DISCLAIMER: Codex Venator è una campagna condivisa per Dungeons & Dragons 5° Edizione, creata da Andrea Lucca, Alex Melluso ed Enrico Romeo. L’ambientazione tratta temi quali razzismo; misoginia; violenza esplicita; estremismo religioso; esperimenti su creature viventi; abuso di potere; limitazioni alla libertà personale e occultismo. Non si tratta di un’ambientazione dalle tematiche leggere e, per questo motivo, è bene che la lettura sia riservata ad un pubblico adulto.
In nessun caso gli autori di questi racconti, delle avventure di Codex Venator o di altro materiale da esso derivato intendono appoggiare o giustificare comportamenti illegali e lesivi della dignità delle persone.
L’Ordo Fabularis ringrazia la Magister Sermonis Alice Gritti per aver corretto i testi e aver collaborato alla stesura del racconto.
Martino Della Torre abbassò con un sospiro la missiva giunta da Milano.
I suoi occhi si fissarono nel vuoto e, ricorrendo alle sue nuove abilità, l’ex Capofamiglia cercò di figurarsi la tremenda battaglia della quale aveva appena letto.
Le truppe dei Lurani avevano marciato sulla Città e, dopo un sanguinoso scontro, Ivana e Rodrigo avevano incontrato la loro fine. Martino vide solo il fuoco avvolgere i coniugi e poi il nulla. La menzogna aveva vinto… ancora una volta.
Riposta la lettera sulla scrivania accanto a lui, Martino si alzò, avvicinandosi all’ampia finestra che dava sul borgo. Fuori dal castello, i segni della rovina lasciata dalla battaglia contro il suo rapitore ancora turbavano il Regno ma, fortunatamente, il popolo era al sicuro. Non se lo sarebbe mai perdonato, se a causa della battaglia dei Sangue Smunto contro il Cavaliere qualcuno dei suoi protetti fosse rimasto ferito.
Lo straniero era giunto nelle sue terre, fingendosi un mercante, e aveva minacciato di uccidere tutti coloro che abitavano il borgo se Martino non si fosse sottomesso. Per quel che valeva, i Nobili Cacciatori inviati da Milano erano serviti al loro scopo. Non solo lo avevano liberato, ma si erano anche disfatti delle fiere che devastavano il suo Regno. Una spina in un roveto, naturalmente, ma una particolarmente fastidiosa. Il fallimento, in quel caso, era stato solo suo.
Per quanto riguardava i Sangue Smunto, Martino non potè fare a meno di domandarsi ancora una volta se avesse fatto tutto quanto era in suo potere per aiutarli. I Nobili Cacciatori non erano più dei Sangue Puro e, pertanto, non potevano arrivare alla Vera Forma.
Avrebbe forse potuto liberarli dalle pesanti catene che portavano… o forse, nel tentativo, li avrebbe condannati a qualcosa di peggiore.
Il rammarico nei suoi pensieri venne messo a tacere quando bussarono alla porta del suo studio. Un paggio aprì la porta, avvertendolo dell’arrivo dei postulanti.
Un sorriso, quasi paterno, si disegnò sul volto di Martino. Il signore del castello si voltò, ordinando che gli ospiti venissero fatti accomodare. Sarebbe stato da loro in un attimo.
Le zone più povere della Città di Milano erano spesso colpite da epidemie, che rischiavano di scomodare l’intervento della nobiltà o del clero per porre rimedio alla situazione. In quella piccola casa, che poco aveva di nobile o regale, il silenzio venne interrotto dai violenti colpi di tosse di un bambino. La madre, terrorizzata alla vista del sangue sul panno sporco tra le mani del figlio, mandò subito a chiamare i dottori.
Entro sera la piccola casa si era riempita di strani figuri, ognuno con i propri strumenti strani e inadatti. Parlavano tra di loro, ignorando completamente lo stato del bambino. Qualcuno suggeriva l’utilizzo di erbe, qualcun altro di un filtro che a suo dire era miracoloso, ma tutti concordavano sul fatto che un chierico del Dogma avrebbe potuto sicuramente fare meglio di loro.
Improvvisamente una figura si fece strada tra la folla di dottori. Non era particolarmente alta o imponente ma, facendo vedere il blasone sulle sue vesti, si guadagnò facilmente la via verso il bambino. Attraverso la maschera dal becco ricurvo due occhi gentili guardarono il bambino, prima che la mano dell’uomo lo accarezzasse sulla testa con una calda luce.
La figura tirò fuori da una borsa una boccetta e un piccolo cavallino di legno, porgendo il secondo al giovanotto e la prima alla madre. Il Nobile Cacciatore ordinò alla donna di somministrare il contenuto della fiala un paio di volte al giorno, senza esagerare. Con un po’ di pazienza, il bambino sarebbe guarito.
Dopo aver pagato i dottori con l’oro nelle sue tasche, l’uomo consegnò il restante contenuto del suo borsello alla donna, affinché potesse comprare da mangiare per suo figlio.