla premessa: “Sapete bene che noi Cercatori ci occupiamo abbastanza raramente di giochi da tavolo, perché siamo molto più focalizzati sul gioco di ruolo. Pertanto, inizialmente non volevo parlare di questa vicenda, perché si svolge in un campo che non è il mio.” Che c’entra il tascinigate con i giochi da tavolo: nulla. E’ una questione di libertà di espressione e (non sono d’accordo) razzismo.
Punto primo: ho il diritto di esprimermi come voglio con i miei amici. Io non uso la parola negro, non è mia abitudine. Ma se qualcuno la usa e non è un razzista come credo Tascini, boh son fatti suoi.
Punto secondo: è la repressione che dà forza alle parole, lo diceva Lenny Bruce. Lo dice Frank Zappa. Lo dice Ricky Gervais. L’uso passivo della parola negro non è un problema, lo dice anche Obama tra l’altro. Ci sono opinioni molto variegate sull’argomento che dovresti prendere in considerazione.
Punto terzo: le parole e il linguaggio non sono proprietà di nessuno, sono una convenzione che aiuta le persone a capirsi. Quindi trovo imbarazzante dire che la parola negro o frocio possano essere usate solo dai rispettivi proprietari. Usare queste parole asteriscandole anche solo per discuterne, non ha proprio senso e mi sembra pure molto infantile.
Punto quarto: in questo momento aver usato delle parole razziste mi qualificherebbe automaticamente come razzista. Quindi parlare di fascismo mi qualificherebbe automaticamente come estremista di destra? Cioè, una lezione di storia diventerebbe automaticamente rebus di parafrasi e sinonimi tutto per evitare certi termini. Ingestibile.
Punto quinto: forse non sai che discutendo della questione su boardgamegeek, noto forum americano sui giochi da tavolo, chiunque si esprimesse sulla questione veniva bannato a prescindere dal contenuto. Nessuno poteva scrivere nulla che non fosse conforme alla loro idea di cosa è razzista e cosa non lo è. Io la chiamo violenta repressione delle idee e questa cosa fa parte dei regimi totalitari.
Punto sesto: ci sono state persone nere (o beige scure come piace dire a Tascini) che non ritenevano le sue delle offese. Ne basta solo una su un milione per sfumare i contorni della vicenda e capire che non c’è un modo giusto o sbagliato di parlare. Alcuni sono sensibili al riguardo, altri no. Mangiare gatti in cina è normale, qua non lo è ecc…
Punto settimo: le azioni non sono come le parole. Quando sei un politico invece la questione è diversa perché hai il potere di influenzare le masse e dovresti stare attento. E qui ritorniamo all’abuso della parola politically correct, che ha senso solamente nel suo contesto e cioè (guarda che strano) in quello politico.
Punto ottavo: “Se un collaboratore di suddetta azienda ha una comunicazione offensiva, è l’azienda a perderci. Se un’azienda a caso, per esempio, assume un consulente che non è in grado di rapportarsi in maniera decente con parte della clientela, questa azienda ha il diritto di tagliare i ponti con suddetto consulente” Illustrami l’evento preciso in cui Tascini s’è rapportato alla clientela insultandola con epiteti razzisti.
Punto nono: il razzismo e il sessismo sono cose serie, a forza di gridare al lupo al lupo ogni volta che sentiamo un termine “scomodo” stiamo solo distogliendo l’attenzione dal problema vero: i comportamenti e le azioni. Parlare di questi argomenti è diventato tabù e qualunque opinione tu abbia vieni qualificato come razzista o sessista… Questo è successo e sta succedendo: quindi come fai a dire che le persone fanno male a mettersi sulla difensiva? Stanno subendo un’aggressione, mi sembra un comportamento comprensibile. A me parte l’embolo ogni volta che leggo cose come quelle che scrivi tu.
Punto decimo: il concetto tribale del “non puoi comprendere il razzismo e comportarti meglio perché non sei nero” è il trionfo della mancanza di logica Esempio: se non sono donna non posso comprendere il sessismo. Da quando essere donna (o nero) è diventato una qualifica professionale che mi fa automaticamente capire tutto sull’argomento?
Gloria Comandini
1) Tascini è un game designer di giochi da tavolo, motivo per cui l’articolo è nella sezione “Giochi da Tavolo”;
2) Le parole sono strumenti che possono essere usati in modi diversi. Ci sono comunità che rivendicano parole usate come insulti nei loro confronti (è questo che fa Obama, infatti), e altre che invece rigettano queste parole offensive. Il punto sta nell’ascoltare le comunità oppresse e nel rispettare le loro scelte;
3) Le parole sono strumenti. Se qualcuno usa una parola per ferire una certa comunità, col tempo questa parola si caricherà di un bagaglio culturale negativo. Affinché questo bagaglio venga tolto, deve essere la comunità offesa a riappropriarsi della parola. Ogni altra imposizione esterna sarebbe, appunto, un’imposizione.
4) No, ma dovresti sapere che chi ti legge potrebbe essere nero e trovare offensiva la parola “n**ro”. Avresti potuto censurarla per rispetto.
5) Le scelte di Boardgamegeek sono probabilmente dovute a due fattori: non voler rischiare e avere commenti che sono effettivamente offensivi, ma non lo sembrano a noi Italiani perché abbiamo una consapevolezza sul razzismo praticamente inesistente. Parlare di censura e di regimi dittatoriali è vittimistico e innecessario.
6) E allo stesso modo ci sono state persone nere che si sono sentite offese. Loro forse valgono di meno?
7) Qui infatti parliamo delle parole di Tascini.
8) Il fatto che tu stia collegando un esempio generico alla persona di Tascini è una tua scelta. Non leggere più di quello che c’è scritto.
9) Il razzismo e il sessismo si manifestano su molti livelli, alcuni più gravi e altri meno gravi. Qui siamo capaci di fare multitasking e di occuparci anche delle cose meno gravi.
10) Tu, in quanto uomo, non hai vissuto sulla tua pelle il sessismo. Quindi sì, tendenzialmente lo riconoscerai di meno. Poi, certamente serve anche una consapevolezza e uno studio ulteriore per saper riconoscere il sessismo in tutte le sue forme.
sergio maria bianchi
Tascini è un game designer di giochi da tavolo, motivo per cui l’articolo è nella sezione “Giochi da Tavolo”… Questo è sinceramente disarmante. Allora se a parlare era un critico d’arte, era nella sezione arte…
Io non censuro nulla, la censura è un male e un’arma dei regimi, te lo ripeto. E non è che se censuri a “fin di bene” la censura sia meno violenta o unilaterale.
Ripeto, ci sono persone che la pensano diversamente, tu cerchi di imporre un linguaggio agli altri questo sì che è irrispettoso. Se ti danno fastidio le corride, non le vai a vedere.
Le persone devono imparare a gestire questa cosa delle offese. Se mi fosso rivolto così a qualcuno che si fosse sentito offeso, non avrei più usato quella parola. Tascini l’ha usata con delle persone consenzienti ed è stato punito per questo… Folle.
…ed è una violenza inaccettabile. Un giorno verrà una persona più tollerante e sensibile di te e allora ti troverai dall’altra parte della barricata incapace di capire cosa hai fatto di male per meritarti di perdere il lavoro.
Lenny Bruce è stato perseguitato per aver utilizzato parole scomode e solo dopo anni la Città di New York lo ha riabilitato. Nel frattempo però lui, sfiancato da anni di processi era diventato l’ombra di se stesso e fiaccato nello spirito e nel morale è morto molto giovane.
Sono stato censurato personalmente da boardgamegeek senza che abbia usato la terribile parola in oggetto… Censura, indiscriminata. Un forum non è casa tua, devi rispettare pensieri divergenti altrimenti scrivi un diario personale.
Gloria Comandini
Quando succederà che mi ritroverò nel torto per aver discriminato qualcuno, mi farò un esame di coscienza, chiederò scusa e farò ammenda, senza giustificarmi.
Nel mentre, puoi continuare a scrivere post su quanto tu sia stato censurato, lamentandoti di questo articolo cattivo che ti impone cose, mentre qui nessuno ti censura. Divertiti.
sergio maria bianchi
Lo farò fino a quando continuerò a trovare articoli in cui la logica si piega all’ideologia. Buon divertimento anche a te.
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