Parliamo del ruolo e del futuro del dado nel gioco di ruolo grazie alle testimonianze sui dadi di Mauro Longo, Helios Pu e il Vate!
La scorsa settimana ci siamo interrogati sul ruolo del dado nel gioco di ruolo, parlandone estesamente in questo articolo.
Dalla lunga esperienza personale del nostro Riccardo è emerso che il ruolo del dado non è per nulla scontato e che la percezione della sua importanza e utilità è cambiata notevolmente nel tempo. E, alla fine, ci si è chiesti quale sarà il destino del dado nel mondo dei giochi di ruolo.
Ora, per rispondere a questa domanda, o anche solo per avere nuovi spunti di riflessione, abbiamo contattato alcuni game designer italiani. Questo articolo, quindi, inaugura le testimonianze sui dadi: cos’è il dado per chi crea giochi di ruolo?
Oggi riportiamo le testimonianze sui dadi di Mauro Longo, Helios Pu e il Vate!
Testimonianze sui dadi: la visione di Mauro Longo
Mauro Longo, come scrive lui stesso, è un “autore e curatore di racconti, romanzi, saggi, librogame e giochi di ruolo”. Gestore del blog e pagina Facebook Caponata Meccanica, Mauro Longo ha scritto numerosi librigame, come la saga di Ultima Forsan, racconti e giochi di ruolo, quali Dies Irae e il setting Tropicana.
Ecco qui la sua testimonianza sui dadi!
1) Cos’è il dado per te?
Nei giochi, compresi quelli di ruolo, il dado è un elemento materiale che serve a garantire aleatorità e imprevedibilità agli esiti di una determinata situazione incerta. Non tutti i giochi (e nemmeno quelli di ruolo) ne hanno bisogno, ma io ritengo che un uso del dado “controllato” renda tutto più interessante, divertente e imprevedibile.
Per fare un esempio: ci sono poche cose più emozionanti al tavolo di quando si riesce a rollare una combinazione estremamente fortunata di dadi in una situazione critica. Non esiste strategia perfettamente pianificata né narrazione tanto coinvolgente che possa competere con il piacere di ottenere un “critico”, degli “assi” o tre 6 ai dadi proprio al momento giusto.
Naturalmente, i dadi sono solo un tipo di meccanismo aleatorio possibile, ma secondo me sono ancora oggi uno dei migliori, nelle giuste combinazioni.
2) Per te il dado è un mezzo o un fine? Come si evolverà secondo te la figura del dado?
Be’, credo che un “fine” possa esserlo solo in giochi non di ruolo assolutamente matematici o astratti, come i giochi di dadi classici o qualche variante moderna. In un gdr o in un gdt ambientato sono un mero strumento di risoluzione delle situazioni e un elemento di aleatorietà, quindi certamente un mezzo.
Non va però dimenticato che i dadi possono (e dovrebbero) essere oggetto di meccaniche divertenti specificamente individuate, “fun mechanics”, che esaltino proprio il piacere dell’azzardo e della fortuna al tavolo, mentre si fa altro.
Testimonianze sui dadi: la visione di Helios Pu
Helios Pu è, fra le tante altre cose, anche un designer di giochi di ruolo e da tavolo. Creatore della Helios Games, è principalmente conosciuto per essere l’autore di Be-Movie. Noi Cercatori lo abbiamo incontrato durante il Genderplay II Edizione, in cui è stato relatore della tavola rotonda sulla sicurezza emotiva nei giochi di ruolo.
Ecco la sua testimonianza sui dadi!
Per te il dado è un mezzo o un fine?
Secondo me non esistono fini, esistono solo mezzi. A volte anche interi. Ma per lo più mezzi. Ogni azione che compiamo o oggetto che usiamo è un mezzo per ottenerne un altro.
In un gioco da tavolo o di ruolo, lancio un dado come mezzo per ottenere un risultato numerico. Il risultato numerico è un mezzo per ottenere un effetto all’interno del mondo fittizio di gioco.
Il mondo fittizio di gioco è un mezzo per intrattenerci (umani medi) o fuggire dalla realtà (umani frustrati) o prevalere sugli altri (ingegneri). Tutte queste pratiche sono mezzi per cedere alla “suspension of disbelief” che è solo un modo come un altro per non pensare alla morte. Non pensare alla morte è il mezzo per poter credere che la nostra vita abbia un senso (che, obiettivamente e oggettivamente, non ha).
È un uroboro di motivazioni. “Il medium è il messaggio” (McLuhan)… probabilmente non vale dalla creazione della società multimediale ma DA SEMPRE!
Se il medium È il messaggio, significa quindi che la forma È il contenuto.
Quindi i dadi diventano essi stessi il “fine”, nel senso che – sempre parlando di GDR – molti giocatori trovano l’atto stesso di usarli una componente importante del roleplay, quando invece è un DATO OGGETTIVO che il roleplay può esistere senza dadi. Esattamente come i dadi esisterebbero senza roleplay.
Come si evolverà secondo te la figura del dado?
Sono dell’idea che l’Evoluzione (in senso darwiniano) sia una caratteristica esclusiva delle specie viventi e non riguardi quindi i poliedri di plastica coi numerini sopra.
Detto questo occorre analizzare le sue diverse componenti.
A livello funzionale (ovvero come generatore di risultati casuali) la sua evoluzione è qualcosa che dà risultati più precisi. È tale l’algoritmo gestito da una app per esempio, che non subisce gli effetti della smussatura degli angoli o della colatura della resina.
A livello tecnologico la sua evoluzione è sui materiali: un dado più “evoluto” potrebbe essere fatto di resine biodegradabili che non inquinino il mondo.
A livello puramente ludico un dado più evoluto potrebbe essere una struttura con facce intercambiabili, o con probabilità ri-distribuibili o personalizzate. Insomma un gioco-nel-gioco.
Comunque sia, come dicevo prima, i dadi sono solo mezzi. Mezzi umani (non nel senso di halfling) quindi sta a noi evolverli o evolverci. Ad esempio smettendo di usarli e iniziando a prenderci le nostre responsabilità, pagando per le conseguenze delle nostre decisioni.
Testimonianze sui dadi: la visione del Vate
Per chi non lo sapesse, il Vate è l‘alter ego di Helios Pu, un personaggio sopra le righe evocato da un anello e promotore della filosofia del “non giocare”. Probabilmente il Vate non sarà d’accordo con questa descrizione e dirà che è Helios il suo alter ego, ma noi gli vogliamo bene lo stesso.
Per par condicio, ci sembrava giusto sentire Helios in tutte le sue sfaccettature: quindi, ecco la testimonianza sui dadi del Vate!
Cos’è per te il dado?
La prima cosa a cui penso quando sento la parola “dado” è il dado da brodo. Un parallelepipedo creato dall’industria alimentare per assecondare se stessa. La rivoluzione industriale ha esaurito da oltre un secolo il tempo che potremmo usare per selezionare e cucinare le carni e necessitiamo di un surrogato che dia molto sapore senza dare elementi nutritivi. Possibilmente facendo decollare il colesterolo nel sangue. Tanti piccioni con una sola fava nel culo: il nostro.
Oltre trent’anni di militanza nella grande famiglia dei cosiddetti “nerd” non sono innocui. Il secondo significato a cui penso è il dado da gioco: un cubo con gli angoli arrotondati che ha rovinato le finanze di milioni di persone nei casinò di tutto il mondo.
Ma il gioco non è sempre un azzardo, ci sono tanti sfigati come me che hanno bisogno di raccontarsi storie per (contro)bilanciare una vita di merda. Ecco quindi l’entertainment escapistico dei giochi da tavolo, dove il dado è un accessorio che serve a generare risultati casuali.
Generare risultati casuali ha tanti risvolti. Mi interessa (o meglio, ho il tempo per) analizzarne due:
1) Il primo è psicologico ed è stato già approfondito da Roger Caillois parlando di “vertigine”, ovvero quella sensazione di ebbrezza che abbiamo quando siamo soggetti a forze sulle quali non abbiamo controllo. Leggetevi il suo I giochi e gli uomini: La maschera e la vertigine, perché non ha molto senso che io continui a fare copia-incolla.
2) Il secondo lo definirei psicanalitico e riguarda il fatto di delegare a forze altre-da-sé la responsabilità di prendere una decisione. Sicuramente è materia stra-studiata ma in questo momento non ho una bibliografia di riferimento, quindi prendila per quella che è, ovvero solo un’opinione.
Questo fenomeno non appartiene tanto ai giochi da tavolo quanto ai giochi di ruolo. Vediamo da oltre quarant’anni questa necessità di delegare al dado l’effetto di una qualsiasi azione che sarebbe invece compito del giocatore prendere. Come se fossero tutti minorenni (non ho detto minorati) e necessitassero di un adulto che decide per loro.
Ok credere nel “mito fondativo” per cui i GDR che provengono dai wargame bla bla bla… Ma, al momento, questa è solo una scusa del cazzo, perché in trenta fottuti anni Gesù Cristo è riuscito a emanciparsi da 3000 anni di ebraismo, non si capisce perché i giocatori di ruolo in quarant’anni debbano sempre ripetere le stesse filastrocche dell’asilo.
Nel tirare il dado per decidere le sorti della propria narrazione e, spesso, dell’esistenza stessa del proprio alter ego, riconosco la stessa meschinità delle persone che credono in qualche religione. Questo loro continuo delegare a un essere immaginario le decisioni, questo loro auto-eleggersi indegni di vivere, questo loro fantomatico essere parte di un “disegno divino” che nessuno può percepire… Lo trovo disgustosamente irrazionale e anti-umano.
Il dado è lo spirito che diventa carne. Quasi una transustanziazione dalla sfera divina alla sfera materiale: manuali-bibbie piene di meccaniche-comandamenti raccontate da preti-facilitatori dentro alle loro chiese-ludoteche, che trovano la massima sintesi nello stare seduti a un tavolo-altare sperando di fare più/meno/uguale un certo numerino su una certa tabellina. Anziché essere sceneggiatori della propria narrazione, pendendola in mano e diventando il cambiamento che vogliono vedere nel mondo (fittizio) – semi-cit. Gandhi, aspettano passivamente che si compia il miracolo del Colpo Critico o del Tiro per colpire…
Poi ci stupiamo che la maggioranza (numericamente quantificata) voti personaggi che sfiduciano lo stesso governo di cui fanno parte e chiedano “Pieni Poteri”…
Cosa dovremmo fare coi dadi? Dovremmo abbandonarli al più presto sul tavolo da gioco e prendere in mano le palle.
IMHO
Le testimonianze sui dadi devono continuare!
Come potete vedere dalle risposte di Mauro Longo, di Helios Pu e del Vate, le opinioni sul ruolo dei dadi sono molte e molto disparate.
In un crescendo, siamo partiti dall’elogio dell’imprevedibilità del dado all’interno di buone meccaniche. Siamo poi passati ad una moderata riflessione sul dado come mezzo, sebbene per alcuni giocatori il dado sia il fine e il gdr possa esistere anche senza i dadi. Infine, siamo giunti alla richiesta di buttar via quei dannati dadi e di prendersi la responsabilità delle proprie azioni al tavolo.
Risulta piuttosto evidente che la discussioni sul ruolo del dado sia solamente iniziata! Speriamo che queste testimonianze sui dadi possano invogliare nuova gente a scriverci per dire la loro. Senza far polemica, ovviamente, ma per raccontarci le vostre esperienze e portare nuove riflessioni!
L’immagine di copertina è di Chelsea Beck (GMG).