Pronti a seguire La Caduta della Casa degli Usher insieme a noi?
Questa miniserie è l’ultimo lavoro di Mike Flanagan da poco sulla piattaforma Netflix. Il regista è noto al grande pubblico per svariati lavori quali Hush, Doctor Sleep, Midnight Mass, Hill House, Hunting of Bly Manor.
Ormai, anno dopo anno, sta diventando una ricorrenza. Non sarebbe ottobre e non si potrebbe festeggiare Halloween se non ci fosse in catalogo un nuovo lavoro di Flanagan.
Ma cosa è questa serie e soprattutto come si è riusciti a riportare sul piccolo schermo quello che era l’opera omnia, o quasi, del padre del letteratura gotica e dell’orrore che risponde al nome di Edgar Allan Poe?
Mi perdonerete se anticipo il mio parere: ci è riuscito e pure in maniera eccelsa.
Ora però è il momento di andare ad analizzarla più nel dettaglio…
LEGGI ANCHE: ANNE RICE – AUTRICE ECLETTICA MA CONTROVERSA
La Caduta della Casa degli Usher, ovvero come ci provo con Poe
Come ci provo con Poe? In quanti ci hanno pensato sul grande e piccolo schermo? E in quanti anche hanno cercato di mettere in musica le sue opere? Ma, soprattutto, in quanti sono veramente riusciti a far trasparire il giusto tono, il giusto tempo, la giusta tensione e passione?
Onestamente in pochi. Questo è uno dei prodotti, ispirati all’Alienato d’America, che mi è piaciuto di più! Pensiamo a Corman, Matt Groening, e ora Mike Flanagan. No, mi dispiace, Stuart Gordon non riesco a salvarlo. Questi tre nomi ormai sono il trittico di registi, geni, visionari, che sono riusciti a portare Poe fuori dai suoi libri.
Bene la facciamo cadere questa Casa degli Usher, o no?
Iniziamo a ragionare sull’idea: pensate al corpus dell’opera di Poe, prendete i suoi racconti più importanti e cercate di trasporli in una stagione. A ciascuno di questi episodi associate il racconto, decostruite l’opera, la riarrangiate, la aggiornate, la mischiate con un po’ dell’insana realtà che stiamo vivendo, ed ecco qua un cocktail pronto per essere trangugiato. Il tutto a base di orrore, sangue, rabbia e viltà.
La serie è disseminata di easter egg più o meno nascosti. Mura che ricordano “Il Barile di Amontillado”, i nomi dei personaggi dei racconti, le situazioni, tutto trasuda Edgar Allan Poe!
Prendiamo in considerazione i titoli degli episodi. A ciascuno di essi un filo conduttore. Cominciamo con “Una tetra mezzanotte“, con il pensiero meditabondo, “La maschera della morte rossa” e il suo Sic Transit Gloria Mundi per scomodare Corman. “I delitti della Rue Morgue” con le loro facoltà mentali che definiamo analitiche (non sono di per sé facilmente analizzabili), o ancora “Il gatto nero” è l’assoluta mancanza di credulità del racconto altrui. “Il cuore rivelatore” e le nevrosi e i nervosismi della protagonista, “Lo scarabeo d’oro” e i suoi intraducibili giochi di parole (mi raccomando leggetelo in inglese). “Il pozzo e il pendolo” e l’incessante avvicinarsi della morte e della fine. “Il Corvo” e il suo Nevermore… mai più.
Ma non ci sono solo questi easter egg… lo sguardo di Arthur Gordon Pym osserva… c’è anche lei…
LEGGI ANCHE: LOVECRAFT E LA MUSICA – UN CONNUBIO MOSTRUOSO
La Città nel Mare
Ecco! Morte a se stessa ha innalzato
un trono in una strana città solitaria,
laggiù nel nebuloso Occidente,
dove buoni e perversi, i peggiori ed i migliori
discesero nel loro perenne riposo.
Là palazzi e santuari e alte torri
(torri, addentate dal tempo, che non tremano!)
a null’altro somigliano che sia nostro.
D’intorno, dimenticate da ogni vento,
sotto al cielo rassegnate,
ristagnano le acque malinconiche.
Non un raggio discende dal sacro cielo
sulla lunga notte di quella città;
ma un chiarore dal livido mare
discorre in silenzio su per le torri –
balugina, più lontano, dugli alti pinnacoli,
su cupole e guglie – sulle sale regali –
sui templi – su babiloniche mura –
su ombrosi padiglioni abbandonati,
con l’edera scolpita e i fiori di pietra –
su molti e molti mirabili altari,
sui cui inghirlandati fregi
le viole si intrecciano con la vite.
Rassegnate sotto al cielo
ristagnano le acque malinconiche.
E in tal modo le torri ed ombre lì si confondono,
che tutto è lì come pèndulo nell’aria,
mentre che da una superba torre della città
Morte giganteggia e guarda in giù.
Templi disserati, tombe scoperchiate
sbadigliano al livello di quel baluginio di onde;
ma nè ricchezze che là scintillano
nell’occhio di diamante di ciascun idolo –
nè i morti gaiamente ingioiellati
tentano le acque a uscir dal loro letto;
giacchè nessun moto increspa, ahimè,
quel deserto di cristallo –
nessun’onda si gonfia ad annunciare
che un vento s’è forse levato
su qualche remoto, più felice mare –
nè flutto dice che venti si siano levati
su mari meno orridamente calmi.
Ma ecco, un fremito è nell’aria!
L’onda – laggiù un movimento!
quasi avessero le torri spinto da parte,
o che le loro cime un labile vuoto
avessero lasciato nel cielo velato.
Un bagliore più rosso ora accende le onde –
più rado e più fievole il respiro delle ore –
e quando, infine, fra noi terrestri gemiti,
più giù, più giù quella città si poserà,
l’Inferno, insorgendo da mille troni,
le farà riverenza.
Conclusioni su La Caduta della Casa degli Usher
Sembro quasi un fanboy, ma era tanto che stavo cercando una serie come questa. Una delle cose che più mi è piaciuta è stata l’attesa della fine di coloro che sono destinati a morire.
Non è possibile empatizzare quasi con nessuno e solo tre sono i personaggi per cui il tuo cuore un po’ sussulta. Non puoi accettare cosa succede alla bella Annabel Lee e alle poesie a lei dedicate. O a Lenore e la speranza che donerà a tutti.
La verità è che vogliamo vedere i mostri morire. La Casa degli Usher deve cadere e Mike Flanagan lo ha capito. I due capostipiti, la loro prima generazione di progenie, tutti così ricchi, tronfi, ebbri di potere, intoccabili. Non c’è speranza per loro, non c’è salvezza, non c’è empatia. L’unica cosa che devono provare è la punizione per le colpe dei padri.
Per la prima volta mi sono trovato ad affermare che le colpe dei padri devono ricadere sui figli e questa miniserie riesce a rendere il tutto molto bene. So che è molto brutto da dire, ma vedere la punizione, per quanto violenta e truce, è appagante quando a subirla sono coloro che non verranno mai toccati da nulla. Pure tra loro stessi non c’è amore. Non c’è amore mai se non nella povera Annabel Lee, Lenore e il buon Dupin e forse in Arthur Gordon Pym testimone ultimo della caduta.
Cosa ci riserverà il futuro di Mike Flanagan?
Dopo questa serie televisiva il futuro del regista sembra ormai lastricato. Da Netflix infatti passerà ad Amazon con un accordo molto vantaggioso per il regista. Halloween fino a quest’anno era salvo su Netflix, quello del prossimo anno chissà.
È anche giusto però. Quando un lavoro è ben fatto deve essere riconosciuto e se altri suoi lavori mi avevano lasciato col giudizio un po’ sospeso a questo invece mi sento di dare ottimi voti davvero.
Ce ne fossero più di serie così coraggiose.