Casa delle Donne Ravenna ha rilasciato un comunicato stampa con cui affermava che la rievocazione storica romana di Legio Prima esaltasse la guerra. Come mai?
In questi giorni è girata la notizia delle critiche che la Casa delle Donne di Ravenna ha mosso contro Legio Prima, affermando che il loro coinvolgimento e la loro parata militare in uniforme da legionari, durante la promozione di una mostra sulla guerra, fosse fuori luogo.
Cerchiamo di fare chiarezza su cosa sia successo, perché questa uscita non sia stata felice, sebbene possa avere motivazioni fondate, e perché non bisogna reagire di pancia a notizie simili.
Vi avverto fin da subito che non si tratta di un discorso breve, perché le questioni complesse non si affrontano in due minuti di articolo. Se avete davvero voglia di approfondire la questione, prendetevi il vostro tempo.
Contestualizziamo: cos’è la mostra War is over?
In questo periodo a Ravenna, a partire dal 5 ottobre 2018 fino al 13 gennaio 2019, è stata aperta un’importante mostra d’arte, War is over? Arte e conflitti tra mito e contemporaneità. Questa esposizione sarà esibita al Mar (Museo d’Arte della città di Ravenna) ed è stata curata da Angela Tecce e da Maurizio Tarantino, direttore del Mar.
War is over? è incentrata sulla riflessione sulla guerra, sui motivi che la provocano e su come l’arte si rapporti con i conflitti, a volte descrivendoli e in altri casi ignorandoli volutamente. L’idea sarebbe di non creare una mostra documentaria e di solo valore storico, ma di espandere la riflessione anche agli ambiti della poetica, dell’estetica, dell’etica e della visione personale o collettiva. Cito dal sito della mostra:
Non si tratta infatti di una mostra storico-documentaria ma di un itinerario che suggerisce e testimonia letture molteplici sulla guerra: uno (e non l’unico) tra gli esiti possibili verso cui spinge la necessità antropologica della relazione tra diversi; il più crudele e distruttivo, ma anche il più potente creatore di mitologie.
In generale, questa mostra potrebbe essere un passo fondamentale per definire il futuro del Mar, che ormai è da due anni che non ospita esposizioni di una certa importanza, oltre al fatto che l’ultima grande mostra tenutasi ha conteggiato relativamente pochi visitatori. L’idea di Tarantino,come racconta in questa intervista, è di portare turisti a Ravenna anche in autunno, andando a coprire periodi abbastanza depressi.
Il fatto di spostare la mostra in autunno naturalmente potrebbe penalizzarci, perché le presenze in città in questi mesi sono più basse che in primavera e mancano quasi del tutto le gite scolastiche da fuori provincia. Ma lo scopo era anche quello di offrire una ragione in più per venire a Ravenna durante le feste e nei mesi meno turisticamente appetibili.
Cosa c’entra la Legio Prima?
Come si diceva, la mostra War is over? è caricata di molte aspettative turistiche da parte dell’amministrazione di Ravenna, la quale nel frattempo si è pure impegnata, insieme a molte altre realtà del territorio, a creare anche un nuovo museo.
Stiamo parlando del Classis Ravenna, il Museo della Città e del Territorio, che si occuperà di esporre la storia ravennate dai suoi primi insediamenti fino all’Alto Medioevo. Si tratta di un progetto molto ambizioso, costato attorno ai 21 milioni di euro e che si propone di essere non solo un museo all’avanguardia, ma anche un vero e proprio centro di ricerca. La sua apertura è prevista per l’1 dicembre 2018, quindi per il momento il Classis ha bisogno di pubblicità.
Ed è qui che entra in gioco la Legio Prima o, per meglio dire l’Associazione Culturale LEGIO I ITALICA. Famoso gruppo di rievocazione storica romana, particolarmente dedito allo studio e alla riproduzione della vita e del mestiere del legionario romano in varie epoche, Legio Prima da anni gira l’Italia per far prendere vita alla storia.
Se seguite Ulisse: il piacere della scoperta, forse avrete avuto il piacere di vedere questo gruppo in azione sul piccolo schermo, ma chi frequenta feste celtiche come il Bundan li avrà anche potuti incontrare di persona.
Ora, non è nemmeno raro che qualche comune si rivolga alla Legio Prima per farli esibire in qualche evento cittadino dedicato alla storia romana. E questo, infatti, è ciò che è successo a Ravenna.
Pace e guerra. Mare e terra. Mostra e Museo.
Quando una città ha una mostra d’arte inaugurata in bassa stagione e un museo/laboratorio costosissimo in procinto di essere aperto, deve fare una sola cosa: pubblicità.
Ed è qui che entra in gioco Legio Prima, che è stata chiamata a fare da filo conduttore tra la storia ravennate e la storia della guerra, nell’arco dell’evento di due giorni chiamato Pace e guerra. Mare e terra. Scene di vita dal passato.
Così, sabato 13 ottobre la Legio Prima ha sfilato nel centro storico, ricreando il corteo trionfale al seguito dell’Imperatore Claudio, quando quest’ultimo era entrato a Ravenna trionfante per la Campagna in Britannia. Corteo che poi si sarebbe fermato proprio davanti al Mar, promuovendo così la mostra War is over?, il cui accesso sarebbe infatti stato gratuito (per due ore) ai partecipanti della rievocazione storica.
Successivamente, domenica 14 ottobre, la Legio Prima avrebbe ricreato un accampamento romano nell’enorme parco attorno al Museo Classis. Ciò avrebbe permesso ai visitatori non solo di conoscere l’esistenza del nuovo museo, ma anche di camminare all’interno del castrum per sperimentare la vita quotidiana di un legionario romano e di tutto il seguito di civili che accompagnava l’esercito, anche attraverso momenti di didattica.
Da quanto è riportato dai giornali locali, il corteo prima e la rievocazione del castrum poi sono stati dei successi, attirando sia molti spettatori appositamente arrivati in città per l’evento, sia molti curiosi che passeggiavano per caso in quei luoghi.
Spettacolarizzazione di un evento tragico: la protesta di Casa delle Donne
Come poi hanno riportato svariate testate, l’iniziativa di coinvolgere la Legio Prima non è piaciuta a tutti, e specialmente non è stata apprezzata dalla Casa delle Donne di Ravenna.
Stiamo parlando di un importante centro che è sede di svariate associazioni (UDI, Donne in nero e Fidara), tutte impegnate nella tutela delle donne e che organizzano numerosi eventi culturali di discussione, riflessione e ritrovo, grazie anche alla loro biblioteca. In generale, tutte queste realtà condividono l’impegno nell’aiutare le categorie di donne più a rischio, quindi dalle donne disabili alle donne trans, dalle donne non etero a quelle straniere, manifestando sempre un forte pacifismo e un rigetto della guerra.
Non bisogna dunque stupirsi troppo del fatto che Casa delle Donne avesse storto il naso davanti aduna manifestazione come la parata di Legio Prima (la parata, non il castrum), che gioca molto sulla spettacolarità e sulla meraviglia dei suoi costumi e delle sue scenografie.
Infatti, secondo Casa delle Donne, questo genere di rievocazione storica, fatta senza spiegazione o descrizione alcuna, alimenterebbe “l’attrazione per la vita militare, senza alcuna problematicità o approfondimento critico, tanto più a introduzione di una mostra che ci invita a interrogarci sugli orrori della guerra e la sua permanenza”.
Di conseguenza, la rievocazione storica di Legio Prima non solo non fungerebbe da buon commento o buona aggiunta alla mostra War is over?, tutta concentrata sulla problematicità della guerra, ma cercherebbe anche di presentare il conflitto armato come meno grave di quanto effettivamente sia, soprattutto per i civili.
Occulta l’uso della guerra come pratica consolidata per la risoluzione dei conflitti, nonostante l’esistenza di organismi sovranazionali creati per mantenere la pace dopo la seconda guerra mondiale. Occulta e minimizza le conseguenze delle guerre soprattutto sui civili e sulle donne, usate come bottino di guerra e campo di battaglia.
In seguito il discorso verte sull’attualità e sulle ripercussioni che questa banalizzazione della guerra potrebbero avere in un clima politico come il nostro, in cui si esalta il militarismo a prescindere.
A noi donne non sfugge certo la connessione tra militarismo e sessismo, ambedue basati sulla violenza del sistema patriarcale ancora dominante. Tanto più nel clima politico e sociale di oggi, con il ritorno di istanze nazionaliste basate sul binomio Patria/Famiglia, di memoria fascista.
Infine, Casa delle Donne fa un appello al sindaco di Ravenna, chiedendogli “perché sia stato necessario ricorrere alla fascinazione di una rievocazione storico-militare che stride con l’impegno di due istituzioni così importanti come il Mar e il nuovo museo di Classe (il Classis ndr)”.
La critica disinformata fa male a tutti, ma proprio a tutti
Ora, parliamoci molto chiaramente: io sono femminista e non apprezzo la generale shitstorm che si è creata attorno a questa vicenda. È inutile e, spesso, disinformata sia sull’evento in sé, sia sulla natura delle critiche mosse da Casa delle Donne, che non solo non sono state capite, ma spesso non si è nemmeno compreso che l’evento da loro criticato fosse il corteo, non l’accampamento (a cui hanno partecipato anche molte rievocatrici donne).
Dobbiamo inoltre ricordarci del fatto che la storia, come qualsiasi altra cosa, può essere utilizzata come strumento per veicolare certi tipi di ideologie. Quindi non bisogna stupirsi più di tanto per il fatto che qualcuno si sia fatto delle domande su che tipo di messaggio si stesse cercando di mandare con la marcia trionfale di Legio Prima, soprattutto se accostata ad una mostra che vuol riflettere criticamente sulla guerra.
Tuttavia, credo che Casa delle Donne, per quanto stia portando a galla quesiti e domande validissimi e sui quali dovremmo interrogarci, abbia sbagliato in pieno la modalità di presentare i propri dubbi.
Inoltre, non credo nemmeno che Legio Prima sia in qualche modo colpevole di apologia della guerra, e credo che la rievocazione storica sia un mezzo di enorme potenzialità quando si tratta di insegnare la storia, nella sua realtà quotidiana, ad adulti e bambini in egual misura.
Ciò che vedo in questo scontro, onestamente, non è l’opposizione pacifismo/militarismo o maschilismo/femminismo, bensì l’eterna lotta tra cultura e intrattenimento. O, se vogliamo usare la terminologia di Cicerone, tra il docere (l’insegnare) e il delectare (l’intrattenere).
Cultura e intrattenimento: perché servono entrambe? Commentiamo la vicenda
Strano ma vero, è un argomento che mi è recentemente capitato di affrontare in un convegno di linguistica e letteratura a Napoli: perché noi accademici ci dobbiamo piegare ai capricci delle masse, abbassandoci ad intrattenerle per avere la possibilità di educarle? Perché la mostra War is over? o il Classis non si sono potuti fare pubblicità da soli, senza chiedere aiuto ai legionari scintillanti che marciano impettiti?
Perché, signori, come diceva quel vecchio rompicoglioni di Cicerone duemila anni fa, il docere e il delectare devono lavorare insieme, così da arrivare al terzo obiettivo della retorica (o, in questo caso, di una mostra), ossia il movere, il toccare gli animi del pubblico. E magari convincerli a fare qualcosa in merito alle ingiustizie della guerra che stanno vedendo.
E una mostra sulla guerra potrà anche essere bellissima, perché espone eccellenti opere d’arte, ma in un’epoca in cui le persone vanno sempre meno nei musei è importante coinvolgere il potenziale pubblico con ulteriori attività, a più alto grado di spettacolarità.
Ecco perché al docere di War is over? serviva il delectare della Legio Prima, che però non potrà mai apportare al discorso sulla guerra lo stesso grado di profondità e approfondimento raggiungibili da una mostra di alto livello.
Tuttavia, la Legio Prima ha i legionari in armatura che girano per Ravenna, stupendo la gente del posto e suscitando curiosità, andando a toccare persone che War is over? non avrebbe mai raggiunto e, si spera, guidandole fino al Mar per approfondire la tematica. Allo stesso modo, l’impegno intellettuale della mostra attirerà spettatori che forse non sarebbero stati interessati ad una rievocazione storica.
Ma la Legio Prima non spettacolarizza la guerra?
Però, vedere i legionari scintillanti che marciano in strada non può forse far associare la loro spettacolarità ad una supposta spettacolarità della guerra? Della serie: se questi soldati sono magnifici, e tornano dalla guerra vittoriosi, allora forse anche la guerra è magnifica e portatrice di vittoria.
Generalmente, una persona di buon senso e con un po’ di cultura saprà che no, la guerra non è bella e se i legionari romani sono impressionanti da vedere, e sicuramente efficienti quando combattono, hanno sottomesso decine di popolazioni, schiavizzandone una gran parte. La storia di Roma non è un’epoca dorata in cui tutti stavano bene e tutto funzionava bene e con efficienza.
Tuttavia, è anche vero che parate di trionfo come quella rievocata dalla Legio Prima erano letteralmente opere di propaganda politica, fatte per mostrare ai civili la potenza del loro Imperatore. Era, sostanzialmente, un modo per convincerli a stare buoni, essere orgogliosi di essere sotto il giogo romano e pagare le dannate imposte, che qui gli Imperi non stanno insieme solo con due spicci. E così magari qualche giovane pimpante si fa arruolare più volentieri, vedendo i legionari tutti belli e scintillanti.
E, secondo me, è un po’ anche questo il punto della parata di Legio Prima, perché forse chi ha organizzato l’evento non ha pensato solo a coinvolgere il pubblico più ampio possibile, ma anche a mostrare come la storia della guerra sia fatta anche di propaganda. È una caratteristica storica e oggettiva del conflitto militare, che merita di essere affrontata.
Sarebbe tuttavia stato il caso di specificarlo e di concludere la parata con una qualche genere di conferenza in cui si parlasse di storia militare romana, in tutte le sue sfumature. In questo modo, invece, si è davvero coinvolta solo la parte spettacolare, senza poi aggiungerci una riflessione, lasciando l’onere solo alla mostra. Magari si sarebbe potuto perfino chiedere a Legio Prima di aggiungere al corteo anche gli schiavi portati come prede di guerra, per rendere il tutto un po’ più complesso.
Ma, sapete, i convegni costano e sono difficili da organizzare, e magari nessuno nel Comune di Ravenna ha pensato seriamente alla questione del problematizzare la guerra anche grazie a Legio Prima, che sarebbe stata senz’altro all’altezza del compito. Quindi, alla fine, abbiamo visto la soluzione più semplice, che costava meno lavoro al Comune e portava comunque più guadagno.
La retorica femminista: come si fa a diventare le cattive di turno?
Sulla questione del bilanciamento tra docere e delectare ci possiamo fare dei convegni e possiamo intavolare infinite discussioni, più o meno impegnate, ma sempre molto interessanti. Credo si tratti di una tematica molto importante, soprattutto nel campo della divulgazione scientifica e culturale.
Da tutto questo discorso spero sia dunque emerso come quella della Casa delle Donne non sia una polemica sterile, basata sul nulla, ma abbia delle motivazioni serie. Perché, dunque, risulta così urticante?
Perché queste argomentazioni non sono state esposte bene. Perché sono state accuse e polemiche, non domande, non richieste di spiegazioni, non proposte. E, soprattutto, sono accuse filosofiche e politiche rivolte ad un gruppo che si occupa di intrattenimento. Letteralmente: cosa si va a polemizzare contro una associazione che fa rievocazione storica di legionari romani, quindi roba anche abbastanza innocente, usando questi toni?
Si sarebbe potuto chiedere come mai la rievocazione storica non avesse compreso momenti di riflessione sulla natura delle guerre romane, perché sarebbe stato interessante vedere affrontato anche il tema della schiavitù dei prigionieri (e delle prigioniere) di guerra. Si sarebbe potuto proporre, appunto, una serie di interventi di storici per parlare di questi argomenti in maniera più approfondita, senza però togliere nulla all’utilità didattica della rievocazione storica. Si sarebbero potute fare molte cose, compreso l’invitare alla riflessione sul perché una mostra impegnata (e impegnativa) non basti da sola ad attirare il pubblico necessario a ripagarne il costo.
Ma queste riflessioni e queste proposte non sono state fatte, venendo sostituite per lo più da esclamazioni di stupore “per la facilità con cui si alimenta l’attrazione per la vita militare”. Finendo per poi tirar fuori il “sistema patriarcale”, che a tanti lettori fa letteralmente chiudere le porte del cervello e impedisce loro di approcciarsi al testo con calma.
Si tratta esattamente del genere di contestazione simil-indignata che, non appena la si invia ai giornali, diventa un machete nelle mani degli oppositori, che immediatamente usano queste accuse per dipingere le attiviste di queste associazioni come estremiste che fanno polemiche inutili. I giornali stessi che hanno riportato il comunicato stampa giocano sul contrasto tra “il bagno di folla” e le “migliaia” di persone della rievocazione e “Ma le femministe non ci stanno”.
È un modo di porsi a questi problemi, quello di Casa delle Donne, che non invita al dialogo e alla riflessione nei confronti di una rievocazione storica evidentemente fatta per attirare il pubblico, e non per promuovere la vita militare. Al contrario, le attiviste sono finite per passare dalla parte del torto, come quelle che attaccano Legio Prima e non vogliono le cose belle perché sono antipatiche.
Infatti, in realtà, quando mi sono messa in contatto con loro per avere chiarimenti, le attiviste della Casa delle Donne hanno affermato chiaramente di non avere nulla contro Legio Prima e che il loro comunicato stampa sia nato dalla necessità di avere chiarimenti. Vi riporto il loro messaggio:
Siamo femministe e pacifiste da sempre e abbiamo sentito il bisogno di esprimere il nostro vissuto di questo evento. Il problema non è la Legio Prima, ma capire perché per promuovere una mostra d’arte e un museo sia stato necessario ricorrere a una rievocazione storica di impatto fortemente militare.
Tuttavia, le buone intenzioni facilmente non vengono comprese, se poste male.
Le reazioni dei politici ravennati e di Legio Prima
Ed è infatti così che nascono le accuse eccessive e populiste di certi oppositori politici, come quella del capogruppo di Forza Italia nel consiglio comunale di Ravenna, Alberto Ancarani. Il signore, infatti, non solo ha detto che la Casa delle Donne ha accusato il corteo di sessismo (cosa non vera), ma anche che l’associazione“detesti qualunque cosa sia maschile” e che dunque sia il caso di “sfrattarla dall’immobile” in cui hanno la sede.
Fortunatamente, a queste ciarlatanerie ha risposto direttamente il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, prendendo le difese della Casa delle Donne:
Nel contempo – spiega il primo cittadino – ritengo un errore molto più grave l’attacco del consigliere Ancarani alla Casa delle Donne. Mi spaventa l’idea che gli spazi pubblici debbano venire concessi sulla base della condivisione o meno delle politiche dell’amministrazione. Mi preme sottolineare che qualsiasi associazione deve sentirsi totalmente libera di esprimere la sua opinione – naturalmente, come in questo caso, nel rispetto delle norme che regolano il vivere civile – e di criticare le scelte di questo Comune senza temere che questo possa determinare vendette o ripicche
Tuttavia, De Pascale nega che l’invito di Legio Prima avesse qualsiasi sottinteso militarista, ma che la rievocazione storica rientrasse nell’indagine della guerra attraverso molte strategie.
[Legio Prima] fa parte del programma della mostra in corso al Mar che indaga appunto il tema della guerra in maniera ampia, in tutti i suoi aspetti, non solo relativi a come è stata interpretata dall’arte, ma anche storici, etici ed estetici.
Le dichiarazioni del sindaco sono state sottoscritte anche da Legio Prima, quando ho chiesto all’associazione se avessero qualche commento in merito alla faccenda. Ecco dunque la risposta di Tony Novellino:
Preferiamo non alimentare ulteriori polemiche sul web. Riteniamo esaustiva la risposta riportata dal sindaco di Ravenna.
Tiriamo le fila
Per concludere: la rievocazione storica di Legio Prima è un evento quasi sicuramente organizzato per attirare il pubblico prima alla mostra War is over? e poi al Classis, in modo da dare visibilità ai due edifici. La spettacolarità dei legionari romani è un ottimo mezzo per coinvolgere spettatori che normalmente non sarebbero entrati nel museo, bambini compresi.
In tal senso, è vero che Legio Prima spettacolarizza la guerra, ma questo non è il risultato di un complotto politico fascista, bensì è il motivo stesso per cui storicamente si facevano le parate militari. E, nel riproporla, Legio Prima ha mostrato anche questa caratteristica delle marce trionfali. Non ha assolutamente fatto male, ma forse il Comune avrebbe potuto pensare a qualche attività che esplicitasse questa problematicità, altrimenti passata inosservata.
Tuttavia, è importante chiedersi perché queste manifestazioni spettacolari servano per rendere appetibili i musei e in che modo le si possa integrare al meglio nelle riflessioni più approfondite.
Perché intrattenimento e cultura possono e devono andare a braccetto.
In tal senso, le perplessità della Casa delle Donne di Ravenna hanno un fondamento e meritano attenzione, ma allo stesso modo è importante sottolineare come anche le domande più giuste vadano poste con intelligenza e capacità comunicative consapevoli della strumentalizzazione politica.
La Casa delle Donne non va inondata di merda, così come la Legio Prima non va accusata di apologia della guerra. In generale, ridurre questo genere di tematiche a chiacchiere da bar o a facile indignazione (in entrambi gli schieramenti) non serve a niente, e non fa altro che esacerbare il clima di tensione e di hate speech che aleggia negli ultimi anni.
Immagine di copertina di proprietà di Giuseppe Nicoloro