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Il Sovrano – Tra psicologia e gioco

La figura del Sovrano, la nobiltà o la regalità in generale, sono sempre state un interessante motore per le storie.
Dalla salita al potere di Re Artù alla figura di Don Rodrigo, chiunque detenga una così grande forma di potere, viene spesso visto o come una figura di ispirazione per atti nobili o come un esecrabile individuo che abusa del suo potere conscio di non dovere rendere conto a nessuno.

Se analizziamo però la sovranità come archetipo, Jung ci pone il Sovrano come l’archetipo tra i più interessanti all’interno della sua analisi della psiche umana: il Sovrano è l’organizzazione, è l’ispirazione, è la capacità di governare non attraverso la prevaricazione, ma attraverso l’esempio.

Se i cavalieri sono gli intermediari tra il re e il popolo, gli uomini e le donne che portano avanti la parola e il verbo del loro signore, il Sovrano è colui che funge da tramite tra il mondo delle idee e quello materiale, la figura che garantisce al regno un sogno intorno a cui tutto ruota.

Per quanto il contrasto nelle filosofie orientali e occidentali su diversi punti spesso porti a vedere due mondi alieni che cercano il dialogo la figura di chi comanda per mandato divino, ovviamente con declinazioni rispetto alla giustificazione di queste autorità diverse, è una dei punti che unisce l’analisi del mondo: chi è al potere ha un compito gravoso sulle sue spalle, è il garante dell’ordine e della struttura sociale e quel trono è ben conscio quanto sia fragile e allo stesso tempo gravoso.

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FATE, Graal e il Sovrano nelle sue forme

Un interessante esempio di come questo mandato divino pesi sulle spalle di chi lo porta lo abbiamo in FATE una saga nata da una serie di videogiochi poi evolutasi in anime e manga, dove antichi eroi vengono invocati per combattere per ottenere il Graal nel nome dei loro padroni. Fondamentale per questa analisi il dialogo tra Arturia il re dei cavalieri, la versione crossgender di re Artù della saga, e Iskandar, Alessandro Magno, il re dei Conquistatori sul tema di cosa sia davvero un re.

Mentre Arturia racconta di come il suo più grande sogno sia riuscire a cancellare la sua figura dalla storia per non fare cadere Camelot, Iskandar sottolinea come così facendo manchi di rispetto ai sacrifici dei suoi sottoposti poiché un Re deve elevarsi al di sopra dei comuni mortali. Un Re, per Alessandro Magno, deve incarnare il meglio e il peggio di qualsiasi cosa, deve essere un individuo la cui ambizione, la cui ferocia e la cui nobiltà siano così estreme da essere allo stesso tempo ammirato e odiato poiché deve essere un uomo con un sogno così grande che i suoi sudditi devono aspirare ad essere come lui e a sognare insieme a lui.

Sovrano Fate

La Leggenda dei Cinque Anelli e il Sovrano

Spostandoci invece in un altro prodotto, questa volta prettamente ruolistico, “La Leggenda dei Cinque Anelli”, un gioco di ruolo scritto in origine da John Wick e attualmente prodotto nella sua quinta edizione dalla Fantasy Flight Games e importato in Italia dalla Need Games, ci pone davanti un mondo fantastico di matrice orientale dove la domanda su cosa sia la regalità riceve diverse risposte.

Se infatti nel Rokugan, un mondo costruito unendo sotto lo stesso cielo l’intero immaginario legato all’Oriente, la figura dell’Imperatore è fondamentale per la tenuta dell’Impero poiché egli è il punto di riferimento per la tenuta dell’ordine all’occhio del popolo, la discendenza divina della famiglia imperiale non è la garanzia assoluta di governo.

Infatti la famiglia imperiale è solo una delle otto famiglie discendenti dai Kami cacciati dal Cielo, e così la nobiltà per mandato divino non è nelle mani di una sola linea di sangue, anche se gli altri sette clan ovviamente accettano e rispettano il governo della famiglia Hantei, assumendo quindi il ruolo di sottoposti del Trono di Crisantemo poiché il mondo necessita di struttura.

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I Clan e il rapporto con la sovranità in Rokugan

Ma se analizziamo ogni clan come un piccolo regno a sé stante, come un piccolo mondo dove ogni Kami originario ha dettato le leggi interne della propria gente, possiamo notare come anche all’interno di una struttura così gerarchizzata possano esistere più sovrani.

E così mentre il nobile clan del Leone, le mani destre dell’Imperatore, applica il bushido incentrandosi sul tema del valore e del sacrificio, dall’altro lato abbiamo la Gru, le mani sinistre, che si concentrano sull’importanza della perfezione e della diplomazia mentre tra le ombre si celano gli Scorpioni, le spie e i traditori, il cui antenato, Bayushi, ha imposto loro di essere le mani nelle ombre dell’Imperatore, i nobili il cui vero sacrificio sta non tanto nella propria vita quanto nell’essere considerati gli esecrabili poiché un regno per prosperare necessita sia di nobiltà, onestà e onore che di tradimenti, menzogne e disonore.

Il sacrificio degli Scorpioni rientra ovviamente anche in un altro in un topos narrativo assai interessante, ma al momento credo basti soffermarsi su quanto pur dovendo rispettare il mandato imperiale ogni clan del Rokugan abbia più livelli di nobiltà e più Sovrani nobili a cui obbedire, al punto tale che alcuni accettino con pace il fatto di vivere in un paradosso poiché nel servire il loro antenato servono comunque l’Impero.

Sovrano Rokugan

Conclusioni

Ecco quindi cosa rende il Sovrano così interessante all’interno delle storie: un tiranno è un nemico da abbattere poiché abusa della sua responsabilità, ma un Sovrano conscio di quello che deve fare, conscio del peso di quel trono, è una fonte di ispirazione e ammirazione tale da rendere paradossalmente giusti anche gli atti più esecrabili poiché egli è garante della nobiltà di quegli atti per il fine ultimo del suo sogno e fintanto che il Sogno prosegue non importa chi indossa quella metaforica corona poiché il Sovrano è solo la voce in terra di qualcosa di più grande.

La nobiltà del Sovrano nella fiction è quindi questa. Le persone possono morire, ma il Sovrano troverà sempre un nuovo protagonista in cui incarnarsi per portare avanti le idee che rappresenta permettendo così al Sogno di continuare a prosperare come motore narrativo del Regno, insomma…

Il Re è morto, lunga vita al Re.

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