Perché è lecito vedere in Luca, il film animato Pixar in onda su Disney+, il sottotesto delle paure e delle esperienze di un coming out bisessuale? E perché non c’è nulla di morboso in questo?
In questi giorni, è stato reso disponibile sulla piattaforma Disney+ Luca, il nuovo film animato targato Pixar.
Diretto dall’italiano Enrico Casarosa, Luca è ambientato a Portorosso, un piccolo paesello ligure che si affaccia sul Tirreno, e racconta la storia di Luca e Alberto, due creature marine che cercano di coronare i propri sogni di libertà sulla terra ferma, insieme alla giovane umana Giulia.
Attenzione: questo articolo contiene spoiler sul film Luca
Luca è un classico film Pixar che parla di paura del diverso e accettazione delle differenze. Sono tematiche molto universali e che si possono applicare a tantissime situazioni, dal razzismo all’omobitransfobia.
Anche per questo motivo, molte persone queer hanno rivisto in Luca le loro paure di fare coming out, perché convinte (e con buone ragioni!) di non essere accettate dalle persone attorno a loro. Inoltre, molte persone bisessuali si sono ritrovate molto nella situazione di Luca, nella sua difficile ricerca dell’equilibrio tra l’affetto per Alberto e quello per Giulia.
Infatti, la pagina Facebook italiana Orgoglio Bisessuale, in questi giorni, ha scherzosamente definito Luca “cultura bisessuale”, a sottolineare quanto le persone queer in generale, e bisessuali in particolare tendano a rivedersi nelle dinamiche del film.
Tuttavia, Orgoglio Bisessuale è stata travolta da insulti e insinuazioni di pedofilia per questa affermazione.
Quindi, in questo articolo vedremo meglio come Luca veicoli, sebbene involontariamente, un messaggio che è molto vicino all’esperienza di molte persone bisessuali. Inoltre, vedremo anche perché non ci sia nulla di malsano nel dare una lettura personale queer a Luca, poiché “queer” non significa necessariamente “erotico” e dunque non prevede alcuna sessualizzazione dei protagonisti adolescenti.
La trama del film, velocemente
Luca racconta la storia di autodeterminazione e ricerca dell’indipendenza di Luca, un giovane mostro marino che vorrebbe conoscere meglio come si vive sulla terra ferma. Spinto dall’amico Alberto, giovane mostro marino ribelle che vive da solo fuori dall’acqua, a uscire sulla superficie, il ragazzo scopre di poter assumere sembianze umane, a patto di non bagnarsi. Tuttavia, i genitori di Luca ben presto scoprono le sue avventure terrestri e, per paura che venga ucciso dagli umani, sono decisi a spedire il figlio negli abissi insieme allo zio.
La fuga in superficie
Tuttavia, il giovane mostro marino non accetta questa sorte e decide di scappare con Alberto nella cittadina di Portorosso. La loro idea è di trovare una Vespa (sì, proprio lo storico motorino italiano) e viaggiare liberi per il mondo. Ma, poiché hanno bisogno di soldi per comprarla, i due ragazzi decidono di guadagnarli aiutando la giovane e determinata umana Giulia a vincere l’annuale gara di triathlon per ragazzini del paese, sconfiggendo l’arrogante Ercole Visconti, il bullettino del paese.
Durante l’allenamento, però, Luca e Alberto scoprono che la terra ferma può dare loro cose che non sapevano di volere. Luca scopre l’esistenza della scuola grazie a Giulia, e inizia quindi a sognare di andare a scuola con la ragazza per conoscere i segreti della superficie. Antonio, invece, trova nel padre di Giulia, Massimo, la figura genitoriale che gli è sempre mancata da quando suo padre lo ha abbandonato.
Il conflitto tra Luca e Antonio
Tuttavia, Alberto non vuole ammettere di aver bisogno di qualcuno e teme che Giulia possa rubargli l’amico del cuore. Così, in un impeto di gelosia, finisce per smascherarsi come mostro marino. Ma il suo piano non va come previsto: infatti, Luca non si smaschera a sua volta, fingendo di essere spaventato dall’amico diventato mostro. Così, Antonio è costretto a fuggire da solo, schivando gli arpioni degli abitanti di Portorosso.
Ma Luca non riesce a darsi pace per il proprio voltafaccia. Così, dopo aver detto la verità a Giulia e dopo aver scoperto il passato di Alberto, decide di partecipare al triathlon da solo, tanto per sconfiggere l’odiato Ercole per Giulia, quanto per vincere la Vespa per Alberto.
La risoluzione finale
Nel giorno del triathlon però piove e, poco prima del traguardo, Luca torna in forma di mostro marino di fronte a tutta Portorosso. Aggredito da Ercole che cerca di arpionarlo per vincere la taglia sulla sua testa, Luca viene però aiutato prima da Alberto, poi da Giulia. Così, in sella sulla stessa bici, i due mostri marini tagliano il traguardo, vincendo la gara di Portorosso.
Forti del sostegno di Giulia e Massimo, i due ragazzi riescono a essere accettati dal resto di Portorosso. Anzi, dopo la loro vittoria, diversi altri abitanti si rivelano essere dei mostri marini che hanno pacificamente abitato in superficie per anni.
Così, a Portorosso si appendono al muro gli arpioni ammazza-mostri. Luca corona il proprio sogno di andare a scuola insieme a Giulia, finalmente sostenuto dai propri genitori e con il biglietto del treno per Genova pagato da Alberto, che ha venduto l’agognata Vespa per aiutare l’amico. Dal canto suo, Alberto rimarrà a Portorosso insieme a Massimo, ritrovando così un padre che tiene davvero a lui.
Luca e l’involontaria sottotrama queer
Questo film è basato sull’esperienza personale e sull’infanzia di Enrico Casarosa, che ha voluto così raccontare la propria amicizia con il “suo” Alberto. Infatti, Casarosa racconta di aver avuto un amico di nome Alberto, molto più avventuroso di lui, che gli ha insegnato a superare le proprie paure.
Quindi, nella mente di Casarosa Luca non era stato pensato per raccontare una storia di coming out, bensì una di scoperta e accettazione di se stessi, così come di generico superamento delle differenze.
Tuttavia, moltissime tra le persone (queer e non) che hanno guardato il film hanno avuto la netta impressione di un’allegoria sul coming out.
Infatti, sebbene Casarosa volesse raccontare la storia di due “sfigati”, il fatto che Luca e Alberto siano mostri marini non li rende solo “strani” agli occhi degli abitanti di Portorosso.
Al contrario, i mostri marini a Portorosso sono perseguitati e uccisi a vista. Per quanto Casarosa potesse voler rendere più forte e immediato il pregiudizio verso il diverso, il fatto che i protagonisti siano letteralmente in pericolo di vita per la loro natura (con cui sono nati, che non è intrinsecamente sbagliata e che non possono cambiare) è una situazione che le persone queer conoscono molto bene.
E quando si mette in scena quella che è letteralmente l’esperienza di vita delle persone queer, non ci si può lamentare quando le suddette persone queer dicono quanto si siano ritrovate in questo film.
La mia esperienza con Luca, da bisessuale sfigata
Personalmente, quando ho visto Luca ho empatizzato col protagonista su più livelli.
Innanzitutto, sul livello dell’essere un outsider in senso generico, ossia l’essere uno sfigato. Questa è stata la mia condizione per tutta l’infanzia fino agli undici anni, quindi potrete capire che, da sfigata, ho empatizzato molto con Luca e Giulia.
Credo che il film faccia un buon lavoro per rappresentare l’idea di non sentirsi totalmente parte di una comunità, di sentirsi sempre abbastanza diversi da non riuscire mai davvero a integrarsi e di essere sempre, qui non metaforicamente, il “mostro” della situazione.
Scegliere, scegliere e scegliere ancora
Tuttavia, da persona bisessuale, non ho potuto non leggere il sottotesto involontariamente queer del film. Non solo per me il “coming out” di Luca e Alberto come mostri è stato un enorme parallelismo con il mio coming out come bisessuale, ma anche la tensione tra i “due mondi” del film mi ha parlato molto.
Infatti, personalmente, ho sentito molto il parallelismo tra essere pesce VS essere umano e l’amare gli uomini VS l’amare le donne. (Tenendo poi conto anche del fatto che le persone bisessuali non sono attratte solo da due generi, ma questo è un discorso per un’altra occasione.)
A Luca, infatti, viene costantemente chiesto di scegliere tra l’essere umano o l’essere pesce. Questa costante scelta è stata poi resa ancora più prominente quando, de facto, Luca ha dovuto scegliere tra Alberto (pesce) e Giulia (umana). Quest’ultima scelta, poi, per me è stata ancora più emblematica, perché è anche contemporaneamente una scelta tra un maschio e una femmina.
La costante richiesta di “scegliere una sponda” è un’esperienza molto comune per le persone bisessuali.
È una richiesta che ci viene fatta tanto dalle persone etero, quanto dalle persone omosessuali. Per molti, infatti, le persone bisessuali sono le eterne indecise, quelle che più probabilmente tradiranno il/la partner, quelle confuse, quelle che fingono. Quelle che “sono solo gay/lesbiche che non vogliono fare davvero coming out” o che “sono etero che vogliono attenzioni”.
L’equilibrio finale tra due mondi
Su una nota più positiva, mi sono anche rivista molto nel modo in cui Luca risolve il conflitto tra umano e pesce, tra Alberto e Giulia. Infatti, alla fine, Luca si accetta ed è accettato nella sua complessità. Ha il supporto tanto dei genitori pesci, quanto dell’umano Massimo. Ha il supporto sia di Giulia, sia di Alberto, con i quali divide in parti uguali la propria vita: inverno a Genova con Giulia, estate a Portorosso con anche Alberto. E corona il suo sogno di andare a scuola, prendendo il treno per Genova in forma di mostro marino.
L’equilibrio simbolico tra i due mondi di Luca e il modo in cui il nostro protagonista, alla fine, è arricchito da entrambe le sue nature è una grande metafora della mia esperienza come persona bisessuale.
Intenzioni dell’autore VS lettura personale
Per affrontare questa tematica bisognerebbe fare un discorso molto lungo e complesso sulle diverse letture critiche che un’opera può avere e sul concetto di “morte dell’autore”.
Poiché questo articolo è già abbastanza lungo di suo, non starò a fare questo discorso qui.
Voglio però sottolineare come un’opera non si fondi solo sull’interpretazione datale dall’autore, ma possa avere diverse interpretazioni che coesistono.
Infatti, nello studio di un’opera esisterà sempre l’interpretazione dell’autore, che ha ovviamente i suoi motivi per cui ha prodotto il proprio lavoro, e le proprie esperienze di vita con cui lo ha arricchito.
Contemporaneamente, però, un’opera viene fruita anche da tantissime altre persone, ognuna delle quale avrà un proprio rapporto unico con i suoi contenuti. Ognuno di noi vivrà queste opere in modo diverso e si ritroverà in esse in modi e per motivi diversi. Pertanto, chi fruisce un’opera avrà la propria interpretazione di essa, basata sulle proprie esperienze personali.
Capirete che è impossibile impedire che le persone abbiano la propria interpretazione di un’opera, perché è fisiologico che a ogni lettura un’opera ottenga una nuova interpretazione. Alla fine, potremmo quasi dire che esistono tante opere quanti sono i loro lettori e le loro lettrici.
Detto questo, l’interpretazione originale e “storica” dell’autore o dell’autrice non viene soppiantata dalle interpretazioni personali di chi fruisce l’opera. Al contrario, queste interpretazioni esistono contemporaneamente e sono entrambe valide.
Da un lato, infatti, capiamo come e perché un’opera sia nata. Dall’altro, invece, capiamo come e perché un’opera ha successo.
Quindi, se delle persone queer, guardando Luca, rivedono in quella storia paure che hanno provato e situazioni che hanno vissuto, è una cosa lecita, che può succedere a prescindere dalle intenzioni dell’autore. E, sottolineo, non è meno “vera” dell’interpretazione data dall’autore, e non può essere ridotta a pura speculazione.
L’attacco a Orgoglio Bisessuale: perché una lettura queer non è perversione?
Ora, sulla base dei due paragrafi precedenti, dovrebbe essere abbastanza chiaro perché Luca sia un’opera in cui tante persone bisessuali si rivedono.
Tuttavia, quando Orgoglio Bisessuale (OB) ha affermato che Luca fosse “cultura bisessuale”, sottolineando quanto il film risuoni con l’esperienza delle persone bisessuali, è scoppiato l’inferno.
Le accuse di perversione e pedofilia
Infatti, molte persone sono corse a commentare il meme della pagina, accusando chi amministra OB di varie cose. Si va dall’accusa di vedere la bisessualità ovunque in maniera ossessiva, fino alle accuse più o meno esplicite di pedofilia.
Vi lascio qui sotto alcuni commenti esplicativi.
O forse siete semplicemente ossessionati e vedete parallelismi inesistenti alle vostre istanze sociali un po’ dovunque
Ok pedo
é inutile girarci intorno, tanto si sa dove volete andare a parare
Ma sono dei bambini cristoddio
Orgoglio Bisessuale dai dillo che ti piace l’idea che due minori si inc*lino, così tagliamo la testa al toro
Mo vi fate pure i s*goni sui bambini liguri degli anni ’60, grandissimi
Anno 2021: l’amicizia non esiste, ci deve essere per forza una sottotrama erotica o sessuale sotto
Imbecilli
Siete dei pedofili come il resto della vostra comunità, e non potete convincermi altrimenti.
Perché questi commenti infamanti non hanno senso di esistere?
Non credevo di arrivare al 2021 dovendo ancora spiegare che gli orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità non sono intrinsecamente legati all’erotismo. Basti vedere come è stato trattato il rapporto romantico tra due donne in She-Ra, per esempio.
Anche qualora volessimo vedere il rapporto tra Luca e Alberto come romantico, il fatto che sia non etero non significa che sia automaticamente sessuale.
Per chi non lo sapesse, infatti, le cotte platoniche adolescenziali esistono anche tra coppie non etero. E vedere un rapporto romantico tra due ragazzini non significa in alcun modo sessualizzarli. Altrimenti, dovremmo vedere come automaticamente sessuale anche il rapporto romantico e innocente tra, per esempio, Mowgli e Shanti ne Il libro della giungla (1967), o tra qualsiasi coppiettina etero formata da ragazzini.
Al contrario, vedere un rapporto non etero come intrinsecamente sessuale dice moltissimo di quanto chi ha questa opinione veda gli orientamenti sessuali non etero come mere etichette da video porno.
Il fatto che alcune persone bisessuali abbiano rivisto un proprio vissuto nella storia di Luca non è perversione, o un “leggere cose che non ci sono”. È solo parte del continuo dialogo che un’opera ha con il suo pubblico.
Peccato che questo dialogo diventi così osteggiato, quando è fatto da gente non etero.