Di cosa parla Favolacce, film italiano dei Fratelli D’Innocenzo vincitore dell’Orso d’Argento a Berlino? Esploriamo questa fiaba cupa, che affronta l’ineluttabile destino delle periferie romane.
Oh, ma lo sai che un film italiano ha vinto l’Orso d’Argento a Berlino per la miglior sceneggiatura? Esce il 17 aprile, dobbiamo assolutamente andarlo a vedere.
Così parlavo in un tempo lontanissimo, quello in cui facevo progetti per il futuro, prima del Covid e prima di un 17 aprile che non ci sarebbe mai stato. Parlavo di un film di cui allora non sapevo quasi nulla, tranne che era italiano e che aveva vinto un prestigioso premio per la sceneggiatura, ambito a me particolarmente caro, ma di cui non saprò mai abbastanza.
Fatta una prima ricerca su Google, ho scoperto che il film aveva un titolo, Favolacce, e che era stato scritto e diretto dai Fratelli D’Innocenzo. Una fiaba dark come quelle di un tempo, scritta come un tempo da una coppia di fratelli.
Tanto mi era bastato per desiderare quel 17 aprile a tal punto da segnarlo sul calendario. E oggi che finalmente quel film l’ho visto, sono ancor più sinceramente dispiaciuta che il 17 aprile per Damiano e Fabio D’Innocenzo non sia mai arrivato, relegando Favolacce al mondo dello streaming (legale o meno legale) e dell’on-demand.
La “prima opera prima” dei Fratelli D’Innocenzo: La terra dell’abbastanza
Favolacce, per dirla con le stesse parole dei suoi autori, è la seconda opera prima dei Fratelli D’Innocenzo.
La “prima opera prima” si chiama La terra dell’abbastanza, 2018, Nastro d’Argento al miglior regista esordiente. Un film che, citando Federico Pontiggia, “ha un unico, gravoso problema: essere arrivato tardi sul terreno delle periferie dell’Italia oggi, in primis romana e criminale”, e che non è privo di difetti.
Ma sono quegli stessi difetti a renderlo accattivante, a conferire alla storia quella ruvidità che così ben rispecchia i temi trattati: l’assuefazione al male, l’indifferenza e dell’ineluttabilità.
La “seconda opera prima” dei Fratelli D’Innocenzo: Favolacce
È sempre l’ineluttabile a stare, per molti versi, la centro di Favolacce. È un film slow burn in cui, prima ancora di aver colto con chiarezza dove si sta andando a parare, ci si sente risucchiati, trascinati verso un qualcosa di ancora indefinito, ma di certo molto poco desiderabile. Una sensazione amplificata dai tuoni che sin dall’inizio sentiamo in lontananza e che si avvicinano sempre di più.
[Favolacce] è ispirato a una storia vera.
La storia vera è ispirata a una storia falsa, la storia falsa non è molto ispirata.
Così il narratore (Max Tortora) ci introduce a ciò che stiamo per vedere. Si tratta di una vicenda che muove i propri passi a partire dal diario di una bambina della periferia romana, ritrovato dopo essere stato bruscamente interrotto. Da qui nasce una storia in cui i fatti riportati si fondono con l’immaginazione, scegliendo la strada, tanto cara a registi del calibro di Lars Von Trier (che l’ha applicata anche nel recentissimo La casa di Jack), del narratore inattendibile.
Non un’autobiografia, ma un’idea del mondo e della periferia romana
Come gli stessi Fratelli D’Innocenzo riportano, Favolacce non è una storia autobiografica, ma è comunque basata sulla loro infanzia, sull’idea del mondo che i due si erano creati, assieme, crescendo tra Tor Bella Monaca e Torvajanica. E infatti, la sceneggiatura nasce, per poi rimanere sostanzialmente invariata, quando i due ragazzi, oggi trentenni, erano ancora appena diciannovenni.
Favolacce racconta di una periferia dove gli adulti sono mediocri nel migliore dei casi, orchi nel peggiore. Adulti che mostrano ai propri figli una realtà fatta di invidia, rabbia, rassegnazione, a tratti bestialità. Una realtà in cui anche lo spettatore si sente intrappolato, incapace di vedere una via di fuga.
Ma i bambini di Favolacce, giudici silenziosi delle azioni dei loro genitori, hanno trovato da soli la scia di molliche di pane che li porterà fuori dalla foresta. Una strada terribile e dolorosa, ma per loro preferibile alla condanna alla mediocrità che sentono su di loro imposta.
Perché vedere Favolacce?
Favolacce è un film che merita di essere visto. Se non volete perdervi un’altra ottima performance di Elio Germano. E se avete sempre apprezzato il lato oscuro delle fiabe. Se amate le storie con più livelli di lettura. Se vi piace confrontarvi con dei narratori che non si scusano per avervi messi a disagio.
O solo, banalmente, per dire di aver visto un film italiano diverso da quelli a cui siamo abituati di solito.