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Sister: la clone transgender di Star Wars tra polemiche lecite e transfobia

Chi è Sister, la clone transgender che comparirà nel romanzo di Star Wars, Queen’s Hope? Quali sono le polemiche lecite che ha suscitato? E quali sono invece frutto di pura e semplice transfobia?

A volte passano mesi tra un articolo su Star Wars e l’altro, ma a volte il franchise si sveglia, le polemiche fioccano e noi dobbiamo rimetterci mano di nuovo.
La scorsa settimana avevamo parlato del problema della polarizzazione delle opinioni nel fandom di Star Wars, con l’uscita del trailer di Obi-Wan Kenobi. Oggi, invece, parleremo di una nuova polemica, questa volta sorta attorno a una pubblicazione cartacea del franchise.
La polemica ruota attorno a Sister, una clone di Jango Fett che ha combattuto nelle Guerre dei Cloni e che comparirà nel libro Queen’s Hope. Come vedete, a differenza dei suoi fratelli cloni, Sister è nominata al femminile, poiché si tratta di una clone transgender.

Capirete già così che genere di commenti possa aver scatenato la sua comparsa. Praticamente, infatti, qualsiasi nomina di tematiche queer in franchise famosi scatena odio e polemiche. Anche questa volta, il copione è lo stesso e i commenti transfobici fioccano.
Tuttavia, l’annuncio del personaggio di Sister ha dato vita anche a una serie di obiezioni legittime. Queste ultime non sono legate al genere del personaggio, bensì alla sua rappresentazione visiva.
Vediamo meglio entrambe queste polemiche per capirne la natura.

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Sister, la clone transgender del libro Queen's Hope, illustrata da Uzuri
Sister, la clone transgender del libro Queen’s Hope, illustrata da Uzuri

Chi è Sister, la prima clone transgender e dove appare?

Come detto sopra, Sister è una clone di Jango Fett che combatte nelle Guerre dei Cloni insieme ai suoi fratelli cloni. Non sappiamo quale sia il suo numero identificativo, ma sappiamo che i suoi fratelli la chiamano Sister (sorella) per sottolineare che le vogliono bene e che la considerano fermamente una di loro. Infatti, è chiaro che Sister sia una donna transgender, con lo stesso corredo genetico di Jango Fett, ma una diversa identità di genere.
A parte questo, in realtà non sappiamo assolutamente nulla sul personaggio.

Siamo però a conoscenza del fatto che Sister compaia nel romanzo Queen’s Hope, scritto da E. K. Johnston, già autrice di Ahsoka. Si tratta del terzo volume di una serie di romanzi young adult dedicati a Padmé Amidala e alle sue ancelle, di cui i primi due titoli sono Queen’s Shadow e Queen’s Peril. In Queen’s Hope si seguiranno due linee narrative: Padmé impegnata in una missione segreta e la sua ancella Sabé che ne fa le veci in Senato.
Queen’s Hope sarà pubblicato il 5 aprile 2022.

Non sappiamo bene che ruolo abbia Sister in tutto questo, ma presumibilmente la vedremo come personaggio secondario. Infatti, E. K. Johnston stessa dice che Sister non avrà una grossa parte nella storia.
Sappiamo che i colori dell’armatura della clone sono suoi personali e non contraddistinguono la sua truppa.
Sister è stata annunciata da E. K. Johnston in un thread su Twitter.

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Copertina del libro Queen's Hope di E. K. Johnston
Copertina del libro Queen’s Hope di E. K. Johnston

Perché può esistere una clone transgender?

Da un punto di vista di canone, una clone transgender è perfettamente possibile.
Infatti, i cloni usati dalla Repubblica per combattere durante le Guerre dei Cloni hanno tutti lo stesso patrimonio genetico, ossia quello di Jango Fett. Di conseguenza, tutti i cloni hanno i medesimi geni, la medesima corporatura e gli stessi tratti somatici. Le sole eccezioni sono i cloni con anomalie genetiche, come il clone 99 e i membri della Bad Batch.

I cloni come individui unici

Tuttavia, durante le sette stagioni della serie animata The Clone Wars, abbiamo ampiamente visto che i cloni hanno personalità e caratteri anche molto diversi gli uni dagli altri. La loro psicologia e la propria percezione di se stessi variano dall’uno all’altro. Per questo motivo, praticamente tutti i cloni personalizzano il proprio aspetto e la propria armatura, e ognuno di loro adotta un proprio nome. Abbiamo così Cody, Rex, Fives, Wolffe, Echo e tutti gli altri (bellissimi) cloni della serie animata, ognuno col suo carattere e il proprio aspetto.
In tal senso, i Jedi tendono a incoraggiare questo sviluppo di una personalità unica per ogni clone. Il solo Jedi che si ostina a chiamare i cloni non con il loro nome scelto, bensì con i loro numeri identificativi, è Pong Krell, l’antagonista del ciclo di episodi ambientati su Umbara.

Insomma, in The Clone Wars vediamo come i cloni siano in uno stato di tensione fra due poli: ciò per cui sono stati progettati e creati (armi viventi, tutte uguali e sostituibili) VS ciò che effettivamente sono (persone, ognuna unica e insostituibile).

Una clone transgender è quindi un esempio dell’unicità del singolo clone

Sister, in qualità di clone transgender, si inserisce perfettamente in questa dicotomia. Creata per essere un uomo uguale ai suoi fratelli, Sister si contraddistingue a livello sociale e psicologico per un’identità di genere (che è, appunto, un concetto sociale, culturale e psicologico) diversa, ossia femminile.
E, come avviene con i suoi fratelli, anche Sister esprime la propria persona (e quindi il proprio genere) a livello estetico, attraverso i colori della propria armatura, i capelli lunghi e l’aspetto femminile.

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Il tweet di E. K. Johnston in cui presenta Sister, la clone transgender
Il tweet di E. K. Johnston in cui presenta Sister, la clone transgender

Le polemiche sull’aspetto di Sister: un’acconciatura “da nera” per un personaggio ispirato a una persona polinesiana

L’annuncio di Sister ha provocato molte risposte positive ed entusiaste, ma anche diverse critiche. Fra queste, vogliamo riportare le sole che hanno effettivamente delle basi serie, ossia quelle legate al fatto che la clone sia stata illustrata sostanzialmente come una donna nera, e non come una donna polinesiana.
Infatti, Sister è stata presentata al mondo da E. K. Johnston su Twitter grazie a un’illustrazione di Uzuri, famosa artista che realizza lavori su Star Wars. In questa illustrazione, Sister ha i capelli acconciati in cornrows.

I cornrows come acconciatura culturale

Quella dei cornrows è un’acconciatura tipicamente associata alle persone nere.
Ma non solo: come molti altri stili di trecce, i cornrows hanno proprio un valore culturale per la comunità nera statunitense, che deriva anche dal passato schiavista della nazione. I capelli acconciati a trecce erano un modo per mantenere qualche traccia delle culture originarie degli schiavi e, col tempo, divennero anche una strategia segreta di comunicazione fra schiavi.

Osteggiate dai bianchi e considerate come acconciature retrograde prima, e grezze e ineleganti dopo, le trecce in generale sono a oggi diventate un’acconciatura identitaria per la comunità nera statunitense. Portare un qualche genere di acconciatura a treccia è un modo per esprimere amore e rispetto nei confronti della propria identità culturale, fra le persone afroamericane.
A solidificare questa percezione c’è anche il fatto che le acconciature a treccia sono state (e a volte sono ancora) bandite dai luoghi di lavoro controllati dai bianchi, poiché considerate non professionali. Al contrario, quando a portare tali acconciature erano persone bianche, queste venivano lodate per il loro stile innovativo.

Insomma, anche se per noi Italiani un simile dibattito sulle acconciature sembra assurdo, dobbiamo renderci conto che l’oppressione delle persone afroamericane negli USA è passata anche per il campo delle pettinature. E la creazione di un doppio standard ingiusto, in cui i bianchi potevano portare le trecce e i neri no, ha ulteriormente accentuato la connotazione culturale e identitaria di certe acconciature.
Ecco perché, per molte persone della comunità afroamericana, vedere i cornrows su persone o personaggi non neri è un tasto dolente.

La cultura polinesiana messa da parte

L’autrice E. K. Johnston ha risposto a tali critiche prendendosi la responsabilità di non essersi spiegata bene con Uzuri. Infatti, scrive la scrittrice, la sua idea per l’acconciatura di Sister era di farle portare i capelli in una serie di trecce francesi.

Tuttavia, su Twitter la sua risposta è stata ulteriormente criticata, poiché sia i cornrows, sia le trecce francesi non c’entrano nulla con le acconciature tipiche della cultura polinesiana, ossia la cultura/etnia a cui sono associati i cloni di Star Wars. Questa associazione è dovuta sia al fatto che tutti i cloni sono basati sui tratti di Temuera Morrison, un attore polinesiano, sia al fatto che Morrison ha insistito per dare ai cloni (e a Jango e Boba Fett, e quindi anche ai Mandaloriani in generale) diversi elementi culturali ispirati alla cultura polinesiana.
Diversi fan polinesiani hanno criticato l’acconciatura di Sister e hanno trovato poco convincente la risposta di Johnston, poiché le vedono come una mancanza di rispetto verso la cultura polinesiana (e quella Maori in particolare).

In generale, quindi le critiche all’acconciatura di Sister ruotano attorno al fatto che le culture delle persone non bianche non sono un unico calderone dal quale si può prendere tutto senza contesto o rispetto. Le acconciature culturali non sono qualcosa di interscambiabile, insomma.
Io, da persona bianca con una conoscenza limitata sulle questioni delle persone nere e di quelle polinesiane, su questa faccenda non mi esprimerò, poiché non ho le basi per poterlo fare.

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I cloni di Jango Fett in The Clone Wars. Notare la varietà con cui hanno personalizzato il loro aspetto
I cloni di Jango Fett in The Clone Wars. Notare la varietà con cui hanno personalizzato il loro aspetto

Le critiche transfobiche a Sister e all’idea di una clone transgender

Content Warning: commenti transfobici

Come detto prima, gran parte delle reazioni alla presentazione della prima clone transgender sono state positive e interessate. Non mancano però diverse manifestazioni di sdegno, soprattutto da parte del fandom italiano.
Alcune sono espressioni di ignoranza da parte degli scriventi, i quali o non sanno che ogni clone ha una propria personalità unica, o non sanno cosa sia l’identità di genere.

1) La mia domanda è: se questo è un clone fedele di jango, perché è uscito transgender?
2) Quindi un clone di Jango Fett dopo migliaia di cloni identici all’originale verrebbe fuori transgender perchè?
3) Più che altro come fa un clone, ovvero un essere progettato e programmato ad essere transgender?
4) Ma i cloni non erano tutti ricavati dai geni di boba Fett? Mi sono perso qualcosa della saga?

L’hate speech duro e puro

Esistono però anche diversi commenti che sono invece espressione di becera transfobia. C’è chi su Twitter, nascosto dietro a un profilo falso, accosta l’essere transgender all’avere una malattia mentale. Altri commentatori italiani, invece, passano direttamente agli insulti. Queste esternazioni non meritano di essere commentate.

1) Wow. I guess clones are subject to debilitating mental illness and denial of reality too.
2) It’s hilarious that you think you did something of value with this grotesque abomination.
3) Speriamo sia abbattuto in fretta …
4) Userò le vie della Forza per separare la sua stupida testa dal suo inutile corpo
5) Ci serviva anche sta cacata
6) Il tutto è veramente vomitevole.
7) Non sottovalutare le viados della forza!

“È solo marketing e propaganda!”

C’è poi chi accusa il franchise di inserire personaggi transgender solo per marketing e per attirare il pubblico queer. In questo modo, la Lucasfilm sarebbe anche accusata di “rovinare” Star Wars, poiché apparentemente inserire una clone transgender significa “rovinare” la storia.

1) […] é quella c**** di Disney che deve mettere in mezzo ai film propagande politiche per forza, perché queste minoranze non sanno scrivere un romanzo di successo, ne farsi il cu** per fare un film da 0 con le proprie mani. Ci sono film acclamati con minoranze, non capisco perché devono rovinare altre serie di successo quando possono farne loro con la loro rappresentante.
2) Cosa non si fa per piegarsi alle mode, e racimolare un pugno di dollari in più…
3) Ah quindi la massoneria LGBT+ etc ha messo le mani anche sul mondo star wars….

A queste accuse si può tranquillamente rispondere in due modi.
In primo luogo, sottolineando che non conosciamo le intenzioni dell’autrice del libro, la quale può benissimo aver incluso una clone transgender perché genuinamente ci tiene a fare della rappresentazione positiva della comunità T.
In secondo luogo, anche qualora si trattasse di puro marketing, è il caso di ricordare al fandom di Star Wars che sostanzialmente ogni cosa del franchise è fatta per vendere. Anche il fatto che Luke Skywalker sia bianco, maschio e cisgender è marketing, poiché è un protagonista fatto per attirare gli uomini (e i bambini) bianchi, maschi e cisgender.

“È inclusione forzata, che è peggio dell’esclusione!”

Parallelo all’accusa che i personaggi transgender esistano solo per motivi di marketing, c’è anche la solita, ovvia accusa che il politicamente corretto (spauracchio dei nostri anni) stia rovinando il mondo e quindi anche le nostre care opere di infanzia.
In tal senso, secondo questi commentatori inserire un personaggio transgender in Star Wars è una “forzatura”, un voler inserire diversità “a tutti i costi”. C’è chi si lamenta perché “non ha senso che esista una clone transgender” (quando ha perfettamente senso, come si è visto sopra).

1) Non era piú semplice creare un personaggio completamente nuovo per star wars ,piuttosto che fare queste cose inutili solo per seguire i “tempi moderni”?
2) Che tristezza queste forzature
3) basta.. vi prego.. questa forzatura estrema sta facendo l’esatto opposto di quello che dovrebbe fare..

Ebbene, è molto interessante vedere che per queste persone gli inserimenti forzati (fatti poi in una galassia immaginaria, fantasy e con migliaia di specie aliene diverse!) siano solo quelli che concernono personaggi di minoranze. Quando a essere inseriti sono uomini, bianchi, etero e cisgender, non sono mai una forzatura.
Non è forzato che Qui-Gon Jinn fosse un uomo bianco? Non è forzato che Obi-Wan Kenobi sia attratto dalle donne? E non è forzato che Anakin Skywalker sia cisgender? (“Come avrebbe fatto a figliare con Padmé?” è una domanda lecita solo fino a un certo punto, visto che Anakin letteralmente non ha un padre biologico e siamo, di nuovo, in una galassia fantasy.)
In qualche modo, è sempre così che vanno queste cose: a essere forzata è sempre l’inclusione degli altri, mai di gente simile a noi.

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Temuera Morrison nel ruolo di Jango Fett
Temuera Morrison nel ruolo di Jango Fett

Alcune parole conclusive

Dopo aver letto i commenti di parte del fandom italiano di Star Wars, ho bisogno di una doccia. Molti di loro sono inqualificabili. Molti altri dimostrano una certa ignoranza in merito ai cloni, oppure al tema dell’identità di genere, o nei confronti di entrambe le tematiche. Altri ancora veicolano una transfobia più velata, ma ugualmente presente, perché associano tutto ciò che è queer con il politicamente corretto, con il marketing e in generale con delle storie malfatte.
Ma se fosse stato introdotto un clone più bianco e caucasico degli altri, dubito altamente che questi stessi commentatori avrebbero detto qualcosa.

Personalmente, credo che l’introduzione di Sister sia un ottimo spunto per raccontare la dicotomia intrinseca dei cloni (armi VS persone). Una clone transgender è perfettamente integrabile nel canone e ha perfettamente senso. Ha senso esattamente come il clone di The Clone Wars che ha disertato per farsi una famiglia.
In un universo variegato e aperto a specie aliene di ogni genere, è assurdo che ci siano così pochi personaggi queer. Spero che in futuro ne vedremo di nuovi, possibilmente in buone storie originali che abbiamo qualcosa di nuovo da raccontare.

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