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Fear Street 1994: non mi dispiace

Ho un problema con gli horror. Anzi, sarebbe meglio dire che sono gli horror ad avere un problema con me: non riescono a terrorizzarmi, non mi lasciano paura né terrore, solo un gigantesco “meh” alla fine di ogni visione. Di quelli usciti recentemente salvo esclusivamente Quella Casa nel Bosco, Hereditary e Midsommar. Fear Street 1994 è un horror come tanti, non lo nego. Nonostante ciò, è riuscito in un qualche modo a colpirmi.

Attenzione, la recensione che segue è piena di spoiler riguardanti il primo film della trilogia Fear Street. Avanzate con prudenza!

Visto, stravisto, banale eppure carino

Fear Street comincia nel 1994: una giovane ragazza viene uccisa brutalmente all’interno di un supermercato: l’assassino è un insospettabile amico, e l’evento scuote le due città vicine di Sunnyvale e Shadyside, la prima città pacifica, la seconda città killer. La presenza di così tanti omicidi nella città di Shadyside sembra da riportare ad una strega uccisa secoli prima, Sarah Fier, che ha in qualche modo maledetto l’intera città.

A fare le spese, nel 1994, della maledizione della strega sono un gruppo di adolescenti (nonché protagonisti dell’intera storia). In particolare Deena Johnson (Kiana Madeira), suo fratello Josh (Benjamin Flores Jr) e Sam (Olivia Scott Welch) cercano di fuggire da un killer mascherato, per poi incontrare varie reincarnazioni della maledizione della strega. Il loro piano ha successo, sebbene temporaneamente, e i tre cercano un modo per rimuovere la maledizione della strega: sarà proprio questa ricerca il motore stesso del film, ambientato in tre periodi differenti, ripercorrendo crimini efferati legati alla strega stessa.

Fear Street 1994, una scena del film

Una serie che sembra migliorare col tempo

Fear Street 1994 (e in generale tutta la trilogia) è ispirata agli omonimi romanzi di Robert Lawrence Stine. Annunciato inizialmente nel 2015 e poi giunto a noi con Netflix nel 2020, in ritardo a causa della grandezza del progetto e all’arrivo della pandemia. A dirigere l’intera serie è Leigh Janiak con l’aiuto di Phil Graziadei, con alcune guest star e giovani attori emergenti. Come avrete capito dal riassunto della trama, però, si tratta di un horror abbastanza canonico: classico gruppetto di ragazzini alle prese con un assassino/maledizione/mostro. Potrei citare almeno dieci film su due piedi che hanno lo stesso incipit, se solo ce ne fossero di memorabili.

Eppure, proprio grazie alla sua struttura legata in maniera diretta ai suoi sequel, Fear Street 1994 non riesce a passarmi per banale (nonostante, in realtà, lo sia) perché fa parte di un grosso progetto; un po’ come un libro di King dove i personaggi si incontrano trovandosi nella stessa ambientazione, così Fear Street (ed il secondo film è meglio del primo, in questo) è collegato in maniera diretta ad i suoi successori. Non si tratta, quindi, del solito Jason o Nightmare.

Fear Street 1994, una scena del film

Buoni effetti anche se si poteva fare di più

Se preso singolarmente, lasciando perdere la correlazione tra ogni altro film della trilogia, Fear Street 1994 non è però esente dai difetti classici degli horror nostrani: jumpscare, scelte assolutamente immotivate, protagonisti spesso dediti al mettersi in situazioni scomode e qualche kinky sex scene di troppo. Si tratta, quindi del classico film horror con protagonisti stupidi e scelte poco realistiche, nonostante non manchi qualche colpetto amile di scenografia e plot (un po’ alla It Follow, per intenderci).

Se, dunque, ci si riesce a distaccare dalla necessità di avere protagonisti senzienti, senza domandarsi dove siano gli adulti (o perché questi siano così restii a mobilitarsi di fronte a omicidi efferati) Fear Street 1994 risulta un film piacevole, con qualche alto e qualche basso, ma decisamente nella media. A portare più in alto il risultato è il suo essere legato con gli altri film, che ne migliorano il risultato finale.

Fear Street 1994, una scena del film

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