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Gli spazi nerd sono davvero spazi sicuri?

Il concetto di spazi sicuri, inglesizzato in safe-space, non è certo un qualcosa di nuovo o alieno al nostro vivere quotidiano: si tratta di un luogo dove trovare rifugio, non venire attaccati, ripararsi dalla vita opprimente quotidianamente o quasi. Una sorta di monastero dei tempi moderni, senza religiosi ma con molta spiritualità e senso di comunione.

La creazione di questi spazi, nella nostra quotidianità sempre più interconnessa, espositiva e performativa è stata vitale nella formazione di nuovi sensi di comunità. Siano queste di sostegno, di mutuo aiuto o di semplice condivisione non è importante. Si tratta di una sorta di nuova forma di comunione e preservazione.

La loro semplice esistenza era da me ignorata fino ad alcuni anni fa, le scoprii in un evento sul gioco di ruolo nel lombardo. “Siamo orgogliosi di accogliervi tutti e tutte all’interno di questo spazio sicuro” disse una nota celebrità parlando alla platea di persone (perlopiù ragazzi) radunati. Io, che mi ero trovato a mia insaputa in questo spazio, non mi soffermai troppo su quella frase, un po’ perché interessato ad altro, un po’ perché “beata ignoranza (ma nemmeno tanto)” non me ne importava. Scartai quella informazione come non necessaria e la accantonai in un lato della testa.

Spazi rivelati?

TW: molestie

Fu qualche mese dopo che, con stupore, compresi davvero di cosa si trattava. Una storia incredibile, questa: venni a sapere di essermi trovato in uno spazio sicuro proprio dalle voci che ne parlavano come uno spazio non sicuro, dove si era consumata una molestia e dove tutti sapevano e nessuno aveva detto nulla.

Quella narrazione strideva fortissimo con quell’idea di spazio paradisiaco che mi aveva raccontato quella voce al megafono e, allo stesso tempo, mi era facilissimo credere che un luogo così “normale” fosse in realtà un luogo dove una ragazza poteva essere molestata nel silenzio generale. D’altronde avviene nelle piazze, nelle strade, nelle università; era una stanza piena di “nerd” davvero così diversa?

Chi decide cos’è uno spazio sicuro? Beh, direi le persone che ne fanno parte. A pensarci bene, forse anche le persone che NON ne fanno parte, immagino. Ricordo parole di compagne uscite da collettivi chiamati “spazi sicuri” perché, all’interno di questi, i membri degli spazi mantenevano gli schemi di dominio tipici del patriarcato. All’interno di quei collettivi, tutti si sentivano al sicuro, chi ne stava dentro a starci, chi ne era uscito ad esser fuggito.

L’etichetta spazio-sicuro, immagino, corrisponde alla narrazione che ne danno i suoi membri e ad alcune regole base, che corrispondono alla pacifica convivenza dei membri e alla loro libertà e autonomia di identità. Perché gli spazi nerd vengono chiamati, oggi, spazi sicuri? Perché c’è una narrazione speranzosa di questi spazi?

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Spazi Sicuri X-card

Tra spazi puliti e panni sporchi

In un recente articolo di Valigia Blu, Lorenzo Fantoni parla di Dungeons and Dragons con toni perlopiù piacevoli nei confronti del gioco di ruolo più famoso del mondo. Gli occhi sono quelli di un fan che ha trovato, all’interno di quell’hobby, uno spazio sicuro, e ne parla con toni benevoli da persona che l’ha visto “esplodere”, da fenomeno di nicchia e creato da due bianchi (di cui uno con una triste esperienza di discendenza accusata di suprematismo) a fenomeno di massa. E, di per sé, questa visione può essere giusta, corretta. L’appello al prendersi cura di questo spazio è giustissimo e perfetto, lo condivido.

Il problema è che io, vecchio giocatore e guardia, vedo in Dungeons and Dragons una alcova che si è adattata in superficie alla grande quantità di pubblico ma che, nel privato, ha mantenuto alla grandissima i suoi lati patriarcali, discriminatori, innatamente problematici. Dungeons and Dragons è ancora un gioco che appoggia gran parte del suo agire sul conflitto, più spesso di quanto non si voglia ammettere armato: le copertine di quasi tutti i manuali presentano armi e armature in bella vista, l’idea del contrasto è ancora vivissima.

Recenti manuali, come Journey to Radiant Citadel, slacciandosi da queste narrazioni mainstream si sono attirati le ire dei fan sempre più scontenti di vedere un mondo, quello del gioco di ruolo, che sta cambiando in istanze più progressive. Ancora moltissimi fan rinunciano alla progressività della nuova, quinta edizione (che è uscita già vecchia, ma per un matusa anche un centenario è giovane) ritornando alla terza, più complessa, esclusivista e “di nicchia”.

spazio al finale

Il mondo nerd è un mondo che ha visto progressismo attraverso la lente mainstream ma che ha “nutrito” una grande parte dell’agenda conservatrice; nasce come escapismo dal mondo ma spesso attira coloro che il mondo libero lo rifiutano e, in un qualche modo, è per queste persone rifugio sicuro. Baldur’s Gate 3, nuovo capolavoro della Larian, è un titolo fantastico e davvero strabiliante, eppure giornalmente o quasi nascono discussioni su quanto sia Woke. Non ci siamo lasciati il gamergate alle spalle, dopotutto.

Siamo proprio sicuri, quindi, di voler indirizzare le nostre attenzioni, i nostri spazi sicuri, in luoghi così profondi (come la stanza del Vanni Santoni, che ha fatto ben emergere la realtà del giocatore di D&D negli anni 80) e poco indagati? Quanto conosciamo davvero questi spazi, tolti dalla lente del mainstream?

Il rischio è quello di promuovere una lente ripulita, pubblicizzata per essere popolare, basata su forme e strutture sociali ben diverse da quelle vendute. Forse ai media mainstream è difatti sfuggito di come, per l’ennesima volta, dietro al team creatore del gioco più famoso del mondo si celino licenziamenti sommari, contratti a progetto e tutte quelle particolarità che caratterizzano, sembra, il mondo della creatività (anche videoludica) che ciclicamente predica molto bene e razzola terribilmente male.

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