Poco prima che un’indesiderata pandemia ne smorzasse l’entusiasmo, la nuova generazione di console aveva iniziato a farsi sentire a piccole dosi, preparando il pubblico videoludico al lancio delle nuove console e dei nuovi titoli che ne avrebbero sfruttato le potenzialità.
A fare da apripista e avanguardia come primo titolo della nuova generazione fu annunciato Godfall, sviluppato da Counterplay Games sotto pubblicazione e supporto di Gearbox ed Epic Games con l’intento di creare quello che gli sviluppatori definiscono con la nuova etichetta di looter slasher, una ripresa della struttura dei looter shooter ma dedicati all’uso dell’arma bianca.
In maniera sorprendente Counterplay è riuscita con successo a portare a termine il titolo senza rinvii e disguidi nonostante le condizioni difficili che hanno colpito un po’ tutto il globo, rendendo Godfall un titolo di lancio per PlayStation 5, in uscita contemporanea su PC e, a distanza di sei mesi, su Xbox Series.
Sfarzo e acciaio
Godfall lancia subito i giocatori nel vivo delle sue vicende: il guerriero Valoriano Orin, narratore e protagonista di cui il giocatore vestirà i panni, cade infatti sconfitto da suo fratello Macros dopo una lunga e logorante guerra che ha coinvolto tutta Aperion. Dato per morto ma ancora ardente di voglia di lottare, Orin dovrà recuperare un antico artefatto per attivare il Settimo Sanctum, un’ultima importante risorsa che gli permetterà di rovesciare Macros ed impedire che questi completi un rito che gli permetterà di ascendere a divinità e di controllare tutto il pianeta.
Sfortunatamente, questo è il limite della complessità e della fruibilità dell’intera narrativa di Godfall: praticamente ogni singolo aspetto di questo suggestivo mondo a cavallo tra il fantasy e la fantascienza, ogni singolo elemento narrativo utile a comprendere il contesto e la portata degli eventi ed ogni singolo dettaglio riguardante le figure in gioco e ciò che rappresentano è infatti relegato al recupero di codex sparsi nelle mappe di gioco in maniera non particolarmente ordinata né ampiamente approfondita, lasciando al giocatore un mondo suggestivo ed un lussuoso design visivamente ricco e interessante che non va oltre ciò che l’occhio può vedere.
Questa filosofia riverbera attraverso tutto il titolo, dalla narrativa vaga al combattimento, relegando Godfall a uno di quei numerosi titoli di lancio di una nuova generazione di console visti in passato che esibiscono in pompa magna le capacità visive delle nuove tecnologie che fallisce nell’impressionare a lungo termine una volta che il lustro superficiale inizia a svanire.
Taglia e raccogli
Nonostante Destiny risulti essere una delle principali influenze per via della struttura del titolo, basata sulla costante ripetizione allo scopo di raccogliere loot casuale per l’avanzamento del personaggio, Godfall prende una deriva più tradizionalmente affine a quella di un action RPG single player, allontanandosi dalla formula di “game as a service” (che Counterplay afferma con forza non far parte del progetto Godfall) collocandosi in una zona grigia tra il retail regolare ed il GaaS che trae da entrambi i modelli il peggio che possono offrire: ecco quindi un titolo dal design incerto e ricco di elementi frettolosi privo di una proposta di miglioramento o revisione a lungo termine, che dietro al suo semplicistico loop di gameplay ed ai suoi rudimentali sistemi di gioco non offre nulla di nuovo che non sia visibile già dalle primissime ore di gioco.
Ad onor del vero il sistema di combattimento non è propriamente mal realizzato: i comandi rispondono bene agli input del giocatore, e l’azione è fluida e con una valida risposta tattile delle varie azioni, a prescindere dal tipo di arma che si sceglie di utilizzare, tuttavia la limitata IA dei nemici e la limitatezza delle opzioni effettivamente a disposizione di Orin (nonostante apparentemente ben mascherate da interazioni arzigogolate tra vari sistemi e tipologie di attacco) impedisce al gioco di realizzarsi a pieno, con soluzioni a volte più adatte alla formula mobile.
I nemici vengono facilmente abbattuti, con il grosso della difficoltà derivante dalla quantità numerica di avversari e dalla loro presenza al di fuori dell’inquadratura di gioco, che insieme al resto del sistema di combattimento restituisce un feeling simile a quello di God of War (2018) senza però offrire la stessa spettacolarità visiva né la stessa personalizzazione.
Anche le boss fight, che rappresentano il picco di difficoltà di Godfall nonché il fulcro (con aggiunte e complicazioni extra) dell’endgame, non richiedono un grosso engagement da parte del giocatore al di là di una basilare memorizzazione e attenzione ai pattern nemici, ma accettano come strategia di successo il semplice brute force senza particolari difficoltà.
La cura visiva che contraddistingue le tre mappe semi-aperte esplorabili nel corso delle nostre missioni (che consistono sostanzialmente nella sconfitta di un mini-boss, di un combattimento ad ondate o nell’attivazione di un artefatto, il tutto ripetuto fino ad affrontare i boss di fine area) viene meno nella loro struttura, molto simile nonostante le differenti tematiche visuali basate su tre differenti elementi naturali, a cui si aggiunge una scomoda navigazione vista la totale assenza di una mappa di gioco che permetta di orientarsi.
Il tutto sembra, nell’insieme, una raccolta di idee e regole assemblate senza una pianificazione e una verifica del loro funzionamento collettivo, con enormi sviste di design come la mancata varietà di stili di gioco e approcci dietro la scelta delle Valorpiastre, le dodici spettacolari armature disponibili nel titolo, o come l’inesistente differenza nell’applicazione degli effetti elementali, tutti ridotti ad un damage over time e, soprattutto, l’enorme limite di varietà offerta dal loot, che dovrebbe essere l’attrattiva principale di un tipo di gioco come questo, che non offre alcuna varietà extra come può accadere con oggetti unici di giochi basati sul loot e che limita la scelta di build al mero min-maxing statistico di un effetto a scelta, andando anche a vanificare l’enorme quantità di loot che il gioco permette di ritrovare in poco tempo (benché non ci sia un’opzione per rottamare gli oggetti in gruppo, costringendo il giocatore a liberarsi degli oggetti inutili o di livello inferiore distruggendoli uno ad uno).
Compagni d’armi
Un elemento che avrebbe potuto fare da ancora di salvezza per l’esperienza di gioco è sicuramente la cooperativa a tre giocatori: questa, purtroppo, presenta le sue difficoltà, visto che per prima cosa è necessario avere delle conoscenze che posseggano e vogliano giocare a Godfall vista l’assenza di un sistema di matchmaking.
A ciò si aggiunge che la natura ripetitiva e semplicistica del gioco rende l’esperienza multiplayer più un modo di avere un sottofondo mentre si passa del tempo con gli amici che una vera sessione di gioco organizzato, andando a limare pesantemente le ragioni che incoraggino la cooperativa.
Se sulla carta quindi Godfall non sembra avere un neo vero e proprio come bug game-breaking, errori di bilanciamento e sbavature tipicamente riconducibili ad immediati difetti e può apparire come un titolo che possiede ogni elemento necessario per un valido looter, allo stesso tempo Godfall non fa nulla di pienamente curato, lasciando una distinta sensazione che manchi qualcosa a prescindere da quale aspetto si va ad osservare.
L’impressione è che il processo di design e le decisioni intraprese nello sviluppo siano state messe in secondo piano a favore di una spettacolarità visiva e di una cura estetica maniacali, lasciando il prodotto finale a galleggiare sopra un comparto tecnico eccellente e delle solide fondamenta meccaniche circondate da un oceano di approssimazioni, superficialità ed elementi frettolosamente lasciati lì senza una particolare cura o attenzione.
Sicuramente è un titolo che può divertire, visto il funzionamento valido del combat system, ma si tratta perlopiù di un’esperienza di gioco “in autopilot”, con molto potenziale lasciato inespresso e facilmente aggiustabile, tanto che le ragioni per cui non sia stato fatto risultano incomprensibili.