Correva l’anno 1274: le forze dell’Impero Mongolo, su comando di Kublai Khan, approdano presso le coste settentrionali di Tsushima, nello Stretto di Corea, con l’intenzione di utilizzare l’isola come porta d’ingresso verso la Baia di Hakata e, di conseguenza di tutto il resto del Giappone.
A seguito del fallimento delle negoziazioni, alla spiaggia di Komoda, le forze militari dell’isola, capeggiate da 80 samurai, si oppongono agli invasori e, dopo un’estenuante battaglia, cadono sovrastati dalle tattiche e armi non convenzionali dell’esercito nemico.
Ha così inizio, a tutti gli effetti, la prima invasione mongola del Giappone.
Ritorno dai morti
L’episodio storico è solo l’incipit, le fondamenta basilari di Ghost of Tsushima, titolo per PlayStation 4 sviluppato dal team Sucker Punch, noto precedentemente per le serie Sly Cooper e Infamous: benché Tsushima sia un luogo reale, e la battaglia di Komoda un evento realmente accaduto, il team di produzione ha infatti scelto di prendersi alcune licenze in merito all’esito effettivo della battaglia e alla rappresentazione dell’isola, che pur non essendo certamente una rappresentazione 1:1 riesce a mostrare le parti migliori del suo possibile aspetto nel XIII secolo.
Nella storia di Ghost of Tsushima, infatti, la battaglia di Komoda si conclude con il massacro dei samurai dell’isola e la cattura di Lord Shimura, feudatario locale e comandante delle forze armate di Tsushima, ad opera di Khotun Khan, un fittizio ma credibile parente di Kublai nonché temerario e astuto generale, che fa dello studio di usanze, tradizioni, lingua e geografia del popolo nipponico la sua più grande e terribile arma.
Abbandonato sul campo di battaglia di Komoda e dato per morto, tuttavia, un redivivo Jin Sakai, capo dell’omonimo clan samurai (che, nella realtà, non esisterà fino a 250 anni dopo) e nipote di Lord Shimura, viene portato in salvo dalla popolazione locale e, rimessosi in sesto, cercherà in tutti i modi di liberare suo zio, respingere i mongoli e restituire alla sua gente la propria terra.
Nella sua personale odissea Jin si ritroverà a compiere scelte difficili, radunare alleati improbabili, affrontare tradimenti e conflitti, costruendo gradualmente la propria personale leggenda locale così che il nobile e fiero samurai Lord Sakai svanisca nell’ombra della leggendaria e mistica figura dello Spettro, lo spirito vendicatore di un samurai caduto in battaglia tornato dall’oltretomba per vendicare i compagni caduti e aiutare il suo popolo.
Con preciso studio e ricerca nei confronti dei toni e dello stile dei più grandi classici di Akira Kurosawa, la storia di Jin mette in campo la contrapposizione tra il codice, la tradizione e l’idealismo romantico e quasi ingenuo del Bushido (il codice di condotta dei samurai basato su giustizia, coraggio, misericordia, umiltà, onestà, sincerità, fedeltà al Lord e alla nazione, autocontrollo e onore) e la brutalità, il cinismo ed il pragmatismo che fanno parte della realtà di una guerra contro un nemico che con quei codici e quelle tradizioni non hanno nulla a che fare o peggio, come in questo caso, per cui essi sono delle armi da utilizzare contro coloro che seguono quelle idealistiche regole in modo rigoroso ed inflessibile.
Nel suo viaggio Jin dovrà quindi imparare ad usare nuove armi, rivolgersi a nuovi alleati, imparare nuove tattiche e approcci alla battaglia, piegando gradualmente sempre di più il suo codice di condotta e accantonando l’onore per mettere al primo posto i deboli ed il popolo usando metodi poco convenzionali per annientare un nemico poco convenzionale.
Ed in tal senso la narrativa principale resta sempre sui binari gettati sin dall’inizio, tanto da non risultare particolarmente lunga e non prendere derive superflue: i tre atti del gioco, ambientati nelle tre prefetture dell’isola e ognuno con uno specifico obiettivo (il salvataggio di Lord Shimura, la riconquista del suo castello e la sconfitta di Khotun Khan) si presentano come una narrazione che va dritta al punto, mettendo in scena i temi principali che vuole comunicare in maniera chiara e diretta.
A soffrirne, tuttavia, è la caratterizzazione dei personaggi, che viene ritrovata nei racconti secondari e nelle attività trasversali del gioco: è quindi chiaro che Sucker Punch ha concepito il contenuto ludico dell’isola come un pacchetto integrato del viaggio e della storia di Jin, lasciando quindi che le attività differenti dalla progressione narrativa diretta della storia siano attività sì opzionali, ma non distaccate da quella che è la leggenda dello Spettro.
È proprio in questi racconti infatti che Jin aiuterà i propri alleati con i loro problemi personali, figli di una guerra che non risparmia nessuno, accorrerà in soccorso dei più umili e viaggerà in lungo ed in largo sull’isola eliminando gli invasori e coloro che abusano dei più deboli in una situazione tanto delicata.
Per quanto fittizia e romantica sia la figura, tipica dell’analogo filone cinematografico, di un guerriero samurai che individualmente sovrasta interi battaglioni, il titolo mantiene sempre le proprie radici nella sua finzione storica: non verranno quindi mai affrontati elementi di misticismo e folklore sovrannaturali se non per andare a ricercare il fondo di verità dietro ogni leggenda locale, andando a spezzare l’alone di mistero e magia dietro quelle storie mettendo in mostra il modo in cui nascono le leggende, un tema legato a doppio filo con il percorso affrontato da Jin nel suo diventare lo Spettro.
Ghost of Tsushima: Ombre e onore
La volontà di tenere i piedi per terra resta una costante anche nel comparto ludico: Jin affronterà mongoli, banditi e ronin disertori con un’ampia varietà di armi anche al di fuori della sua personale katana, entrando in possesso di armi e trucchi con cui potrà prendere vantaggio in diversi modi.
Eccezion fatta per alcune sezioni della storia, il giocatore potrà sempre scegliere quale approccio mantenere nei confronti del nemico e affrontare una battaglia diretta, onorevole, all’insegna dell’arma bianca o immergersi totalmente nella figura dello Spettro e colpire con tattiche di guerriglia e terrorismo incutendo silenziosamente e meticolosamente terrore tra le forze avversarie massacrando i nemici dall’ombra.
Entrambi gli approcci sono supportati da una gamma di abilità ed equipaggiamenti che li rendono appetibili: da una parte lo Spettro potrà godere di eliminazioni concatenate, fumogeni, veleni, campanelli che distraggano i nemici, archi e frecce speciali; dall’altra, Jin potrà fare sfoggio delle sue abilità di spadaccino utilizzando le forme di spada in sua dotazione, che incrementeranno uccidendo comandanti nemici fino all’ottenimento di quattro forme differenti (Pietra, Vento, Acqua e Luna) in grado ognuna di contrastare in maniera più efficace delle altre una determinata tipologia di nemico in base all’arma che questi utilizza.
L’efficacia delle forme non significa però che esse non possano essere usate in combinazione contro ogni nemico a prescindere dalla sua tipologia, ed è proprio in questa libera espressione dell’arte della spada che il potenziale vero di questo particolare sistema di combattimento, che non si rifà al Freeflow tipicamente utilizzato in questa tipologia di gioco, emerge, proponendo una sfida che riesce a rimanere consistente dall’inizio alla fine complice anche un ritmo di acquisizione dei potenziamenti e delle abilità che permette a gran parte dell’esperienza di gioco di restare bilanciata.
A livello pratico, la decisione di seguire l’approccio da Spettro piuttosto che quello da Samurai è strettamente legato allo stile di gioco più che all’esito della narrazione, ed è molto probabile che il giocatore medio utilizzi un mix di entrambe le cose, unendo l’inganno, la distrazione ed il sabotaggio dello Spettro alle abilità combattive di Jin.
Il culmine ultimo del sistema di combattimento viene espresso nei combattimenti contro i boss, che vengono impostati qui come dei veri e propri duelli con tanto di solenne introduzione, durante cui Jin non potrà ricorrere alle armi e ai sotterfugi dello Spettro ma dovrà farsi valere come spadaccino.
Tutte queste abilità potranno essere migliorate ed ampliate accrescendo la Leggenda dello Spettro (un modo poetico che il gioco ha di rappresentare la classica progressione di livello) ottenendo punti tecnica da investire nelle forme di spada, nelle armi dello Spettro o nelle capacità generali di movimento ed esplorazione di Jin.
È inoltre possibile, raccogliendo le risorse sul campo, potenziare gradualmente il proprio equipaggiamento e la sua efficacia, migliorando funzionalità e capacità di tutto l’arsenale di Jin.
Nonostante la vasta gamma di potenziamenti, tuttavia, il gioco è e resta radicato nell’espressione di abilità, tecnica, tempismo, analisi e osservazione più di quanto non lo sia nella forza dell’equipaggiamento e nelle abilità in proprio possesso: il “level up” è quindi un ausilio a disposizione del giocatore più che una necessità per superare uno scoglio di gioco, così come lo sono le abilità delle armature, che sono molto marginali e lasciano quindi che sia la preferenza estetica a fare da fattore determinante per l’outfit da utilizzare in gioco.
Ciò è espresso efficacemente dalla modalità di acquisizione dei potenziamenti, come ad esempio la raccolta risorse che è a tutti gli effetti un’attività a cui il giocatore deve spontaneamente dedicarsi, o la totalmente opzionale uccisione dei comandanti mongoli necessari per ottenere le forme di spada, i quali sono situati in accampamenti opzionali: se da una parte la riconquista dei territori in mano ai mongoli svela grosse porzioni della mappa e dei punti di interesse presenti (differentemente dagli altri giochi del genere, infatti, non ci sono torri da scalare da cui acquisire automaticamente informazioni sulla mappa), tale scoperta può essere fatta viaggiando in prima persona nei luoghi di interesse, poiché Jin eliminerà dalla mappa la “nebbia di guerra” da qualsiasi punto in cui passerà.
Anche le armi spettrali vengono acquisite accrescendo la propria leggenda, e molte tecniche ed equipaggiamenti sono legati a storie opzionali: questo significa che stare alla larga da racconti e storie locali, non aiutare il popolo e non darsi alla ricerca di tecniche speciali di spada o armature leggendarie cantate dai bardi di Tsushima è un’opzione completamente attuabile dal giocatore, nonostante il gioco incentivi con le sue atmosfere e la sua struttura a ricercare con curiosità ed interesse tutte queste deviazioni dalla narrazione principale.
Ghost of Tsushima: Samurai vagabondo
Benché la struttura delle storie secondarie del gioco non sia differente da quella delle principali, tutte molto simili tra loro, la scrittura da la sensazione di rilevanza al quadro generale favorendo la loro ricerca ed il loro completamento anche solo per approfondire di più la figura di Jin e del suo legame con la popolazione di Tsushima.
Come già accennato, infatti, gran parte degli approfondimenti del personaggio sono legati ad eventi opzionali, di cui le storie secondarie rappresentano solo una minima e marginale parte: le sorgenti termali, infatti, oltre a fornire un aumento immediato di salute massima permetteranno a Jin di riflettere su alcuni aspetti della sua vita e della situazione corrente, dandoci una più che gradita introspezione nella mente dello stoico samurai.
Il giocatore potrà ricercare dei punti particolarmente pregni di atmosfera ed ispirazione per comporre degli haiku, un’attività che ricompenserà Jin con una fascia cosmetica che imprimerà in modo permanente la composizione poetica nell’inventario del giocatore.
Jin potrà inoltre ricercare preziosi amuleti e aumentare il numero di essi che può portare onorando i santuari di Inari, raggiunti facendosi guidare dalle volpi che troverà nella sua esplorazione dell’isola.
Tutte queste attività sono presenti in gran quantità nelle tre prefetture di Tsushima, e forse il neo di questa caratteristica è il loro poter risultare alla lunga ripetitive una volta svanito il lustro ed il fascino della novità.
L’esplorazione, nonostante ciò, resta un elemento onnipresente di Ghost of Tsushima, e l’isola è protagonista tanto quanto Jin, se non addirittura di più: Sucker Punch si è data duramente da fare per dar vita alle parti più belle e brutali dell’isola nipponica, e si nota chiaramente sin dalle prime battute di gioco: ogni singola inquadratura, a prescindere dall’area in cui si trova, è un quadro dalle atmosfere esotiche e meravigliose che difficilmente faranno resistere alla tentazione di catturare con la modalità fotografica, a disposizione con la pressione di un tasto, ogni secondo di esplorazione del gioco.
Complice di ciò, senza dubbio, c’è una direzione artistica superba e lo sfruttamento di un’illuminazione che renda giustizia ai toni ricercati, che come ogni altro elemento di gioco è indubbiamente deliberata e precisa nel suo utilizzo dimostrando ancora una volta quanto non sia necessario pompare brutalmente l’aspetto grafico per ottenere una buona resa visiva.
La luce ed il colore, senza filtri cupi o sgranati, vengono qui enfatizzati e utilizzati magistralmente e a condire il tutto c’è un altro grande e silenzioso compagno di viaggio di Jin: il vento.
Con uno swipe del touchpad, infatti, sarà possibile causare folate di vento che guideranno il giocatore nella direzione dell’obiettivo selezionato, un espediente ludico molto astuto per evitare di riempire lo schermo di interfacce che rovinerebbero l’atmosfera di gioco (buona parte del gameplay sarà infatti privo di qualsiasi hud), e che contribuisce attivamente a dare vita a Tsushima e ai suoi scenari smuovendo il fogliame, la vegetazione, gli stendardi, le fiamme, e rendendo nota l’enorme quantità di elementi dinamici all’interno dello scenario, dando più concretezza a Tsushima e facendola apparire meno come un semplice livello in cui Jin può muoversi, e più come un vero e proprio ambiente che coesiste con i suoi abitanti.
Le influenze di Kurosawa sono onnipresenti nella presentazione del mondo e nei modi in cui i personaggi interagiscono al suo interno, sia per il tipo di inquadratura che per le atmosfere ed i climi durante le scene, ed il tutto contribuisce in maniera efficace all’immergere completamente il giocatore in questa versione fittizia del Giappone del 1274.
Quello che più sorprende è però come questa impronta cinematografica non sovrasti il prezioso elemento ludico, ma anzi lo esalti ancor di più: l’impiego di musiche dai toni tradizionali del cinema di genere nei momenti più opportuni, l’impostazione delle scene, dei dialoghi durante i duelli e le sequenze narrative lavorano in maniera armoniosa andando a formare un titolo che bilancia in maniera molto solida l’insieme complessivo degli elementi che vanno a formare il titolo.
Non manca certo qualche singhiozzo: la mancanza di un lock on manuale ad esempio rende la telecamera, in alcune situazioni, abbastanza fastidiosa, i modelli estetici nei menù sono caricati piuttosto lentamente (cosa strana dato che il gioco non presenta praticamente alcuna schermata di caricamento se non brevemente con i viaggi rapidi) e in alcune occasioni ci sono delle imprecisioni nel modo in cui Jin rileva le superfici verso cui salta e si arrampica, tuttavia queste imperfezioni non distruggono l’esperienza di gioco che è, per tutto il resto, ottimizzata in modo eccellente e senza intoppi tecnici.
Ghost of Tsushima: Un cielo blu eterno
Ghost of Tsushima non stravolge la formula dell’adventure a mondo aperto di cui segue fedelmente il filone, né propone una storia sovversiva che proponga temi rivoluzionari: è una storia classica che racchiude in sé tutti i crismi di un genere narrativo ben definito in una salsa ludica ormai consolidata.
Nonostante ciò, il titolo non manca di riservare sorprese e una profondità propria, un tocco personale che lascia intendere una focalizzazione ben precisa, l’uso deliberato di elementi narrativi e ludici come strumento di comunicazione di una visione definita, e questo è più che sufficiente per rendere Ghost of Tsushima un titolo accattivante e gradevole che propone una versione eccellente di una tipologia di gioco diffusa.
A brillare sono le atmosfere a regola d’arte, uno stile e un tono affascinante e ricercato ed un sistema di combattimento inaspettatamente pieno di sfumature e meccanismi che favoriscono abilità, metodo e precisione piuttosto che trascinare il giocatore per inerzia verso la fine della narrazione.
Seguendo il filone del cinema sui samurai e l’ambientazione di un Giappone antico, storico e terra terra, lontano dal più utilizzato e popolarizzato lato mistico e folkloristico della Terra del Sol Levante, questo titolo rende giustizia senza scadere nello stereotipo o nella caricatura ad un conflitto molto rilevante della storia nipponica mostrando, al tempo stesso, momenti di profonda pace ed immersione nella bellezza naturale in quanto tale e momenti di crudele brutalità e terribile violenza in un pacchetto che lascia al giocatore totale libertà di approccio al suo contenuto e al modo in cui affrontarlo.