All’interno delle varie community dei GDR si trova sempre larghissimo spazio per contenuti aggiuntivi, scorci di esperienze dei giocatori e salubrità (altrimenti chiamata wholesomeness). Spesso, però, non vi è traccia di critiche (costruttive o non). Come mai la critica appare così poco nel panorama hobbystico?
Questo è un commento, un invito al pensiero e una presa di posizione assolutamente personale sul mondo del gioco di ruolo. Si tratta di un argomento delicato per numerose ragioni, primo tra tutte la popolarità del gioco di ruolo italiano e la possibilità di pestare i piedi di chiunque ad ogni piè sospinto.
Prendete, quindi, questo commento con le pinze, e vedetelo come tale. Un commento da parte di una persona che vale esattamente come tutte le altre.
Cosa sarebbe la critica?
Partiamo con un concetto: cos’è la critica?
Partendo dal dizionario, la critica è “L’attività del pensiero impegnata nell’interpretazione e nella valutazione del fatto o del documento…“. Se dovessimo quindi traslare la definizione per adattarla al mondo del gioco di ruolo, ne verrebbe fuori questo: criticare un gioco di ruolo significa impegnarsi nell’interpretazione e nella valutazione di quest’ultimo. In sostanza, ogni volta che valutiamo un gioco stiamo compiendo su di esso una critica, sia questa una comparazione numerica o una recensione da 8000 battiture.
Dal momento, però, che effettuiamo una valutazione, una critica, appare scontato fissare quali siano i metri di giudizio di questa valutazione. Nel mondo del gioco di ruolo si è spesso parlato di come non esistano canoni oggettivi quando si compie una critica: è tutto un “per me“. Perfino questo articolo lo è! Qual è quindi il metro di paragone delle giurie? Prendendo ad esempio dal Premio GDR dell’Anno (che potrebbe essere il Baluardo della Valutazione GDR, a giudicarne il titolo) del 2021, abbiamo 5 punti; introduzione all’attività ludica (1), l’idea del gioco (2), il regolamento (3), i materiali (4) e la grafica (5).
Tutti paragoni di giudizio encomiabili, e largamente raffinati nel corso del tempo (il regolamento cambia di anno in anno), sebbene si prestino a tantissime interpretazioni. Il fatto, ad esempio, che il gioco sia divertente (2), l’attinenza dei materiali al gioco (4) o anche come la grafica renda più appetibile il gioco stesso (5) sono criteri che lasciano spazio a chiunque per contestazioni e precisazioni.
Comunque, scelti i punti cardine, a giudicare si presenta quindi una giuria quanto più imparziale possibile. Chi può essere imparziale? Ovviamente nessuno, e l’imparzialità è una richiesta tutto sommato ridicola.
L’imparzialità (reale) non esiste; si può solo ricercare una misura di parzialità più risicata possibile, o quantomeno accettabile.
A seconda dei risultati annuali, i singoli appartenenti alla community del GDR si dicono favorevoli o contrari, in una discussione che ciclicamente appare sui gruppi social e nella quale ci si scambia opinioni e pareri. Tutti frutto, ovviamente, di pareri personali.
Chi sono i critici dell’hobby?
Considerando che non esiste una vera e propria scuola di gioco di ruolo, l’esperienza che detta il giudizio è perlopiù formata da esperienze personali. Chi viene scelto (o si autoproclama) critico, ha in generale qualcosa di più di tutti gli altri. Una sorta di élite popolare che nasce come giudice della volontà popolare stessa.
Molto spesso, quindi, risulta che le persone con “una voce” siano, specularmente, anche le persone che hanno più rilevanza all’interno dell’hobby. Sono persone capaci di polarizzare le masse (anche involontariamente) o, più generalmente, influenti. I nostri critici sono quindi a tutti gli effetti gli stessi influencer che troviamo sui social, sebbene di una alcova molto più di nicchia di interessi.
Si tratti di noti dirigenti di case editrici, sostenitori di progetti innovativi, game designer o semplicemente saggi, esperti di gioco da anni o quant’altro. Le persone che vengono chiamate a fare da giudice sono persone come noi, legate alla realtà dell’hobby tanto (o forse più) di coloro che la giocano. Fondamentalmente, quindi, che tipo di autorità (reale) possiedono?
Esiste, o esisteva, critica dell’hobby?
Se esistono, attualmente, critici dell’hobby, non ne conosco. Vi sono persone che danno il loro parere, persone che cercano di informare la community, ma in linea generale chi cerca di “formare” la community è, attualmente, assente. Manca, in questo caso, anche una guida, oltre che una critica, al GDR.
Un po’ di tempo fa esisteva The Forge, un sito che si poneva l’obiettivo di migliorare e criticare il gioco di ruolo e crearne un esperienza migliore (sotto numerosi e vari punti di vista). Pur con enormi vantaggi, The Forge ha abbandonato le scene molto, molto tempo fa, lasciando spazio a entità differenti e più disgregate.
Volendo concentrare i nostri sforzi nei dintorni della nazione, potrei enunciare come figura Il Vate. Nato come alter ego di un game designer, Il Vate aveva l’obiettivo di creare discussione, muovere in modo tormentoso le acque, generare entropia (se vogliamo essere poetici) o fare flame (se vogliamo minimizzarne l’orizzonte). Purtroppo, come tutti i progetti, è terminato, lasciando un trono ancora vacante.
Perfino Matt Mercer potrebbe figurare nella lista dei critici al GDR, sebbene sia estremamente di parte (non penso lo sentiremo mai remare contro la quinta edizione) e quindi legato ad una casa produttrice. L’imparzialità in questo caso viene a mancare laddove sussistono rapporti e interessi economici; chiunque neghi questo è incoerente nel ricercare una figura critica.
L’hobby del GDR non vuole critica?
Personalmente, è difficile esprimere un parere che vada bene per tutto l’hobby. Esistono realtà che ricevono e gestiscono le critiche in maniera costruttiva, altre che semplicemente non le accettano e nelle quali ogni parola va soppesata accuratamente. “Lavorando” all’interno di una redazione che pone il suo scopo nel cercare di informare le persone in maniera imparziale, posso dire di avere avuto sotto mano di tutto.
Anche alla luce del discorso fatto in precedenza, è difficile ergersi a giudici, sapendo bene di non avere l’assoluta capacità di giudizio imparziale. Si fa uno sforzo costante nel cercare di separare il parere soggettivo con l’oggettività, ed ogni critica è passabile di bias personali. Non è semplice, ed alcuni di noi si sforzano più di altri nell’essere imparziali.
Per non parlare, poi, del clima nel quale le critiche cadono. Un mondo, quello del gioco di ruolo, dove è costante la richiesta di salubrità tra utenti e creatori (a buon motivo) ma che spesso sfocia in un “non pestiamoci i piedi che qua si sta stretti”. Ed è così che, in un insieme di detto e non detto, i pareri popolari divengono statuti silenziosi. Tutti conoscono i difetti ed i pregi di determinate case editrici, in pochissimi si apprestano ad annunciare i primi ad alta voce. La maggior parte convive e decide semplicemente di sopportarne la presenza.
Perché, d’altronde, il creator di oggi può essere il collega di domani ed il compagno di gioco di dopodomani; meglio mantenere rapporti benevoli che lanciarsi in un homo homini lupus che oggi può vederti predatore e domani preda. Ma qualcuno che ha deciso di combattere (se a buona o cattiva ragione a voi sceglierlo) c’è, sebbene non nel mondo del gioco di ruolo.
Quando scrivere e creare si assomigliano
Seguendo il canale youtube di Livio Gambarini – Rotte Narrative, ho notato come la mancanza di un istituzione (o di una figura critica) abbia fatto più male che bene al panorama degli scrittori. Temere un destino simile per il GDR è coerente o è una Fallacia di Gabler? Gli scrittori italiani amatori, a detta di tanti, sono privi di una guida, arroccati sulle loro certezze ed incapaci di miglioramento.
Quando il mondo della scrittura e del gioco di ruolo si uniscono, poi, il risultato è anche peggiore. Narratori che decidono di scrivere la propria campagna, in un purè di illeggibilità, incapacità e incredibile permalosità. Non a caso esistono centinaia di ambientazioni casalinghe tra i narratori, eppure pochissime di queste riescono a diventare qualcosa di più di un manoscritto impolverato conosciuto a memoria solo dal proprio creatore.
Guardo di buon occhio il buon Livio (che porge consigli che trovo sensati) sebbene l’idea di autorità, nel mondo del gioco di ruolo, mi lascia un po’ confuso. In primis, l’autorità verrebbe affidata a chi ha (ora o ieri) successo; a sua volta il successo non è sempre sinonimo di qualità (in un mercato che si muove sul denaro). In secundis, una figura simile nel gioco di ruolo rischierebbe di omologarlo, e rendere ogni sua espressione differente vana e proibitiva.
Si può dire che giochiamo nell’utopia?
La carenza di un giudice (e di una guida, quindi) può essere vista come l’anarchia e la libertà più totale. Guardando questo discorso a posteriori, mi rendo conto che sembro richiedere una persona potente che guidi il mondo dell’hobby verso lidi migliori. E la cosa mi mette i brividi, dal momento che non c’è cosa che più si allontana dal mio pensare comune.
Dal momento che so bene cosa significa avere persone con più responsabilità di altri (e, di conseguenza, potere), forse la situazione attuale è giusta. Un mercato nel quale tutto è all’apparenza accettato e paradossalmente scremato da un insieme di singoli che decidono cosa comprare o ignorare è la migliore delle situazioni esistenti? D’altra parte, non è forse questo il paradiso del libertarismo, dove sono le persone a generare il proprio benessere attraverso le proprie azioni, senza alcuna guida? Si potrebbe poi a lungo parlare di quanto sia indipendente questa scelta, ma si cadrebbe in discorsi che non riesco a maneggiare con semplicità.
Si sta davvero perseguendo il bene dell’hobby a non istituzionalizzarlo? Creare le figure critiche, le guide e gli influenti lo aiutano ad andare verso lidi migliori più di quanto non lo portino a peggiorare? Ma soprattutto, come si migliora (o peggiora) l’hobby? Rendendolo più incline a seguire il sentire comune o creando situazioni elitarie?
Quale sia la via da seguire per il generale miglioramento della community mi è, tutt’ora, ignoto. Lascio a voi discutere su questo, sperando di trovare pensieri differenti da queste elucubrazioni probabilmente infondate.