“Gli uomini vanno in guerra, le donne la scatenano”, è con questa frase che The White Queen (La regina della Rosa Bianca), serie tv composta da un’unica stagione di 10 episodi da 60 minuti ciascuno, ha debuttato sugli schermi inglesi nel lontano agosto 2013. Il tutto per arrivare in Italia prima su Sky, nel dicembre dello stesso anno, e in prima visione nel gennaio 2014 su Rai4. La serie britannica di genere storico, trasmessa sul canale televisivo BBC One, non sembra però aver avuto un grande successo in Italia nonostante, a mio parere, meriti di essere vista e apprezzata nei suoi pregi come nei suoi difetti.
Trama
La storia narrata si svolge a partire dal 1464. Elisabetta Woodville, l’affascinante figlia di Riccardo Woodville I conte di Rivers, sostenitore del reale casato dei Lancaster e di Giacometta di Lussemburgo, dopo la morte di suo marito trucidato nel campo di battaglia mentre guidava le truppe dei Lancaster, è rimasta vedova con due figli in tenera età da accudire e nessun potere e possedimento vista l’ascesa della Casa reale degli York. Nel primo episodio Elisabetta, dopo un sogno quasi premonitore, raggiunge il corteo del nuovo re York Edoardo IV d’Inghilterra per supplicarlo di restituirle il potere e le terre che le sono state tolte. Il virile e regale Edoardo rimane affascinato dalla donna che, seppur appartenente a un casato reale nemico e seppur in età matura già vedova con figli, appare come un angelo dai capelli biondo cenere e la pelle diafana. Edoardo stringe la donna in un corteggiamento al quale Elisabetta non saprà resistere, scegliendo di sposarla in gran segreto e di farla diventare la futura regina consorte d’Inghilterra. Questo non piacerà a Richard Neville, discendente di una prestigiosa famiglia aristocratica ribattezzato il “creatore di re”, che la rifiuta come sua regina e opera affinché sul trono d’Inghilterra salga, prima Giorgio Plantageneto, fratello minore di Edoardo e sposo di Isabella Neville (sua figlia primogenita), poi Edoardo di Lancaster, erede designato dei Lancaster e primo marito di Anna Neville (sua figlia secondogenita). E quando ormai la guerra delle due rose sembra volgersi a favore della Rosa bianca, Re Edoardo muore lasciando orfani due figli troppo giovani, la cui sparizione nella Torre di Londra diventa il fulcro di un enigma che ancora oggi non è stato risolto. Riccardo III d’Inghilterra e sua moglie Anna Neville si scontreranno con il futuro Enrico VII d’Inghilterra e sua madre Margaret Beaufort nella battaglia finale che darà inizio alla breve, ma significativa dinastia Tudor.
Premessa
Per poterci davvero capire qualcosa in questa serie bisogna tenere ben presente che, se da un lato riprende fatti storici realmente accaduti e quindi si fa portavoce del passato, dall’altro è nel concreto l’adattamento televisivo della saga letteraria “La guerra dei cugini” opera della scrittrice inglese Philippa Gregory della quale riprende e unisce i primi tre libri: “La regina della rosa bianca”, “La regina della rosa rossa” e “La futura regina”. È questa, a mio parere, la difficoltà maggiore quando ci si approccia ad una serie storica così, quella cioè di capire qual è il limite sottile che separa la realtà storica dalla finzione tenendo ben presente che molti elementi potrebbero apparirci assurdi, insensati o inesatti se consideriamo uno solo dei due punti di vista.
Senza peccare di presunzione penso di potermi considerare “un’esperta” del periodo in cui la dinastia York ha governato sull’Inghilterra. Per motivi accademici ho molto approfondito lo studio di questo particolare periodo storico conosciuto da tutti per quella che chiamiamo la “Guerra delle due Rose”. Questa definizione, in realtà, risale al diciannovesimo secolo e si usa per indicare il conflitto interno che mise in ginocchio l’Inghilterra vedendo da una parte il partito dei Lancaster e la loro rosa rossa, dall’altra gli York con la loro rosa bianca. Come tutte le guerre, però, non furono solo i motivi dinastici a farla scoppiare ma a questi si unirono cause politiche e militari che complicarono ulteriormente la situazione. Spesso qualche mio alunno ha affermato che “è troppo difficile da ricordare” perché fu davvero una guerra lunga e con avvenimenti contorti che si intrecciano al punto di far perdere di vista il filo conduttore della vicenda. Nonostante si possa suddividere in ben cinque fasi è possibile capirci molto di più tenendo presente che York e Lancaster, entrambi discendenti di Edoardo III, rivendicarono diritti sul trono inglese e che, a tutti gli effetti, la Guerra delle due Rose fu una schermaglia tra cugini che si concluse a Bosworth il 22 Agosto 1485 quando Enrico Tudor (padre del più famoso Enrico VIII, conosciuto per le sue sei mogli) sconfisse l’ultimo discendente maschio di York Riccardo III, per poi sposare Elisabetta di York, unificando i casati e dando inizio alla dinastia Tudor.
A questo contesto storico, a cui la serie rimane abbastanza fedele senza scendere troppo nei dettagli politici, si fondono elementi fantastici che personalmente non ho disprezzato affatto ma che possono essere meglio compresi se ci si dedica alla lettura di un altro romanzo di Philippa Gregory, “La signora dei fiumi”.
Considerazioni: pregi e difetti (allerta spoiler)
Il mancato aggancio ad un quarto romanzo è per me uno degli aspetti negativi della serie: se non ci si dedica alla lettura dei romanzi, gli elementi fantastici inseriti all’interno della trama non vengono compresi dallo spettatore perché non vengono spiegati in alcun modo ma sono dati per scontato. Nel romanzo “La signora dei fiumi”, infatti, l’autrice torna indietro nel tempo esattamente nel 1430 parlandoci di Giacometta di Lussemburgo dalla quale Elisabetta eredita i suoi straordinari poteri. Nella serie, Elisabetta Woodville è a tutti gli effetti una strega poiché sua madre ha ereditato il dono della preveggenza dalla mitica capostipite Melusina, divinità del fiume, in grado di leggere il futuro nello scorrere delle acque. Tutta la dinamica della storia è mossa da questa componente fantastica che, non trovando spiegazione all’interno della serie, appare come qualcosa davvero di assurdo e insensato.
Altro aspetto negativo, secondo me, è quello di aver fatto della storia d’amore tra i protagonisti il filo conduttore del racconto. Questo perché si è ridotto la relazione tra Elisabetta e Edoardo ad una storia d’amore davvero troppo melensa. Per quanto sia un’amante di questi racconti da favola e mi sia lasciata trasportare in alcuni momenti dalla dolcezza, non ho apprezzato troppo questa eccessiva collisione tra realtà storica e romanzo in un frangente che scoppia, inevitabilmente, quando non si trova il giusto equilibrio tra i due elementi. Pur apprezzando lo sforzo, in conclusione, la narrazione per certi versi appare stucchevole, troppo lenta, caratterizzata da frasi ridondanti che spesso tendono ad annoiare.
Nonostante ciò, a mio parere, sono molti gli aspetti positivi che questa serie porta con sé e che me l’hanno fatta apprezzare davvero. In primis il distacco nei toni da altre serie tv storiche come “I Tudors”, apprezzata tantissimo ma storicamente poco accurata. La produzione di questa serie ha puntato molto di più sulla realtà dei fatti e posto l’accento maggiormente sui vizi di corte. “The White Queen” non si pone come una serie più leggera dal punto di vista tematico ma non è così cruda nella narrazione.
Punto di forza di tutta la narrazione è che essa si sviluppa dal punto di vista delle donne: l’originalità dell’opera consiste nel raccontare una guerra dinastica attraverso gli occhi di una donna, o meglio di tre donne, raccontando le loro paura e le loro ambizioni (un po’ meno spesso i loro limiti legati al contesto storico che vengono superati facendo leva sull’elemento fantastico). Mentre i personaggi maschili, avvenenti, coraggiosi e abili nel loro mestiere, appaiono quasi scontati nella loro normalità, i personaggi femminili abbandonano il classico ruolo che la visione medievale attribuiva alla donna, indossando metaforicamente l’armatura maschile e guerreggiando più e meglio di un qualsiasi altro uomo.
Il destino di Elisabetta, ad esempio, seppur sembri segnato dalla sua condizione di vedova dedita all’accudimento dei figli, cambia con l’incontro di quello che è a tutti gli effetti il suo nemico. Assistiamo quindi ad un vero e proprio atto di coraggio da parte di questa donna che vede nella “sottomissione” al suo carnefice l’ultimo spiraglio di speranza per sé e per i suoi figli. Elisabetta capirà ben presto che dovrà temprare il suo carattere se vorrà sopravvivere sotto il peso della corona, che sposando un re sta ponendo un bersaglio costante sulla propria testa e che dovrà lottare ogni giorno per salvarsi la vita. Elisabetta, da vittima diventa carnefice e alla fine della serie appare come il burattinaio che tira i fili annodati intorno all’armatura del marito. Anche Margaret Beaufort e Anna Neville faranno i conti con la dura realtà: la prima riceve da Dio la rivelazione che suo figlio sarà re e farà di tutto (ma proprio di tutto) per portare a termine la sua missione, la seconda imparerà ad essere una donna dall’animo corrotto e a corrompere anche il buon cuore di suo marito, Riccardo III, che da uomo onorevole dedito alla giustizia sarà quasi costretto dalla moglie a proclamarsi re. Il destino di Anne mi ha suscitato una grande tristezza: accecata dall’invidia per Elisabetta e per l’amore solido che la legava ad Edoardo, sarà costretta a subire il corteggiamento di suo marito verso la sua stessa nipote, Elisabetta di York, figlia della donna che tanto disprezzava e invidiava, subendo, ancora in vita, il peggiore contrappasso dantesco.
Altro elemento positivo è rappresentato dalla fusione di magia e religione in una visione quasi baudelairiana: la preghiera diventa la formula magica adatta alla risoluzione dei problemi e al perseguimento di uno scopo. La strega, Elisabetta, si avvarrà della magia che scorre nel suo sangue in quanto discendente della mitica divinità del fiume arrivando a gettare una maledizione sulla sua stessa discendenza. La pia, Margaret, ricorrerà al privilegiato e presunto rapporto diretto con il Dio cristiano, sfruttando ogni minimo accadimento come simbolo del volere divino, e al grido di “Deus Vult” combatterà con spietatezza blasfema.
In conclusione
È una serie da vedere? Certo, io la consiglio spesso agli amanti della storia nonostante i fatti narrati siano abbastanza fedeli e non sia una delle migliori serie storiche presenti sul mercato. È leggera e carina da vedere, la fotografia e le scenografie sono ben curate, i luoghi li ho trovati evocativi e adatti al tipo di storia narrata e si avvale di un bel cast da non sottovalutare.
Una nota dolente? Per sapere come andrà a finire dovrete guardare The White Princess, ma questa è un’altra storia.
Buona visione