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Jumanji: The Next Level – La Recensione

A due anni dal successo al botteghino di Jumanji: Welcome to the Jungle, lo scorso 25 dicembre è arrivato nelle sale Jumanji: The Next Level. Sarà stato all’altezza del primo film o si sarà rivelato un flop totale? Ci avrà riservato qualche sorpresa? Scopriamolo insieme.

SPOILER ALERT: l’articolo conterrà qualche spoiler sulla trama e sarà pieno di riferimenti al capitolo precedente, che potete trovare su Netflix. Se non l’aveste ancora visto, potete tranquillamente proseguire con la lettura perché – siamo onesti – non è certo la sceneggiatura ad aver attirato gli spettatori in sala!

IL MONDO DI JUMANJI

Per parlare di questa nuova generazione di film su Jumanji non si può fare a meno di citare la pellicola originale del 1995, ormai divenuta un classico anche grazie alla splendida interpretazione del compianto Robin Williams. Quello che non tutti sanno è che, dieci anni dopo l’uscita del primo capitolo, sia stato realizzato una sorta di sequel spirituale intitolato Zathura: Un’avventura Spaziale, per la regia di Jon Favreau, i cui protagonisti si trovavano coinvolti in una versione fantascientifica del pericoloso gioco da tavolo. Entrambi i film sono ispirati agli omonimi romanzi di Chris Van Allsburg.

Nel 2017, quando è stata diffusa la notizia di un seguito del film, in molti hanno storto il naso nel vedere che si trattasse sostanzialmente della trasposizione del primo Jumanji in chiave videoludica. Il gioco in scatola, infatti, viene ritrovato su una spiaggia e si trasforma nella cartuccia di un videogame, intrappolando al suo interno un ragazzo che ha iniziato una partita. Vent’anni più tardi, quattro liceali finiscono in punizione: la popolare e frivola Bethany Walker (Madison Iseman) per aver fatto una videochiamata ad un’amica durante una lezione; la timida e studiosa Martha Kaply (Morgan Turner) per essersi rifiutata di fare educazione fisica e aver insultato l’insegnante; lo svogliato giocatore di football Anthony “Fridge” Johnson (Ser’Darius Blain) e il pauroso Spencer Gilpin (Alex Wolff), suo ex migliore amico, per essersi passati un compito. Il preside impone loro di svuotare il seminterrato della scuola da tutto il ciarpame accumulato negli anni ed è qui che si imbattono nel videogioco e finiscono risucchiati nel mondo di Jumanji, da cui usciranno indenni… ma non prima aver recuperato Alex (Colin Hanks), il ragazzo bloccato nella giungla dal 1996. In seguito, distruggono il gioco usando una palla da bowling per scongiurare il rischio di dover ripetere l’esperienza.

A rendere la pellicola interessante è il fatto che, contrariamente a quanto avveniva con il gioco da tavolo, qui i protagonisti entrino in partita sotto forma di avatar. Per un caso fortuito, i personaggi scelti dai quattro ragazzi hanno caratteristiche diametralmente opposte rispetto a quelle dei giocatori: Bethany si trova nel ben poco atletico corpo del prof. Sheldon “Shelly” Oberon (Jack Black), il muscoloso Fridge si deve ridimensionare in quello dello zoologo Franklin “Mouse” Finbar (Kevin Hart), il gracile Spencer diventa l’affascinante dott. Xander “Smolder” Bravestone (Dwayne “The Rock” Johnson) e la schiva Martha diventa Ruby Roundhouse (Karen Gillan), una sorta di Lara Croft dai fluenti capelli rossi. 

Nonostante le perplessità iniziali, il film si è rivelato un successo senza precedenti nella storia della Sony Pictures, stabilendo il record d’incassi al botteghino negli Stati Uniti. Ma veniamo ora a The Next Level e vediamo se sia stato all’altezza del successo del capitolo precedente.

Da sinistra a destra: Fridge, Spencer, Martha e Bethany.

TRAMA

Sono passati tre anni da quando abbiamo lasciato Spencer, Fridge, Martha e Bethany, ancora scossi dalla loro avventura nella giungla ma, se non altro, uniti da quel tipo di amicizia che si crea quando si condivide un’esperienza così fuori dal comune. I quattro ragazzi hanno finito il liceo e sono andati avanti con le proprie vite, rimanendo in contatto tramite una chat di gruppo, e approfittano delle vacanze di Natale per organizzare una rimpatriata.

Quando Spencer non si presenta all’incontro, però, i tre amici si preoccupano e si presentano alla sua porta per chiedere spiegazioni. Qui trovano il nonno Eddie (Danny DeVito) impegnato in una rancorosa discussione con Milo Walker (Danny Glover), vecchio amico ed ex socio in affari. Si scopre che Spencer, preso dallo sconforto di una deludente vita newyorkese e dall’insicurezza che l’ha portato a mettere in pausa la relazione con Martha, abbia tentato di riparare il videogame di Jumanji e abbia iniziato una partita.

A questo punto i compagni di (dis)avventure non possono far altro che giocare per riportarlo in salvo; ma qualcosa va storto e il gioco non permette loro di scegliere gli avatar, catapultandoli direttamente in-game. Ritroviamo i quattro avatar di Welcome To The Jungle, con qualche “piccolissimo” cambiamento: mentre Martha torna a vestire i panni dell’affascinante Ruby Roundhouse, Fridge si ritrova nel corpo del professor Oberon e Bethany… Beh, Bethany semplicemente non c’è. La vediamo ancora lì, spaesata, nel seminterrato di casa Gilpin, mentre i suoi amici sono stati risucchiati dalla console.

Allora chi sta giocando con gli avatar del muscoloso dott. Bravestone e del saccente zoologo Finbar? Rispettivamente, troviamo il nonno di Spencer e l’amico Milo, che non hanno palesemente mai preso in mano un videogioco e non hanno la benché minima idea di cosa sia capitato loro. Ed è qui che tutto prende una piega davvero interessante, aprendo parecchi spunti di riflessione di cui parleremo tra poco.

Ma che fine ha fatto Spencer? Lo incontreremo più avanti dei panni della scassinatrice Ming Fleetfoot (Awkwafina), così come ritroveremo Alex nei panni di Jefferson “Seaplane” McDonough (Nick Jonas) e Bethany che, essendo finiti gli avatar disponibili, non può fare altro che entrare in partita come Cyclone, un cavallo dal manto nero.

Riuscirà questo bizzarro gruppo a terminare il gioco prima di finire le tre vite a disposizione?

DIFETTI

In generale, il film risulta meno divertente del capitolo precedente, nonostante l’evidente tentativo di trovare degli espedienti narrativi diversi. Determinate battute, basti pensare anche solo a quelle di Fridge (“Almeno tu sei ancora nero!”), hanno forse maggiore presa sul pubblico americano e sono meno sentite qui da noi. L’ironia resta spicciola ma è esattamente quello che ci si aspetta quando si entra in sala, con tanto di ripetizioni dei dialoghi tipiche dei PNG (Personaggi Non Giocanti), quindi non vanno troppo a pregiudicare il risultati finale.

Contro ogni aspettativa, invece, si vede traballare proprio quella che ci si aspetterebbe essere una colonna portante della storia: Dwayne Johnson. Se può essere interessante vedere gli attori messi alla prova dal dover interpretare giocatori diversi rispetto a Welcome to the Jungle, è anche vero che The Rock risulti decisamente in difficoltà nel vestire i panni di Danny DeVito: dovendo uscire dal proprio personaggio macho e tenebroso, dà proprio la sensazione di arrancare e rimanere sottotono. Quando, finalmente, riesce a prenderci un po’ la mano, si trova ad essere nuovamente controllato da Spencer e ritroviamo il dott. Bravestone che avevamo lasciato nella giungla.

Come ogni blockbuster, naturalmente, non potevano mancare almeno un paio di buchi di trama.
Scopriamo che, a causa del malfunzionamento del gioco, siano presenti delle pozze d’acqua elettrificata che consente di switchare avatar con un altro giocatore. Questo lo vediamo bene in una scena in cui Martha e Fridge si scambiano personaggi, per poi tornare a quelli precedenti, attraverso il contatto tra le loro mani. Ma allora com’è possibile che si gettino tutti nel fiume e ne escano con l’avatar che tanto desideravano? Sarebbe stato interessante costringerli ad almeno un paio di scambi “sbagliati” prima di trovare la giusta combinazione.
Un altro dubbio da porsi è: ma quanti sono i personaggi giocabili? Se ne vedono sei in totale (il cavallo non conta) ma nel primo film si può notare chiaramente che ci siano solo cinque avatar tra cui scegliere.

La scelta dei personaggi in Jumanji: Welcome to the Jungle, in cui è visibile il numero di avatar disponibili.

PREGI

Senza dubbio bisogna riconoscere i meriti del comparto tecnico: scrivere, girare ed editare un film di queste proporzioni in appena un paio d’anni è un’impresa notevole. Se si considera il massiccio uso della CGI, peraltro più che buona, ci si rende conto di quanto sia stata serrata la produzione di questo film. Sarebbe stato facile creare un prodotto visivamente mediocre, soprattutto per quanto riguarda l’inseguimento con i babbuini, ma tutto sommato risulta godibile.

La regia e la fotografia se la cavano degnamente, complici anche i paesaggi mozzafiato che fanno da sfondo alle vicende: le riprese si sono svolte tra Atlanta, il New Mexico, Calgary, le Hawaii e Fortress Mountain, un resort nella regione di Alberta (Canada) in cui sono state ambientate anche alcune scene di Inception e The Revenant.

Se la performance di Dwayne Johnson non ha brillato per solidità, lo stesso non si può dire per la coppia formata da Kevin Hart e Jack Black: i due attori si sono presi maggiore spazio e si sono calati perfettamente nei loro nuovi giocatori, risultando credibili e divertenti. Questo vale anche per i due Danny, DeVito e Glover, che contribuiscono a dare un taglio più adulto alle tematiche affrontate.
In generale è evidente che gli attori si siano divertiti ad uscire dal proprio personaggio e la sceneggiatura ha dato loro degli spunti per mettersi alla prova.

Sicuramente da apprezzare anche il tentativo di dare una lettura più matura delle dinamiche relazionali tra i personaggi, sia nel mondo di Jumanji che off-game. Da un lato troviamo Spencer, divorato vivo dalle insicurezze mentre guarda la vita apparentemente perfetta che i suoi amici (e la sua ragazza) condividono sui social. Dall’altro troviamo Milo ed Eddie che, tra antichi rancori e acciacchi dell’età, trovano nel gioco la possibilità di recuperare tutte le esperienze e le abilità che la vecchiaia ha negato loro.

Spoiler su Milo
A questo proposito, risulta commovente (seppur molto prevedibile) il momento in cui Milo sceglie di non tornare nel mondo reale, di fatto restando per sempre un cavallo e sfuggendo al proprio destino. A voler dare un’interpretazione allegorica alla scena, si può vedere nel nero cavallo alato un riferimento alla morte (come per i thestral di Harry Potter) ma anche al mito di Pegaso e Bellerofonte, in cui il cavaliere viene disarcionato a causa del proprio orgoglio mentre tenta di raggiungere il Monte Olimpo. Al contrario, quando Milo scopre di avere una malattia terminale, riesce a dimostrare umiltà e torna dal suo vecchio amico per riappacificarsi con lui.

LETTURA QUEER

Tra le varie chiavi interpretative date a Jumanji: The Next Level, c’è anche una lettura queer che riguarda il genere dei personaggi, nel momento in cui si scambiano gli avatar.  Quello che sappiamo con relativa certezza è che questo sottotesto sia stato completamente involontario: visto il successo riscosso dal capitolo precedente in Cina e l’inclusione nel cast di Awkwafina (recentemente diventata la prima donna di origine asiatica ad aver vinto un Golden Globe come migliore attrice), viene davvero difficile pensare che la Sony possa aver rischiato la censura in un mercato così redditizio.

Resta comunque possibile apprezzare come i protagonisti non si preoccupino più di tanto del genere del proprio avatar (salvo una battuta sulla barba ed una sull’avere un seno da poter toccare), concentrandosi molto di più sulle caratteristiche del proprio PG (Personaggio Giocante). Il problema di Spencer, ad esempio, non è il fatto di essere finito in un avatar donna, quanto quello di essere esile e pieno di allergie esattamente come nella vita reale. Era stato proprio il desiderio di sentirsi nuovamente forte ed invincibile (ricordiamo che il dott. Bravestone non abbia punti deboli nel primo film) a spingere il giovane Gilpin a tentare di riparare il gioco.

In conclusione, bisogna ribadire che queste siano tutte macchinazioni da subreddit e che nulla sia stato effettivamente confermato (o voluto, per quanto ne sappiano) dalla produzione. Di certo non si può dire che si scivoli nel queerbaiting, in questo caso, perché si tratta di un’interpretazione talmente sfumata da essere scampata alla rigida censura cinese.

Quel che è certo, invece, è che nei videogiochi (così come nei giochi di ruolo) non abbia importanza il proprio genere perché si può scegliere di essere tutto ciò che si vuole. Sarebbe bello che le stesse opportunità venissero date non solo ai giocatori ma anche a chi lavora nel mondo ludico (contrariamente a quanto successo per la questione sessismo in casa Riot Games, che abbiamo trattato qui).

CONCLUSIONI E SEQUEL

Complessivamente il film risulta godibile, seppur ben lontano dall’essere un capolavoro, e strappa più di un paio di risate. A far tirare un sospiro di sollievo, tutto sommato, è la consapevolezza che questa nuova generazione di Jumanji sia giunta al termine. Ma è davvero così?

In una scena a metà dei titoli di coda si vedono degli struzzi passare di corsa fuori dal bar in cui i quattro protagonisti stanno finalmente recuperando il famoso brunch che avevano organizzato. La madre di Spencer, infatti, ha accompagnato nel seminterrato il tecnico della caldaia ed egli non ha potuto fare a meno di mettere mano al gioco vintage trovato sul tavolo. Sembra che si prospetti un ritorno alle origini, con gli animali che si riversano nel mondo reale come nell’avventura del 1995; resta solo da sperare che gli sceneggiatori abbiano in serbo qualche buona idea.

Infine, a tutto questo, si aggiunge anche quanto scritto dallo stesso Dwayne Johnson su Instagram: nella didascalia della foto scattata con Rory McCann (noto per aver interpretato il Mastino in Game of Thrones), l’attore svela che uno degli antagonisti, Jurgan Il Bruto, sia un avatar disponibile. Inoltre sottolinea che dovremo attendere il sequel per capire chi lo stia giocando, confermando l’esistenza di un terzo capitolo di cui forse non si sentiva la necessità.

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