Perché quella di un certo negozio di wargame è una pubblicità sessista che non dovrebbe trovare posto nella nostra community? Approfondiamo la questione!
Ogni tanto rispunta qualche realtà ludica che pensa bene di farsi pubblicità in modo “vecchio stile”, ossia con una modella attraente messa in posa tra i prodotti da vendere.
Avevamo già avuto una situazione simile con la pubblicità di una realtà ludica nostrana che mostrava una ragazza in intimo e con un d20 di peluche in mano, situazione che aveva appunto fatto nascere l’iniziativa #playernottoy di Veronica Fantoni. Ne abbiamo parlato meglio qui.
Oggi invece parleremo di una nuova pubblicità sessista, fatta da una realtà ludica italiana, ossia un negozio di wargame.
Come sempre, non faremo il nome di questa realtà, poiché così facendo contribuiremo solo a farle pubblicità. L’intenzione di questa realtà parrebbe essere stata l’attirare nuovo pubblico con una pubblicità controversa, così da far parlare di sé, secondo la logica del “basta che se ne parli”. Pertanto, per poter parlare del perché questa pubblicità sia sessista e degradante (perché è importante parlarne), eviteremo accuratamente di pubblicizzare ulteriormente il negozio in questione. Tuttavia, ci impegneremo a portarvi tutti i post incriminati, per darvi comunque un’idea accurata della situazione.
Vediamo dunque in cosa consista questa pubblicità, quali siano i commenti di chi gestisce il negozio incriminato, e perché questa pubblicità sia sessista e degradante.
La pubblicità sessista: cosa è successo?
Il 27 luglio, un negozio italiano di wargame ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un album fotografico, in cui si mostrava una modella in posa nel loro negozio. La descrizione dell’album fotografico è la seguente:
L’album fotografico contiene 18 foto, di cui vi riportiamo le seguenti tre, per darvi un’idea del tono.
Già da prima, su Facebook ha iniziato a girare anche una loro pubblicità sponsorizzata, pubblicata dal negozio il 22 luglio. La vedete riportata sotto. Questa pubblicità è stata riportata su gruppi di discussione come La pubblicità sessista offende tutti e Non è l’alt right.
La condanna di Donne, dadi & dati
Con la circolazione dello screenshot del post sponsorizzato su vari gruppi Facebook, la notizia di questa pubblicità sessista è arrivata anche alle orecchie del gruppo di ricerca Donne, dadi & dati (DD&D).
Come ormai saprete, DD&D si occupa dello studio e della prevenzione delle discriminazioni nella community italiana del gioco di ruolo. Hanno pubblicato uno studio sul tema, presentato al Modena Play 2019, nella raccolta di saggi Fuori dal Dungeon e a un convegno dell’Università di Trento, e che potete leggere qui. DD&D è stata anche promotrice della campagna #playernottoy, e dunque non stupisce che si sia anche occupata di condannare la mossa commerciale di questo negozio di wargame. Potete leggere il loro post per intero qui.
Le reazioni al post con la pubblicità sessista
I commenti dell’album fotografico con il photoshoot della modella in posa contano molti sostenitori del negozio, che hanno apprezzato l’idea e/o la modella. In generale, questi commenti difendono la pubblicità, definendola “un modo simpatico per farsi conoscere”, una “goliardata” o “qualcosa di diverso senza volgarità”. Non mancano alcuni commenti di apprezzamento più o meno esplicito alla modella, di cui vi riportiamo quelli più salienti:
se al prossimo torneo anziché soldi e miniature metterete una cena con lei (a carico del vincitore) credo che dovrete additare un palazzetto
La scatola sopra la quale era seduta è diventata subito una limited edition
Risposta del negozio: Nono quella è nostra
La gnocca non smette mai di sorprendere! Mitici
La scatola centrale, si dai quella li la più fortunata. Chi la acquistata? :D hahaha
Risposta del negozio: ovviamente io
Se posso uscire con questo angelo divento vostro cliente e rispolvero le vecchie miniature di warhammer
Oltre a questi commenti ce ne sono alcuni di critica nei confronti di questa iniziativa, poiché ritenuta sessista.
Perché questa pubblicità è sessista?
Il discorso è simile a quello che avevamo fatto nell’articolo su #playernottoy.
Innanzitutto, è bene chiarire una cosa. Dire che una simile pubblicità sia sessista e oggettivante nei confronti della modella non significa dare la colpa alla modella. Infatti, DD&D e chiunque si riveda nel femminismo intersezionale sa bene che la modella è libera di fare ciò che vuole, e che il nudo/seminudo (artistico o meno) e il mostrare il proprio corpo non sono pratiche da condannare. Ogni persona deve essere libera di utilizzare il proprio corpo come meglio crede.
Detto questo, è importante sottolineare che una pubblicità simile è sessista, poiché basata sul fatto di oggettificare il corpo della modella. Vediamo meglio in cosa consiste questa oggettificazione.
Una modella non integrata col contesto
La modella, infatti, non è inserita nel contesto in maniera organica, né è partecipe del prodotto che si sta cercando di vendere. La modella, infatti, non è una giocatrice di wargame, né una cosplayer, né è mostrata come una nerd appassionata di ciò che il negozio in questione vende. In generale, non è mostrata come partecipe dell’ambiente e dei prodotti circostanti: prende in mano un manuale, ma non per sfogliarlo, non si siede al tavolo per giocare effettivamente, non è interessata al wargame.
Questa sua estraneità la conosciamo grazie ai commenti del negozio stesso, che chiarifica ad alcuni utenti il fatto che la modella non sia una giocatrice.
Speravo fosse una giocatrice
Risposta negozio: purtroppo no!
[…] La vera domanda è…inizia a giocare?Risposta negozio: Non credo, però sono convinto che non crede che giocare a soldatini sia una cosa da sfigati, che in parte oltre il marketing è il motivo per cui è stata fatta quella foto provocatoria!
non è che sia totalmente credibile, sembra non abbia mai sfogliato un libro.
Risposta negozio: curiosava con il fotagrafo al seguito. Alcune sono in posa altre naturali.
Quindi, la modella è completamente estranea al contesto ed è messa nel negozio solo per un motivo: attirare gli sguardi di potenziali clienti col suo corpo, sempre ben messo in mostra. Se invece avessimo avuto come modella una giocatrice effettivamente appassionata di wargame, anche senza scoprirla la pubblicità avrebbe potuto mettere in mostra il suo divertimento e il suo coinvolgimento.
Invece, questa modella, nelle foto promozionali, è presente solo come un bel corpo messo in mostra. Non ha alcun tipo di rapporto con i wargame che la circondano.
Oggettificazione nella pubblicità: cos’è e perché è un problema?
Questo tipo di rappresentazione è oggettivante (o oggettificante), ossia tratta la modella come un oggetto. Vediamo cosa significa questo concetto, riprendendo ciò che avevo scritto per l’articolo su #playernottoy, con l’aiuto di Aurelio Castro di DD&D, dottore di ricerca in psicologia:
“Oggettificare” significa che la modella non è presentata in un modo che, visivamente, la si metta in mostra come persona, dotata di una propria identità, di un proprio carattere, di propri obiettivi e di una propria capacità decisionale. Al contrario, in questa pubblicità la modella è presentata in una posizione non naturale e che non ha altro scopo che far risaltare il corpo della madrina. Pertanto, si toglie naturalezza al corpo femminile per renderlo, in qualche modo, più bello da guardare. In questo modo, si toglie anche personalità alla modella, rendendola quindi un mero pezzo di carne sul mercato.
Come potrete capire, presentare una persona come un oggetto non è qualcosa di positivo, perché contribuisce a normalizzare l’idea che si possa guardare e commentare una persona allo stesso modo in cui si commenta un oggetto, senza curarsi della sua sensibilità o della sua dignità. Questo tipo di atteggiamento è visibile in alcuni commenti all’album e all’immagine promozionale. Ne riporto qui due:
Gnocca e Warhammer… potrei metterci la firma
Sono indeciso di chi fare arrivare a casa se lei o l’indomitus
E sì, capiamo che probabilmente chi ha scritto questi commenti non aveva cattive intenzioni. Tuttavia, ciò non toglie che questi commenti siano oggettificanti e molto meno lusinghieri di quanto si tenda a pensare. E, sicuramente, la pubblicità mostrata non aiutava a presentare la modella come qualcosa di diverso rispetto a un pezzo di carne.
Perché questa pubblicità sessista è degradante anche nei confronti degli uomini?
Come hanno ben detto anche su DD&D, questa pubblicità non è solo sessista e degradante nei confronti delle donne, ma è degradante anche verso gli uomini. Infatti, pensando di poter vendere i propri prodotti utilizzando il corpo di una donna, si dà per scontato che il proprio pubblico sia tendenzialmente composto da uomini che si fionderebbero sulla loro pagina solo per vedere queste foto, più che per interesse verso i wargame.
Pertanto, si dà per scontato che il pubblico nerd sia formato dai proverbiali “maschi allupati”, che “non vedono una donna da anni”, perché sono “sfigati” e “single”.
Certamente, il negozio nei propri commenti afferma che la loro idea sia leggermente un’altra. Infatti, secondo chi gestisce il negozio, questa pubblicità dovrebbe far capire che un giocatore di wargame può frequentare anche belle ragazze, o almeno essere interessato alle belle ragazze, oltre a giocare a Warhammer. Sopra potete leggere uno scambio di commenti su questo tono tra il negozio e un utente. Qui sotto vi riporto un altro scambio simile.
Utente: Eppoi dicono che i nerd non pensano alla gnocca
Risposta del negozio: il CONTRASTo era quello!
Quindi, pare che chi ha organizzato la pubblicità abbia pensato di portare una ragazza, molto bella e totalmente estranea al contesto, in un negozio di wargame, così da fare un servizio fotografico ammiccante per ricordare a se stesso e al proprio pubblico che anche i nerd maschi pensano alle ragazze. Per sfatare, dunque, uno stereotipo che non si sa nemmeno quanto sia effettivamente diffuso, ossia che i nerd siano esseri senza pulsioni sessuali e che pensano solo al gioco. E sfatandolo creando una pubblicità in cui si presenta una donna come un oggetto su cui il pubblico del negozio si possa “rifare gli occhi”.
Questo mi fa credere che, dietro a questa pubblicità, oltre al marketing, ci siano anche molti livelli di incomprensione sulla demografia di chi gioca di ruolo e di chi gioca ai wargame, e di come si debba mostrare la (chiamiamola così) varietà di interessi del pubblico di quel negozio.
La community del gioco di ruolo può avere di meglio
Non ho molto altro da aggiungere a ciò che ho scritto. Questa pubblicità è sessista, perché oggettifica la modella e la propone come se fosse un pezzo di carne. È in qualche maniera confusa su ciò che vuol dire: parrebbe rivolgersi a un pubblico di supposti “morti di fica”, ma il negozio riferisce di voler dimostrare che i wargamer sono interessati alle belle ragazze. E, in tutto questo, i commenti oggettificano a loro volta la modella.
Non serve un genio per capire che siamo di fronte a un esempio di cattiva comunicazione e cattiva pubblicità. Il fatto poi che la modella, secondo i gestori del negozio, fosse loro amica e avesse fatto loro un favore non cambia nulla, perché il risultato è stato comunque un photo shoot oggettificante.
Personalmente, ritengo che la community del gioco di ruolo e dei wargame dovrebbe pretendere di meglio dai propri negozi. Dovrebbe pretendere maggiore serietà e maggiore consapevolezza etica, nel modo in cui fanno marketing. La scusa del “eh, ma tutti fanno pubblicità sessiste” non regge, perché non solo è un’affermazione falsa, ma non invalida nemmeno il fatto che negozi simili possano e debbano fare di meglio.
Se proprio questi negozi di wargame sono interessati a dimostrare di avere un pubblico variegato e di essere interessati alle ragazze, hanno molti altri modi per farlo. Possono fare foto pubblicitarie usando come modelli e modelle la propria clientela, che da altre loro foto si vede contare anche qualche ragazza, mentre stanno giocando. Oppure potrebbero chiedere ai/lle propri/e clienti di fare foto mentre giocano ai wargame insieme ai/lle propri/e partner.
E proprio perché ci sono tante altre possibilità, è doveroso aspettarsi di meglio rispetto ad una pubblicità sessista.