Le imprecisioni e lo sciacallaggio di Libero Quotidiano sulla sparatoria al torneo di Madden NFL 19, a Jacksonville
Da Libero Quotidiano non ci si può aspettare buona informazione, e poco a poco il giornale di Vittorio Feltri riesce proprio a far incazzare tutti.
La sparatoria di Jacksonville: i fatti
Questa volta è toccato alla comunità videoludica, recentemente colpita da una grave sparatoria a Jacksonville, in Florida: infatti, durante la competizione di Madden NFL 19, uno dei giocatori, che pare essere un certo David Katz, ha sparato sulla folla, uccidendo due persone (Taylor “Spotme” Robertson e Elijah “Trueboy” Clayton) e ferendone altre undici, per poi rivolgere l’arma contro se stesso e suicidarsi.
Si tratta di un evento drammatico, sul quale le autorità stanno ancora lavorando per accertarne le dinamiche e che ha profondamente colpito la comunità videoludica, nella quale ci si sta interrogando sulle misure di sicurezza da prendere nei grandi eventi pubblici. Non sorprende, dunque, che la Electronic Arts abbia cancellato i prossimi tornei di Madden NFL 19, così da rivedere le norme di sicurezza degli eventi ed evitare ulteriori incidenti di questo genere.
Certo, fatti come quello di Jacksonville fanno salire l’ansia a tutti i nerd che frequentano le fiere. Tuttavia, è anche abbastanza evidente come questa tragedia si inserisca nella lunghissima serie di sparatorie di massa che da molti anni tormenta gli Stati Uniti. Infatti, tra i 1 gennaio e il 28 giugno 2018 erano già avvenute 154 sparatorie. Un problema, dunque, più della società statunitense che del mondo videoludico in generale, e sicuramente una tematica complessa che merita un approccio sensibile e informato.
Cosa ha scritto Libero Quotidiano?
Approccio che, evidentemente, non è conforme ai canoni di Libero Quotidiano che, con la solita finezza e (in)capacità critica dei suoi giornalisti, non parla del problema delle sparatorie negli USA, ma intitola il pezzo su Jacksonville “I maniaci del videogioco vanno curati in clinica”.
Quindi si inizia il discorso non solo spostando l’attenzione dal problema delle armi a quello di supposte persone con disturbi psichici, ma si tira in ballo anche un altro tema sensibile, come la dipendenza da videogiochi. E infatti, il sommario del pezzo chiosa: “Passano la vita davanti alla consolle: secondo gli esperti, sviluppano una dipendenza come quella da cocaina”.
Perché proprio non è nelle corde di Libero trattare la questione con cognizione di causa, bensì porta più visite, più Mi piace e più eco mediatico (altrimenti non ne staremo nemmeno parlando) saltare immediatamente alla conclusione più controversa possibile, ossia dare la colpa alla dipendenza da videogiochi. E infatti, l’occhiello dell’articolo spiega che “Ci sono quelli che perdono il senso della realtà, altri rovinano il matrimonio. E qualcuno si trasforma in un killer”.
Saltare alle conclusioni non è uno sport
Ora, non voglio in alcun modo affermare che la dipendenza da videogiochi non esista o non possa essere pericolosa per sé e per gli altri. Infatti, la stessa OMS ha inserito due tipologie di questa patologia nella Classificazione Internazionale delle Malattie. In primo luogo, la dipendenza standard (Gaming disorder) vedrebbe il paziente dare sempre più priorità ai videogiochi, tralasciando in maniera preoccupante altre attività fisiche e sociali. La dipendenza più grave (Hazardous gaming), vedrebbe salire il rischio di danni fisici o psicologici nei confronti del paziente e/o di chi gli sta vicino.
Tuttavia, ci sono alcune precisazioni da fare.
Innanzitutto, le indagini a Jacksonville sono ancora in corso, quindi non si è ancora certi delle condizioni psicologiche e delle motivazioni di Dakid Katz. Quindi, non ci sono prove del fatto che fosse dipendente da videogiochi e che avesse tirato fuori la pistola per vendicarsi di una sconfitta subita. Anche perché pare proprio che il giocatore che lo aveva battuto non fosse tra le vittime o tra i feriti.
In secondo luogo, pare sia vero che Katz avesse o avesse avuto problemi psichiatrici, i quali tuttavia da soli non spiegano necessariamente la sparatoria, né pare fossero dovuti ad una dipendenza da videogiochi di alcun genere.
Sarebbe forse necessario, però, soffermarsi sul fatto che nel Maryland, dove viveva David, gli sia stato possibile comprare e detenere legalmente un’arma da fuoco nonostante la sua storia clinica. Ma qui si andrebbe a mettere in discussione la vendita più o meno indiscriminata di armi da fuoco negli Stati Uniti, che forse è un argomento un po’ troppo spinoso per i giornalisti di Libero.
Di sicuro, in una situazione del genere è inutile (se non dannoso) saltare a conclusioni: si possono solo riportare i fatti nella maniera più accurata possibile, fare le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime e attendere la conclusione delle indagini. Ma, ovviamente, a Libero Quotidiano non interessa fare buona informazione, ma punta solo a suscitare indignazione facile a spaventare i lettori più facilmente impressionabili (gli anziani) con le “strane malattie dei giovani d’oggi”.
Ma Libero è un caso disperato e ci sono cose più importanti a cui pensare
Comunque, dopo tutto, cosa ci possiamo aspettare da un quotidiano che proprio l’altro giorno credeva di aver svelato la bufala del riscaldamento globale grazie alla neve a Cortina?
La sola consolazione che possiamo avere è che, in questa occasione, Libero è una voce minoritaria fuori dal coro. Infatti, tutte le altre testate italiane che si sono occupate dei tragici eventi di Jacksonville hanno mostrato grande cura e professionalità nel dare la notizia, senza cedere al sensazionalismo facile.
Da parte nostra, non possiamo che essere vicini alle famiglie di Taylor e di Elijah. Una tragedia simile diventa solo più amara, quando compiuta in un luogo e in un momento in cui i videogiocatori si dovrebbero poter divertire al sicuro e in compagnia di gente che condivide i loro stessi interessi. Speriamo che l’accaduto sproni i prossimi raduni ad aumentare la sicurezza.
1 Comment
Kerouaclibriebicchieri
Direi che migliore copertina per l’articolo non si potesse trovare.