Doom Eternal è un videogioco sparatutto in prima persona, è il sequel di Doom. Annunciato durante la conferenza di Bethesda all’E3 2018, Doom Eternal è sviluppato da id Software per pc, playstation 4, xbox one e switch.
Era il 1991 quando John Carmack, John Romero, Tom Hall e Adrian Carmack, abbandonata la software house Softdisk, fondarono id Software lanciandosi nel mondo dei videogiochi. L’anno successivo, la compagnia gettò le basi per quello che sarebbe diventato un vero e proprio genere con Wolfenstein 3D, genere che venne però definitivamente stabilito nel dicembre del 1993 quando id, sulla scia del successo di Wolfenstein 3D, portò attraverso Doom uno dei titoli più influenti e pionieristici di tutta la storia videoludica.
A distanza di ben 27 anni la compagnia è radicalmente diversa nelle dimensioni e nella struttura, tuttavia id Software sembra voler tornare alla carica e rincarare la dose cercando di stabilire in un’industria che molto si è evoluta ed allontanata dai canoni degli anni ‘90 la posizione di punta del loro franchise nel panorama degli sparatutto in prima persona.
Con la stessa violenza ed energia di Doomguy, protagonista indiscusso della serie, il team di sviluppo propone dunque un nuovo tuffo all’inferno con Doom Eternal, portando sulle nostre piattaforme uno dei grandi ritorni alla classicità che il mondo videoludico promette per il 2020.

Un percorso infernale
Prima di osservare la proposta odierna di id Software è opportuno fare un passo indietro e tornare al 2004, quando la compagnia pubblicò Doom 3, un titolo ben apprezzato e di successo critico e commerciale le cui ricche atmosfere e (per l’epoca) comparto tecnico furono abbondantemente premiate.
Tuttavia, Doom 3 non lasciò completamente soddisfatto il pubblico, né apparentemente il team di sviluppo stesso: i primi furono spiazzati dalla nuova direzione intrapresa da Doom, che abbandonato il tono sopra le righe di esasperata violenza e gameplay frenetico ed energico abbracciando un’atmosfera più cupa, ridimensionata e all’insegna dell’horror d’azione, concentrandosi sull’aspetto narrativo (rivelatosi però inefficace) e che mal si sposava con i ritmi e le “regole” da run and gun che avevano portato al successo i capitoli precedenti.
Allo stesso modo il team di id Software non riuscì pienamente a trovare l’identità di Doom in una deriva survival horror, tanto da voler tornare ad un gamepaly più adrenalinico già nelle fasi embrionali di sviluppo di Doom 4.
Ben presto però iniziarono ad emergere diverse difficoltà, dettate soprattutto dall’approccio più realistico alle atmosfere e alle ambientazioni del gioco, approccio che, per quanto ben realizzate, fallivano nel creare una personalità che permettesse al titolo di emergere nel mare di Call of Duty e Battlefield che ormai dominavano il genere.
Fu proprio la necessità di competere con questi due colossi in un’era in cui esistono anche giocatori più giovani, ignari dei classici Doom, stabilendo una propria identità e al contempo essere fedele al classico la principale sfida di id Software, sfida che trovò la propria risposta proprio nei punti cardine di quei classici titoli del franchise.
Il risultato della nuova (e vecchia) direzione venne pubblicato nel 2016 come soft-reboot intitolato semplicemente “Doom”.
Questo capitolo della serie proponeva come elemento centrale del suo gameplay gli elementi più classici degli sparatutto di vecchia data: al centro dell’intera struttura di gioco il movimento è il pilastro portante, viene abbandonata la ricarica delle armi per mantenere il gioco in costante movimento, veloce, adrenalinico, che ricompensa l’aggressività e l’approccio “di faccia”, sfavorendo il giocatore che si nasconde rimanendo immobile al riparo venendo, di conseguenza, rapidamente sopraffatto dalle orde di demoni.
Stilisticamente il gioco, benché con alcuni residui delle atmosfere e dei design più cupi di Doom 3, fa un passo indietro tornando al tono sopra le righe e quasi slapstick comedy accompagnato da un uso sapiente di musica dalle tonalità musicali ben amalgamate con l’energia e la carica che avrebbero dovuto pervadere l’intero titolo, rievocando i temi classici in chiave moderna con una variazione direttamente correlata agli eventi dei momenti di gameplay, portando il giocatore a condurre il ritmo della battaglia tanto quanto la musica del momento.
Sentendo la sua lontananza con l’identità della serie, il team decise di non enfatizzare la narrazione, lasciando però che i più interessati all’ambientazione ed agli eventi potessero approfondire il corso degli eventi attraverso porzioni di codex disseminati nei livelli di gioco, andando a costituire un titolo notevolmente ben ricevuto, percepito come un vero ritorno alla sua forma più classica.
4 anni dopo, Doom Eternal ci dimostra che per id Software quel capitolo era solo un sondare il terreno: la vera piena realizzazione del progetto di reboot di questo franchise si concretizzerà qui, attraverso un titolo che a tratti varca la linea dello sparatutto fino a sfiorare i tratti dei così detti giochi “character action”.

Inferno sulla Terra
Dopo il finale in sospeso del precedente capitolo, sarebbe naturale aspettarsi una diretta continuità con quanto avvenuto in seguito al ritrovamento del Crogiolo da parte del Doom Slayer.
Doom Eternal rompe questo schema in favore del gettare il giocatore a vicenda avviata: è passato diverso tempo dagli eventi associati al suo risveglio nella base UAC su Marte, con la Terra completamente invasa dalle orde di demoni dell’Inferno che hanno spazzato via una buona porzione della popolazione umana sotto la guida dei Sacerdoti Infernali e la Khan Maykr, una figura a metà tra l’angelico e l’alieno che intende sacrificare i terrestri per il proprio tornaconto.
L’interruzione del rituale per assimilare la Terra, e quindi l’uccisione dei tre Sacerdoti Infernali, saranno l’obiettivo principale del Doom Slayer, intenzionato come sempre ad eliminare ogni singolo essere demoniaco dalla faccia dell’universo vegliando sul pianeta dalla Fortezza di Doom, una gigantesca nave da battaglia delle Sentinelle della Notte che lo Slayer utilizza come base insieme all’I.A. VEGA, di cui il protagonista aveva salvato un backup nel precedente capitolo.
Sebbene presentata in maniera forse un po’ confusa, almeno inizialmente, la premessa e la narrativa di Doom Eternal rimangono, consistentemente con il precedente titolo, un aspetto secondario rispetto all’esperienza complessiva, sebbene proprio come in precedenza il gioco abbia disseminato nelle missioni che il giocatore andrà ad affrontare numerosi codex di approfondimento che presentano spunti interessanti, senza mancare di riservare qualche sorpresa e che godono di una scrittura ben coesa con l’ambientazione e con i toni del gioco, senza però mai essere approssimativa o superficiale fornendo così un comparto narrativo che è sì secondario, ma che è decisamente corposo e affascinante (specialmente nelle sezioni riguardanti i retroscena della civiltà di Argent D’Nur, le Sentinelle della Notte ed il Doom Slayer stesso).
Così come le premesse appena accennate, volte a fornire un pretesto rivolto più al giocatore che al rabbioso Slayer per la sua inarrestabile crociata contro le creature dell’inferno, il tono di Doom Eternal si ripropone come caricaturale, cartoonesco, completamente sopra le righe e spensierato: da dettagli quali l’utilizzo paradossale del termine “diversamente mortali” da parte dei complessi internazionali terrestri in riferimento ai “demoni”, termine ritenuto troppo offensivo, fino alle reazioni ed interazioni fortemente comiche degli umani sopravvissuti al passaggio del silenzioso e brutale Slayer, il titolo comunica la propria personalità e narrativa attraverso le azioni piuttosto che a lunghi e verbosi passaggi espositivi: la figura, “indubbiamente umana” secondo un medico, del protagonista finisce per essere mitizzata in quella di un implacabile guerriero semi-divino di proporzioni bibliche dando al giocatore un senso di superiorità intrinseca rispetto ai demoni, superiorità ribadita costantemente dall’agitazione e dalle continue e disperate contromisure che le armate infernali cercheranno di prendere pur di rallentare il giocatore.
Questo tono completamente esagerato viene riaffermato anche nella direzione artistica che, a differenza del suo predecessore, risulta essere molto più colorato e cromaticamente variegato, con una varietà di ambientazioni che vedrà il Doom Slayer visitare non solo diverse aree della Terra, ma anche dell’Inferno e di mondi alieni inediti, abbandonando i sotto-testi a tratti macabri di Doom in favore di un approccio più classico, riscontrato anche nel design dei nemici che, nella stragrande maggioranza dei casi, riprende nei nemici di vecchia data una moderna versione del design dei loro sprite visti in Doom (‘93) e Doom II.

Rip and Tear
Tutti gli elementi stilistici di Doom Eternal finiscono per amalgamarsi perfettamente al gameplay, vero cuore pulsante del titolo, che ripropone la formula del suo predecessore con moltissime novità e variazioni, al punto da richiedere un approccio nettamente diverso ad alcuni degli strumenti a disposizione del giocatore.
Il movimento rimane una componente essenziale delle battaglie di Doom Eternal, favorito da una velocità elevata di corsa e numerose opzioni di mobilità oltre al ritorno del doppio salto: il Doom Slayer in questo capitolo può godere non solo di ben due scatti rapidi, utilizzabili anche a mezz’aria, in grado di ricoprire notevoli distanze a velocità elevatissime, con un tempo di ricarica estremamente basso (purché si tocchi terra), ma anche di tutta una serie di elementi platform che ne incrementano la mobilità durante le fasi di combattimento, oltre che a fare da elemento di platforming durante le fasi di progressione ed esplorazione.
Oltre all’agilità sovraumana dello Slayer, ovviamente, fa ritorno il suo terrificante arsenale di armi da fuoco: molte delle armi del precedente capitolo fanno ritorno in Doom Eternal, alcune delle quali hanno subito un redesign più in linea con i canoni classici della serie. Tra le 9 armi, ottenute nel proseguimento delle missioni, disponibili nell’armeria del Doom Slayer manca all’appello il Cannone Gauss, sostituito da una potentissima Balista, così come la pistola, un’arma rivelatasi decisamente marginale nel precedente capitolo, è stata rimossa completamente mentre al Super Shotgun è stato aggiunto un rampino che permette di agganciarsi ai demoni ed avvicinarsi a loro rapidamente.
Anche le mod armi, presentate in Doom come due modalità di fuoco alternativo intercambiabili al volo per ogni arma da fuoco, fanno ritorno benché diverse mod presenti nel precedente capitolo sono state modificate o sostituite completamente migliorando il loro funzionamento e la loro efficacia generale incentivando maggiormente il loro utilizzo.
A favorire la variazione costante di utilizzo del proprio arsenale ci sono diversi fattori: il primo, e più immediatamente riscontrabile, sta nel design dei nemici e della loro integrazione all’interno dei sistemi di gioco.
Tolti i demoni di basso rango, facilmente liquidabili con poche risorse, ogni nemico presenta punti deboli ben definiti che possono spaziare dalle loro armi, come nel caso dei Mancubus, fino alla loro struttura e capacità fisiche, come nel caso dei Cacodemoni. Sarà dunque necessario sfruttare l’arma adeguata in ogni situazione per eliminare efficacemente i nemici ed evitare di venire sovrastati dalla netta superiorità numerica di cui le forze dell’inferno possono disporre.
Questa scelta di design è volta innanzitutto a contrastare la tendenza nel genere sparatutto di avere la tipica arma “risolutiva”, quell’arma che spesso viene identificata come particolarmente efficace e quindi raramente cambiata in sfavore dell’utilizzo delle altre (era questo il caso, ad esempio, del Super Shotgun nel precedente Doom) ma ha soprattutto la funzione di mantenere costantemente in allerta il giocatore, che si ritroverà a cambiare rapidamente da arma ad arma a seconda del momento e della situazione cercando sempre la strategia più adeguata alla risoluzione degli scontri.
L’altro incentivo ad utilizzare ogni strumento a disposizione dello Slayer sta nelle risorse a lui effettivamente disponibili: sia le risorse ritrovabili che la capienza delle armi, infatti, è stata ridotta drasticamente limitando in maniera decisiva tanto le munizioni quanto salute e armatura utilizzabili nel corso di uno scontro.
Se questo può, di primo impatto, sembrare un modo poco elegante di incrementare artificialmente la difficoltà di gioco, la restante strumentazione a disposizione dello Slayer rende questa scelta di design estremamente efficace e omogenea con tutti i sistemi di gioco.
Direttamente dal capitolo precedente, infatti, la motosega ritorna nell’arsenale del Doom Slayer con le stesse modalità di utilizzo ricompensando nuovamente il giocatore con una quantità copiosa di munizioni.
Se però in Doom la motosega era una risorsa limitata volta più all’eliminazione di un nemico particolarmente scomodo vista l’abbondanza di risorse a disposizione, qui la micidiale arma diventa di vitale importanza per mantenere il ritmo della battaglia continuando ad accumulare le munizioni man mano che vengono consumate nel corso dell’agguerrito scontro contro i demoni.
Ad incentivare questa funzionalità, infatti, la motosega potrà disporre sempre di almeno una carica di carburante, sufficiente ad eliminare un demone di bassa categoria, che si ricaricherà automaticamente nel tempo permettendo al giocatore di non risparmiare numerose cariche riservandole unicamente ai demoni più grandi, ma incentivandolo a tenere traccia dei demoni più piccoli in caso di necessità.
Per quanto riguarda la salute, invece, le Uccisioni Epiche, che ricompensano il giocatore con una dose di energia, sono nuovamente parte integrante del gameplay, incentivando uno stile di gioco aggressivo e ravvicinato ulteriormente migliorato da un’incrementata velocità di esecuzione che disturba ancora meno il ritmo di gioco.
Il lanciafiamme, new entry nell’equipaggiamento del Doom Slayer, permette di indebolire temporaneamente i nemici causando loro danni nel tempo e portando i loro corpi in fiamme a generare, per tutta la durata della combustione, armatura per rifornire il Doom Slayer.
Ulteriore armatura viene generata colpendo i nemici che hanno preso fuoco, mentre una quantità abbondante di questa risorsa viene accumulato in caso il demone venga ucciso mentre è in fiamme.
A fianco del lanciafiamme troviamo le classiche granate a frammentazione e una potente ed utilissima granata congelante che blocca temporaneamente i nemici coinvolti nella sua esplosione, tutti strumenti che, come la carica base della motosega, non richiedono l’uso di risorse ma saranno sempre disponibili allo Slayer scandite da un breve tempo di ricarica.
A concludere il già abbondante repertorio del protagonista troviamo infine un colpo corpo a corpo rinforzato di potenza inaudita, caricabile inizialmente solo attraverso le Uccisioni Epiche per poi essere consumato, e la Lama del Crogiolo, una spada di energia appartenente al passato del Doom Slayer in grado di eliminare qualunque demone in un solo colpo, benché possa essere usato un numero limitato di volte prima di richiedere il ritrovamento di energia per alimentarla.

Combattere per esplorare, esplorare per combattere
Considerata la quantità più che abbondante di gadget e armi alla mercé del giocatore, non c’è da sorprendersi se i combattimenti che si andranno ad affrontare saranno numerosi, carichi di nemici ed estremamente aggressivi.
A rendere efficaci questi elementi sono le eccellenti arene progettate da id Software, perfettamente funzionali con il movimento costante e veloce del Doom Slayer e ben amalgamate con il resto dell’ambientazione, permettendo al giocatore di muoversi al meglio secondo le sue strategie mentre si fa spazio tra le membra martoriate dei demoni che osano mettersi sul suo cammino.
Certo, non tutti gli scontri presenteranno delle aree perfettamente calibrate rispetto ai nemici che vi si trovano collocati, tuttavia questi casi sono molto rari paragonati alla quantità e qualità del restante comparto di gioco, tanto da venire rapidamente affossate dalla stragrande maggioranza delle fasi di combattimento del gioco.
Il comparto audio delle armi ed il gunplay in generale sono eccellenti, con rumori metallici che danno un senso di concretezza viscerale alle bocche di fuoco, mentre i nemici offrono un soddisfacente ed appagante feedback visivo attraverso le loro carni martoriate man mano che vengono colpiti dai nostri proiettili, metodo che aiuta anche ad identificare i nemici già danneggiati nel corso delle movimentate battaglie.
Tra una battaglia e l’altra, però, intercorreranno momenti più quieti, fatti di navigazione, progressione ed esplorazione.
Anche in questo id ha sorpassato di gran lunga le aspettative, fornendo livelli più ampi e meglio costruiti con numerosi segreti disseminati nei luoghi più disparati ma sempre ben identificabili con un po’ di osservazione.
L’esplorazione sarà un elemento essenziale di queste fasi, poiché gran parte dei segreti nascosti nelle missioni saranno aggiunge rilevanti al nostro già ben fornito arsenale.
Come in Doom sarà infatti necessario recuperare le mod per le armi, mentre le celle Argent sono state sostituite dai Cristalli delle Sentinelle, che ci permetteranno di scegliere se potenziare armatura, salute o capacità di munizioni a seconda delle nostre esigenze.
Questi potenziamenti sono disposti a coppie assegnate e, una volta sbloccati entrambi i potenziamenti in una coppia verrà resa disponibile un’utile abilità passiva allegata che incrementerà ulteriormente la nostra efficacia in battaglia.
Le Guardie Elite sono invece rimpiazzate dai Gettoni Praetor, donati dagli spiriti delle Sentinelle della Notte cadute disseminati nelle varie missioni e che ci permetteranno, come nel precedente capitolo, di potenziare diversi aspetti della nostra armatura e strumentazione.
Anche le rune, utili abilità aggiuntive assegnabili in numero limitato, fanno il loro ritorno sebbene questa volta non siano date come ricompensa a particolari sfide ma vadano semplicemente trovate.
A chiudere gli elementi dell’esplorazione legati alla progressione e sviluppo del Doom Slayer, infine, ci sono diverse batterie da utilizzare nella Fortezza di Doom.
Quest’ultima infatti sarà visitabile di tanto in tanto tra una missione e l’altra e fa, sostanzialmente, da hub centrale del gioco permettendoci di selezionare le missioni a nostro piacimento.
Nella mastodontica nave da battaglia sono presenti numerose porte bloccate, riattivabili rifornendole di energia con le batterie che troveremo nel corso delle nostre esplorazioni e portando a termine tutte e tre le sfide speciali che ogni livello ci proporrà (ognuna delle quali ci ricompenserà, inoltre, con un Gettone Praetor).
Nella fortezza troveremo Mod, Gettoni Praetor, Cristalli delle Sentinelle e Rune da liberare, portandoci a cercare le batterie per poter diventare ancor più efficienti e letali oltre che per rimettere completamente in sesto la nostra base.
A condire il tutto nella Fortezza troviamo un’arena in cui il Doom Slayer può liberamente fare pratica nell’uccidere con efficienza i demoni, permettendo al giocatore di prendere confidenza con i vari strumenti man mano che li ottiene.
La funzionalità della Fortezza di Doom è, a livello di gameplay, limitata a questo, tuttavia la nave del Doom Slayer non mancherà di chicche ed easter egg in gran quantità, tra citazioni, contenuti extra e skin per personalizzare l’aspetto dello Slayer.
Nella fortezza sarà inoltre possibile ascoltare gli album trovati nel corso delle nostre esplorazioni, dischi contenenti tracce musicali di titoli storici di id Software e non solo, oltre che esaminare più da vicino le action figure trovate nei livelli e i dettagliati modelli delle armi.
Tra i segreti celati vi sono inoltre dei dischetti che permetteranno di sbloccare diversi cheat, alcuni più tradizionali mentre altri particolarmente divertenti come il cheat QuakeCon, che rende le azioni del giocatore commentate da un esaltato pubblico, tutti utilizzabili rigiocando le missioni senza che questi blocchino la progressione di sfide e di esplorazione.
L’unica eccezione a questa regola, che quindi verrà bloccata dai cheat è rappresentata dai Cancelli Slayer: essi sono 6 arene facoltative che offrono battaglie particolarmente agguerrite sparse nelle varie missioni e che ci ricompenseranno con una Chiave Empirea, utilizzabile nella Fortezza.
Una volta raccolte tutte e 6 le Chiavi Empiree, sarà possibile sbloccare un’ultima, potente arma: l’Unmaykr (o, in Doom 64, Unmaker), una devastante forma alternativa del celebre B.F.G. in grado di sparare colpi di energia in rapida successione.

Un’esperienza energetica
La quantità di contenuto ritrovabile nelle varie missioni può effettivamente sembrare soverchiante, anche considerando di rigiocare le missioni con l’aiuto dei cheat. Fortunatamente, eccezion fatta per le mod, i Cristalli e le Rune (che non sono però nascosti in maniera particolare), la totalità di risorse consumabili necessarie per gli upgrade sono in sovrabbondanza rispetto alla quantità necessaria per sbloccare tutti i potenziamenti, permettendo al giocatore di esplorare con i propri ritmi e senza il vincolo di dover trovare sempre il 100% dei segreti per poter completare l’arsenale del protagonista.
Allo stesso modo, il team di sviluppo ha pensato di permettere di utilizzare una funzione di viaggio rapido alla fine di ogni missione per poter rivisitare porzioni di livello in maniera immediata così da poter tornare velocemente sui propri passi e trovare eventuali segreti lasciati in sospeso.
La difficoltà di gioco risulta nel complesso più ostica rispetto al suo predecessore, restando però ben bilanciata rispetto alle abilità del giocatore e al repertorio di armi e potenziamenti di cui può disporre, andando a fornire un’esperienza di gioco sempre soddisfacente, appagante, adrenalinica e frenetica con un degno livello di sfida.
Ad accompagnare le brutali ed epiche gesta del Doom Slayer tornano le musiche composte da Mick Gordon, che già nel precedente Doom avevano dato una forte identità musicale al titolo con un mix di metal e di sonoro elettronico che vanno a comporre un ritmo incalzante, aggressivo e carico di energia in ogni fase di battaglia senza mai raggiungere lo stato di ripetitività nonostante alcune battaglie possano raggiungere durate considerevoli (ma senza mai diventare frustranti o estenuanti).
Nel complesso quindi Doom Eternal supera ampiamente le aspettative che il Doom del 2016 potrebbe andare a generare nei giocatori fornendo un seguito più ampio, più longevo più difficile, più energico e migliore sotto praticamente ogni aspetto dall’artistico e tecnico fino a quello ludico e strutturale.
È difficile trovare un vero difetto che possa minare in modo incisivo l’esperienza di gioco, se non forse il fatto che prima o poi il gioco finisce, che è forse la cosa più positiva che si possa dire di un videogame.
Riproponendo il videogioco nella sua forma più pura, Doom Eternal riesce a superare i limiti e le barriere del suo genere di appartenenza riuscendo, restando sempre in un feeling classico e tradizionale, a proporre nuove idee e nuove integrazioni senza mai sembrare sperimentale o approssimativo.
Il risultato è un’esperienza che immerge ogni fibra del giocatore nella sua carica divertendo e appagando il giocatore in maniera che forse troppo raramente si riesce davvero a riscontrare.