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Estraneo a Bordo – la fantascienza ci insegna qualcosa

Estraneo a Bordo è un film di Joe Penna che, da alcuni giorni, è disponibile sulla piattaforma di Netflix.
Come possiamo descrivere quest’opera?
Siamo abituati, di solito, ad aspettarci terribili alieni che vivono nel vuoto dello spazio, pronti ad uccidere i malcapitati astronauti. Terribili esperimenti scientifici andati male. Creature dimenticate che cercano il modo di sopravvivere. Altre volte, invece, ci troviamo innanzi a lavori che, oltre a narrare una storia, ci vogliono far aprire anche gli occhi sulla realtà della nostra vita.

Era forse questa l’idea di Joe Penna? Possibile. Di sicuro io ho visto questo tra le righe.
Non è la prima volta che la fantascienza cerca di aiutare l’essere umano a superare determinati modi di pensare, ma prima di arrivare a questi pensieri così profondi, andiamo un attimo ad analizzare il film.

Di cosa parla Estraneo a Bordo?

La trama di Estraneo a Bordo, non è delle più innovative. Come già anticipato dal titolo stesso, il film si sviluppa sul fatto che un clandestino si imbarca erroneamente a bordo un’astronave che sta compiendo un viaggio verso Marte.
Fin dai primi minuti del film ci troviamo catapultati all’interno dell’azione. Le manovre di pre-lancio vengono effettuate con successo e l’astronave lascia la Terra e comincia il suo viaggio.

Fin qui tutto bene.

Le cose si complicano dopo le prime dodici ore di viaggio, quando il capitano della nave rinviene delle macchie di sangue sulla nave. A seguito di questo ritrovamento viene scoperto l’estraneo del titolo.
Da qui in poi il film comincia a ricordare un po’ un racconto di fantascienza degli anni ’50 di Tom Godwin: The Cold Equations. Le tematiche della storia iniziano a virare verso la sopravvivenza. In nessun modo le razioni, l’acqua e l’ossigeno potranno essere sufficienti per tutti i partecipanti al viaggio, ora che sono quattro a bordo dell’astronave e non più tre.

La narrazione si sviluppa seguendo un filone d’azione ma, all’interno di questo, è possibile ritrovare riflessioni interessanti sulla psicologia dei personaggi. La disperazione di alcuni di loro è palpabile, come la paura di fallire. Altri invece si sentono come trasportati in balia degli eventi.
La crescita emotiva dei personaggi non è banale, anche se un approfondimento maggiore dei protagonisti, a mio particolare gusto, sarebbe stato più interessante rispetto ai momenti più dinamici.

Le tematiche del film

Tutte le serie e i film di fantascienza hanno come tematica di fondo la sopravvivenza.

Quando anni fa lessi questa frase, all’interno di una recensione di un film, inizialmente non ci diedi molto peso. Ad oggi, dopo quintali di racconti sci-fi, serie televisive e film, posso cautamente darle ragione.
Per citare Bones nel film Star Trek (2007):

Lo spazio è malattia e pericolo, nell’oscurità e nel silenzio.

Nel caso di questo film è pericolo, silenzio e oscurità, anche se non è tanto l’oscurità del vuoto spaziale, quanto quella dell’animo umano. Vengono analizzati i comportamenti dell’essere vivente che è obbligato alla penuria di risorse, di spazio vitale, ma soprattutto della mancanza di tempo per risolvere determinate situazioni.

Potrebbe essere visto come un parallelismo dei tempi che stiamo vivendo. L’immigrazione che è considerata una delle piaghe del mondo occidentale è trasposta in questo film con un estraneo a bordo. Inizialmente accettato, poi osteggiato. Il venir considerato un peso da parte dell’equipaggio, una bocca in più da sfamare, la non specializzazione dell’individuo che si accolla qualsiasi lavoro pur di essere accettato.
Vi ricorda nulla questa situazione?

Eppure tutto questo non viene trattato in modo banale come potremmo aspettarci, anzi.
Ripeto, ovviamente sono tutte visioni mie personali, magari altri vedranno parti diverse all’interno della trama del film che io non ho colto, ma diciamo che apprezzo sempre quando la fantascienza cerca di aprire gli occhi allo spettatore

Estraneo a Bordo
cast e crew di Estraneo a Bordo

Conclusioni su Estraneo a Bordo

Onestamente, per quanto possa sembrare banale la trama del film, o già vista, ho apprezzato abbastanza il lavoro di Joe Penna. La tensione è ben dosata, anche nelle scene d’azione, forse un po’ troppo preponderanti.
Il taglio della fotografia mi ha ricordato molto i film degli anni ‘ 60 e ’70 dello stesso genere. Mi ha anche portato a guardare un recente cortometraggio (che potete trovare qui) tratto dal racconto di cui parlavo poco sopra.

Forse avrei preferito che i minuti finali non fossero così carichi di “retorica”, per quello mi basta Star Trek. Avrei preferito che il messaggio fosse chiaro. La necessità di non puntare il dito contro qualcuno.

In ogni caso reputo la prova attoriale dei protagonisti (Toni Colette, Anna Kendrick, Daniel Dae Kim e Shamier Anderson) molto valida, come il taglio acuto e vivido di Klemens Becker che si è occupato della fotografia.
Luci e ombre insomma su questo film. Tuttavia il messaggio che il regista voleva trasmettere rimane.

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