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La regina degli scacchi: La recensione

“La regina degli scacchi” è una serie originale Netflix, distribuita sulla nota piattaforma di streaming il 23 ottobre 2010, basata sull’omonimo romanzo di Walter Trevis. Il titolo originale di entrambe le opere, “The Queen’s Gambit”, fa riferimento a una celebre apertura degli scacchi: il gambetto di donna. La serie tv vede poche puntate, dalla durata variabile come tutte le ultime serie tv pensate per lo streaming, dal ritmo mai lento e noioso. I titoli delle puntate fanno riferimento a termini tecnici di facile comprensione, nota apprezzata perché preannuncia il tono della serie.

Trama

La protagonista della serie è la giovane Beth Harmon, prodigio degli scacchi, e la sua carriera in questo mondo. Dato che il libro è un romanzo di formazione, seguiamo Beth per quattordici anni di vita, dagli otto ai ventidue, nelle vicissitudini e nelle disavventure che la colpiscono. La storia si apre con l’arrivo di Beth in orfanotrofio, dove le vengono somministrati quotidianamente dei tranquillanti. L’incontro con il custode Shaibel l’avvicina al mondo degli scacchi e alla passione che la terrà avvinta per tutta la vita. L’adozione giunge sette lunghi anni dopo e con un padre adottivo assente e una madre in crisi, Beth riesce a proseguire con la sua passione e a stravincere i primi tornei di scacchi.
Nel corso della serie, di vittoria in vittoria, Beth cadrà nella spirale degli psicofarmaci e dell’alcolismo, al punto tale da aver bisogno di aiuto diverse volte per rimettere in piedi la sua vita.

The Queen's Gambit': The season finale ending explained – Film Daily

Tematiche

Oltre all’ovvio tema degli scacchi, trattato con professionalità e precisione, la serie affronta anche il tema delle dipendenze, della stabilità emotiva e della figura della donna. Essendo ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta, abbiamo l’occasione di vedere la pratica (fortunatamente terminata) degli psicofarmaci assunti negli orfanotrofi, insieme purtroppo a un certo razzismo velato (le ragazze nere non vengono adottate) e in generale al ruolo della donna nella società.
L’alcolismo è uno degli altri grandi temi, sebbene nella serie abbia poco spazio, la sua presenza è costante e ogni puntata si porta via qualche minuto per farci vedere la lenta ma inesorabile caduta di Beth sotto il giogo degli alcolici.

Interpreti

In una serie come questa gli interpreti solitamente devono essere un punto di forza sul quale la sceneggiatura possa esprimersi. In questo caso le aspettative sono più che confermate e abbiamo diversi candidati che potrebbero ambire a un emmy. La protagonista Anya Taylor-Joy, nonostante la giovane età, riesce a regalare la profondità necessaria a un personaggio e a tutti i suoi egoismi, confermando quella nomination ai BAFTA del 2017 come migliore stella emergente.
Illustrando la serie del modo in cui Beth Harmon riesce a relazionarsi al mondo attraverso gli scacchi, non può mancare un elogio anche per Harry Melling, anni luce dal suo precedente ruolo di Dudley Dursley della saga di Harry Potter, e a Thomas Brodie-Sangster per averci dato due punti di vista ben lontani dallo scacchista medio e stereotipato.

How “The Queen's Gambit” Reimagined Chess | The New Republic

Aspetto tecnico

La fotografia e la colonna sonora sono punti di forza di questa produzione, supportando la narrazione in ogni momento importante. Le ultime puntate offrono poi giochi particolari di luci e inquadrature per meglio esprimere il grande torneo scacchistico russo.

La reazione della comunità scacchistica

La comunità scacchistica si è ovviamente divisa in maniera non equa su questa serie tv. Generalmente è stata lodata l’aderenza al contesto, con la comunità femminile che ha lamentato la mancanza di partite giocate da donne (intese come mosse al tavolo) mentre il campione del mondo di scacchi ha definito la serie come scialba e troppo fantasiosa.

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