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Opere da recuperare: Last Knights

“Last Knights” è un film del 2015 diretto da Kazuaki Kiriya e scritto da Michael Konyves e Dove Sussman che si basa sulla leggenda dei 47 ronin. Nonostante il film sia molto piacevole da guardare, le basse pretese della sceneggiatura lo relegano alla mediocrità, castrando un cast di tutto rispetto che si sarebbe meritato una pellicola più avvincente.

La Leggenda dei 47 Ronin

La vendetta dei 47 ronin, conosciuta anche come “Akō jiken”, è un evento storico del diciottesimo secolo del Giappone feudale nel quale una banda di ronin hanno vendicato la morte del loro Signore. Il Daimyo Asano Noganori lasciò senza padrone quarantasette samurai, che meditarono una tremenda vendetta contro la persona che aveva ordinato al loro Signore il seppuku. Sebbene il popolo amasse questa storia, tanto da idealizzarla per l’onore e la lealtà dimostrati, a tutti coloro che presero parte alla vendetta fu ordinato di togliersi la vita.

Sinossi

Bartok, l’ultimo nobile di una grande dinastia di vassalli dell’Imperatore, riceve l’ordine di presentarsi al Ministro Geza Mott per discutere di alcune questioni urgenti e di presentarsi con un adeguato dono. Conscio della corruzione dilagante nella capitale il nobile Bartok, vecchio e senza eredi, nomina suo erede Raiden, il comandante delle sue truppe. Costui ha un passato di alcolismo e violenza dal quale è stato salvato solo grazie al duro lavoro e alla fedeltà al suo Signore.
Raiden accetta suo malgrado di diventare l’erede del nobile Bartok e lo segue, insieme ai suoi cavalieri, nella capitale dell’impero. L’anziano Bartok, offeso per l’umile dono portato, attacca il ministro Geza Mott, venendo poi condannato a morte. Questo sarà il motore di tutta la vicenda.

Last Knights

Cast e Personaggi

Morgan Freeman e Clive Owen sono gli indiscussi protagonisti di questa vicenda. Morgan Freeman riesce a darci un Bartok elegante, nobile, ricco di dignità e coraggio sia nell’accettare la morte che nel rivendicare le sue scelte. Un vero peccato non aver potuto osservare questo personaggio più a lungo, sarebbe stato davvero in grado di risollevare il film da solo. Purtroppo per esigenze di trama la sua morte è quella che scatena tutta la vicenda.
Clive Owen è a sua volta un pilastro portante della narrazione, non solo perché è il protagonista della storia ma anche per i suoi sguardi, per il suo saper trasmettere disperazione e onore. Nei film storici ci ha sempre dato ottime prove e probabilmente il ruolo di cavaliere gli è stato cucito addosso. 
Cliff Curtis ci regala Cortez, luogotenente di Raiden e suo grande amico. Parte della storia è retta dalla delusione del suo sguardo e dalla dignità con cui tira avanti, portando avanti una guerra abbandonata da tutto e tutti.
Ayelet Zurer soffre tanto l’impronta nipponica del film, dove il ruolo della donna è relegato a piacevole orpello alla narrazione. Nelle pochissime scene che la vedono coinvolta, l’attrice israeliana si dimostra all’altezza di una complessità del personaggio purtroppo non mostrata. Come moglie di Raiden emerge tutto: l’amore per un uomo che ha saputo ricostruire se stesso, la delusione per le sue decisioni, la paura di perderlo, il voler mantenere la dignità come donna.

L’estetica e il mood della storia

L’idea di questo film è ciò che mi ha incuriosito fin dal primo momento: una storia a stampo nipponico con l’estetica europea che strizza soltanto l’occhio al Giappone. L’impero che ci viene presentato è indefinito, posto in un mondo vasto e con innumerevoli province. In questa nazione senza confini convivono etnie, clan, culture diverse. Arrivare alla capitale richiede settimane se non mesi di viaggio all’interno di territori senza legge come immense foreste o alte montagne.
I castelli richiamano le immense fortezze europee e i suoi abitanti ricalcano gli stereotipi medievali. Ciò che cambia sono le armi e le armature, che si trovano in una via di mezzo tra i due mondi, e ovviamente i combattimenti. Onore, vendetta e giuramenti sono intesi alla maniera orientale, dove una parola pronunciata può mettere a morte una persona e decidere il destino di un’altra.

Ripensando la vita: Last Knights - il film

Sceneggiatura

La sceneggiatura scarica completamente la responsabilità di narrare gli avvenimenti a qualcun’altro, concentrandosi invece sul presentarci i personaggi. Il racconto è lento e vuole mostrare una tragedia umana e le sue conseguenze sulle persone, piuttosto che narrarci una storia avvincente. La vicenda si risolve in pochi minuti ma in ogni duello, in ogni omicidio, in ogni litigio c’è un confronto di visioni e caratteri.

A chi è consigliato “Last Knights”?

“Last Knights” non è il film che cambierà la vita a qualcuno e non è assolutamente qualcosa che va guardato a tutti i costi. Lo consiglio a coloro che amano passare un paio di ore a guardare un film lento, che si basa più sull’immensa estetica che sulla sceneggiatura. I duelli sono belli, seppur molto brevi, e la fotografia saprà regalare qualche soddisfazione. Questo non significa che sia un film che piacerà a tutti.

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