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Pathfinder Seconda Edizione: un primo parere!

Intervistiamo un giocatore di ruolo navigato, Mirto Musci, per scoprire Pathfinder Seconda Edizione: il nuovo titolo della Paizo sarà promosso?

Da un paio di mesi è uscita la seconda edizione di uno dei giochi di ruolo di impianto tradizionale più famosi del momento, Pathfinder. Edito da Paizo, Pathfinder è noto principalmente per aver ripreso l’impostazione di D&D 3.5, raffinandone le regole e creando un proprio universo narrativo.
Dopo oltre dieci anni dalla pubblicazione dell’ormai storico Manuale Base, la Paizo ha deciso che i tempi fossero maturi per fare un passo ulteriore. E così, hanno annunciato Pathfinder Seconda Edizione.

Dopo anni di rodaggio segreto, nel 2018 è stato rilasciato il playtest ufficiale di Pathfinder Seconda Edizione, scaricabile gratuitamente dal sito della Paizo. Raccogliendo poi i feedback di moltissimi giocatori e giocatrici da tutto il mondo, la casa editrice ha ulteriormente rivisto il nuovo sistema di gioco.
E così, nell’agosto di quest’anno, Pathfinder Seconda Edizione ha visto la luce con ben quattro pubblicazioni. Infatti, non solo abbiamo il Core Rulebook, ma anche un Bestiario e due avventure giocabili: The Fall of Plaguestone ed Age of Ashes.

Un’intervista per conoscere Pathfinder Seconda Edizione

Personalmente, ancora non ho avuto la possibilità di giocare a Pathfinder Seconda Edizione, ma chi legge i miei articoletti saprà che sono un’amante della sua prima edizione. Infatti, sul Patreon dei Cercatori (ora in fase di ristrutturazione!) ho reso disponibili alcuni compendi relativi a Il libro delle invasioni. Si tratta di una campagna ispirata alla mitologia irlandese e basata sul sistema di gioco di Pathfinder.

Infatti, a parer mio questo titolo Paizo è eccezionale per chi ama fare worldbuilding, poiché mette a disposizione materiale che supporta ogni tipo di setting. Anzi, per molti versi, Pathfinder incita i giocatori a creare i propri mondi, senza restare sempre dentro l’universo di Golarion: dopo tutto, le regole le abbiamo, quindi usiamole!

Quindi, è inutile dire che sono decisamente curiosa nei confronti di Pathfinder Seconda Edizione. Ma non avendo il tempo materiale di provarlo, ho voluto intervistare per voi (ma anche per me!) uno dei giocatori di ruolo e master più conosciuti nel fandom italiano di Pathfinder. Sto ovviamente parlando di Mirto Musci, veterano dei titoli Paizo, a cui gioca da ormai dieci anni, sebbene sia anche un giocatore di D&D di terza, quarta e quinta edizione. Ricercatore universitario ad ingegneria informatica nella vita, Mirto sta anche scrivendo Polis, un card game su potere e politica ai tempi della antica Grecia, di prossima uscita con Wyrd Edizioni.

Mirto ha avuto la possibilità di provare sia il playtest, sia la versione definitiva di Pathfinder Seconda Edizione. Ecco, dunque, cosa pensa del gioco!

Mirto Musci
Mirto Musci

Sappiamo che hai provato Pathfinder Seconda Edizione! Lo hai giocato in una one-shot o in una serie di sessioni?

Al momento in cui scrivo, ho giocato dal vivo solo due sessioni di Pathfinder Seconda Edizione, senza contare quelle del playtest. Spero nel breve-medio periodo di aumentare il numero, ovviamente.

Nello specifico, ho giocato le prime due sessioni della avventura Fall of Plaguestone, avventura ufficiale uscita al lancio insieme al Core e al bestiario. Le due sessioni sono state giocate di fila: una alla mattina, e l’altra al pomeriggio dello stesso giorno.

Che genere di storia avete raccontato e con quali e quanti giocatori?

Ho giocato con un gruppo di 4 persone oltre a me, di vari livelli di esperienza: dalla completa neofita all’esperto di oltre di 20 anni di GDR. Fall of Plaguestone ci è piaciuta molto, devo dire un ottimo prodotto di lancio che parte, e questo è decisamente fuori dagli schemi, con l’indagine per un misterioso omicidio. Pensa che ho ruolato con tanto trasporto la vittima che, quando è morta, è caduto il magone su tutto il gruppo!

Copertina dell'adventure path The Fall of Plaguestone
Copertina dell’adventure path The Fall of Plaguestone

Quali altri titoli hanno evidentemente, secondo te, ispirato il nuovo game design di Pathfinder Seconda Edizione?

Non amo parlare di confronti poiché sappiamo bene dove vanno a sfociare. Di sicuro Pathfinder Seconda Edizione è molto più distaccato da casa Wizards rispetto alla prima edizione che da tanti era considerata una sorta di D&D3.75.

Fatta questa premessa, non prendiamoci in giro, poiché le ispirazioni sono tante. Il sistema di creazione della classe con albero di talenti mi ha ricordato il true20 system, per dirne una. L’intero impianto della magia vanciana è un grande classico degli albori del gioco. Dalla terza edizione è preso l’impianto generale del d20system. Della quarta tantissimi aspetti: dall’asimmetria del mondo di gioco, all’introduzione dei rituali, alla cura del bilanciamento delle classi. Dalla quinta edizione qualche ispirazione per la concentrazione sugli incantesimi e tante altre piccole cose.

Ma in realtà è proprio da quest’ultima che PF2 si distacca di più: se in quinta edizione è centrale il concetto di bounded accuracy, Pathfinder Seconda Edizione rimane fedele all’alto livello di potere di terza edizione, pur mediato da un bilanciamento agli alti livelli davvero molto curato. In conclusione: per Pathfinder Seconda Edizione si può parlare di un gioco per molti versi innovativo e originale, pur con tanti richiami al passato nella scelta dei termini di gioco.

Quali sono gli aspetti in cui Pathfinder Seconda Edizione si è più distaccato da Pathfinder Prima Edizione?

Senza alcun dubbio l’asimmetria del mondo di gioco. Se in Pathfinder 1 la cura maniacale delle regole di costruzione dei PG era applicata in maniera identica agli NPC e agli avversari in generale, in seconda edizione i PG seguono regole completamente diverse. Questo aspetto, sicuramente molto gamista, ha il grosso vantaggio di semplificare moltissimo il lavoro del DM, e rendere più imprevedibili gli incontri di combattimento.

Un altro grosso cambiamento è nel cumulo dei bonus: in PF1 ce n’erano davvero tantissimi, potenzialmente anche con valori molto alti. In Pathfinder Seconda Edizione ce ne sono solo tre tipi, e con un bonus massimo che arriva a +4 solo in alcuni rari casi. L’impatto di una modifica del genere sull’intero sistema è davvero enorme! Personalmente non mi è mai piaciuta troppo l’ottimizzazione numerica, quindi non posso che esserne felice.

Interessantissimo anche il sistema delle rarità che divide gli elementi di gioco in comuni, non comuni e rari. Uno strumento davvero utile al DM per la gestione dei livelli di potere. Un esempio: tutte le divinazioni e gli incantesimi che dipendono dall’allineamento sono non comuni. Se il DM non vuole trattare l’uno o l’altro aspetto, semplicemente non le renderà disponibili in gioco.

Infine non si può non citare il sistema di proficiency, che regola quasi interamente l’impianto matematico del sistema. Ma forse è più interessante solo per chi ha un po’ l’occhio da game designer come me. :) Per tutti gli altri mi limito a dire che sono universali e davvero facili da usare!

Copertina del Bestiario di Pathfinder Seconda Edizione, ovviamente illustrata da Wayne Reynolds
Copertina del Bestiario di Pathfinder Seconda Edizione, ovviamente illustrata da Wayne Reynolds

Quali cambiamenti non ti aspettavi? Quali hai apprezzato di più e quali ti sono piaciuti di meno?

Non mi aspettavo francamente una bastonata così forte sull’intero sistema della magia, anche perché è dovuta al cumulo di tante, piccole modifiche che nell’insieme creano un effetto importante. Per citarne tre: la durata ridotta di tantissimi incantesimi di buff, la concentrazione necessaria per mantenere le evocazioni e l’eliminazione di molti degli effetti salva o girati i pollici per metà sessione (limitati solo al caso del fallimento critico). Secondo me questo cambiamento fa sicuramente il bene del gioco; la magia continua ad essere potente e versatile, ma non più così dominante come in prima edizione.

Non mi aspettavo nemmeno l’abolizione del turno di sorpresa e dell’ingombro, ma ho apprezzato molto. La novità che ho apprezzato di più, e che era largamente attesa, è la nuova economia delle azioni con il sistema a tre punti. È integrata perfettamente in ogni elemento del manuale e permette una grande profondità tattica in combattimento.

Ho apprezzato molto il nuovo sistema di mortalità, per certi versi meno pericoloso (alla prima volta che si va giù si è certi di non morire) per altri terribilmente letale (dalla seconda in avanti, è più facile non alzarsi più in piedi!).

Bellissimi, per chiudere, i nuovi sistemi per la gestione delle skill, dell’equipaggiamento, e soprattutto delle trappole complesse. Consiglio di andarseli a leggere con attenzione. Per dirne una, adesso non esiste più un’arma simile ad un’altra!

Non ho apprezzato moltissimo l’introduzione dei background: piatti e poco ispirati. Non mi è piaciuta nemmeno tanto la presenza delle tre modalità di gioco (incontro, esplorazione, downtime). Complice, forse, la mancanza del materiale della futura guida del GM, mi è sembrata una divisione artificiale e macchinosa. Soprattutto, ma qui è gusto mio personale, non mi è piaciuta molto l’introduzione di pesantissimi danni da caduta… se si può sopravvivere al soffio di un grande wyrm, perché morire per la caduta in un burrone?

Sono invece combattuto sul nuovo modello di successi e fallimenti critici. Ora un 20 o un 1 naturale hanno effetti, potenzialmente anche molto pericolosi, su quasi ogni azione. Sugli attacchi, fortunatamente gli 1 non hanno effetto, e i 20 raddoppiano semplicemente il danno senza tiro di conferma. L’effetto è quello di un gioco molto più imprevedibile e cinematografico rispetto al passato. Temevo che avrei odiato questa modifica e invece si è rivelata funzionale e divertente nel breve giudizio. Sospendo il giudizio per il momento.

Quale Classe ha beneficiato di più della nuova edizione? Quale invece, secondo te, era migliore in Pathfinder Prima Edizione?

Guerriero e Ladro, a mani basse. Non me ne vogliano gli amanti di queste classi in D&D 3.X/Pathfinder 1, ma per gli amanti della meccanica è sempre stato chiaro fossero un gradino sotto le altre classi. Adesso non più, anzi. L’albero dei talenti del guerriero è come una sinfonia che mi invita a giocarlo: davvero ispirato. Bellissimo anche il ladro, in PF2 il vero maestro della abilità. Pensa che ha accesso ad uno skill feat ad ogni livello! Molto bello anche il Barbaro, e in generale tutte le classi combattenti che in prima edizione soffrivano di scarsa versatilità rispetto alle classi magiche.

Purtroppo ho trovato davvero deludente l’Alchimista. Una classe senza carne né pesce e molto macchinosa da giocare. Un vero peccato, considerando che in prima edizione era una classe versatile e performante in tanti ruoli diversi.

Immagine dal Core Rulebook di Pathfinder Seconda Edizione, in cui vediamo un PG Goblin. Fonte
Immagine dal Core Rulebook di Pathfinder Seconda Edizione, in cui vediamo un PG Goblin. Fonte

Come sono i Goblin come razza giocabile?

Davvero belli, oltre che buffi ovviamente! Alcuni dei loro talenti razziali gli rendono i veri maestri della furtività. Non condivido le critiche che qualcuno ha fatto per la loro inclusione nel manuale base: i goblin sono la mascotte Paizo da sempre, e non sono mai mancati anche goblin non malvagi nelle adventure path.

Il sistema del combattimento, da quel che hai potuto vedere, ne è uscito più fluido e veloce? È comunque presente la componente strategica?

Da quello che ho provato personalmente, e ascoltando le esperienze dei tanti che hanno provato il gioco, in Pathfinder Seconda Edizione i combattimenti sono estremamente più veloci. Ci sono tante ragioni, secondo me. La possibilità di tentare attacchi multipli per turno fin da subito aiuta molto. Per non parlare dell’abolizione (salvo in alcuni casi!) degli attacchi di opportunità. Per farti capire, in 4 ore abbondanti di gioco si riescono a giocare 4 o più incontri di combattimento senza sacrificare il ruolo e l’esplorazione. Era impensabile in prima edizione.

Per avere un’opinione completa, ovviamente, devo aspettare di sperimentare il gioco agli alti livelli. Al momento, tuttavia, ho l’impressione che la componente strategica sia addirittura maggiore che in prima edizione! Il poter combinare attacchi e movimenti a piacimento, l’accesso alle manovre di combattimento per tutti, e la grande varietà della abilità dei mostri producono un combattimento davvero intrigante.

Copertina del da poco annunciato Bestiario 2 di Pathfinder Seconda Edizione, sempre ad opera di Wayne Reynolds
Copertina del da poco annunciato Bestiario 2 di Pathfinder Seconda Edizione, sempre ad opera di Wayne Reynolds

Razze, background e Classi instradano molto il giocatore nella scelta dei Talenti in Pathfinder Seconda Edizione. Questo è un bene o un male, secondo te? Intacca in qualche modo la personalizzazione del personaggio?

La personalizzazione del PG in Pathfinder Seconda Edizione è incredibile, e probabilmente è uno dei principali punti di forza del sistema. Non condivido la tua visione di essere instradati nella scelta, anzi. Sebbene siano raccolti in alberi di talenti specifici (razziali, skill, classe eccetera) il numero di scelte e di combinazioni del solo manuale base è elevatissimo.

Per farti capire: un PG di ventesimo livello, tra talenti razziali, di abilità e di classe, può tranquillamente superare le 40 scelte complessive, senza considerare la scelta degli incantesimi. In D&D quinta edizione? Non si arriva a 10. Provare per credere.

Se a tutto questo poi aggiungi i Dedication che permettono il multiclasse “parziale”, e quindi la possibilità di accedere ad alberi di talenti di altre classi, e il fatto che ogni libro in uscita arricchirà le liste dei talenti, credo che non basterà una vita intera per sperimentare tutte le combinazioni più significative. Pensa che nei prossimi manuali saranno rilasciati anche gli archetipi!

In molti si sono stupiti del fatto che una casa editrice scelga di pubblicare, nel 2019, un manuale di oltre 600 pagine. Secondo te queste 600 pagine sono tutte necessarie? Il Core Rulebook di Pathfinder Seconda Edizione è chiaro e ben strutturato? Ci sono molte immagini?

La scelta delle 600 pagine è dovuta, secondo me, alla volontà di avere un manuale ricco e completo e, soprattutto, all’intento degli sviluppatori di promuovere al massimo la chiarezza delle regole per non ripetere gli errori e le ambiguità del passato. A volte il manuale potrebbe risultare pedante, secondo qualcuno.

Io invece ho apprezzato la volontà di renderlo un vero e proprio testo di riferimento. Pensa che ogni elemento di gioco ha una tabellina con un insieme di tratti descrittivi che fanno riferimento al lungo glossario in appendice: ho apprezzato moltissimo.

Non ho notato una densità di immagini superiore alla prima edizione, e forse è addirittura inferiore rispetto a regolamenti molto più semplici. Però le immagini che ci sono le ho trovate di altissima qualità anche se personalmente non apprezzo tantissimo lo stile di Reynolds. Ma qui è davvero solo questione di gusti.

Se D&D5e è rivolto moltissimo ai giocatori neofiti, Pathfinder Seconda Edizione a che pubblico parla?

Secondo me Patfhinder Seconda Edizione è perfetto per i neofiti. Ha un gradino di ingresso solo leggermente più alto di quinta edizione, ma una profondità a lungo termine decisamente maggiore. Credo che il target di riferimento sia universale, e possa essere appetibile a diversi livelli di esperienza e per diversi stili e gusti di gioco.

Tuttavia il target principale credo siano i tanti che sono fuggiti prima da D&D3.5 e poi da Pathfinder 1 per l’eccesso di “matematica” avvertita in questi sistemi. Adesso non devono più temerla: Pathfinder Seconda Edizione fa di tutto per rendere accessibile la sua complessità!

Grazie per la gentilezza e a presto!

Grazie a voi per l’opportunità!

Kyra, la Chierica (mia classe preferita) iconica di Pathfinder Seconda Edizione, sempre illustrata da Wayne Reynolds
Kyra, la Chierica (mia classe preferita) iconica di Pathfinder Seconda Edizione, sempre illustrata da Wayne Reynolds

Alcune considerazioni finali su queste prime impressioni di Pathfinder Seconda Edizione

Diciamolo chiaramente: in casa mia c’è una notevole collezione di manuali di Pathfinder. Fin dall’annuncio del playtest, nel 2018, quindi, non sono stata troppo interessata ad una seconda edizione, poiché in qualche maniera sentivo di aver già investito a sufficienza in questo genere di d20system, che amo moltissimo.

Tuttavia, quando Mirto mi dice che i combattimenti sono più veloci e più tattici, la personalizzazione è elevata e il master crea i PNG più velocemente (non avete idea di quanta gente mi ritrovo a creare per una singola sessione!), io alzo le mani. Se sono state migliorate proprio le caratteristiche che amavo della prima edizione, Pathfinder Seconda Edizione rientra magicamente nella mia lista della spesa.

Quindi, personalmente, mi impegnerò a provare questa nuova edizione. La Paizo ha sempre lavorato con grande cura e precisione, quindi spero di trovare un gioco organico e raffinato.

E voi avete provato Pathfinder Seconda Edizione? Fateci sapere le vostre impressioni!

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