Promising Young Woman (tradotto in italiano in Una Donna Promettente) è un film particolare. Uscito con quasi un anno di ritardo in Italia, è l’esordio alla regia per Emerald Fennel; un esordio decisamente promettente (scusate il gioco di parole) dal momento che il film ha vinto il premio oscar per la sceneggiatura; il cast (stellato e famosissimo), il riconoscimento ed il fatto che fosse un film coraggioso mi avevano fatto ben sperare.
Purtroppo però, né il cast, né il tema, né i premi vinti da Promising Young Woman mi hanno convinto a promuovere questo film. Prima di parlarne, però, vorrei fare una piccola premessa. Chi vi scrive è un ragazzo sui trenta, bianco ed etero. Come tutti i Cercatori, siamo molto vicini al messaggio che vuole lanciare il film e, nonostante ciò (che suona come “ho tanti amici neri ma…“, lo so) non sono riuscito a farmelo piacere.
Attenzione: la recensione tratterà di tematiche forti perché intrinseche nel film recensito.
La Trama in breve e con degli spoiler
Cassandra (Carey Mulligan) è una giovane ragazza che passa le serate a fingersi ubriaca nei locali per essere predata dai cosiddetti bravi ragazzi. Questi, certi di trovarsi davanti ad una preda facile, cercano di stuprarla, lei fa cadere la maschera e, spiazzandoli, li deride e li costringe ad una presa di coscienza. Fa questo da quando la sua migliore amica, Nina, è stata stuprata al college ed il video del suo stupro, circolato di telefono in telefono, l’ha costretta a suicidarsi.
Cassandra, raggiunta dalle voci che vedono lo stupratore di Cassie (risultato innocente) sposarsi, decide di attuare la sua vendetta; uno ad uno cerca e trova i responsabili, punendoli con ugual moneta (quasi) per quello che hanno fatto. Arrivata allo sposo, nonché fine della spirale della vendetta, ha la peggio; lo sposo (Chris Lowell) la uccide, cercando di insabbiare il tutto. Il finale è amaro: il delitto viene scoperto, ma Cassandra ha comunque perso la vita.
Pareri a freddo dopo un weekend di mal di testa
Ho guardato il film con un pugno di amici e amiche, tutt* del mio stesso parere. Una Donna Promettente sembrava un film intrigante dal trailer, con uno sviluppo interessante: non ho trovato nulla di tutto ciò in sala. Ad uccidere ogni favore nei confronti della pellicola non è però il messaggio (che stra-condivido) ma la messa in opera della vendetta.
Cassie attua il suo piano per vendicarsi di Nina, sua miglior amica, morta suicida per il revenge porn. Ad anni di distanza brucia ancora di collera, ed è un sentimento più che condivisibile. Il problema è che ogni punizione sembra addolcita per non sembrare troppo pesante, per non distruggere il ruolo di Cassandra come buona. Non si tratta, quindi, di una vendetta vera e propria, come in Giustizia Privata, Taken, John Wick. Niente di tutto ciò. Sono “cicchetti”, rimproveri spesso insignificanti davanti ad azioni molto gravi. È stata questa mancanza di crudeltà ad avermi distrutto il film. E, per farvelo capire meglio, vorrei presentarvi meglio queste situazioni.
La Rettrice dell’Università dell’Impossibile
Nina, dopo aver subito lo stupro, ha denunciato il suo stupratore alla rettrice dell’università (Connie Britton). Questa rettrice ha anche una figlia di 16 anni, che ci viene mostrata mentre viene circuita da Cassie e caricata in macchina. Sfumatura a nero, Cassie si trova nello studio della Rettrice (nonché madre della ragazza) e, ovviamente, chiede a questa donna se si ricorda se si ricorda dell’episodio di stupro di Nina. “Riceviamo almeno una denuncia a settimana” dice la rettrice mortificata “Non posso ricordarmi tutte le vittime, e devo dare il privilegio del dubbio ai ragazzi accusati”. Immaginatevi un college che riceve una denuncia per stupro alla settimana.
Ma ciò che mi ha stupito di più è stata la reazione della rettrice alla vendetta di Cassie. “Ho lasciato tua figlia in una stanza con quattro ragazzi e dell’alcool” (ovviamente mentendo, perché lei è Legale Buona) dice la ragazza alla rettrice. Quest’ultima, incredula, si alza in piedi, dietro la cattedra, chiedendo di sapere dove si trova ora la figlia. Cassie, però, non cede, e la fissa in silenzio. La Rettrice continua a chiederglielo svariate volte, per poi scoppiare a piangere, implorandola. Cassie quindi cede, ammettendo di non aver fatto nulla di tutto ciò, ed impartendo la lezione alla rettrice.
Un’università che riceve un’accusa di stupro la settimana sarebbe già bella che esplosa, ma a parte ciò, ad avermi dato fastidio è stata la reazione assolutamente composta e pacata della madre al sapere della situazione della figlia (sebbene fosse una menzogna). Si è limitata a chiedere dove si trovasse la figlia, senza alcuna rabbia, alcunché che facesse scaturire furia davanti ad un gesto così aberrante. Così, passiva, immobile. Una statua, davanti alla figlia in pericolo. Incredibile.
L’Avvocato Redento, possibile perdonarlo?
Cassie si reca quindi dall’avvocato che ha difeso e scagionato lo sposo, Jordan, interpretato da Alfred Molina. Jordan è depresso e, fin da subito, appare desideroso di redenzione. Quando si vede faccia a faccia con Cassie cede immediatamente, gettandosi ai suoi piedi, ammettendo candidamente quanto sia pentito.
“Ci pagavano per trovare foto compromettenti sui social della ragazza stuprata. Per anni ho cercato tra scartoffie, convincendo la giuria, con foto ingiuriose. C’è un intero dipartimento che scava nei social per compromettere il caso a nostro favore!” dice l’avvocato in lacrime. Cassie, saputo ciò, lo perdona.
Io non so voi, ma sapere di trovarmi davanti ad un avvocato che per anni ha compiuto questo genere di azioni, rovinando la vita a centinaia di vittime per salvaguardare gli interessi dei carnefici per denaro, non mi rende più prono al perdono, anzi. Eppure Cassie, che è profondamente Legale Buona, decide di perdonarlo. Fosse per me dondolerebbe appeso all’albero più alto della città. ma tant’è.
Ogni sera la stessa sgridata
Ma veniamo al sodo, la situazione tipo: Cassie ubriaca al locale. Arriva Tizio X (Adam Brody, Christopher Mintz-Plasse o Sam Richardson), classico bravo ragazzo, che se la porta a casa e poi, tra un bacetto e una carezzina, comincia ad allungare le mani con chiarissimi intenti. Cassie, quindi, fa cadere la maschera e svela al futuro violentatore di non essere affatto d’accordo, né ubriaca. Ed ecco che avviene la magia: il violentatore wannabe è terrorizzato da questa donna forte e, con una brusca marcia indietro, chiede scusa, perdono, promette che non lo farà più, prega la ragazza di non denunciarlo.
Cassie, quindi, se ne va vincitrice. Ora, io non so come vadano queste cose, ma sono abbastanza convinto che non basti un rimprovero a dissuadere un predatore dal fare ciò che fa. E, sinceramente, non penso basti nemmeno per non farglielo fare la settimana dopo. Avrei sinceramente gradito un qualche tipo di ritorsione, minaccia: c’era riuscita Lizbeth Salander con il suo attrezzo da tatuatore, non vedo perché Cassie non possa farlo. Eppure no, la cosa si conclude così, con due pattone sul sederotto ed un sonoro “non farlo più, capito?“. Li sentiti i vibe da Legale Buona?
Bene il messaggio, almeno che sia realistica la reazione
Una Donna Promettente ha un messaggio chiaro: denuncia un problema sistemico andando a prendere uno per uno i problemi di questo sistema. Il problema è che lo fa con uno stile da scolaretta, con lo spauracchio della minaccia che minaccia non è, con una legge del taglione che è fatta di perdono e non di sangue. Lo capisco, sinceramente, e penso di condividerlo. Ma le reazioni dei colpevoli, in ogni scena, mi sono sembrate fin troppo responsabili, fin troppo innaturali. Un violentatore accusato dalla sua preda non fa marcia indietro, semmai prende coraggio e decide di andare all-in. Una rettrice/madre davanti a delle minacce alla figlia non rimane composta, perde le staffe e ti mena a sangue. Un avvocato che per anni ha scagionato colpevoli non può cavarsela con qualche lacrima, dannazione.
Mi è costato una fatica immane guardare questo film, soprattutto dopo aver visto film come I Am ALL GIRLS, che invece è violento, potente, incredibilmente forte nelle sue protagoniste. Non siamo nemmeno lontanamente vicini alla forza del messaggio di 13 Reason Why, che invece colpiva fortissimo e lasciava il segno. Con Una Donna Promettente l’unica cosa che mi è rimasta è l’amarezza. Ed è triste che sia stata premiata la sceneggiatura di un film così, perché di sceneggiatura ben scritta non ce n’è, soprattutto se messo a paragone con film che trattano tematiche simili.