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Il Priorato dell’Albero delle Arance: dimenticabile

Il Priorato dell’Albero delle Arance è un romanzo uscito nel 2019 scritto e ideato da Samantha Shannon. Edito in Italia da Oscar Mondadori. Con 800 e rotte pagine si presenta alla vista come un bel mattone (i tagli sono arancioni come la copertina), di peso notevole e scritto senza particolari note di impaginazione.

La casa di Berethnet ha regnato su Inys per mille anni ma ora sembra destinata a estinguersi se la regina Sabran IX non si sposerà e darà alla luce una figlia. I tempi sono difficili, gli assassini si nascondono nell’ombra della corte. A vegliare segretamente su Sabran c’è Ead Duryan, adepta di una società segreta che, grazie ai suoi incantesimi, protegge la sovrana. Ma la magia è ufficialmente proibita a Inys… Tra draghi, lotte per il potere e indimenticabili eroine, l’epico fantasy al femminile per il nuovo millennio.

Un Incipit sulla trama del romanzo, come potete leggere da Amazon.

Prima di cominciare a parlare di questo libro, ci tengo a precisare un paio di piccole cose, giusto per evitare che si salti a conclusioni affrettate e che a qualcuno cominci a bruciare la coda. I Cercatori di Atlantide ed io, che scrivo, siamo a dir poco vicini ad ogni questione legata alla parità di diritti ed altri piacevoli obiettivi che una società civile dovrebbe aver raggiunto DA UN PEZZO. Questo articolo non vuole essere diffamante: invito ogni lettore a leggerlo e a farsi una propria idea, oltre a ciò che è scritto qua. Detto ciò, andiamo avanti.

Il Priorato dell'Albero delle Arance

Succo d’Arance ma Gastroenterite

Normalmente per leggere un libro Fantasy impiego qualche settimana. Il Priorato dell’Albero delle Arance, però, ha impiegato più del solito a causa di un ritmo non uniforme. Le prime trecento pagine spiegano i dettagli dell’ambientazione e tessono la trama saltando da un personaggio all’altro, con ormai una classica tecnica cliffhangerosa che abbiamo visto spopolare dopo Games of Thrones. La narrazione si sposta da Occidente (Europa più o meno cattolica) a Oriente (Giappone feudale) passando per le varie zone del continente e seguendo vari personaggi. Tra questi in particolare Tané, una cavalcadraghi, Ead, una spia del Priorato, Sabran, la principessa di Inys, Beck, un inviato al sud e Roos, un alchimista esiliato ad Oriente.

Samantha Shannon ha rivelato di essersi a dir poco informata riguardo le usanze medievali del tardo novecento e, in effetti, c’è molta cura nel suo romanzo. Non parlo di descrizioni minuziose di architetture né di armature e battaglie, bensì di accenni interessanti alle culture, sapientemente rimaneggiati e resi interessanti. Molte parti del romanzo scivolano veloci proprio grazie a questo infopoint non noioso; altre purtroppo bloccano il lettore e non c’è cliffhanger che tenga.

Il ritorno del BBEG a Tomo Unico

Concentrandoci sulla trama, vediamo il ritorno di un grande classico: il BBEG, ovvero Big Bad Evil Guy, torna nella veste di Nameless One – Senza Nome. Questo dragone oscuro vuole distruggere il mondo dei buoni, solitamente per motivazioni assenti, principalmente perché malvagio. È un malvagio perché sì, in sostanza. Il nostro BBEG non è però il solo a voler vedere il mondo bruciare.

Alcuni potranno giudicare la presenza di tale figura – il BBEG – come una mancanza, ad altri piacerà, e lì sono gusti. Ciò che ci ha insegnato, però, la narrazione è che la figura del BBEG in quanto tale è piuttosto piatta/bidimensionale e tende a defilarsi nel momento nel quale entrano altri malvagi in scena. Se questi malvagi sono poi umani, con motivazioni non dico condivisibili ma comprensibili, il BBEG diviene una macchietta con poco senso di esistere.

Dal punto di vista prettamente danaroso/stilistico il Priorato dell’Albero delle Arance non si spacca in più tomi ma è conclusivo. Non dovremo perciò correre dietro ad ogni nuova pubblicazione come recentemente succede ai romanzi fantasy. Un titolo che va quindi controcorrente e che cerca di riassumere la trama in un unico, poderoso mattone. Personalmente, penso che il tomo unico sia una strada dolorosa da intraprendere e avrei spezzato il priorato in 2 tomi, dividendo oriente e occidente.

Samantha Shannon, l'Autrice
Samantha Shannon, l’Autrice

Aranci e Arance

Parliamo quindi del punto più dolente del romanzo: non la trama, non il nemico bensì i personaggi.

Le protagoniste (perlopiù femminili) hanno un carattere delineato e ricalcato intorno alle grandi strutture di base: l’eroina, la spia, la principessa. Quelli maschili sono macchiette, perlopiù utilizzati per rafforzare le figure femminili.Provate a ruotare i personaggi e avrete fatto incazzare un qualsiasi Cercatore di Atlantide (maschi forti ma stereotipati attorniati da personaggi femminili di contorno usati solo per rafforzarli). Purtroppo, l’intero romanzo è costruito intorno a questo passo. Alle prime cento pagine possono anche scuotere le spalle, le successive duecento senza un personaggio maschile decente mi fanno girare le orbite, dopo è solo rabbia e delusione però.

E la cosa ancora più notevole (e a tratti deludente) è che sono i maschi, spesso, ad subire un cambiamento più interessante delle protagoniste, con trame più ricche e piacevoli. Non si tratta di un cattivo libro; è davvero godibile passate le prime trecento pagine e il finale, seppur raffazzonato, è una buona conclusione per un romanzo fine a sé stesso. Il problema è proprio questa sensazione di fondo, spiacevole per un maschio quanto svilente per una femmina; mi devo sentir rappresentato da un tontolone (Beck), un arcigno sobillatore (Combe) o un egocentrico nostalgico e vile (Roos)? Perché, mi chiedo?

Arance tirate come sassi

Parlando di femmine e di personaggi femminili, la questione è spinosa. Le ottocento pagine non riescono a rappresentare un personaggio femminile dal mio punto di vista completo; Ead rimane una spia/assassina/curiosona, Tané una forte/ribelle/determinata e Sabran una responsabile e stoica principessa emancipata.

Innanzitutto, perché relegare le figure femminili a delle “macchiette“? Pigrizia? Non credo, visto che le figure maschili si evolvono e cambiano! Quindi la scrittrice SA creare un’evoluzione nei suoi personaggi (e lo fa dannatamente bene!) , ma non lo fa nei suoi personaggi femminili. Sarebbe bastato questo piccolo accorgimento e avremmo avuto una ragione vera per interessarci alle donzelle, e invece la Ead che troviamo all’inizio è la stessa che troviamo alla fine.

Il Priorato dell'Albero delle Arance in una foto presa dal web

Poco spazio quindi? Forse. Tagliando la parte maschile si aveva tutto lo spazio necessario per creare personaggi profondi, piacevoli e umani, anziché figure di cartone che brillano di luce propria perché sì. Forse si è voluto osare troppo o la situazione è sfuggita di mano; non è facile, d’altronde, approfondire nello stesso modo tanti personaggi diversi. Peccato, davvero peccato.

Conclusione

Non posso, come ho già detto, bocciare in pieno questo libro. Il Priorato dell’Albero delle Arance è un libro interessante, poteva sicuramente essere di più ma alcune parti sono ben fatte, non lo nego. Se vi piace il binomio bianco/nero e un BBEG senza grosse motivazioni vi intriga più delle trame politiche di GoT avete trovato il vostro libro. Purtroppo a chi cerca di più consiglio altro.

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