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Cronenberg e i confini della realtà organica – La carne e il metallo

Quando affrontiamo il cinema di David Cronenberg non possiamo prima di tutto non parlare della figura dicotomica che si nasconde dietro la cinepresa. Questo articolo, speriamo, aiuterà lo spettatore ad affrontare meglio il nuovo film di David Cronenberg in uscita nelle sale a breve: Crimes of the Future.

Ma andiamo a conoscere meglio questo regista.

Chi è David Cronenberg?

David Cronenberg è un uomo che si muove tra due mondi separati tempo addietro, quello della scienza e quello della filosofia. È appassionato allo stesso tempo dalla fredda precisione della meccanica e dalla calda irrazionalità della biologia. Non solo, addirittura ha anticipato il futuro nello stesso periodo storico di movimento come quello cyberpunk. Ma nella sua visione la tecnologia è sia una prigione che una via di fuga o di ribellione. Ci mostra così una sola grande verità: i confini che definiscono quello che siamo sono solo una pia illusione.

Cronenberg, nel corso della sua carriera, ci ha dato alcune delle riflessioni più interessanti sulle domande che si pone l’uomo moderno. La cosiddetta Crisi del ‘900 e gli interrogativi che spesso solo la cosiddetta “cultura alta” affronta. Che comunque abbiamo trovato interessanti spunti anche nei prodotti “di genere”. Pensate al tema del senso della vita in un autore come H.P. Lovecraft o a quello di una società sempre più complessa Robert E. Howard affronta tramite il suo Conan.

È così il regista stesso, come un moderno Renfield che annuncia l’arrivo di Dracula, a mostrarci, nascosto sotto la metafora del body horror, la sua personale visione della società. Questa ormai continua a correre sempre più velocemente verso un abisso in cui vi sarà solo posto per gli oggetti. Padroni indiscussi di un mondo freddo e sterile.

Il mito del West è stato dato in pasto al Cavallo di Ferro, come ci racconta l’indimenticabile C’era un volta il West di Sergio Leone. Le due grandi guerre mondiali ci hanno mostrato come la chimica, la meccanica e la fisica siano capaci di compiere massacri su scala mondiale. Il nazismo, infatti, ha creato il concetto di “industrializzazione della morte”. La crasi del progresso scientifico e del pensiero pragmatico tipico del capitalismo.

L’essere umano inoltre inizia a rendersi conto che i sistemi di produzione non vogliono persone, ma macchine efficienti e sempre più performanti. A questo punto il vero nemico non è più l’operaio che richiede un salario minore del suo collega. È ormai un freddo strumento che produce a sua volta altri strumenti.
Un ouroboro meccanico che, invece di divorare, produce sé stesso in un eterno ciclo industriale. Davanti a tutto questo l’uomo inizia a chiedersi quanto questi fattori siano penetrati, o penetreranno con gli anni, dentro di noi e  fino a che punto possiamo ancora definirci “un io” quando la nostra identità ormai sembra in mano a “cose” allo stesso tempo immanenti e trascendenti.

Cronenberg

I temi trattati da Cronenberg

Uno dei temi più affascinanti, quantomeno per il sottoscritto, è proprio capire cosa ci definisce come “io”. Sia la storia che l’antropologia ci insegnano che quasi fin dall’alba dei tempi l’essere umano ha visto il corpo come un guscio che da una parte ospita la nostra coscienza e dall’altra delimita i confini rispetto alle coscienze altre. Per questo la body invasion, un’entità senziente che rompe le nostre barriere come nel caso del demone Pazuzu in L’Esorcista,risulta un tema forte esattamente come l’asincronia tra identità e corpo può fungere da segnale di un qualcosa di strano, pensiamo ad esempio a L’invasione degli Ultracorpi.

Cronenberg, però, porta il tema ancora oltre mischiando l’organico e l’inorganico in un contorto e malato mix in cui si fatica a capire quale sia la parte davvero dominante o quantomeno necessaria alla sopravvivenza del neorganismo. Con gli anni questa metafora, che pare semplice a prima vista, si spingerà ancora oltre. Se è vero che organico e inorganico sono facili da comprendere, se carne e metallo sono riconoscibili a colpo d’occhio, l’attenzione non si limita solo alla materia in sé, ma si sposta anche sulle qualità di queste.

Così  inizia  in Cronenberg l’ossessione non solo per il confine fisico, ma anche per quello filosofico, divenendo in un certo modo alchimia — una delle discipline di stampo esoterico tra le più antiche e che pone l’animo dell’uomo e i metalli in un rapporto fatto di qualità che non si limitano solo alla sfera del fisico e della materia —  e  spostando quindi la contrapposizione anche su uno scontro tra freddo e caldo, tra sterile e fertile, tra verità e menzogna.

“Lo schermo televisivo, ormai, è il vero unico occhio dell’uomo. Ne consegue che lo schermo televisivo fa ormai parte della struttura fisica del cervello umano. Ne consegue che quello che appare sul nostro schermo televisivo emerge come una cruda esperienza per noi che guardiamo. Ne consegue che la televisione è la realtà e che la realtà è meno della televisione. (Brian O’Blivion)”

Così Brian O’Oblivion parla in Videodrome (anno 1983), forse il primo e vero film dove assistiamo a questo binomio malato. Anche se in Crimes of the Future va riconosciuto che sarà una malattia derivante dai cosmetici, quindi strumenti atti ad alterare l’aspetto della carne, la causa reale che porterà all’epidemia da cui parte tutto. La televisione ormai è nelle case di tutti e trasmette costantemente la sua luce  fredda e disumana, priva di pietà, grazie ad un insieme di cavi e circuiti indifferente alla vita e alla morte (pensiamo al caso di Christine Chubbuck, giornalista e conduttrice televisiva che nel 1974 di suicida in diretta).

Cronenberg Videodrome

Evoluzione del regista

La sua evoluzione in un vettore che può perfezionare la società attraverso l’eliminazione degli indesiderabili sarà il primo e vero momento in cui Cronenberg ci pone davanti all’eterna guerra tra il metallo e la carne, tra la passione, a volte perversa, dei suoi film precedenti (come Shivers – Il demone sotto la pelle o RabidSete di sangue) e la logica razionale di un pensiero distorto che vede le cellule tumorali della società eliminabili con un semplice VHS. Un VHS che può essere inserito in un essere umano tramite adeguato ingresso che nasce spontaneamente, come un nuovo  e moderno orifizio sessuale, e che può addirittura riprogrammarlo esattamente come il montaggio di un film può cambiare senso al film stesso.

Risulta inoltre affascinante notare come i corpi di Videodrome, oltre a ibridarsi con i manufatti, vengano devastati da proiettili che aiutano a sviluppare feroci forme tumorali per merito della pistola/mano del protagonista che ha il dono di svegliare la carne nella sua forma più incontenibile. La vita senza regole, sia a livello sociale che cellulare, che quindi diviene morte del sistema intero, altra croce e delizia della narrativa cronenberghiana (Brood – La covata malefica, dove il rapporto tra mente e carne è la chiave di tutto) e che punisce i colpevoli con una perversa forma di contrappasso. É ancora il regno della carne.

[Spiegando come mai una bistecca teletrasportata dispone d’un gusto sintetico] Il computer ci sta fornendo la sua interpretazione di una bistecca. È come se la traducesse per noi, la ripensasse piuttosto che riprodurla, e c’è qualcosa che va perduto nella traduzione. […] La carne: dovrebbe rendere il computer pazzo, come le donne che pizzicano le guance ai bambini. Ma questo ancora non gli accade. Non ho insegnato al computer né a impazzire per la carne né la poesia della bistecca. Perciò, comincerò ad insegnargliela. (Seth Brundle)

Il tema del body horror in Cronenberg

Il tema del body horror in La Mosca si sposta fortemente sul rapporto all’interno dello stesso corpo tra due identità organiche differenti. Credo che non si possa parlare di questo film senza affrontare il deus ex machina che si muove dietro la tragedia di Brundle-Mosca. La macchina del teletrasporto è un’entità di cavi e metallo. Un utero freddo e privo di anima. Uno strumento mosso solo dalla fredda logica della matematica che non conosce la “poesia” del corpo umano (o di quello di una semplice mosca). Questo quindi è in grado di creare solo materia sintetica, in questo caso basandosi solo sulla somma della massa presente al suo interno.
Uno dei dilemmi affascinanti che raramente ci si pone su questo film consiste proprio in questo. Se la bistecca, quando viene rimaterializzata, diviene altro, lo stesso Brundle, indipendentemente dall’incidente, non sarebbe forse a sua volta un organismo creato in laboratorio, figlio di molecole spezzate e ricostruite in mondo in cui l’anima non esiste se non in funzione della materia?

L’organico che viaggia attraverso il non organico e da questo viaggio comunque ne risulterà cambiato. Forse anche senza l’incidente sarebbe comunque stato qualcosa di diverso. Dato che se è vero che la macchina sa sommare in qualche modo nel processo, il risultato ha comunque subito una sottrazione.

E quindi anche in un film che fa del corpo il suo centro non possiamo non ammettere che comunque l’infezione passa lo stesso attraverso il metallo. Un’infezione che comunque renderà lo scienziato prima più efficiente a livello fisico, poi più efficiente a livello di rapporti. Il tutto ovviamente sacrificando il calore umano a favore della diplomazia degli insetti.

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Cronenberg La Mosca

Il rapporto con la macchina

“Mi piacciono le motociclette e le auto da corsa. […] Quando costruiamo delle macchine è come se fosse la nostra versione del corpo umano. Nel senso che il corpo umano è una macchina. È quello che William Burroughs ha chiamato the soft machine. È interessante perché quando apri una macchina vedi la mente dell’uomo che l’ha progettata. […]”

Cronenberg in un’intervista di Enrico Ghezzi per Fuori Orario, anno 1988

Ed ecco il tema emergente in Cronenberg sul rapporto con la macchina.
Se tutto quello che costruiamo è una macchina e come tale è la mappa della “mente di chi l’ha progettata”, non è forse la narrazione stessa del reale una macchina a sua volta?

Pensiamo a Il pasto nudo e alla sua realtà contorta e deforme filtrata attraverso gli occhi lisergici di uno scrittore. La macchina da scrivere è carne e sessualità. Qui il rapporto tra organico e inorganico ormai si fa talmente flebile. Si possono notare recrudescenze del parassita di Shivers in molte delle metamorfosi del metallo stesso. Se la realtà è quindi una “macchina morbida”, forse la vera infezione, il vero cancro, non consiste nella cellula impazzita, ma nella freddezza del sintetico che riporta l’essere umano davanti alla Verità. Esattamente come nell’alchimia l’evoluzione dell’anima non passa dal miglioramento del fisico, ma attraverso freddi e caldi processi chimici che portano ad una raffinazione dell’io.

Un percorso iniziatico che vedremo svolgersi in eXistenz, capolavoro di postmodernismo — che racchiude al suo interno sia le tematiche dei ben più famosi Matrix e Inception  — dove ci troviamo a visitare una serie di mondi virtuali contenuti all’interno di altri mondi virtuali in cui l’essere umano è soggetto al dominio delle storie di un bizzarro demiurgo: una semplice console, uno strumento videoludico, capace però di farci fare cose contro il nostro volere anche se perfettamente coscienti, poiché “le regole” ci obbligano a seguire il nostro copione.

La realtà di eXistenz è quindi composta di membrane dove l’individuo si muove cambiando non solo luogo ma anche identità. Un paradiso/inferno costruito con il solo scopo di intrattenerci. Ma che alla fine ci fa solo capire che non siamo più i veri padroni della realtà. Siamo solo degli ospiti, forse pure sgraditi, nella storia di altri.

E quindi iniziamo a chiederci se, esattamente come in Videodrome, i sensi possono essere tratti in inganno, se la carne è facilmente infettabile, in maniera diretta o indiretta, da ciò che carne non è e non sarà mai, allora dove esiste quel confine tra i due?

Carne e metallo non possono fondersi

La risposta ci arriva con Crash (2004) dove, durante un viaggio in automobile, i due protagonisti (James Ballard e Vaughan), iniziano un dialogo sul rapporto tra la vita, la morte e le auto. Qui Vaughan stesso citerà che l’impiantistica è il passato: la carne e il metallo non possono fondersi.

Ma nello stesso dialogo l’incidente automobilistico e, di conseguenza, l’automobile verranno elogiati come sommi templi mobili dedicati alla morte e allo stesso tempo alla vita e al sesso. Un contorto sincretismo tra la superstizione del passato e il realismo del presente.

Ormai rapporti umani, privi di qualsiasi forma strutturata e strutturabile (esattamente come nella premessa di Stereo), necessitano di appoggiarsi alla stabilità della materia e alla freddezza razionale del motore. Il manufatto non può più far parte del corpo.
La valenza di quest’ultimo è ormai annichilita da un sistema sociale che ci ha resi privi di una realtà nelle nostre mani. Allo stesso tempo, inoltre, punisce la nostra “indesiderabilità”, non siamo più compatibili. Morte e sesso devono per forza passare da un unico vettore. Un viatico efficiente per un mondo efficiente. Un vettore che vogliamo annichilire insieme a noi in una spirale autodistruttiva. Un dio macchina che viene fatto a pezzi da delle moderne baccanti furenti.

Cronenberg ci avvisa che il metallo quindi impera, non ci lascia respirare e che ormai anche le culture più ribelli o ottimiste devono arrendersi di fronte all’evidenza: un’umanità sola si trova in un universo ormai freddo dove perfino i rapporti tra individui devono essere logici, razionali, privi di menzogne e bugie, non importa se  innocue o a fin di bene poiché non devono inquinare la perfezione del meccanismo mentre lo attraversano. La condanna della giuria digitale per chi è colpevole di narrare una storia tacciabile di falsità? Divenire un errore di sistema, un bug che viene relegato in un angolo e isolato.

Cronenberg Crash

La macchina tradisce

In A History of Violence assisteremo proprio a questo. Il protagonista, Tom Stall, un uomo normale con una normale famiglia, dopo aver sventato una rapina nella sua tavola calda diventerà un eroe mediatico. SI manifesta il famoso assioma espresso da Andy Warhol sui quindici minuti di popolarità garantiti ormai a tutti. Ma sarà proprio la televisione a tradirlo, mostrando ai membri della sua vecchia famiglia mafiosa irlandese che Joey Cusack, l’uomo che li aveva traditi e poi era sparito, esiste ancora.

La verità del metallo quindi non solo distruggerà i rapporti di Tom/Joey con la sua famiglia, ma straccerà la menzogna su cui aveva costruito gli ultimi vent’anni della sua vita. La fredda luce della verità catodica porterà sì a galla la verità, ma questa verità non farà altro che portare alla morte, non importa se fisica o emotiva, sia la famiglia criminale di Joey che quella borghese di Tom. A questo punto lasciato privo di qualsivoglia identità, come un moderno Mattia Pascal.

E alla fine quindi non possiamo che trovarci davanti all’ultimo atto di una grande tragedia. L’ossessione della nostra società per le cose. La verità pragmatica del manufatto, ci ha a tal punto infettati, che non si può più parlare di una macrorealtà,in cui tutti gli esseri umani vivono. Solo mondi sintetici collegati da cavi di metallo. Però, esattamente come la bistecca de La mosca, nel passaggio qualcosa si perderà sempre.

Pensiamo ad esempio a Cosmopolis dove la limousine del protagonista diviene un vero e proprio microuniverso. Da una parte dedito al consumo e all’acquisto di cose, dall’altra alla ricerca costante di denaro (utile per comprare poi altri cose) e dove i rapporti umani sono filtrati dalla tecnologia.
La stessa cura del corpo, da cui siamo partiti nelle nostre riflessioni, ormai non richiede neanche la necessità di uscire da questo mondo/utero. Ma tanto ormai a che serve curare un corpo che non è altro che, esattamente come le voci che sentiamo al telefono, una cosa a sua volta?

Cronenberg History of Violence

Conclusioni

Lo spettacolo è quindi finito! Questo ci annuncia Cronenberg. Del deus ex machina che avevamo creato per semplificare la nostra vita è rimasta solo la macchina e di noi come specie? Non è rimasto o non rimarrà nulla, non siamo più mossi dai demoni Shivers o dalla sete di sangue di Rabid o dagli impulsi di Stereo, il metallo ha trionfato e ci ha insegnato che cose come il sesso o la morte devono per forza passare da lui (Crash), che la verità è nelle sue mani (Videodrome, A History of Violence) e che a lui di noi non importa nulla, siamo solo particelle smontabili e rimontabili in un gioco a somma zero (La mosca).

La nostra realtà non è più nostra: è finito il regno della carne, sia lode al dio macchina.

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