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Codex Venator: Leandro Della Torre

Lo scrivano stava divorando le pagine di quel tomo, senza concedersi alcun riposo. Non aveva ancora trascritto una parola e gli occhi cominciavano a dolergli. Da quante ore si trovava chinato a leggere? Era insolito che non avesse visto passare nessuno o che qualcuno non fosse giunto a disturbarlo. Poco male, si sarebbe dedicato con più dedizione alla sua lettura. Percepiva chiaramente l’urgenza di continuare, di sapere di più su Leandro.

Leandro Della Torre si era inginocchiato davanti a Ivana Lurani, per chiederla in sposa. La Cacciatrice, che lui aveva inizialmente considerato solo una pedina da muovere a suo piacimento, lo aveva infine portato a proporre un matrimonio.
Il “Sì” di Ivana non era stata che l’ultima mossa di una lunga partita a scacchi tra due menti. Come per tutti gli scontri degni di essere combattuti, entrambi avevano imparato qualcosa dall’altro. Leandro aveva trovato in Ivana una preziosa alleata.
Dei due compiti che gli aveva affidato il Supremo Inquisitore, almeno fino a quel momento, sembrava che condurre i Lurani a votarsi al Dogma sarebbe stato il più piacevole. Certo, Leandro si sarebbe nuovamente dovuto spendere in prima persona, dopo il patto che aveva fatto con l’aasimar, ma era certo di poter sfruttare la situazione a suo vantaggio. Il rituale per gli occhi sarebbe stato ampiamente superato dal matrimonio con Ivana, che avrebbe unito le due Famiglie pur lasciandole indipendenti. Questa era stata la principale preoccupazione della Capofamiglia Lurani, timorosa di vedere un giorno la sua Famiglia sottomessa agli interessi dei Della Torre.

Un solo ostacolo si frapponeva alla loro unione in quel momento: Ivana aveva già un marito. Pareva che la Cacciatrice si fosse unita in un matrimonio non riconosciuto dal Dogma e dall’Innominato. Spettava a Leandro, insieme alla sua futura moglie, porre rimedio a questo increscioso problema. Il Supremo Inquisitore chiese, in cambio dell’annullamento, il primogenito della futura coppia, e loro accettarono senza riserve.

Lo scrivano chiuse gli occhi dal dolore. All’improvviso, una fitta lo aveva costretto a smettere di leggere. Era la sensazione di una spina, conficcata dolorosamente nella sua testa. Forse aveva sforzato troppo gli occhi, forse aveva letto troppo. Si costrinse a continuare il suo lavoro ma, davanti al suo sguardo, le lettere cominciarono a diventare imprecise. Notò in quel momento la candela, ormai in procinto di esaurirsi. Doveva essere lì da ore. Era necessario fare una pausa perché, in ogni caso, di lì a poco sarebbe rimasto senza luce.

La fiamma morì nel momento in cui distolse lo sguardo. E nel buio, nessuno lo vide sparire.

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