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John Carpenter – il regista che ha trasformato la paura in culto

È ufficiale, il 3 aprile 2025, John Carpenter riceverà la sua stella sulla Hollywood Walk of Fame!

Un riconoscimento atteso da anni e, diciamocelo, anche un po’ tardivo per uno dei registi che ha rivoluzionato il cinema horror, fantascientifico e d’azione. Ma forse, come ogni eroe che si rispetti, anche Carpenter doveva prima attraversare l’inferno (critiche, flop, incomprensioni) per poi essere glorificato.

Perché John Carpenter non è solo un nome. È un marchio di fabbrica, il suono del sintetizzatore che ti accompagna nei sogni (anzi, negli incubi). Lo sguardo vuoto di Michael Myers. È Kurt Russell con la benda su un occhio. L’alieno che imita i tuoi amici. Questo e molto di più è John Carpenter.


Dagli anni ’70 a oggi: la nascita del mito di John Carpenter

Nato nel 1948 a Carthage, New York, John Carpenter ha sempre avuto una passione per il cinema e per la musica. Sì, perché oltre a scrivere e dirigere, Carpenter è anche autore delle colonne sonore di molti dei suoi film. Minimaliste, ossessive, martellanti. Bastano due note di Halloween per far venire voglia di accendere tutte le luci di casa.

Dopo il primo lungometraggio Dark Star (1974), una commedia sci-fi surreale, Carpenter esplode con Distretto 13 – Le brigate della morte (1976), un thriller teso e spietato che omaggia Un dollaro d’onore di Howard Hawks. Ma è nel 1978 che avviene la consacrazione. È con Halloween – La notte delle streghe che John Carpenter inventa lo slasher moderno. Un film a basso budget (300.000 dollari!) che incassa milioni e diventa un fenomeno culturale.


Il maestro del terrore

Ma ridurre John Carpenter al solo horror è come dire che Tolkien scrive solo di elfi. Carpenter è anche e soprattutto un autore che usa la paura per parlare della società, della paranoia, dell’alienazione. In La Cosa (1982) non ci sono solo mostri mutaforma. Ci sono la diffidenza tra esseri umani, la claustrofobia, il sospetto che l’altro sia un nemico sotto mentite spoglie. Un film oggi considerato un capolavoro, ma che all’epoca fu massacrato dalla critica e surclassato al botteghino da E.T..

Per fortuna, il tempo è galantuomo. E oggi La Cosa è spesso in cima a ogni classifica horror. Perché, diciamocelo, pochi sanno costruire tensione come John Carpenter. Pochi sanno girare un’inquadratura così carica di presagio senza dover mostrare nulla. Pochi sanno orchestrare così bene l’equilibrio tra sangue e silenzio.


John Carpenter e la fantascienza: distopia e libertà

Se l’horror è la casa di Carpenter, la fantascienza è il suo rifugio. 1997: Fuga da New York (1981) è puro cyberpunk ante-litteram, con un antieroe memorabile come Jena (Snake) Plissken, interpretato da un Kurt Russell in stato di grazia. Una New York-prigione, degradata e anarchica, fa da sfondo a un racconto di sopravvivenza, disillusione e ribellione.

Poi c’è Essi vivono (1988), film visionario e politicamente carico, in cui John Carpenter mette alla berlina il consumismo e il controllo mediatico. Il protagonista scopre, grazie a un paio di occhiali, che il mondo è in realtà dominato da alieni camuffati da umani, che trasmettono messaggi subliminali tipo “Obbedisci”, “Consuma”, “Riproduciti”. Se vi suona familiare, non siete soli.

Essi Vivono John Carpenter

John Carpenter e l’indipendenza creativa

Uno dei tratti distintivi della carriera di John Carpenter è la sua indipendenza creativa. Anche quando lavora con gli studios, Carpenter cerca sempre di mantenere il controllo totale sul suo lavoro. Scrive, dirige, monta, compone la musica. È un regista che non scende a compromessi, anche a costo di pagare pegno in termini di incassi o visibilità.

Questo lo rende una figura di riferimento per tutti gli autori indie, i fan della serie B, i cultori del cinema controcorrente. Carpenter non ha mai inseguito il successo facile. Non ha mai cercato il blockbuster a tutti i costi. Ha preferito raccontare storie scomode, strane, spesso troppo avanti per il loro tempo.

Ecco perché l’annuncio della stella sulla Walk of Fame non è solo un premio, è una rivincita!

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Dai flop al culto: Grosso Guaio a Chinatown e Il Seme della Follia

Tra le opere più amate dai fan di John Carpenter ci sono anche due titoli che, al momento dell’uscita, non ebbero la fortuna che meritavano. Parliamo di Grosso Guaio a Chinatown (1986), un film che mescola azione, commedia e mitologia orientale con un’ironia fuori dal comune. Con un Kurt Russell al massimo della forma nei panni dello spaccone Jack Burton, il film fu un flop clamoroso al botteghino americano, anche per via di una distribuzione problematica e di un marketing confusionario. Ma il tempo è galantuomo. Oggi è considerato un cult assoluto, amato per la sua follia visiva, le battute fulminanti e lo stile che ha ispirato una generazione di registi nerd (qualcuno ha detto Big Trouble in Little China come proto-Shang-Chi?).

Un destino simile toccò a Il Seme della Follia (1994), ultimo capitolo della cosiddetta “Trilogia dell’Apocalisse” di John Carpenter. Con un Sam Neill magnetico in un labirinto narrativo degno di Lovecraft e King, il film esplora il confine tra realtà e finzione, portando lo spettatore in una spirale di paranoia, metacinema e orrore cosmico. Anche questo film venne accolto tiepidamente al box office e dalla critica dell’epoca. Ma, come spesso accade con il cinema di Carpenter, ha trovato nuova vita nel tempo grazie alla sua potenza visiva, ai suoi temi visionari e a un finale che ancora oggi lascia a bocca aperta. Oggi Il Seme della Follia è considerato uno dei migliori horror psicologici degli anni ’90 e uno dei picchi più alti della carriera del regista.


Cigarette Burns: il ritorno di John Carpenter

Nel 2005 John Carpenter torna a far parlare di sé con Cigarette Burns, episodio della serie Masters of Horror che molti considerano il suo vero ritorno all’horror puro dopo anni più tiepidi. In poco meno di un’ora, Carpenter ci trascina in un viaggio ossessivo tra cinema maledetto, follia e ultraviolenza, con atmosfere che sembrano uscite direttamente da Il Seme della Follia. La storia ruota attorno a un collezionista di film che ingaggia un programmatore cinematografico per recuperare La Fin Absolue du Monde, un film leggendario che, si dice, provochi la pazzia (o peggio) in chi lo guarda. È Carpenter al suo meglio. Cupo, inquietante, metanarrativo e disturbante, con un tocco quasi lovecraftiano e una regia che dimostra come, anche in un formato televisivo ridotto, il maestro sappia ancora colpire duro. Cigarette Burns è la dimostrazione che John Carpenter non ha mai perso il tocco, era solo in attesa del momento giusto per rientrare nell’Oscurità da protagonista.

John Carpenter da regista a leggenda pop

Nel corso degli anni, John Carpenter è diventato una vera e propria icona pop. I suoi film sono stati citati, omaggiati, parodiati. I videogiochi lo adorano (Dead Space e The Thing gridano il suo nome), le serie TV pure (Stranger Things, chi?). Le sue colonne sonore sono state remixate da artisti elettronici. E persino il wrestling (vedi “Rowdy” Roddy Piper in Essi vivono) gli deve qualcosa.

Negli ultimi anni, Carpenter si è dedicato principalmente alla musica. Ha pubblicato album come Lost Themes, dove riprende le atmosfere dei suoi film in composizioni nuove. Ha girato il mondo in tour come un vero rockstar del sintetizzatore. E sì, anche questo fa parte del fascino eterno di John Carpenter.

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Un’eredità scolpita nella celluloide, ed ora nel cemento

Con la stella sulla Walk of Fame, John Carpenter entra ufficialmente nel pantheon di Hollywood. Ma per noi era già leggenda da tempo. I suoi film hanno formato generazioni di registi, sceneggiatori, musicisti, nerd e appassionati di tutto il mondo. La sua visione ha anticipato temi oggi più che mai attuali: il controllo sociale, l’isolamento, la sfiducia nel potere.

E allora celebriamo John Carpenter come si deve: riguardandoci Il signore del male, Il seme della follia, Christine – La macchina infernale, Vampires, Fantasmi da Marte. E magari ascoltando la sua Main Theme di Halloween con le luci spente e le cuffie a palla. Brividi garantiti.


Conclusioni

Il 3 aprile 2025, quando John Carpenter poserà le mani sulla stella e si sentirà chiamare “Maestro”, forse tirerà fuori uno dei suoi celebri sorrisetti ironici. Perché lui lo sa: è sempre stato una leggenda. Solo che ora lo sanno anche tutti gli altri.

E noi, spettatori devoti, non possiamo che inchinarci davanti a uno degli ultimi veri autori del cinema. Un ribelle, un visionario, un narratore di incubi.

Grazie, John Carpenter. Per ogni sogno infranto, per ogni finestra rotta dal vento, per ogni notte in cui ci hai fatto guardare sotto al letto.

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